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ciccospenk

INTERVISTA A Derrick De Kerckhove - 31 views

  • Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie ‘fisiche’, come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. Lo schermo, adesso, ci dà due forme di ‘mentalità’: una, quella della TV, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. I contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. In entrambi i casi, comunque, si tratta di estensioni della mente, estensioni della psicologia ovvero di psico-tecnologie. Non valeva la pena di coniare questo nuovo termine se non ci fosse stata l’enorme diffusione di ‘psicotecnologia’ rappresentata da Internet. Internet è proprio una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata ma fatta collettiva. Cosa dire, poi, della realtà virtuale? Si tratta di un'altra forma di estensione psico-tecnologica che ci permette di penetrare nello schermo e di accedere ad un mondo che è come un immaginario oggettivo. Oggi stiamo vivendo la rivoluzione della tecnica, stiamo passando dal mondo della TV a quello di Internet; dal mondo del pensiero pubblico, della coscienza, della mente pubblica della TV, alla mente privata del computer. Il nome del vostro programma, MediaMente, vuol dire psico-tecnologia: mediamente è insieme ‘media e mente’: la connessione tra il linguaggio e l'organizzazione mentale.
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    Per De Kerckhove le psicotecnologie sono una scienza che riunisce tecnologia e psicologia, è lo studio dei nuovi linguaggi , è una scienza che attraverso gli strumenti, cioè le tecnologie che utilizziamo nella nostra attività quotidiana, ha effetti sulla mente. Le nuove tecnologie le utilizziamo nella nostra attività quotidiana. Le persone ,attraverso un nuovo strumento che può essere Twitter o Facebook, creano un nuovo linguaggio, un nuovo formato che definisce uno stile di comunicazione, quindi l'effetto è che le persone stesse creano un nuovo linguaggio. In questo contesto, le psicotecnologie studiano il rapporto tra tecnologie e cognizione e studiano l'impatto che l'uso delle nuove tecnologie esercita nella trasformazione dei nostri processi cognitivi ( la comunicazione, la memoria, l'apprendimento, l'attenzione, etc.).
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    Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie "fisiche", come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia, le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano" (De Kerckhove, 1998). Dalla scrittura, alla stampa e poi la radio, il telefono,la televisione e oggi il personal computer ed Internet queste tecnologie hanno modificato profondamente le caratteristiche sia del mondo esterno che delle nostre strutture cognitive interne. Grazie alle psicotecnologie l'uomo ha quindi esteso le capacità e le potenzialità della propria mente, potendo così superare tempo e spazio nella comunicazione: il desiderio di muoversi a proprio piacimento nello spazio e nel tempo, uscendo fuori dal corpo e dalla mente e trascendendoli attraverso le proiezioni tecnologiche, è sempre stato uno delle più forti attrattive per il genere umano.
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    Le tecnologie stanno sviluppando un potenziale che solo pochi anni fa era sconosciuto per l'essere umano. La possibilità di essere connessi 24h al giorno ha dell'incredibile e lo spazio non è un problema. Tutto questo è opera dell'uomo e della sua intelligenza: ma gli strumenti sono quello che hanno permesso tutto ciò.
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    Introduzione: Dopo aver preso visione delle varie definizioni a mio giudizio accurate del termine da parte dei membri di questo gruppo, mi sembra adeguato completare tale quadro concettuale sottolineando alcuni aspetti salienti del termine messi in luce da De Kerckhove. Pertanto di seguito riporto l'intervista della trasmissione televisiva e telematica MediaMente a Derrick De Kerckhove a Bologna, il 20/09/98, alla quale seguirà il mio commento. INTERVISTA: Domanda 1 Lei ha scritto che il computer è una psico-tecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psico-tecnologie. Che cosa intendeva dire? Risposta Si tratta delle tecnologie normalmente associate alla lingua e che sono proprio una forma di estensione del pensiero. E' importante capire che il pensiero di cui parlo è scaturito dalla possibilità di leggere. Adesso, invece, il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente. La televisione è una psico-tecnologia di tipo generale, globale, collettiva; il computer è una psico-tecnologia in cui noi abbiamo la possibilità di esercitare un potere sullo schermo del computer. Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. Lo schermo, adesso, ci dà due forme di 'mentalità': una, quella della TV, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. I contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. In entrambi i
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    Introduzione: Dopo aver preso visione delle varie definizioni a mio giudizio accurate del termine da parte dei membri di questo gruppo, mi sembra adeguato completare tale quadro concettuale sottolineando alcuni aspetti salienti del termine messi in luce da De Kerckhove. Pertanto di seguito riporto l'intervista della trasmissione televisiva e telematica MediaMente a Derrick De Kerckhove a Bologna, il 20/09/98, alla quale seguirà il mio commento. INTERVISTA: Domanda 1 Lei ha scritto che il computer è una psico-tecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psico-tecnologie. Che cosa intendeva dire? Risposta Si tratta delle tecnologie normalmente associate alla lingua e che sono proprio una forma di estensione del pensiero. E' importante capire che il pensiero di cui parlo è scaturito dalla possibilità di leggere. Adesso, invece, il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente. La televisione è una psico-tecnologia di tipo generale, globale, collettiva; il computer è una psico-tecnologia in cui noi abbiamo la possibilità di esercitare un potere sullo schermo del computer. Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. Lo schermo, adesso, ci dà due forme di 'mentalità': una, quella della TV, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. I contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. In entrambi i
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    INTERVISTA: Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente cos come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV una psico-tecnologia, il computer una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile la tecnologia che estende il piede e la pelle la tecnologia che estende la mano.
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    L'intervista a De Kerckhove mette in risalto che tutte le nuove tecnologie elettroniche (TV, computer, ecc.) finiscono per costituire un'estensione della nostra mente, inoltre, ci consentono di metterci in contatto con il mondo azzerando il tempo e lo spazio e favorendo lo sviluppo della collaborazione e quindi di una intelligenza connettiva (e a questo punto direi anche collettiva). Ultima ma non meno importante considerazione di De Kerckhove è la necessità di far accedere i bambini a questi strumenti sin da piccoli e attraverso la scuola.
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    Per riprendere una definizione di De Kerckhove, i blog costituiscono la rappresentazione della maturità delle Rete. Non sono una mera forma di esibizione dell'io, ma rappresentano il rapporto con gli altri. Attualmente circa il 60% dei blog sono diari personali. Ogni giorno vengono creati circa 15.000 nuovi weblog. I weblog hanno un enorme potenziale destabilizzante del sistema, perché consentono a chiunque di pubblicare qualsiasi tipo di materiale senza bisogno di un editore. Se a livello tecnologico non rappresentano una novità, in quanto sono il modello più semplice di sistema per la gestione dei contenuti (Content Manager System), lo sono a livello di significato e di ripercussioni che comportano.
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    Ecco delle risposte esaustive per capire al meglio le psicotecnologie. Le psicotecnologie sono una scienza, non ancora classificate come una scienza, ma riuniscono la tecnologia e la psicologia. Le psicotecnologie sono delle tecnologie che amplificano il potere della nostra mente e hannp degli effetti sulla mente dato che gestiscono il linguaggio. Si tratta dello studio di come la lingua che è il nostro strumento principale sia per comunicare e anche per pensare viene trasformato dalla tecnologia di supporto e di come diventa una cultura diversa. Il motivo di ciò sta nel fatto che ovviamente la lingua rappresenta una parte molto intima di noi stessi, soprattutto al livello del pensiero, ma anche del discorso. Il sistema di supporto che veicola il linguaggio modifica la modalità di utilizzazione del linguaggio sia in pubblico sia nell'intimità del proprio pensiero. Condiziona le notre idee e la nostra posizione nello spazio e la nostra idea di uso del tempo.
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    Condivido con te, il cambiamento che le psicotecnologie hanno avuto sulla nostra vita quotidiana. L'essere qui e contemporaneamente li, stare soli a casa e contemporaneamente in compagnia di amici che chattano con te, magari dall'altra parte del mondo. Gli spazi sembrano azzerarzi e così il tempo di trasmissione dei contenuti diviene ormai istantaneo. Da ciò ne deriva anche una perdita della privacy. Basta entrare su facebook per capire dalle foto, se hai famiglia o sei single, da quello che scrivi, ti piace o condividi, come sei, e quello che ti piace o quello che vorresti essere.
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    Molto interessante questo articolo. Ritengo le psicotecnologie una rivoluzione, convengo che abbiano avuto un ruolo incisivonell anostra vita. SIcuramente ritengo siano cambiamenti postivi, di miglioramento delle nostre conoscenze. Abbiamo la possibilità di produrre conoscenza , di scambiarla e costruirla tramite le tecnologie che siano web o tv. A mio avviso l'essere sempre connessi è un modo per estendere la nostra mente e il nostro sapere. De Kerckhove ritiene che tali veicoli possano essere utili per l' apprendimento per i bambini. Sono d'accordo in quanto hanno la possibilità di apprendere più velocemente amplificando le loro capacità e potenzialità nello stesso tempo. La condivisione del sapere permette l'apprendimento che può essere in questo caso anche divertimento.
