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Home/ Groups/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno
De Rose Mario

Facebook ci aiuta o invade la nostra quotidianità? - 25 views

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    Facebook è diventato ormai parte della nostra vita postiamo foto, mettiamo notizie di politica, di cronaca, ma a volte tutto questo può diventare invasivo nel senso che senza farne un uso adeguato si rischia di svelare a folte anche la nostra privacy, e non solo, per via di tutte le notizie che apprendiamo si corre il rischio di avere un sovraccarico cognitivo e quindi un dispendio di energie mentali.
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    Ho trovato molto interessante questo breve articolo e l'iniziativa di cui parla. Io sono poco "affezionata" ai social, fb compreso. Lo utilizzo solo per informarmi su alcuni eventi ed iniziative, o per vedere cosa pensano e cosa stanno facendo i miei conoscenti. Utilizzo di più la chat su messanger e non amo lasciare messaggi per tutti, sono più per l'interpersonale diciamo. Non scrivo mai molto di me, anzi ultimamente ho smesso del tutto, e trovo incredibile quante cose inutili vengano dette, soprattutto quanti commenti vengano lasciati con leggerezza, come se non si potesse fare a meno di scrivere qualcosa e dire "ci sono anche io" più che avere effettivamente qualcosa da dire. Si sentono discorsi molto superficiali da persone poco informate che raccolgono consensi o commenti altrettanto confusi. Ecco, questo non è per niente bello. Poi ci sono delle nicchie "impegnate" e talmente dense di filosofie e paroloni che sembrano voler relegare quante più persone possibili al di fuori: sono solo apparentemente social. La maggior parte di quelli che conosco comunque non può farne a meno, di questo facebook, e mentre si esce sono immancabili le foto da postare subito o le capatine per vedere se ci sono novità. Uno stacco è un'occasione per un periodo di riflessione. Tanto più si fa un passo indietro, ci si disintossica per così dire, tanto più è possibile riflettere sul PROPRIO modo di utilizzare il social. Perchè poi la cosa importante è capire se lo si stà utilizzando bene, ovvero senza esserne schiavi o dipendenti, con rispetto per se stessi e i propri valori, e senza disturbare gli altri. In questo limbo finalmente si può capire se si stà preservando adeguatamente la propria privacy, per quale ragione si è presenti, che tipo di immagine si vuole dare, e cosa di utile può arrivarci dal network.
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    la comunicazione sui social network stanno cambiando: se un tempo si desiderava raggingere la popolarità attraverso un ampio numero di contatti, adesso si cerca di sfoltire il numero degli amici o dei follower alla ricerca della qualità del confronto, tralasciando ogni strategia volta ad ottenere visibilità.
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    i social ormai hanno invaso la nostra quotidianità, non si riesce a distinguere la realtà dal mondo virtuale, sarebbe necessario e auspicabile attuare una progettazione, soprattutto a livello scolastico, seria, per intervenire e far conoscere ai nativi digitali l'uso appropriato della tecnologia. in maniera da far diventare gli stessi cittadini consapevoli, critici, democratici e partecipanti attivi e non solo sempici spettatori.
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    i social network come facebook hanno una grandissima potenzialità però non vengono utilizzati nel modo corretto. Come afferma l'articolo molti utenti ormai sono quasi ossessionati da queste piattaforme, purtroppo quello che si trova in essi spesso sono false notizie o informazioni inutili mescolate a fatti di cronaca veri, politici o economici, perciò difficilmente un utente riesce a distinguere il vero dal falso.
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    Io penso che i social network, qual'ora ben utilizzati, siano delle risorse importanti. Ci permettono di informarci su ciò che accade nel mondo, ci rappresentano una realtà, ci offrono rappresentazioni, idee, immagini che inevitabilmente danno forma alla nostra rappresentazione della realtà. Rappresentano una forma di svago (non solo per pigri e sfaccendati) , ci connettono con gli altri e permettono di mantenere i nostri contatti sociali. Rappresentano quindi un'importante mezzo di espressione e di comunicazione: partecipare in modo attivo alla vita sociale implica necessariamente utilizzare i social. Io personalmente, non credo che sarei in grado di disconnettermi dai social per un periodo cosi lungo, però potrebbe essere un interessante esperimento sociale!
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    Concordo su quanto affermato nei post precedenti. Ritengo anche io che i social media abbiano delle enormi potenzialità, che siano uno strumento di grandissima espressione e comunicazione e che possano favorire l'esercizio di una cittadinanza attiva. In ambito educativo e didattico, a mio avviso, si configurano quindi, come risorsa più da valorizzare che demonizzare.
