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alfonsina longobardi

Il multitasking - 4 views

started by alfonsina longobardi on 12 Mar 13 no follow-up yet
  • alfonsina longobardi
     
    Il multitasking è un modo di processare l'informazione, dedicando le risorse di sistema per eseguire contemporaneamente diversi lavori passando da un contesto all'altro. Questa possibilità operativa dei computer ha influenzato il nostro modo di lavorare e di usare il cervello: usiamo diverse applicazioni simultaneamente, magari su più monitor e c'è anche il telefonino che riceve chiamate, sms o email. Nel 2006 Linda Stone, ex dirigente Microsoft, parlando di attenzione parziale continua all'Emerging Technology Conference di San Diego, ha constatato che moltissimi tra il pubblico avevano il volto rischiarato dal bagliore dello schermo del proprio pc portatile. Khoi Vinh, designer del New York Times, qualche tempo fa raccontava sul suo blog (trad. it.) che quando guida gli viene sonno, salvo che non vi sia da controllare il monitor di un navigatore satellitare, che gli tiene il cervello in attività parallela. Se la mente multitasking di Khoi Vinh non lavora ad un certo regime, va in deficit di attenzione generando sonnolenza. Che fico!

    Il web, la lettura e il pensiero.
    Jack Goody ha definito la scrittura "tecnologia intellettuale" e il sociologo Daniel Bell ha allargato la definizione agli strumenti che aumentano le capacità mentali.

    Nicholas Carr, in un articolo su Atlantic, fa notare che secondo la psicologa evolutiva Maryanne Wolf le info-tecnologie "svolgono un ruolo importante nel plasmare i circuiti neuronali del nostro cervello e che l'efficienza del web indebolisca la nostra capacità di leggere con attenzione profonda".
    Carr utilizza Google come icona del web: l'articolo s'intitola Google ci rende stupidi? e si chiede se il web, attraverso l'accesso ipermediale alle nostre memorie di silicio, non abbia trasformato non solo il nostro modo di leggere, ma anche quello di pensare.
    Citando Eric Shmidt, amministratore delegato di Google, Carr ricorda che "l'azienda è fondata sulla scienza della misurazione" e che Brin e Page considerano Google un progetto di intelligenza artificiale, il cui obiettivo è portare le informazioni direttamente al cervello.
    Carr aggiunge che l'etica industriale di Google si fonda sul taylorismo: "ciò che Taylor ha fatto per il braccio, Google lo sta facendo per la mente".

    La sua conclusione è che "per Google l'ambiguità è un errore da correggere, lasciando poco spazio all'indistinto della contemplazione", che le infotecnologie tendono ad "appiattire la nostra intelligenza e a renderla artificiale" e dice di sentirsi come il super-computer HAL quando, in 2001 Odissea nello spazio, dice: "la mia mente se ne va. Lo sento. Lo sento. Ho paura".
    Visto che si parla di 2001 Odissea nello spazio, vorrei ricordare che Kubrick, in tempi non sospetti, è stato uno che, con una sana ossessione per una pianificazione che prevedesse il più possibile l'errore, ha dato un enorme contributo alla cultura con memorabili contemplazioni dell'indistinto dell'ambiguità umana.

    Nell'era dell'informazione la conoscenza è potere. Se c'è una cosa per cui Google potrebbe essere preoccupante è che ha e avrà sempre di più un potere enorme. Se vogliamo essere paranoici, Google un giorno potrebbe teoricamente falsificare una persona nel corpo e nella mente, potrebbe diventare una macchina che governa il mondo. Ma è anche vero che Google condivide buona parte delle sue conoscenze, allora, invece di diventare il grande fratello, potrebbe diventare la piattaforma ideale per i piccoli fratelli, ovvero gente comune con mezzi da grande fratello.
    È comunque difficile incolpare un'istituzione con cui siamo collusi. Naturalmente il problema è collegato alla dipendenza da questa collusione.
    Pensiero reticolato.
    (Vernetztes Denken, Networked thinking)
    L'articolo di Carr prende l'avvio da due post, uno pubblicato da Bruce Friedman (che ha un blog sull'uso del computer in medicina), e l'altro da Scott Karp (che sul suo blog si occupa di media). Karp, specializzato al college in letteratura, era un avido lettore che ha smesso di leggere libri, non perché ha cambiato modo di leggere, ma perché ha cambiato modo di pensare: oggi il web è una grande biblioteca interattiva, dove più testi brevi connessi tra loro in modo non lineare consentono di costruire e articolare autonomamente il pensiero fuori dal testo.

    L'articolo di Nick Carr ha sollecitato i commenti di Kevin Kelly e Stowe Boyd, e la risposta di Scott Karp.
    Kevin Kelly fa notare che oggi esistono le condizioni tecnologiche che rendono possibile e giustificano sia la produzione che la fruizione di molti testi brevi.
    Stowe Boyd aggiunge (facendo riferimento al post di Karp) che certi testi brevi connessi tra loro possono essere più efficaci di un testo lungo e spiega che il suo commento al testo di Carr si combina attraverso un ragionamento e un processo cognitivo non lineare: un insieme di informazioni e frammenti apparentemente casuali gli hanno permesso di mettere insieme una riflessione compiuta.
    Boyd sottolinea che secondo gli standard tradizionali il suo procedere tra letture, informazioni e pensieri può sembrare una roba da matti.