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    DdK "Eccoci nell'era delle psicotecnologie" Articolo molto interessante del prof DeKerckhove su cosa intende per psicotecnologie e sull'estensione delle dimensioni del pensiero offerte da internet. "Internet è proprio una forma di estensione dell'intelligenza e della memoria privata ma fatta collettiva." Una riflessione che nel 1998 gia' preconizzava l'utilizzazione delle risorse distribuite in rete, accessibili per mezzo degli strumenti tecnologici condivisi (facebook viene lanciato nel febbraio 2004)
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    Come le tecnologie meccaniche sono estensione del corpo, vedi la macchina o la bicicletta estensione del piede, le psicotecnologie rappresentate dalla televisione e dal computer sono estensione della mente .Ma mentre la televisione e' una psicoteconologia di tipo collettivo il computer e' una forma privata di espressione cognitiva che si fa collettiva. Kerckhove all'epoca esprimeva l'opportunita' di dare accesso a questi nuovi strumenti al mondo della scuola ,fin dall'infanzia ,in modo da poter sviluppare una connessione universale e preparare le basi per una nuova economia.L'insegnamento , spiega, deve essere fatto di stimoli e non di spiegazioni.In aula questo si concretizza con la realizzazione di prodotti multimediali e lo sviluppo del lavoro di gruppo . Quello che si e' fatto oggi in Italia sull'argomento e' fermo a discussioni tra politici sull'"agenda elettronica" e sul digital divide . Mi viene spontaneo confrontare l'intervista di Kerckhove fatta nel 1998 con la situazione attuale in Italia su questi temi. Per esempio il tema della "intelligenza collettiva" che secondo il sociologo accelera la capacita' di apprendimento delle persone e dei gruppi. Pensando all'Italia leggevo che ogni singola Istituzione o Ministero ha un proprio centro di elaborazione dei dati ,e molti di questi non sono neanche collegati tra di loro.Credo basterebbe poco mettere a fattor comune le informazioni e contribuire allo sviluppo e la democratizzazione del Paese facendo viaggiare le informazioni invece che le persone.
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    In una intervista del '98 per il programma RAI MediaMente, De Kerckhove definisce le psico-tecnologie come le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. Oggi il mondo esterno passa attraverso lo schermo della televisione o del computer che hanno preso il posto delle pagine dei libri. De Kerckove parla di due tipi di mentalità che scaturiscono dal rapportarsi con lo schermo: una mentalità pubblica legata allo schermo televisivo, dove ciò che appare è dato da una produzione esterna ed una mentalità privata legata a quello del computer dove siamo noi ad esercitare potere sui contenuti. Entrambi i casi producono un estensione della mente, un'estensione della psicologia, da cui deriva il termine coniato dal Professore appunto psico-tecnologie . Riguardo al termine De Kerckhove asserisce che la necessità di crearlo si è manifestata con la grande diffusione di Internet che è appunto un'estensione dell'intelligenza e della memoria introdotte nella collettività.
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    Credo di aver capito che, più che una scienza che agisce sulla mente attraverso la tecnologia, le psicotecnologie siano quelle tecnologie che creano una vera e propria estensione della mente, una sorta di vera e propria estensione fisica come lo è (riportando gli esempi di De Kerckove) il pedale della bicicletta per il piede.
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    intervista 
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    INTERVISTA: Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente cos come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV una psico-tecnologia, il computer una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile la tecnologia che estende il piede e la pelle la tecnologia che estende la mano.
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    Secondo l'autore Derrick De Kerckhove, una psicotecnologia è una qualsiasi tecnologia che emuli, estenda o amplifichi il potere della nostra mente. Di fatto, in un suo intervento durante il dibattito dal titolo " ECCOCI NELL'ERA DELLE PSICOTECNOLOGIE" (Bologna, 1998) l'autore ha avallato tale definizione così come testualmente riportato nel passo dell'intervista sotto riportato: DOMANDA "Lei ha scritto che il computer è una psicotecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psicotecnologie. che cosa intendeva dire?" RISPOSTA "si tratta delle tecnologie normalmente associate alla lingua e che sono proprio una forma di estensione del pensiero. E' importante capire che il pensiero di cui parlo è scaturito dalla possibilità di leggere. adesso, invece, il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente. la televisione è una psicotecnologia di tipo generale, globale, collettiva; il computer è una psicotecnologia in cui noi abbiamo la possibilità di esercitare un potere sullo schermo del computer. Le psicotecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La tv è una psicotecnologia, il computer è una psicotecnologia. Io penso che le psicotecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. lo schermo, adesso, ci dà due forme di 'mentalità': una, quella della tv, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. i contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. in entrambi i casi, comunque, si tratta di estensioni della mente, estensioni
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    Il prof. De Kerckhove sintetizza in modo esaustivo il concetto dell'influenza delle nuove tecnologie sulla psiche umana.
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    le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente: l'automobile o la bicicletta è una estensione del corpo, il computer è una estensione della mente come contenuti. Internet è proprio una forma di estensione dell'intelligenza e della memoria privata ma in modo collettivo, data dalla cooperazione di più individui. Oggi stiamo vivendo la rivoluzione della tecnica, stiamo passando dal mondo della TV a quello di Internet; dal mondo del pensiero pubblico, della coscienza, della mente pubblica della TV, alla mente privata del computer. Necessità di perfezionare nuove forme di didattica a distanza per permettere una continua formazione, oggi non disponibile. Necessità di una intelligenza collettiva che permetta di presentare idee creativa nate dalla collaborazione di più individui connessi in ogni luogo, attraverso i sistemi comunicativi ed informativi per giungere alla globalizzazione della cultura. Le nuove tecnologie aiutano a fissare trasmettere e manipolare l linguaggio parlato, c'è una rinnovata diffusione della pratica del leggere e dello scrivere.
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    Le Psicotecnologie sono le tecniche attraverso cui l'intelligenza diventa connettiva (prima era semplicemente cognitiva), estendendosi e permeando la cultura contemporanea. Non possiamo prescindere da esse, sostiene De Kerckhove, se vogliamo progredire tecnologicamente ed evolutivamente. La conoscenza Psicotecnologie sta alla base del loro utilizzo e sempre più dobbiamo impossessarcene per mettere un piede nel futuro e non farci cogliere impreparati. Questo non significa diventare perfetti informatici ma adeguarci al progredire della scienza per sfruttarne i massimi benefici e limitarne al massimo i danni.
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    Il sociologo e giornalista spiega attraverso un'intervista strutturata il concetto di psicotecnologia, l'importanza dell'accesso di questi strumenti nel mondo dei bambini, la funzione di strumenti quali i videogame.
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    La psicotecnologia è quella branca della psicologia generale che studia l'impatto psicologico dell'utilizzo delle tecnologie, soprattutto quelle associate alla lingua: esse, in breve, producono fondamentali ripercussioni sul nostro modo di pensare e di comunicare, in quanto richiedono che l'intelletto umano utilizzi le sue capacità in maniera differente dal passato; se questi modi di impostare la mente si stabilizzano e si sedimentano nel loro utilizzo, allora cambierà la nostra percezione del mondo, il nostro modo di organizzare il cervello, il nostro modo di agire. La principale scuola ad aver analizzato questo fenomeno sin dagli anni '40 è la Scuola di Toronto, che annovera studiosi del calibro di Marshall McLuhan: Carpenter, Havelock e McLuhan hanno cercato di definire il significato psicologico dell'adozione dell'alfabeto greco nella cultura occidentale. Lo studioso che oggi si dedica maggiormente a questa disciplina è Derrick De Kerckhove, che analizza in che modo l'alfabeto possa influenzare il nostro orientamento visivo. Secondo De Kerckhove una psicotecnologia è qualunque tecnologia emuli, estenda o amplifichi il potere della nostra mente. Così come la scrittura consente all'individuo di depositare le conoscenze acquisite su supporti più stabili della memoria, alterando le modalità di gestione della stessa, allo stesso modo consente di percepire l'uomo stesso da una prospettiva differente: è con la scrittura, in sintesi, che l'individuo esce dalla realtà tribale e collettiva per approdare all'individualizzazione e alla consapevolezza della sua identità. Se il pensiero umano è scaturito dalla possibilità di leggere, l'apporto delle nuove tecnologie estende ulteriormente la mente dell'uomo, modificandola in maniera evidente. La televisione, il telefono, il computer, gli ipertesti, sono psicotecnologie nella misura in cui inducono il cervello ad elaborare nuovi paradigmi cognitivi che modificano la nostra percezione del mondo.
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    Ottimo articolo,chiaro e preciso
valeria de luca

Realtà virtuali e identità soggettiva - Nuovi mondi e psicopatologia del Sé P... - 5 views

Molto interessante questo contributo. Effettivamente si possono riscontrare soprattutto negli adolescenti o in generale nei giovani in questo momento delle modificazioni evidenti nella cognizione ...

EMANUELA PSICOTECNOLOGIE

II ARGOMANTO :NATURA DELL'INTELLIGENZA - 0 views

Emanuela D'Agostino

started by EMANUELA PSICOTECNOLOGIE on 20 Nov 12 no follow-up yet
valeria de luca

UNA IPOTESI DI RICERCA MOLTO EVOCATIVA SU RAPPORTO TRA DNA E PENSIERO, FATTA DA DUE RIC... - 4 views

DNA E Pensiero Affascinante ipotesi dalla Russia, sul ruolo del DNA in generale, che si ricollega in qualche modo al pensiero esoterico e alla tradizione dei "maestri spirituali", secondo cui il n...

started by valeria de luca on 09 Mar 12 no follow-up yet
Giuseppe Del Grosso

Intelligenza emotiva e e-learning - 2 views

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    Intelligenza emotiva e e-learning ShareIl coinvolgimento e la motivazione dei corsisti, anche di quelli più "difficili", interessati solo all'ottenimento del titolo rimane una delle problematiche che il progettista e-learning deve affrontare. (pubblicato originalmente su Idearium) PROGETTAZIONE E-LEARNING PER VALORIZZARE L'INTELLIGENZA EMOTIVA: STRATEGIE PER L'APPRENDIMENTO IN RETE di G. R. Mangione e C. Policaro Dallo schema narrativo … Per rendere conto dell'organizzazione di corsi per l'apprendimento in rete, è utile punto di partenza il confronto con la semiotica (Propp,1996) dal quale ricaviamo la definizione di "racconto" come sequenza di episodi formali interdefiniti, dotati di un senso, di una direzione[1] e ci domandiamo in che misura è possibile che l'articolazione dello schema narrativo caratterizzi anche un corso e-learning? La Morfologia della fiaba indica la ricorrenza di tre grandi prove: una prova qualificante nella quale il soggetto si rende competente, atto a fare, attraverso esami e riti di iniziazione; una prova decisiva nella quale il soggetto si realizza compiendo un certo numero di azioni; una prova glorificante nella quale il soggetto ottiene il riconoscimento di ciò che ha fatto, e di conseguenza di ciò che è. L'eroe vi si deve sottoporre (Floch, 1997), e dalla articolazione delle stesse prende forma una storia completa. Appare evidente una correlazione con un corso di formazione in rete. La prova qualificante ha l'obiettivo di qualificare il corsista, suggerendo un punto di partenza che rispecchi le sue conoscenze pregresse. La prova decisiva rappresenta il cuore della didattica on line che cerca di utilizzare al meglio le potenzialit? delle nuove tecnologie e coinvolgere l'utente mediante la partecipazione attiva all'interno del percorso formativo condiviso con altri utenti, sia attraverso uno storyboarding con intreccio narrativo in prima persona, sia attrave
alfonsina longobardi

Il multitasking - 4 views

Il multitasking è un modo di processare l'informazione, dedicando le risorse di sistema per eseguire contemporaneamente diversi lavori passando da un contesto all'altro. Questa possibilità operativ...

started by alfonsina longobardi on 12 Mar 13 no follow-up yet
vdalmonte

Psicotecnologie - 0 views

Eccoci nell'era delle psicotecnologie a cura di MEDIAMENTE/RAI EDUCATIONAL Lei ha scritto che il computer è una psico-tecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psico-t...

#psicotecnologie

started by vdalmonte on 21 Apr 19 no follow-up yet
Bruno Matti

Psicologia del multitasking - 6 views

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    "Siamo in costante multitasking "Workload is unavoidable [...] Distraction is unavoidable [...] You must learn to dance among many tasks" (Allen, 2003). Nella maggior parte delle situazioni quotidiane, anche quando non ci facciamo caso, ci troviamo in condizioni di multitasking (1). Gestire la grande quantità di stimoli e richieste che provengono dall'ambiente è sicuramente molto difficile, tuttavia, dedicarsi a più attività piuttosto che concentrarsi su un unico compito sembra essere diventato un fatto naturale. La sensazione che solitamente si prova è quella di poter gestire meglio gli impegni, evitando noia e ripetitività. L'impegno continuo in attività multiple è consentito dalle tecnologie informatiche e della comunicazione, che favoriscono il multitasking. L'interazione con la tecnologia, in primis nei luoghi di lavoro, rende possibile lo svolgimento di attività differenti attraverso espedienti tecnologici e grafici sempre più raffinati. Ad esempio, la possibilità di mantenere aperte contemporaneamente molte finestre nel desktop, che rappresenta il primo sviluppo del paradigma della direct manipulation (Schneiderman, 1998), consente di eseguire allo stesso tempo numerose attività differenti. Tuttavia, l'utilizzo che si fa oggi delle finestre multiple è così imponente che rischia di diventare un ostacolo che frammenta l'attività anziché supportarla. Le finestre multiple, ma anche i messaggi di notifica, le e-mail e i programmi per la messaggeria istantanea (2) se da una parte favoriscono il multitasking e alimentano l'impressione di efficienza rendendo più facile gestire diversi compiti, d'altra parte possono avere effetti fortemente negativi. Ad esempio, Gonzalez e Mark (Gonzalez e Mark, 2004) hanno stabilito che gli impiegati negli uffici non riescono a rimanere concentrati nella stessa attività per più di tre minuti consecutivi prima di essere interrotti da una telefonata, un'e-mail, o da un collega. Evidenze come que
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    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
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    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
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    Un recente studio ha dimostrato inoltre che il MULTITASKING è FONTE DI STRESS PIU' PER DONNE CHE PER UOMINI. Perchè le donne non solo sono costrette a occuparsi contemporaneamente di piu' cose, le donne subiscono anche molto piu' degli uomini le conseguenze di una giornata affollata di compiti da portare a termine. A dimostrarlo e' uno studio pubblicato dall'American Sociological Review, secondo cui a fare la differenza non e' la quantita', ma il tipo di impegni di cui le donne si devono occupare ogni giorno. Lo studio ha stabilito che le mamme lavoratrici passano circa 10 ore in piu' ogni settimana in attivita' ''multitasking'' rispetto ai papa' che lavorano. E mentre per i padri il multitasking e' un'esperienza positiva, per le madri e' motivo di stress e genera emozioni negative. Secondo Shira Offer, autrice principale della ricerca, ''l'impegno dei padri nei lavori domestici e nella cura dei figli dovrebbe aumentare ulteriormente''.
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    Vorrei spostare l'attenzione daggli studiosi al quotidiano. Nasco e vivo come molti in mondo in costante e rapido sviluppo tecnologico con una diffusione di informazioni, spesso un sovraccarico oserei dire, altrettanto veloce, al punto tale che quanto in questo momento è "news" due minuti dopo è ormai storia... Tutto sembra in apparenza piu' semplice, cadono le barriere spazio-tempo, i nuovi media diventano davvero l'estensione dei nostri sensi... tutto corretto, ma ci sono come in ogni cosa i pro e i contro e forse l'adozione della politica del giusto mezzo appare anche in questo caso la migliore. Come gestire questa grande mole di informazioni dalle quali siamo bersgliati e certamente non in grado di coglierle tutte spesso nella loro complessità? Da un lato è facilmente ormai saziabile il desiderio di approfondimento (e ben venga) dall'altro si corre anche il rischio di non approfondire nulla, di conoscere "un po' di tutto" lasciando spazio alla superficialità. La comunicazione, le informazioni seguono determinate logiche e frequentemente il multitasking puo' davvero diventare quell'elemento di disturbo che impedisce ad un messaggio di giungere nel pieno del suo significato, dall'altra parte la costante evoluzione della tecnologia, un mondo del lavoro radicalmente cambiato rendono indispensabile una flessibilità che ci consenta di gestire piu' situazioni/informazioni contemporanee.... si potrebbe quasi ipotizzare l'inizio di una nuova evoluzione dell'uomo che va nella direzione di menti flessibili e con grandi capacità di attenzione e memoria perchè chi vive l'attuale situazione tecnologica, chi non riuscirà a gestire quello che nel post precedente è stato descritto, sarà negli anni tagliato fuori... come una sorta di selezione naturale, vediamola così. Sono processi inevitabili ai quali non ci si puo' opporre, nè tantomeno trovo corretto lasciarsi andare alla banalità e surrealtà della frase "i buoni vecchi tempi andati".... sicuramente pero', quel
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    @stefania, concordo con te! In questo scenario dove nella lettura gli ipertesti (che hanno sostituito le note a piè di pagine, che consentono approfondimenti ma che rischiano di distrarre l'attenzione del lettore), nella vita di tutti i giorni siamo sempre stimolati da un quantiotativo di informazioni enormi, alla fine risulta utile "staccare la spina"... questo il senso... Detto cio' non possiamo certamente essere anacronistici ma occorre guardare in prospettiva con una vision piu'' ampia.... svolgere piu' attività contemporaneamente è scientificamente dimostrato che determina calo di attnzione, su due argomenti contemporanei la nostra mente è come se si dividesse in due e così procede, per divisioni successive sul altre attività che eventualmente si aggiungono! Occorre davvero imparare l'arte della politica "del giusto mezzo" in questo contesto per non rischiare di perdere di vista quanto davvero dobbiao fare e portare a termine.
Marco Tambara