    Non credo che la nostra mente se ne stia andando, nel teatro del quotidiano la normalità è in continua ridefinizione: a quanti di voi sarà capitato di incrociare per strada un matto che parla da solo, per poi scoprire che sta parlando al telefono?
    logio della differenza.
    Nel saggio Éloge de la différence il biologo francese Albert Jacquard racconta come in biologia la diversificazione genetica sia un'opportunità e spiega come analoghi vantaggi siano offerti dalla varietà culturale. In una conferenza al TED, Kevin Kelly spiega come la differenziazione tecnologica sia una risorsa di opportunità anche per le generazioni future.
    Il racconto enciclopedico.
    Carr cita Marshall McLuan che negli anni sessanta affermò che i media sono canali passivi che forniscono contenuti con cui si elabora il pensiero, ma al contempo influenzano il processo di formazione del pensiero stesso.
    Come abbiamo notato all'inizio, non solo i media tradizionali e le info-tecnologie, ma la cultura e la tecnologia in generale influenzano i processi cognitivi e di elaborazione del pensiero. Oggi la tecnologia rende questi processi evolutivi più veloci, e quindi più evidenti, rivelandone l'inquietudine, come nella modalità del racconto in Koyaanisqatsi di Geoffrey Reggio.
    Il web, come lo intendiamo oggi (2.0), è molto diverso dai media tradizionali.
    Nicholas Negroponte ha spiegato questa importante differenza nel 1995: "non dimentichiamo che la televisione, i giornali, la radio, i libri erogano l'informazione attraverso un sistema gerarchico. Internet non è così, qualunque punto può essere sia trasmittente che ricevente. Ecco perché contribuisce ad accrescere le differenze, e non a fornire una singola visione del mondo sempre più uniforme. Ai tempi della televisione analogica e di altre tecniche, dovevamo seguire alcune norme che generavano l'uniformità. Ora non è più così." (intervista)
    Il web non è un canale passivo, è potenzialmente tante cose, è una macchina, un mega-computer e come tale può teoricamente assumere molteplici funzioni, passive e attive, come una macchina di Turing.

    Carr ammette comunque che l'uso di Google favorisce la conoscenza e Kelly aggiunge che lui non rinuncerebbe ai 40 punti di QI in più che ha quando è connesso al web. Anche per me è così.


    Ipertesto, tempo e immagine.
    Negli anni trenta Vannevar Bush aveva ideato il calcolatore analogico Memex per rendere più efficiente l'archiviazione ed il reperimento del sapere. Memex, che non è stato mai realizzato, è considerato l'antenato del personal computer. Nel luglio 1945 Bush pubblicò un articolo su The Atlantic Monthly in cui, per favorire la conoscenza nei contesti scientifici interdisciplinari, proponeva l'idea di ipertesto. L'articolo si intitolava As We May Think (Come potremmo pensare).
    Tra il 1965 e il 1968, ispirati dall'articolo di Bush, l'ingegnere Douglas Carl Engelbart (inventore del mouse) e il sociologo e filosofo Ted Nelson, inventarono l'ipertesto.

    L'idea di poter pensare in modo non lineare, contenuta nel concetto di ipertesto, non è dunque un problema che ci è caduto addosso oggi. Semmai oggi ci stiamo confrontando con una nostra necessità, con la necessità di pensare diversamente, con la possibilità di poter accrescere ed esaltare le differenze. Questa è una ricchezza.
    Il cervello è una struttura plastica, adattabile. Forse dovremmo migliorare la nostra capacità di gestire l'eccezionalità che ognuno di noi rappresenta in modi diversi, imparando a convivere meglio con le nostre invenzioni e con la complessità che esse portano.
    L'ipertesto ha influenzato l'uso del tempo nel cinema, come nel play and replay della sceneggiatura di Pulp Fiction che non fa uso di semplici flashback, ma racconta in modo reticolare, senza una gerarchia sequenziale. Come in un sogno il tempo di Pulp Fiction sembra racchiuso nella capocchia di uno spillo. Pulp Fiction scardina l'idea del tempo sequenziale e delle sue gerarchie.
    La reticolarità, caratteristica della mente, delle modalità analogiche di costruire i pensieri e organizzare le conoscenze, è anche una peculiarità del web. Il web sovrappone alla concezione del tempo sequenziale, tipica del racconto tradizionale, una forma di tempo concentrata, probabilistica, multiforme e multitasking. Come nei sogni che percorrono una storia vissuta in un tempo lungo, ma in un tempo reale di pochi secondi.
    Questa dimensione ci propone un uso della mente che non è una novità: Calvino ne parlava nel suo discorso sulla molteplicità, in riferimento alle tendenze enciclopediche del romanzo contemporaneo.
    Trovo molto interessante che Calvino, nella sua conferenza sull'esattezza, accenni al fatto che lui da bambino ha formato la sua capacità immaginativa con dei fumetti senza testo, e poi dice che si è abituato alla lettura con grande sforzo verso i tredici anni. Dice anche che lui ha sempre preferito scrivere testi brevi.
    Quand'ero piccolo io, mio padre mi concedeva la lettura di pochissimi fumetti e in casa non avevamo la tv, perché secondo lui troppe immagini non mi avrebbero abituato alla lettura.
    Chissà che allora la questione su cui si dibatte non sia connessa non solo alla cultura dell'informazione, ma anche, e forse in larga parte, a quella dell'immagine.