La cognizione distribuita ed il controllo del traffico aereo!!!! - 2 views

Una interessante analisi della cognizione distribuita applicata al controllo aereo. Per riallacciarmi segnalo (per chi non l'avesse già visto il film Falso tracciato di Mike Newell del 1999, ambien...

#DistributedCognition

Elena Elena1

psicologia dell'apprendimento collaborativo - 11 views

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    Un testo che spiega l'apprendimento collaborativo in modo esemplare passando da varie fasi quali l'Interazione di gruppo, la Comunicazione mediata dal computer definendo gli strumenti della collaborazione fino alle reti creative. Tutti i cambiamenti dell'apprendimento da ieri ad oggi: dall'accumulazione di informazioni alla valorizzazione delle proprie connessioni.
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    Con la multimedialità abbiamo entità diverse coinvolte ovvero l'ambiente esterno, il contesto sociale e noi stessi. Vi è un apprendimento collettivo ovvero si apprende per mezzo egli altri, dagli altri con gli altri Vi è una collaborazione fra i membri del gruppo pertanto anche una soluzione cooperativa anche se a mio avviso risulta più difficile la decisione. Lavorare in gruppo si sa è molto più complesso. E' vero che c'è un'aggiunta di valore ma è anche vero che se non vi è una comunicazione efficace l'obiettivo è difficile da raggiungere. Vi è pertanto un buil-on sulle idee altrui che non è semplice. Possiamo dire però che la conoscenza è sociale non più individuale è condivisa in una enorme rete. Vi è sicuramente un cambio di modalità di apprendimento che è diventato sociale
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    mi piace molto la frase che diceva McLuhan: "se tutte le nostre tecnologie sono estensione del nostro corpo, l'elettricità è l'estensione del nostro sistema nervoso"
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    Caratteristiche dell'apprendimento collaborativo Un esercizio di apprendimento in gruppo si qualifica come apprendimento cooperativo se sono presenti i seguenti elementi: 1 - Positiva interdipendenza: i membri del gruppo fanno affidamento gli uni sugli altri per raggiungere lo scopo. Se qualcuno nel gruppo non fa la propria parte, anche gli altri ne subiscono le conseguenze. Gli studenti si devono sentire responsabili del loro personale apprendimento e dell'apprendimento degli altri membri del gruppo. . 2 - Interazione: benché parte del lavoro di gruppo possa essere spartita e svolta individualmente, è necessario che i componenti il gruppo lavorino in modo interattivo, verificandosi a vicenda la catena del ragionamento, le conclusioni, le difficoltà e fornendosi il feedback. In questo modo si ottiene anche un altro vantaggio: gli studenti si insegnano a vicenda. 3 - Attività diretta: tutti gli studenti in un gruppo devono rendere conto per la propria parte del lavoro e di quanto hanno appreso. Ogni studente, nelle prove di esame, dovrà rendere conto personalmente di quanto ha appreso 4 - Uso appropriato delle abilità nella collaborazione: gli studenti nel gruppo vengono incoraggiati e aiutati a sviluppare la fiducia nelle proprie capacità, la leadership, la comunicazione, il prendere delle decisioni e difenderle, la gestione dei conflitti nei rapporti interpersonali. 5 - Valutazione del lavoro: i membri, periodicamente valutano l'efficacia del loro lavoro e il funzionamento del gruppo, ed identificano i cambiamenti necessari per migliorarne l'efficienza. In particolare l'interdipendenza positiva è un elemento essenziale del Cooperative Learning e nasce quando una persona percepisce di essere vincolata ad altre per il perseguimento di un proprio obiettivo. L'interdipendenza può essere oggettiva o soggettiva: è oggettiva quando l'attività prevede necessariamente la collaborazione dei membri di un gruppo (es. in una squadra di calcio è oggettivame
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    Interessante testo dove si evidenzia l'apprendimento come un cerchio dove ognuno dà il proprio contributo, l'app collaborativo è basilare per lo sviluppo delle tecnologie telematiche, le informazioni sono condivise e valutate, questo porta a contestualizzare e verificare i contributi di ogni soggetto in un unico sistema di apprendimento online, nel senso che dalla moltitudine delle info si sfocia ad una informazione individuale generalizzata.
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    Le slide, incentrate sull'apprendimento didattico, schematizzano efficacemente il percorso da ambienti di apprendimento "tradizionali" (imparare "per mezzo di altri" e "dagli altri") ad un ambiente collaborativo (imparare "con" gli altri). Distinguendo ulteriormente, in quest'ultimo caso, le situazioni che prevedono una più semplice "sincronizzazione" degli interventi dei singoli, da quelle in cui si richiede una reale cooperazione finalizzata alla produzione di risultati condivisi. Cioè l'aggiunta di valore apportata dal singolo all'interno del gruppo che da luogo all'apprendimento collaborativo. Alla tecnologia è implicitamente riconosciuto un ruolo "connettivo" nella costruzione dell'intelligenza, oltre a quello più scontato di ampliamento delle comunità. Forse meno, però, l'importante ruolo di agente attivo nella modificazione dei processi cognitivi.
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    Una presentazione efficace e schematica. Vengono richiamati alcuni assiomi base dell'apprendimento collaborativo e del problem solving in gruppo. Interessante il diagramma dei livelli dell'interazione.
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    L'apprendimento collaborativo fa riferimento a comunicazione mediata dal computer, si basa sulla valorizzazione, dall'imparare dagli altri, imparare con gli altri, condividere, mettere insieme competenze. Ho trovato interessante e soprattutto un modo facile e originale per trattare di apprendimento e comunicazione.
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    Purtroppo non riesco a ritrovare un articolo letto su Focus qualche tempo fa, che confermava il miglioramento dello stile, delle conoscenze grammaticali e lessicali degli adolescenti (e non) che abitualmente fanno uso di tecnologie per interagire con il mondo. L'articolo spiegava che il fatto di "pubblicare" commenti/pensieri/informazioni, incrementa la motivazione nello scrivere meglio.
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    penso che anche i nuovi giochi "ruzzle" e "4 immagini e una parola" siano una specie di apprendimento collaborativo: in assenza della risposta si può chiedere e accettare suggerimenti in rete...
Ivan Romano

I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
Mauro De Merulis

tecnoteca.it - Multimedialità  e Ipertesti - 8 views

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    La mente dell'uomo non concepisce le idee in forma definita e completa: sono piuttosto il frutto di una progressiva elaborazione, che si svolge per selezione e collegamento tra idee diverse, che contribuiscono alla definizione della linea di pensiero.
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    Un'altra figura di grande importanza è Theodor Holm Nelson, laureato in filosofia, nato nel 1937 ed è considerato il più visionario, il più inventivo tra i personaggi. Il suo sogno è uno strumento universale attraverso il quale si può accedere alle informazioni. E' lui l'inventore delle parole ipertesto ed ipermedia. Era il momento in cui lavorava in Giappone ad un progetto di nome Xanadu (la città dell'utopia). Nelson ha un punto di partenza, da un lato è molto critico nei confronti dello sviluppo dell'informatica e dall'altro ipotizza la totale accessibilità alle informazioni. Il progetto Xanadu prevede tre parole chiave (immagine 3): connessione, archiviazione, accessibilità. Per connessone si intende la possibilità di connette alla rete una quantità infinita di utenti; per archiviazione si intende la possibilità di registrare le informazioni ed infine la connettività riguarda la facilità di accesso alle informazioni. Il progetto di Nelson non riguarda solo i "testi letterali" propriamente detti ma tutto ciò che è scritto. Nelson non si è preoccupato solo di progettare Xanadu ma anche di risolvere i problemi (immagine 4): per Nelson un problema fondamentale è la scomparsa delle informazioni, quindi occorre una grande capacità di memorizzazione. Inoltre ci deve essere la possibilità di memorizzazione delle opere. Se il progetto prevede una cooperazione generale ciò deve permettere anche la possibilità di modifica delle opere stesse Nelson con Xanadu pensa di aumentare la capacità produttiva e creativa degli utenti. Un testo ipertestuale è un modello che non segue una sequenza lineare come un libro non lineare, ma un insieme di collegamenti all'interno dello stesso testo o tra testi diversi. Ipertestualità vuol dire perdita di un centro, si perde anche il concetto di autorità all'interno del testo e lo stesso lettore può diventare autore del testo. A questo concetto è legato il concetto di interattività, vale
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    La mente dell'uomo non concepisce le idee in forma definita e completa: sono piuttosto il frutto di una progressiva elaborazione, che si svolge per selezione e collegamento tra idee diverse, che contribuiscono alla definizione della linea di pensiero.
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    E' un articolo interessante e anche in parte convincente. Quello che io però mi chiedo è: ma davvero funziona un modo di insegnare fatto così? Non è rischioso, soprattutto ad un livello iniziale di apprendimento? Per quanto la "linearità" di un modo tradizionale di insegnare sembri meno efficace (perchè diversa sarebbe stata anche l'antica modalità orale), noi impariamo a leggere gradualmente. Lo stesso nostro modo di approcciare le nuove tecnologie viene da un modo di pensare strutturato dalla "lezione" che segue la modalità lineare. Ad A segue B e poi C. La stessa multitestualità è pensata e strutturata in maniera lineare, a mio avviso. Certo, l'apprendimento non è lineare, ma a balzi ed è vero che la mente umana funziona in maniera non sequenziale. Ma questa non sequenzialità è personale, non data da qualcuno o qualcosa di esterno. Sono io che mi creo i miei collegamenti. Se lo fa qualcuno da fuori, è comunque (a mio avviso) sempre una sequenzialità di informazioni. Solo che questa sequenzialità è data dal mio cercare prima una cosa e poi un'altra. E' una fittizia rete. La vera rete me la creo poi io, nel mio cervello. Io temo che questa "rete" sia pericolosa per l'apprendimento, soprattutto, come dicevo all'inizio, per chi è al livello più elementare dell'apprendimento. Sai cosa mi ha detto un amico medico cinese? Noi occidentali non siamo in grado di vedere l'aura delle persone, perchè nessuno, quando eravamo bambini, ci ha insegnato a coltivare questa capacità. Per la sua generazione (ora ha 55 anni) era normale che, se un bambino vedeva l'aura, questa facoltà venisse coltivata. Come uno che ha un buon orecchio musicale. Niente di eccezionale, ma neppure da non considerare. Ecco quindi che molti adulti vedono l'aura delle persone. Quello che voglio dire è che noi veniamo educati comunque a "leggere" la realtà da quello che i nostri educatori (genitori, parenti, insegnanti, altri bambini) fin da piccoli ci inculcano, perchè così vedon
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    "La mente umana funziona in modo non-sequenziale: gli stessi artifici narrativi che la letteratura ha sviluppato possono essere visti come delle scappatoie dall'appiattimento dell'ordine sequenziale."
isabella isabella