    Mind switch (commutazione mentale).
    La mente può funzionare in diverse modalità. Un diverso genere musicale può variare la nostra condizione mentale, i nostri ritmi cardiaci e addirittura funzionare da doping durante lo sport o come droga, così ogni attività impegna il cervello in funzioni diverse e probabilmente a frequenze operative diverse. Si può esercitare un controllo, gestire l'attività mentale?
    Se lavoro in modalità multitasking il mio cervello sembra attraversato da un'attività ad alta frequenza. Anche se non sempre e non necessariamente. Invece quando dipingo la mia mente attiva una modalità di pensiero diversa: è come se fosse attraversata da onde a bassa frequenza. Lavoro con un monitor di riferimento accanto, scollegato dal web e che svolge solo funzioni guida.
    Anche il programmatore Paul Graham racconta sul suo blog (trad. It.) che per le attività che richiedono di lavorare senza distrazioni usa un computer sconnesso dal web, naturalmente ne ha un altro connesso, che usa quando vuole.
    L'importante per me è continuare a riuscire a commutare la mia mente in modalità "dipingere" e, per quanto possibile a mantenerla elastica, versatile e capace di passare da una modalità di pensiero all'altra.
    Più raramente, dipingendo, la mia mente entra in un tipo di attività in cui probabilmente è attraversata da onde ad alta frequenza. In quei momenti mi sembra di vivere una sorta di grande calma tesa e vigile, non saprei spiegarlo meglio. Queste modalità di pensiero sono per me più rare e non ne ho il pieno controllo dell'attivazione. Sopraggiungono comunque dopo lunghe fasi di concentrazione indisturbata.
    Mental Wealth (ricchezza mentale).
    I più giovani, abituati fin da piccoli a maneggiare diversi oggetti di comunicazione e informazione, si confrontano con i problemi legati al deficit di attenzione, di cui si parla spesso nelle scuole. Fin da piccoli dovrebbero imparare che il cervello può essere usato in diversi modi. Magari dipingere, suonare e fare sport potrebbero essere alcuni dei modi per capirlo, le soluzioni possono comunque essere cercate.
    L'antropologa culturale Mizuko Ito ha condotto la ricerca più completa finora pubblicata sul rapporto dei teenager con le infotecnologie. I risultati dello studio dimostrano che i giovani non hanno un rapporto con le infotecnologie diverso da quello degli adulti: riescono ad imparare, socializzare e sviluppare attitudini civili divertendosi, sviluppando la loro cultura in modo informale.
    Avevo notato che mio figlio e i suoi amici avessero un rapporto creativo con le ICT, ma i risultati di Digital Youth Research sono molto confortanti perchè indicano una tendenza diffusa e prospettano non più un'economia del consumo in un mondo di consumatori ma un'economia della creazione e della valorizzazione umana: le ICT offrono la possibilità di inventare il futuro, democraticamente.
    In un momento di crisi dei valori finanziari, delle industrie automobilistiche e del sistema energetico, la speranza dell'umanità è nel potenziale creativo (e non consumistico) dei nostri figli. Le infotecnologie sono il loro rock'n'roll, non demonizziamole.
    Immaginate quale risorsa creativa esiste fra tutti quei giovani che non hanno accesso alle nuove tecnologie, immaginate come cambierà il mondo grazie al contributo di progetti come OLPC del Media Lab per dare un laptop a 100 dollari ai bambini delle aree sfavorite, e IXEM che vuole portare l'accesso al web, veloce e a basso costo, nelle aree del mondo scollegate.
alfonsina longobardi

LA PROGETTAZIONE DI AMBIENTI COLLABORATIVI DI APPRENDIMENTO - 0 views

started by alfonsina longobardi on 12 Mar 13 no follow-up yet
  • alfonsina longobardi
     
    Il risultato di qualsiasi attività sistematica di progettazone è un piano o uno scenario che definisce il formato,il conentuo e la struttura dell'ambiente,i sistemi di erogazione e di implementazione delle strategie. All'inizio del 2000 e con la diffusione di ambienti di apprendimento elettronici,queste definizioni sembrano suscettibili ad alcuni adattamenti.
    In verità,la progettazione didattica dipense in modo prevalente dall'evoluzione della propria base di sapere,il livello per il quale l'istruzione è progettata,gli studenti,come pure il contenuto. La percezione della progettazione come sforzo intuitivo ha causato molta instabilità e variablità,a causa dell'esperienza isolata e soggettiva di alcuni agenti educativi.
    A causa di una certa mancanza di modelli costruttivi,non c'è stato un consolidamento o la formazione di un sapere sistematico. La punta massima raggiunta fu un certo grado di competenza individuale dei progettisti nell'utilizzo delle formule prestabilite.
    A poco a poco,sono state sviluppate alcune procedure più sistematiche per consolidare le competenze nel settore della progettazione,cioè del cosiddetto "approccio ai sistemi". La progettazione didattica,secondo tale approccio,consiste in un'analisi dele funzioni,in un processo di risoluzione dei problemi e in una verifica effettuta da un gruppo di esperti all'interno di campi campi complessi. Visto che gli esperi scarseggiavano,il sapere educativo venne documentato e collocato in modelli e procedure didattiche formali. Questi modelli consistono in obiettivi predefiniti,descrizion delle caratteristiche dall'allievo e nei metodi e contenuti per superare il divario fra queste due posizioni. Secondo questa prospettiva,la qualità del progetto educativo dipende in modo rilevante dall'adattabilità del modello di progettazione e dall'utilizzo "intelligente" da parte del progettista.
    Tuttavia,questi modelli si fondano molto su una visione "comportamentista" sia dell'istruzione che dell'apprendimento,riservando un ruolo centrale al controllo esterno e programmato,alla semplificaznione di elementi complessi e di principi di apprendimento "semplici".
    Successivamente,venne adottata nei confronti della progettazione una posizione di tipo cognitivo. L'apprendimento è visto come un processo attivo,orientato all'oggetto e auto-regolato durante il quale lo studente crea continuamente dei significati a partire dagli stimoli esercitati dall'ambiente. Il processo di progettazione non è più diretto verso un controllo esterno e programmato del comportamento spontaneo degli studenti,ma verso il sostegno all'autocontrollo da parte degli stessi studenti. Dato che l'apprendimento come processo è in primo luogo una transizione dalla posizione di principiante verso un'altra di (quasi) esperto,la progettazione didattica è confezionata appositamente per le caratteristiche idiosincratiche dello studente.
    Mentre molte delle teorie sulla progettazione didattica si fondano sull'adattamento di un ambiente ad uno studente singolo,la diffusione delle teorie di apprendimento collaborativo,hanno avuto come esito la progettazione di un apprendimento collaborativo assistito dal computer.
    Questo percorso apre nuove prospettive sulle teorie di proettazione,dato che l'apprendimento e l'istruzione sono frutto di sforzi basati sulla cooperazione e sulla collaborazione.
alfonsina longobardi

INTERFACCIA DEL LINGUAGGIO, DEI MEDIA E DELLA MENTE - 4 views

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  • alfonsina longobardi
     
    Vi è una forte relazione tra le tecnologie e la psicologia associata alle tecnologie stesse.
    Le persone vengono cambiante mediante l'utilizzo dei media ai quali sono esposti
    quotidianamente. Ad esempio l'uso degli schermi stanno diventando così "intimi" tanto
    da assomigliare sempre di più ad una biotecnologia. Le nuove tecnologie condizionano
    le nostre strategie consce e inconsce di elaborazione delle informazioni. I media
    operano come degli interfaccia tra il linguaggio e la mente.
    Quando leggiamo pensiamo alle parole che portano il mondo nella nostra mente. Di
    fronte allo schermo invece, esternalizziamo il processo intellettivo.
    Gli schermi esternalizzano la sintesi psico-sensoriale. Con i computer ad esempio viene
    negoziato il significato che appare sullo schermo e permette a molte delle nostre
    strategie cognitive di riposizionarsi fuori dalla nostre mente privata.
    Con la televisione si è perso il controllo dello schermo. Il computer invece riporta il
    pieno recupero del controllo sullo schermo tanto che ora quando utilizziamo un
    computer condividiamo la responsabilità della produzione di significato. Produciamo
    significato insieme alla macchina e insieme ad altre persone grazie al web.
    Le industrie della coscienza sono quelle che acquistano non solo la nostra attenzione,
    ma anche i contenuti dei nostri pensieri e dei nostri desideri. Certamente la TV gioca
    un ruolo dominante nel collettivizzare alcuni dei nostri riflessi più intime tutto ciò si
    fonda sul dominio dello schermo = SCREENOLOGY: lo schermo è il punto di accesso
    indispensabile per l'elaborazione delle informazioni in connessione; da qui coniato
    anche il termine SCREENAGER: categoria di ragazzi che utilizzano la TV come mezzo
    interattivo.
    In poche parole i media editano l'utente, quando guardiamo la televisione, essa solleva
    continuamente dei quesiti ai quali non si ha mai tempo sufficiente per rispondere.
    Questo ci rende continuamente aperti e quindi disponibili all'indottrinamento
    pubblicitario. L'obiettivo della pubblicità (e della televisione in generale), infatti, è
    quello di mantenerci in un atteggiamento ricettivo ma NON critico. Questo è il motivo
    per cui la televisione riesce a creare un mentalità collettiva. Al contrario, ciò non accade
    con i computer o con Internet poiché entrambi i media ricreano la possibilità di
    conclusione. La televisione amplia il nostro campo percettivo portando il mondo a casa
    nostra in tempo reale; inoltre controlla il nostro tempo di esposizione e quanto tempo si
    passa davanti ad essa. La tv omogeneizza le differenze dei telespettatori,
    socializzandoli secondo una cultura di massa; fornendo a tutti lo stesso contenuto, la
    TV ci offre una coscienza collettiva che si agisce come un'estensione della nostra
    coscienza privata.
    L'altra cosa molto interessante che avviene con il mouse, la tastiera e il puntatore è che
    penetriamo lo schermo in modo tattile: mettiamo le mani sul mondo del pensiero.
    I media riescono ad intrattenere una relazione complessa con il linguaggio, e il
    linguaggio intrattiene una relazione intima con la nostra coscienza, tanto che i media
    sono in comunicazione continua tra la nostra mente e il mondo esterno.
    Per esempio, oggi il World Wide Web ci offre un ambiente incredibile di associazioni
    sempre a nostra disposizione; l'ipertesto è una condizione del linguaggio che può unire
    le persone e fornire una base condivisa per pensare, scrivere e leggere
    simultaneamente sia in tempo reale o durante un dato periodo di collaborazione. Lo
    schermo diventa il luogo in cui il pensiero viene scritto, ma simultaneamente, è anche il
    luogo il cui il pensiero viene condiviso ed elaborato da diverse persone.
    In conclusione si è passati dall'individuo modellato dalla lettura e dalla scrittura con
    l'alfabeto, successivamente la dimensione collettiva che è stata modellata dalla radio e
    dalla televisione. Oggi le nuove tecnologie stanno sviluppando un nuovo tipo di mente
    che va ben oltre la dimensione collettiva che è invece la mente connettiva. Ci troviamo
    in un contesto connettivo in cui possiamo coltivare e mantenere un'identità privata, ma
    anche condividere l'elaborazione delle informazioni insieme ad un gruppo selezionato di
    persone senza perdere l'identità di gruppo. Una volta avuta tale consapevolezza è
    necessario sviluppare nuove competenze ampliando la nostra capacità di risposta ad un
    nuovo tipo di responsabilità nell'elaborazione delle informazioni. E' dunque necessario
    sviluppare un nuova branca della psicologia generale, che abbia lo stesso status della
    psicologia "dello sviluppo" o "infantile", la tecnopsicologia che si occupi dello studio
    delle relazioni reciprocamente condizionanti tra tecnologia e psicologia.
alfonsina longobardi