mulltitasking e psicotecnologie - 6 views

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    il cervello al giorno d'oggi
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    Al giorno d' oggi con l' accrescersi della societa' della informazione il cervello si abitua a svolgere piu' compiti simultaneamente (multitasking work) senza provocare interferenze. Come nel computer si ha la possibilità di aprire varie finestre ed elaborare in parallelo le informazioni anche il nostro cervello e capace di elaborare piu' compiti contemporaneamente. La formazione cerebrale diviene in tal modo piu' flessibile e capace di suddividere la attenzione in molteplici attivita' di elaborazione delle memorie e breve termine. L' utilizzare le molteplici capacita' di integrazione cerebrale della informazion, come si fa con lo "zapping in TV", va' pero' a discapito della concentrazione attenzionale e percettiva. Pertanto , come si puo osservare dagli studi di Risonanza Magnetica Funzionale del Cervello ( RMf-Brain -Imagin), la elaborazione della parallela della informazione va ad attivare ben poco le zone centrali del cervello responsabili del confronto con i processi mnemonici a lungo termine ( Talamo ed Ipotalamo). Pertanto il passaggio da una formazione di tipo logico-seriale, ad una piu' propria dell' e.learning mediata dalla utilizzazione del computer, comporta una maggior capacita' di elaborazione immediata e flessibile delle informazione, ma sostanzialmente deprime i processi di formazione delle memoria a lungo termine. In conclusione l' abitudine a saltare da un processo di integrazione cerebrale della informazione ad un altro con una elevata frequenza, certamente cambia la forma di intelligenza poiche' cambiano le modalità di articolare il pensiero, aumentando contemporaneamente lo stress e diminuendo il controllo della percezione cosciente, determinato in precedenza dal confronto costante con ma memoria a lungo termine. Infine e stato notato che i modelli modulari e flessibili della attenzione sono piu' appropriati al cervello femminile che e' mediamente piu' capace di passare da un compito all'
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    il multitasking è l'essenza della nuova era, i giovani sono sempre più mutitasking, anche nella vita quotidiana, è facile vedere persone che anche alla guida, scrivono sms, mentre ascoltano la radio e magari fumano anche una sigaretta, dando uno sguardo di tanto in tanto al percorso sul navigatore..
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    La locuzione Homo Zappiens è stata coniata da Wim Veen e Ben Vrakking, rispettivamente professore e ricercatore all'Università di Delft, per indicare la generazione digitale, cioè quei giovani nati e cresciuti all'ombra delle tecnologie mentali, abili nel gestire il flusso (o il sovraccarico) di informazioni che circola nei nuovi media, nell'intrecciare le comunicazioni faccia a faccia con quelle virtuali e nello sfruttare i loro interlocutori connessi in rete per risolvere in modo cooperativo i loro problemi, a volte capaci di fornire un contributo sia pur minimo alle conoscenze condivise. HZ apprende esplorando e giocando, cioè trasferendo le tecniche dei videogiochi a problemi di varia natura e impadronendosi di conoscenze che non fanno più parte di un canone scolastico semifisso ma sono negoziabili e mutevoli a seconda del contesto e delle circostanze. Queste capacità e caratteristiche di apprendimento saranno utilissime a HZ nella società della conoscenza "liquida" che si profila. Interessante è il rapporto di HZ con la scuola: il tempo di attenzione breve, il comportamento iperattivo, l'indipendenza nell'apprendere fanno dello scolaro HZ un soggetto difficile ma stimolante, che richiede metodi nuovi e originali di insegnamento. E, sostiene Veen, è la scuola che si deve adattare a HZ perché la società che si annuncia avrà bisogno di persone capaci di affrontare la complessità, la mutevolezza, l'adattamento e l'incertezza. Gli insegnanti sono sottoposti a una forte tensione, che deriva dalle diverse abitudini cognitive e attive rispetto a HZ e dalla diversa architettura cerebrale. I giovani digitali sono impazienti, vogliono immediatamente le risposte ai loro quesiti, non si concentrano per risolvere categorie di problemi, ma si gettano sul caso particolare passando subito oltre, non fanno mai una sola cosa alla volta, saltano da Internet alla TV, dal cellulare all'iPod con una divisione di tempo vertiginosa che sfiora la simulta
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    Eppure molte ricerche sul multitasking, ne riporto una in particolare, dimostrano il contrario: http://www.psych.utah.edu/lab/appliedcognition/publications/supertaskers.pdf Una sola minoranza di individui (3 su 100) dimostrano di essere a loro agio nell'operare in multitasking il resto invece registra un evidente calo di attenzione e concentrazione. Frank Schirrmacher ha scritto un bel libro "La libertà ritrovata" su questo argomento. Sembra che proprio il multitasking sia responsabile della fatica che i giovani fanno a leggere testi lunghi, del loro distrarsi facilmente, della loro incapacità di astrazione. Però io reputo il tuo contributo corretto e appropriato. La presenza di diverse linee di ricerca anche contradditorie non è altro che il segno dell'importanza e dell'attenzione che riveste questo argomento. Giustamente considerato come sostanziale in quest'epoca digitale.
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    L'articolo è interessante, personalmente vorrei aggiungere che il cervello è per sua natura multitasking. Si pensi alle azioni che esso compie ogni giorno anche senza ausilio del computer. Un esempio? Pensiamo a quando siamo alla guida di un auto, quante cose facciamo contemporaneamente? Guidiamo, per prima cosa, una attività che per chi ha imparato diviene un automatismo, pensiamo (se siamo soli alla guida del mezzo), conversiamo se siamo in compagnia e magari ascoltiamo la radio (eviterei di usare il telefonino, quello è pericoloso). Se riflettiamo su questo il funzionamento del cervello appare più stupefacente dal momento che eseguo più azioni contemporaneamente. Un altro esempio può essere l'azione di attraversamento di una strada trafficata a piedi. Anche in questo caso, a prima vista banale, il nostro cervello esegue una serie di valutazioni rapidissime e complesse. L'osservazione del percorso, la valutazione della velocità delle auto, la distanza da attraversare, il calcolo del tempo necessario a percorrere il tragitto. Tutto ciò implica una serie di valutazioni e calcoli che la nostra mente deve eseguire in pochissimo tempo. Alcuni scienziati hano confermato che far attraversare la strada ad un automa è molto difficoltoso. Il cervello ha quindi delle grandi potenzialità potendo eseguire più operazioni contemporaneamente. Oggi ci troviamo immersi in un flusso informativo di ampia portata, seguire tutto è impossibile ma il cervello opera delle scelte. L'utilizzo dei nuovi mezzi tecnologici determinerà (o già lo stà facendo) una variazione del modo di vivere e di pensare. Il genere umano è molto adattabile come dimostrano le teorie evoluzionistiche.
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    Condivido il fatto che la nostra società ormai ci "obbliga" a fare tante cose in contemporanea e penso che sia discutibile il fatto che queste cose siano fatte bene. E' sicuramente vero che oggi facciamo tante cose che sfuggono al controllo della nostra coscienza e vengono fatte in modo automatico, come guidare l'auto, camminare, respirare, salutare....L'automatismo viene meno quando durante la guida avvertiamo un pericolo, in questo caso sarà normale interrompere le nostre discussioni o l'ascoltare la radio, concentrando la nostra attenzione sulla guida e il "controllo" dell'auto. Lo stesso vale mentre camminiamo, l'automatismo smette quando dobbiamo attraversare la strada in coincidenza di un semaforo. Penso che il cervello multitasking viene messo in crisi, se al posto di automatismi abbiamo la necessità di ragionare e prendere rapidamente delle decisioni, in questo caso non possiamo distogliere "risorse" per essere multitasking
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    Fulvio nel mio post precedente non ho contemplato le situazioni di stress decisionale. Certo il tempo di reazione è fondamentale e anche questa è una carattersitica del nostro cervello. Interrompere un'azione per prendere una rapida decisione è una peculiarità che può essere variabile da individuo a individuo (personalmente sono un pò lento) e dipende dalle proprie potenzialità. Qualcuno ha pensato a come misurarle. Penso che troverai interessante il contributo "Multitasking vs. Continuous Partial Attention".
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    L'articolo riporta correttamente (seppur con la necessaria sintesi della scrittura per il web - giusto una cartella) i pro e i contro che gli studiosi intravedono nel multitasking. Gli argomenti di fondo sono quelli che De Kerckhove affronta nel confronto con le tesi di Nicholas Carr, autore di "Google ci sta rendendo stupidi?", al quale contrappone una visione più favorevole pur senza nascondersi ricadute negative.
naccigiuseppe