cognizione ditributiva - 3 views

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alfonsina longobardi

l'intelligenza o le intelligenze - 0 views

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  • alfonsina longobardi
     
    In ricerche ormai famose, Gardner (1987) e Sternberg, (1997) hanno indagato
    la natura dell'intelligenza. Le loro teorie sono intese ad affermare la compresenza
    di più intelligenze, rompendo con le definizioni del passato, in cui essa era vista
    come qualcosa di monolitico, che si manifesta solo, o elettivamente, attraverso
    le abilità linguistiche e matematiche (privilegiate dalla scuola), e misurabile con
    strumenti psicometrici definiti. C'era poi da rilevare che l'intelligenza tanto
    apprezzata dal mondo scolastico non predice il successo nella vita, o,
    quantomeno, non è legata ad esso, né è connessa alla dote di saper gestire con
    successo le relazioni personali. Gardner ha introdotto il concetto assai più
    flessibile di "intelligenze multiple", riferendosi a una pluralità di formae mentis,
    espressione di una concezione più aperta e plastica delle nostre facoltà, che
    rendono ragione della sfaccettata complessità dell'essere umano, in cui possono
    prevalere o dominare caratteri diversi legati anche, per esempio, alla
    percezione del spazio, o del movimento. Egli ha messo in rilievo anche le
    intelligenze "personali"; interpersonali e intrapersonali, legate alla percezione N. Cazzador, Il ruolo decisivo dell'intelligenza emotiva 2
    del sé: l'una centrata sull'autoanalisi e la autovalutazione; l'altra sulla
    socializzazione e la conoscenza dell'altro.
    Sternberg invece ha presentato una concezione triarchica dell'intelligenza,
    indicando tre suoi modi di essere: analitica, creativa, pratica.
    Goleman, nel famoso best seller popolare intitolato "Intelligenza emotiva" del
    1995 rileva come il tipo di indagine gardneriana (ancorché allargato più
    recentemente fino a coinvolgere venti tipi di intelligenze) abbia il difetto di essere
    costruito solo sulla dimensione cognitiva e di trascurare il ruolo del sentimento.
    Insomma, Gardner si fermerebbe più che su di esso, "sulla cognizione relativa a
    esso". Così facendo " il modello cognitivo fornisce, a questo proposito, una
    visione impoverita della mente, una concezione che non può spiegare lo Sturm
    und Drang dei sentimenti che dà sapore all'intelletto" (Goleman 1996: 62). Non è
    un caso che, sempre a detta di Goleman, la teoria delle intelligenze multiple, si
    sia poi evoluta concentrandosi di più sulla metacognizione, ovvero sulla
    consapevolezza dei propri processi mentali. Tuttavia Gardner, quando ha
    focalizzato le intelligenze personali si é reso conto di come le capacità emozionali
    e di relazione siano fondamentali nella vita; del resto, ancor prima, Thorndike
    (che diffuse il concetto di Qi negli anni venti e Trenta) aveva proposto (nel
    1937) che l'intelligenza "sociale" facesse parte del Qi di un individuo.
    Salovey e Mayers agli inizi degli anni '90, furono i primi a usare il termine di
    "intelligenza emotiva" definendola come " una forma di intelligenza sociale che
    coinvolge la capacità di controllare le sensazioni ed emozioni proprie e quelle
    degli altri, per discernere tra esse e usare queste informazioni per guidare i
    propri pensieri e azioni".1
    Dunque, il modello dell'intelligenza emotiva porta
    finalmente l'intelligenza nella sfera delle emozioni 2
    ; e l'intelligenza viene ridescrittta e re-interpretata come il complesso di fattori necessari per avere
    successo nella vita. Goleman accoglie i Cinque Domini Principali di Salovey
    dell'intelligenza emotiva, che includevano le intelligenze personali di Gardner,
    modellizzati in questo modo:
    * Conoscenza delle proprie emozioni , ovvero l'autoconsapevolezza come
    "chiave dell'intelligenza emotiva" (Goleman: 64)
    * Controllo delle emozioni, ovvero la capacità di controllare i sentimenti, in
    modo essi siano appropriati;
    * Motivazione di se stessi, ovvero la capacità di dominare le proprie emozioni
    per raggiungere un obiettivo;
    * Riconoscimento delle emozioni altrui, ovvero saper porsi empaticamente "nei
    panni degli altri";
    * Gestione delle relazioni, ovvero la competenza sociale e le capacità specifiche
    che vi sono implicate.
alfonsina longobardi

le due menti - 1 views

started by alfonsina longobardi on 12 Mar 13 no follow-up yet
  • alfonsina longobardi
     
    "A tutti gli effetti abbiamo due menti, una che pensa, l'altra che sente. Queste
    due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono
    per costruire la nostra vita mentale. La mente razionale è la modalità di
    comprensione della quale siamo solitamente coscienti: dominante nella
    consapevolezza e nella riflessione, capace di ponderare e di riflettere. Ma accanto
    ad essa c'è un altro sistema di conoscenza - impulsivo e potente, anche se a
    volte illogica, c'è la mente emozionale" (Goleman 1996: 27).
    La grande influenza delle emozioni sulla mente razionale è spiegabile con
    l'evoluzione del cervello umano. Da una struttura molto primitiva, in comune con
    tutte le specie dotate di un sistema nervoso, il tronco cerebrale, derivarono i
    centri emozionali; da questi centri poterono evolvere le aree del cervello
    pensante, la "neocorteccia", che sovrintende a tutte le capacità segnatamente
    umane. Le aree emozionali sono strettamente collegate a tutte le zone della
    neocorteccia attraverso miriadi di connessioni, quindi i centri emozionali hanno il
    potere di influenzare tutte le altre aree del cervello, compresi i centri del
    pensiero.
    Si può dunque disconoscere il ruolo delle emozioni nella vita del singolo, o
    trascurare la potenza dei sentimenti, quando essi esercitano un potere così
    penetrante, e sono così correlati con la mente? No, senz'altro. Le emozioni
    agiscono come partner nei confronti della cognizione, sono interferenti nei
    processi di apprendimento, sono rilevanti nella gestione della rete sociale, e si
    rapportano a tutte le manifestazioni più intime della psicologia umana, con
    importanti risvolti nei comportamenti
alfonsina longobardi

intelligenza - 0 views

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  • alfonsina longobardi
     
    PENSIERO E INTELLIGENZA

    Definzione e teorie implicite
    L'intelligenza è, probabilmente, il concetto psicologico più difficile da definire. L'intelligenza sembra essere un fattore che coinvolge più processi psichici piuttosto che un'attività specifica. L'intelligenza è senz'altro un'attività del pensiero e il pensiero, a sua volta, può esser ritenuto come l'attività principe della mente.
    Nelle teorie implicite, quelle del senso comune, la persona intelligente è colei che "ragiona bene", che è colta ecc. Stenberg raccolse e suddivise le teorie implicite sull'intelligenza, fra cui ordinò le categorie di intelligenza intesa come risoluzione dei problemi, di abilità verbale e di competenza sociale. Si può dire che le persone tendono a definire l'intelligenza come una qualità unica del pensiero, che richiede un'abilità generale. Mentre per gli psicologi l'intelligenza non è un'abilità unica ma ne esistono vari tipi.