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vdalmonte

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#intelligence

started by vdalmonte on 21 Apr 19 no follow-up yet
Daniela Cerbone

Al politico piace il web usa e getta - 4 views

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    Ho letto l'articolo, mi pare però che questo, più che problema di "psicotecnologie", sia al 100% un problema di politica, o meglio, di un certo modo di fare politica, per capirci quel tipo di politica che cerca il cittadino solo quando gli conviene per raccattare voti... MA il discorso si può allargare, prendendo invece in considerazione quei fenomeni nati nel web e portati avanti da persone che usano il web come principale mezzo di comunicazione con i propri interlocutori. Mi pare che il Movimento Cinque Stelle sia un esempio di come un nuovo modo di vivere e pensare la comunicazione sia intrinsecamente unito e parte integrante di una psicotecnologia - il web - che va a modificare il modo di pensare creando qualcosa di nuovo. Questo esempio era per rimanere nel tema della politica citato nell'articolo, ma ovviamente una miriade di altri esempi mostrano come nuove comunità umane nascano nel web e vivano secondo le regole del web. Un esempio a noi vicino: la nostra rappresentanza studentesca :)
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    La mia riflessione, a valle della lettura dell'articolo, è stato quella di pensare al fatto che oggi tutti noi abbiamo a disposizione non una strada ma una autostrada digitale, il web, attraverso la quale è possibile capire il mondo, ma per capirlo bisogna esserci. Ignorarla, o nel caso specifico dell'articolo fare finta di, vuol dire essere fuori dal cambiamento che tocca tutti i livelli della società. Ciò dimostra anche come il nostro paese è abbastanza indietro nello sviluppo digitale. Come lo stesso de Kerckhove afferma: la rete da la voce all'individuo. Ovviamente ognuno ha la propria chiave di lettura.
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    Credo che l'articolista affronti la questione facendo riferimento solo ai dati dell'abbandono dello strumento digitale da parte del politico, ignorando del tutto i dati da parte del pubblico. Chi si prende la briga di aggiornare quotidianamente un twitter seguito da 10 persone, o un blog da tre? Nessuno, per quanto meritevoli gentili e simpatiche possano essere quelle persone. Dal punto di vista della comunicazione, specialmente per un politico, il gioco non vale semplicemente la candela. In certi casi è meglio andare in piazza e raccogliere un capannello di persone, o in un ufficio o in una fabbrica. Esiste anche il mondo reale, non solo quello virtuale, per dare voce all'individuo. Quindi, senza conoscere i "dati di ascolto" dei siti, dei twitter o di facebook, non mi sembra si possano trarre conclusioni sul disimpegno dei politici dal multimediale, e ogni considerazione in questo senso credo sia piuttosto demagogica. Non sono fuori dal cambiamento se non scrivo i twit che nessuno legge, magari sono fuori dal cambiamento perché nessuno legge i miei twit, che è un altro modo di vedere la questione. Se poi si vuole fare della comunicazione una bandiera della trasparenza, allora bene vengano post dai vari ministeri, comuni, regioni e altri organi istituzionali, dove i dati che compaiono hanno oltre al carattere informativo, anche una validità ufficiale. Ma anche questi hanno lo stesso valore del twit del politico, se nessuno si prende la briga di consultarli.
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    Quest'articolo fa scaturire una riflessione: il problema sono le psicotecnologie o l'uso che se ne fa? Il senso comune porterebbe a optare per la seconda ipotesi: se i politici, nello specifico, imparassero a fare del web un uso meno funzionale al proprio risultato elettorale ciò potrebbe portare a benefici in termini di partecipazione dal basso. In effetti una posizione abbastanza critica sulla "democrazia globale" che può nascere dalle psicotecnologie e, nello specifico, dal web è quella del politologo bielorusso Evgeny Morozov, ricercatore all'Università di Stanford. Nel libro "The Net Delusion "di un paio di anni fa egli criticava l'idea della sostituzione delle pratiche associativo-comunitarie tradizionali in nome della distribuzione orizzontale dei mezzi di partecipazione che viene consentita dal web. Morozov compie un'analisi degli interessi economici (in particolare in Europa dell'Est, ma non solo). La "retorica digitale" nasce dall'uso che viene fatto del mezzo e non dal mezzo in sé, che Morozov ritiene avere potenzialità "eccezionali" ma che bisogna saper usare. Ad esempio questa retorica sta portando negli Stati Uniti (e non solo) alla politica-marketing, ovvero messaggi su misura per gli elettori, a scapito del messaggio calibrato sull'interesse collettivo. In generale il rischio è che messaggi banali o inesatti, che in una discussione verrebbero facilmente smontati, diventano "seri" perché sono ammantati da una retorica emancipatoria: dal vuoto politico si rischia di passare così al managerialismo.
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    Parlamento 2.0, Strategie di comunicazione politica in internet, è un libro di Sara Bentivegna, consultabile, almeno in parte, al link seguente: http://books.google.it/books?id=DHtrFTgp9N4C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false Nel retro di copertina è scritto che: «In numerose democrazie occidentali, tra cui anche l'Italia, lo stato dei rapporti tra politica e cittadini è spesso descritto tramite il ricorso a termini come distanza, disaffezione, disinteresse e disincanto. Riguardo al rapporto tra eletti ed elettori, vi è la sensazione diffusa che si sia di fronte a mondi diversi, con individui che parlano linguaggi mutualmente incomprensibili, incapaci di attivare canali diretti di comunicazione. L'ambiente comunicativo proprio dei media tradizionali, con le ben note tendenze alla personalizzazione e spettacolarizzazione, non contribuisce certo a far recuperare terreno sul fronte del rapporto tra rappresentanti e rappresentati. Le caratteristiche dell'ambiente digitale possono consentire, invece, ammesso che lo si voglia, dinamiche comunicative di tutt'altra natura. Infatti, nelle varie declinazioni dell'ambiente web, sia esso 1.0 o 2.0, scompaiono le tradizionali mediazioni dei media mainstream e può realizzarsi la piena autonomia del soggetto. Così, i parlamentari interessati a farlo possono mettere in atto strategie comunicative e relazionali tese a narrare la politica tramite l'adozione di punti di vista più vicini ai cittadini nonché a recuperare occasioni di ascolto e interazione. I dati presentati nel volume, tuttavia, ci restituiscono una descrizione della presenza dei parlamentari nel web ispirata, principalmente, all'obiettivo della self promotion piuttosto che all'ascolto e all'interazione con i cittadini. Quale che sia la piattaforma utilizzata - sito, blog, Facebook, YouTube o Twitter - l'uso prevalente che si riscontra è quello del marketing personale. Questa interpretazione riduttiva rappresenta l'ennesima conferma della problemati
Walter Tabbi