    Tipi di intelligenze
    Stern coniò il termine Quoziente Intellettivo e Binet e Simon lo tradussero in un fortunatissimo test che misura l'intelligenza rispetto all'età (età cronologica/età mentale X 100).
    Per la prospettiva fattorialista , l'intelligenza è composta di abilità diverse (fattori) delle quali si può stabilire quantità e qualità. Sostanzialmente, ne sono stati individuati due: fattori astratti, che implicano simboli sia verbali sia matematici (fluidità del linguaggio, espressione logico-matematica ecc.) e i fattori concreti, ossia le abilità pratiche (attitudini).
    Gli studiosi del campo dell'intelligenza hanno tentato di analizzarla per individuare i fattori che la compongono.
    Spearman coniò un modello di intelligenza unidimensionale. Egli individuò il fattore generale (fattore G) come una componente comune a tutte le attività mentali. Tuttavia, qualsiasi prestazione intellettuale prevede anche un'abilità specifica, oltre a quella globale, e Spearman distinse i fattori S come componenti che rendono possibile l'esecuzione di ciascuna attività mentale specifica. Mentre il fattore G è innato e non modificabile, i fattor S sono appresi e si modificano con l'esperienza e con l'apprendimento.
    Thurstone, in contrasto con Spearman, propose un modello multidimensionale dell'intelligenza. Secondo lo psicologo statunitense l'intelligenza è il frutto di fattori indipendenti e non esiste un fattore generale. Thurstone individuò sette fattori globali dell'intelligenza: abilità numerica, ragionamento, fluidità verbale, velocità percettiva, spaziale, abilità di memoria e comprensione.Cattel propone una differenza tra intelligenza fluida (effetto delle abilità indipendenti dall'esperienza) ed intelligenza cristallizzata (effetto dell'acculturazione), oltre a cimentarsi nella misura dell'intelligenza.
    intelligenza cristallizzata : si riferisce all'insieme delle conoscenze diffuse all'interno di un ambiente che l'individuo è riuscito ad acquisire, all'esperienza compiuta nel corso della vita, alla capacità di comprendere i messaggi che vengono comunicati, alla capacità di giudizio e di ragionamento in situazioni quotidiane. In base ai dati delle ricerche l'intelligenza cristallizzata non declina fino ad età molto avanzate; anzi, essa migliora fino alla sessantina per l'effetto cumulativo dell'esperienza acquisita dall'individuo. intelligenza fluida : fa riferimento ad abilità che non sono trasmesse dalla cultura; essa riguarda, per esempio, il riconoscimento delle relazioni spaziali o il ragionamento, cioè capacità di base indipendenti dalla cultura e dall'esperienza. L'intelligenza fluida inizia a declinare prima di quella cristallizzata.

    Gardner, psicologo di matrice cognitivista, ha elaborato un modello dell'intelligenza fondato sulla distinzione verticale delle intelligenze, indipendenti l'una dall'altra, tanto che un individuo può essere molto abile in un'attività ed estremamente povero in un'altra. Secondo la sua teoria delle intelligenze multiple, che non si riferiscono solo all'attività intellettiva ma anche ad abilità pratiche, le intelligenze sono precisamente sette: linguistica, logico-matematica, musicale, corporea, spaziale, intrapersonale (introspettiva) ed interpersonale. Gardner, in una successiva revisione del suo modello, aggiunge anche due altre abilità intellettive, una naturalistica e una esistenziale, quindi il modello attuale comprende 9 tipi di intelligenza:
    Intelligenza linguistica: padronanza e passione per il linguaggio e le parole.
    Intelligenza logico-matematica: capacità di confrontare e valutare oggetti, astrazioni, indagandone le regole sottese (filosofi, matematici ecc.).
    Intelligenza musicale: competenza non solo nel comporre ed eseguire ma anche nell'ascoltare.
    Intelligenza spaziale: abilità di percepire il mondo visivo e di riprodurlo anche in assenza dello stimolo (pittori, scultori, architetti ecc.).
    Intelligenza corporea (cinestesica): capacità di controllare i movimenti del corpo e di manipolare gli oggetti (ballerini, atleti, attori ecc.).
    Intelligenza interpersonale: capacità empatica (terapeuti, antropologi, operatori sociali ecc.).
    Intelligenza intrapersonale: capacità di comprendere se stessi e di agire adattivamente. Conoscenza dei propri stati d'animo profondi, dei propri desideri, capacità per l'autodisciplina e l'autostima.
    Intelligenza naturalistica: capacità di classificazione degli oggetti naturali
    Intelligenza esistenziale: capacità di riflettere sui temi come il senso della vita, la morte ecc.
    Gardner sostiene che, pur essendo abilità indipendenti, è possibile esercitarle e raggiungere un livello di soddisfacente sufficiente per ognuna di esse, se messi nelle condizioni di poterle arricchire.

    Architetture dell'intelligenza
    La concezione fattorialista più sistematica è stata elaborata da Joy Paul Guilford . Secondo questa teoria le varie capacità mentali sono ordinate secondo tre assi: quello delle operazioni (attività intellettive di base), quello dei contenuti (stimoli) e quello dei prodotti (risultati)
    a. Operazioni : sono le attività intellettive di base che la mente compie con le informazioni che essa riceve dai sistemi percettivo-sensoriali. Guilford ipotizza l'esistenza dei seguenti cinque tipi di operazioni:cognizione, memoria, produzione divergente, produzione convergente, valutazione.
    b. Contenuti : fanno riferimento alla natura delle informazioni ricevute ed elaborate dalla mente. Guilford prevede i seguenti quattro tipi di contenuti: figurale, simbolico, semantico, comportamentale.
    c. Prodotti : si riferiscono alla forma assunta dall'informazione quando viene elaborata dalla mente, cioè ai risultati dell'applicazione di un'operazione a un contenuto. I prodotti sono da Guilford classificati nei seguenti sei tipi: unità, classi, relazioni, sistemi, trasformazioni, implicazioni.
    La combinazione delle operazioni, dei contenuti e dei prodotti dà luogo a centoventi fattori. L'insieme di tali fattori costituisce la descrizione analitica dei distinti elementi di cui si compone il pensiero.
    In questa prospettiva la mente può quindi essere rappresentata tridimensionalmente come un parallelepipedo i cui lati corrispondono ai tre assi. Ciascun asse è suddiviso secondo le classificazioni sopra menzionate. Si vengono così a definire entro il parallelepipedo 120 "cubetti", ciascuno corrispondente a un fattore, ossia alla combinazione di un'operazione, un contenuto e un prodotto. L'aspetto più interessante è la presenza di due forme di pensiero, convergente e divergente., modalità che non sono in contrasto tra loro, ma anzi di sostengono a vicenda.