Il Cervello Multi-Tasking - 16 views

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    Si dice che Napoleone fosse in grado di fare cinque cose contemporaneamente. In particolare, sembra fosse in grado di dettare ai suoi segretari fino a cinque lettere, saltando dall'una all'altra senza perdere il filo del discorso.
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    Non conosco le straordinarie capacità di Napoleone. Sarà stata la sua epoca diversa! La nostra è una condizione ben diversa per alcuni ricercatori che hanno stabilito che un uso eccessivo della tecnologia è pericoloso come una dieta ricca di zuccheri o grassi. Il principale artefice è il multitasking, che sottrae attenzione nei compiti di tutti i giorni e peggiora le prestazioni cerebrali.
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    Ribadisco quello che ho detto più su: non dettava cinque lettere contemporaneamente (neanche gli sciamani siberiani riescono ad emettere più di due suoni contemporaneamente!). Semplicemente passava da un dettato all'altro. Ma davvero ci avrebbe messo di più, dettando una dopo l'altra le cinque lettere? Davvero ci mettiamo di più, se facciamo le cose una dietro l'altra, anziché una incastrata nell'altra? Non voglio dire che io ci riesca, ma mi chiedo se non sarebbe meglio vivere così. Quanto c'è di reale necessità e quanto invece di fuga?
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    Si è tentati di dire che il nostro cervello non va al passo coi tempi. Una ricerca della Carroll School of Management di Boston firmata da Adam Brasel e James Gips sentenzia che il multitasking non può che distrarre. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori - che hanno pubblicato i risultati sulla rivista Cyberpsychology, Behavior and Social Networking -hanno registrato lo sguardo di un gruppo di volontari che utilizzavano contemporaneamente televisione e computer, senza alcun vincolo. Spiega Brasel: "ci aspettavamo che l'utilizzo simultaneo di questi due mezzi portasse a una riduzione dell'attenzione, ma non credevamo fino a questo punto. In 27 minuti i volontari in media hanno spostato 120 volte gli occhi da uno schermo all'altro, senza peraltro rendersene conto: quando abbiamo chiesto loro quante volte erano passati dalla TV al Pc e viceversa, hanno dichiarato di averlo fatto una averlo fatto una quindicina di volte al massimo. Dieci volte meno rispetto a quanto era accaduto in realtà. E pur togliendo gli sguardi rapidi, di durata inferiore a un secondo e mezzo, restano comunque 70 cambi di attenzione nella mezz'ora di test". Stando a quanto afferma un'altra ricerca, questa volta francese, l'organo che garantisce tutte le nostre attività non riuscirebbe a pensare o a compiere più di due azioni per volta. Quantomeno non riuscirebbe a farlo senza scadere nella mediocrità. A sostenerlo, ricercatori guidati da Sylvain Charron dell'Institute National de Santé et de la Recherche Medicale e da Etienne Koechlin dell'Ecole Normale Supérieure di Parigi, i quali hanno pubblicato i risultati ottenuti sulla prestigiosa rivista Science. Correre dietro a decine di cose - scrivere una mail, rispondere al telefono, ascoltare musica - nello stesso momento crea un deficit di concentrazione e un abbassamento dei livelli di attenzione, con il risultato che molte cose e informazioni ci scivolano addosso senza incidere in profondità. Secondo i ricercato
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    Fare troppe cose insieme non è così produttivo, troppe cose e fatte male. L'eseguire diverse attività contemporaneamente comporta una eccessiva frammentazione delle attività, danni per la produttività e per i rapporti interpersonali. A Alcuni studi hanno messo in evidenza che il cervello sia in grado di eseguire bene solo due attività.
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    Anche a lavoro, adesso, fanno molti corsi sul tema dei danni del multitasking e di quanto sia importante eseguire le attività più o meno in serie, pianificandole, senza "distrazioni laterali" che fanno perdere tempo e deconcentrano... come rispondere al telefono, ascoltare un collega, leggere una @ mentre si scrive una relazione... anche se, in realtà, spesso siamo costretti a tutto ciò e, dunque,.... come si fa? Il compromesso, la soluzione ideale per tutto!
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    L'articolo che propongo è una sintesi degli studi di Koechlin, il quale conclude che il cervello non è fatto per il multi-tasking. Conclusione opposta rispetto agli studi condotti da Gary W. Small, Susan Y. Bookhaiemer e Teena D. Moody e illustrati da De Kerckhove. Secondo questi ultimi, infatti, la struttura del cervello dei giovani sta cambiano in quanto questi, essendo di fatto multitasking, stanno sviluppando maggiormente i neurotrasmettitori. Koechlin, viceversa, ritiene che il multitasking non sia congenitamente possibile se non al prezzo di risultati insoddisfacenti. Cosa ne pensate?
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    La tecnologia e le invenzioni, nei secoli, hanno permesso all'uomo di realizzare le proprie "fantasie". Le tecnologie, infatti, vengono in aiuto e nascono per un determinato scopo, per servire l'uomo, per aiutarlo a superare limiti non solo fisici. La nascita e lo sviluppo della rete, è uno degli usi del computer, una macchina che nasce anche per superare i limiti del nostro cervello. Oggi siamo giunti a quel processo che determina l'esteriorizzazione della mente, spostandosi dal soggetto allo schermo, dalla rappresentazione della mente divisa in 3 spazi : fisico, mentale e virtuale, che trova come luogo d'incontro lo schermo. Sembra però che tutto questo non basti più, l'uomo non vuole restare più in "cabina di regia" vuole appropriarsi delle tecnologie e integrarle nel suo corpo, sperimentare dal vivo queste esperienze. Come fa Stelarc da buon sperimentatore estremo, nel suo caso la tecnologia non è vista come qualcosa di opprimente e castrante, bensì come mezzo per amplificare l'azione corporea ed arrivare alla costruzione di un "organismo nuovo", un cybercorpo..... http://www.edueda.net/index.php?title=Stelarc Il nostro cervello multitasking ? Personalmente, non penso si possa essere in grado di potere dare la giusta attenzione a più problematiche contemporaneamente, quindi svolgere più attività che richiedano la necessità di prendere decisioni . E' vero, ci sono gesti abitudinari che diciamo "scorrono in pieno automatismo", ad es la mattina mi trovo a guidare l'auto e fare in contemporanea altre cose, parlare, ascoltare la radio, tf, lo faccio ormai istintivamente, tanto che a volte mi trovo a percorrere la stessa strada (sbagliando), anche se dovevo andare da un'altra parte!!!. Morale sono tutte cose ripetitive e istintive, ormai memorizzate, che non prevedono "percorsi agionati". Penso che in futuro, le new generation, potranno
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    Oggi siamo tutti multitasking: le donne indaffaratissime a dividersi tra lavoro, casa e famiglia; i giovani studiano con il pc da un lato ed il telefonino dall' altro; al lavoro ci si divide tra telefono fisso, mobile, e_mail etc. Ma l' essere umano ed il suo cervello si abituano a tutto. E' ovvio che se si fanno tante cose contemporaneamente se ne perde in qualità ma, dove davvero occorre raggiungere risultati che siano "validi", basta un pizzico di volontà e concentrazione in più ed il gioco è fatto! Speriamo....
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    Interessante è leggere l'articolo nel sito riportato http://www.mindcheats.net/2012/01/il-multitasking-e-una-droga.html Si parla del fatto che il mulitasking può diventare una vera droga. Il cervello è fatto per concentrarsi.Fare più cose contemporaneamente manda in tilt il cervello. Si molto probabilmente dobbiamo riflettere su questo aspetto, non è forse meglio puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità di cose effettuate male?
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    Riporto la parte finale del commento che nel post precedente viene "troncata" ( forse per limite max di caratteri) Penso che in futuro, le new generation, potranno "studiare" come meglio organizzare i propri cervelli, in modo da potere svolgere, contemporaneamente + azioni complesse, forse anche con l'aiutino dell'innesto di un bel "scheduler" e perché no un bel po' di "memoria" che può sempre servire.
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    Il problema del multitasking è la dipendenza che crea. Chi si abitua a fare più cose contemporaneamente ogni giorno farà fatica a staccarsi dall'abitudine e pertanto anche quando dovrebbe concentrarsi o prendersela con calma, non riesce a focalizzare l'attenzione laddove veramente servirebbe. Il cervello ha una specie di centro di controllo, all'interno del quale vengono smistate le informazioni e viene deciso come e quando processarle ma la nostra mente nella storia della sua evoluzione non si è mai trovata a dover fare i conti con una così grande mole di dati e informazioni, e se non stiamo attenti potrebbe addirittura andare in tilt.
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    Un secondo contributo alla ricerca sul funzionamento del nostro cervello. Nel precedente intervento avevo sostenuto che più ricerche avevano dimostrato che il cervello umano non è strutturato per operare in multitasking. Alcuni individui possono, ma sono una minoranza (circa 3 su 100) poiché la maggioranza registra cali di attenzione e di concentrazione. L'articolo che allegho in questo secondo intervento, spiega al meglio il motivo delle nostre risposte cognitive monotaking.
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    riguardo il discorso multitasking devo raccontare un episodio che vivo quotidianamente da circa 4 giorni... fa un pò ridere ma credo che sia esemplificativo di quanto siamo immersi nel mare delle tecnologie... sto facendo l'aerosol appunto da 4 giorni: il mio apparecchio per farlo però è un pò vecchio: cioè appena lo accendo il tubicino che collega la struttura alla boccetta, si toglie al gettito d'aria. In pratica con una mano devo reggere il tubicino e con l'altra la mascherina che ho alla bocca: immaginate che in tutto questo io non posso nè usare il pc, nè rispondere a un sms, nè guardare la tv perchè fa rumore... posso dire che sono un "carcerato dell'aerosol"?. questo esempio pietoso lo riporto spiegandolo: almeno io, ormai, uso pc, iphone e tv insieme: è diventata routine rispondere a mail contemporaneamente a sms guardando la tv o ascoltando musica...e quando ti ritrovi nell'impossibilità di farlo, soffri... come si fa a dire che il nostro cervello non è strutturato per operare in multitasking? mi chiedo cosa cavolo facesse anni fa, quando facevamo una sola cosa alla volta!!! :)
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    Ho trovato molto interessante questo articolo dello psicologo, psicoterapeuta e giornalista Francesco Albanese, direttore della rivista on line "neuroscienze.net" - http://www.neuroscienze.net, in cui si parla di "cervello multitasking". Si dice che Napoleone fosse in grado di fare cinque cose contemporaneamente. In particolare, sembra fosse in grado di dettare ai suoi segretari fino a cinque lettere, saltando dall'una all'altra senza perdere il filo del discorso. Di testimoni oculari in grado di confermare questa sua capacità oggi non ce ne sono più e pertanto non sappiamo quanto di questa affermazione sia leggenda e quanto verità, anche se in definitiva la questione non appare poi così improbabile. La cosa certa è che l'imperatore francese non sapeva che ai giorni nostri questa sua capacità avrebbe preso il nome di multi-tasking. Parlando di multi-tasking oggi giorno viene automatico associare al termine la parola computer ed inevitabilmente ci troviamo a pensare al cervello umano. Ma il triangolo che abbiamo ottenuto Cervello-Computer-Multitasking è veramente una figura chiusa? oppure no? Certamente il nostro cervello, diversamente dal computer, non ha il tasto reset! Buona lettura
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    Trovo estremamente chiari i contenuti dell'articolo. Il nostro cervello, contrariamente al computer, è in grado di ragionare e di mettere in campo azioni non previste in precedenza.
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    un articolo davvero interessante che ha dato risposte ad alcuni dubbi relativi al nostro cervello. Il computer è chiaro che lavora in sequenza, il multitasking in realtà si realizza grazie alla spaventosa velocità di elaborazione di una CPU che ci fa vedere tanti task che funzionano contemporaneamente quando in realtà il dispatchere presenta alla CPU i task singolarmente uno dopo l'altro per farne eseguire un po'. L'estrema velocità di ogni pezzo di processo da l'impressione che tutto si svolga fluidamente e in modo esclusivo. Basti pensare ad un pc non molto potente che ha un video in esecuzione e opero una pesante copia dati da disco esterno; la CPU non regge il carico e si vede la velocità di trasferimento dei dati calare drasticamente e si noterà soprattutto che il nostro video va a scatti. Interessante capire invece come funziona il nostro cervello, che anche quando facciamo più cose nello stesso tempo, al massimo riusciamo a farne due, perchè appena il numero delle attività cresce si abbassa la soglia di attenzione e facciamo male tutto. Questo non è ancora chiaro se deriva dal fatto di avere due emisferi. a tale proposito interessante l'articolo di Italiasalute.it http://www.italiasalute.it/news.asp?ID=10366
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    Interessante articolo che affronta il tema del multi-tasking anche rispetto alle modalità di funzionamento del cervello umano
giannib71

Adolescenti - 0 views

Adolescenti Il mondo degli adolescenti e' sempre stato in movimento, cangiante ma negli ultimi anni con l'avvento delle nuove tecnologie questa accelerazione e' diventata ancora più dirompente. Il ...

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started by giannib71 on 17 Mar 21 no follow-up yet
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