    Le modalità del pensiero
    pensare per analogie. È una forma economica, di fronte a stimoli nuovi si cercano in memoria le strategie applicate a stimoli analoghi per applicarle ai nuovi contenuti.
    Il ragionamento induttivo. Se l'esperienza passata non ci può esser d'aiuto, applichiamo questo tipo di ragionamento. Da casi particolari inferiamo una conclusione generale. È così che avverrebbe la formazione dei concetti. È con il ragionamento induttivo che si creano delle proprie ipotesi, che tendiamo, poi, a confermare piuttosto che a falsificare.
    Il ragionamento deduttivo, al contrario, trae da una regola generale un'applicazione al particolare. Un tipo di ragionamento deduttivo è il sillogismo categoriale che può portare a qualche effetto disfunzionale (effetto atmosfera): se alcuni psicologi hanno talento e alcune persone con talento sono proterve, allora si potrebbe dedurre che gli psicologi sono protervi.
    Le euristiche sono scorciatoie mentali che si applicano nel ragionamento. Il sub-goaling consiste nell'individuare dei sotto-obiettivi (la torre di Hanoi). Un'altra euristica consiste, una volta definito lo stato attuale e quello finale, nell'accorciare questa distanza, riducendone le differenze. Un'altra applicazione riguarda la ricerca all'indietro: dallo stato finale si risale a ricercare gli operatori che conducono a quello stato. E quando il pensiero non ha una meta stabilita? Quando si deve inventare, creare?
    Un tipo di pensiero creativo è stato descritto da Guilford come pensiero divergente. L'autore sostiene che quando vi siano più vie di sviluppo del pensiero, si hanno i seguenti aspetti: la fluidità, cioè la produzione delle idee, l'originalità delle stesse (idee insolite), l'elaborazione, consiste nel percorrere fino in fondo la linea intrapresa e la valutazione, cioè la capacità di selezionare le idee più congrue per gli scopi in causa.
    Un'altra forma affascinante di pensiero creativo è il pensiero produttivo, concetto studiato dai gestaltisti (Kolher, Wertheimer). Vi sono modalità di pensiero sensibili alla globalità della situazione. Il pensiero riproduttivo riproduce meccanicamente un procedimento appreso, mentre il pensiero produttivo produce una nuova visione della situazione (insight) e delle nuove soluzioni. La Gestalt di Wertheimer, Kolher e Kofka aveva coinvolto più ambiti, e non solo quello della percezione. Con i celeberrimi esperimenti sugli scimpanzé, Kolher fotografò le diverse strategie per prendere le banane che le sue scimmie creavano.
    Il pensiero si dice ristrutturato perché il pensiero produttivo non comprende la struttura, ma permette di cogliere nuovi elemtni e di ristrutturarli in un'altra forma. Vi sono alcuni ostalcoi per la ristrutturazione. Uno di essi è la fissità funzionale (es. delle candele accese appese al muro), cioè la tendenza a vedere gli oggetti solo con la loro funzione principale. Un altro ostacolo è la meccanizzazione (labirinto chiuso o aperto) per cui si tende a produrre sempre la stessa strategia, vincente in passato, anche se la situazione ne può consentire una più economica. L'atteggiamento latente si sposta da una situazione ad un'altra la stessa impostazione, senza vedere la differenza tra i due contesti.

    Misure dell'intelligenza
    Le misure dell'intelligenza sono nate con fini pratici. Le prime, su larga scale, furono quelle fatte da Francis Galton, alla fine dell'Ottocento circa. Galton cercava un unico fattore generale di intelligenza legato alla dotazione biologica. Egli usava la metodologia dei tempi di reazione e sosteneva l'ereditarietà dell'intelligenza e, come fine pratico, l'individuazione delle differenze. Galton può essere oggi facilmente criticato sia per la metodologia sia per gli scopi che si prefiggeva.
    Binet e Simon, su incarico del Ministero dell'Istruzione del governo francese, misero a punto un test di intelligenza il cui scopo era quello di individuare gli alunni più deboli per costituire delle classi speciali, per favorirne lo sviluppo della loro intelligenza. Questa scala dell'intelligenza è costituita da 54 problemi in ordine di difficoltà. L'intuizione migliore degli autori fu quella di individuare questo fattore nell'età.
alfonsina longobardi

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