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    Mi ritrovo molto in questo articolo, spesso mi sono sentita di provare a chiudere il mio profilo facebook ma alla fine non sono mai riuscita a farlo. Credo sia dovuto al fatto che mi ritrono in quella che viene chiamata "Fear Of Missing Out" https://www.ipsico.it/news/la-paura-di-essere-disconnessi-cosa-e-la-fear-of-missing-out-fomo/
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    I social media, se utilizzati correttamente, sono uno strumento potentissimo che abbiamo a disposizione per rimanere costantemente informati di ciò che accade nel mondo e di essere in contatto con persone lontane. Offrono possibilità di svago, di apprendimento, di riflessione, di comunicazione, di divulgazione ecc.. I rischi però non sono pochi nè piccoli, proprio per questo credo sia fondamentale educare al corretto utilizzo degli stessi.
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    I Social Network sono un bel paradosso: da un lato ci offrono la possibilità di ridurre le distanze con le altre persone, sapendo cosa fanno, dove si trovano e ci permettono di interagire con loro, tale per cui oggi è possibile avere relazioni a distanza più facilmente il secondo lato dei social network, si potrebbe definire il "lato oscuro della luna", quello che è apparentemente velato, ma che produce effetti subdoli, ossia di vivere in funzione dei social network, fenomeno che colpisce soprattutto i più giovani. Questo fenomeno può condurre a sviluppare una vera e propria dipendenza, tale da poter richiedere un intervento pscicoterapeutico nei casi più radicati. La riflessione critica che mi propongo di fare è quella che bisognere utilizzare i Social Network con Parsimonia e ponendosi dei vincoli temporali di utilizzo. Chiaramente il tema è molto delicato e richiederebbe di essere affrontato nelle scuole, tramite dei programmi di sensibilizzazione tenuti da professionisti come psicologi.
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    Vorrei rifarmi ad una citazione che ho letto in alcune pagine del materiale proposto da questa materia, facevano più o meno così: più condividi (sui social) e più ne risente la tua identità. Credo che i social network siano un arma a doppio taglio, come tutte le cose bisognerebbe avere lucidità nel loro utilizzo. Sapere quali sono i rischi che si corrono esponendo parti della tua vita e di te stesso su piattaforme che sono sempre attive e anche se sottoposte a leggi di privacy molto spesso poco controllate. Sono anche allo stesso tempo un buono strumento di interazione e danno la possibilità di rimanere in contatto anche a distanza, rimanere aggiornati su ciò che accade nel mondo. è necessaria un educazione al mondo del social, per un giusto e corretto utilizzo dello strumento.
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    Se Facebook aiuta o invade la nostra quotidianità dipende soprattutto dall'uso e dallo scopo, ma sicuramente la trasforma. McLuhan nelle sue previsione aveva intuito come le persone, profondamente coinvolte, avrebbero perso il senso di identità privata con la minaccia che "più sanno di te, meno tu esisti" perchè l'informazione che esce si porta via qualcosa di te.
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    Prendendo visione di questo contributo ho riflettuto sull'importanza, esplicitata più volte da più ricercatori, di programmi di Media Education strutturati per prevenire e far fronte ai rischi dell'uso delle tecnologie nella nostra quotidianità. È infatti essenziale rendere gli utenti, soprattutto i più giovani, capaci di un uso consapevole dei social network e delle altre piattaforme messe a disposizione dalle ICT, oltre che di un pensiero critico che permetta loro di ragionare nella piena razionalità ogni qualvolta intraprendano rapporti mediante i canali digitali di oggi. Inoltre, iniziative come quella del ''social log-out'' descritta in questo contributo sono a mio parere, altrettanto essenziali per permettere una vera comprensione dell'influenza delle tecnologie digitali nella vita di ciascuno, dando la possibilità di scollegarsi dall'esperienza virtuale (quasi totalmente immersiva) proposta dai social network come Facebook.
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    Articolo breve e conciso che offre un semplice spunto di riflessione su una tematica oggigiorno sempre piu´ delicata e ricca di contraddizioni: i social media con i loro rischi e la salute. Come si evince dalla lunghezza e dalla semplicita´ di linguaggio del testo, l´intento dell´articolo non era quello di approfondire una eventuale critica a Facebook in quanto societa´ o social media di per se´, ma di introdurre il tema del "come si usa" Facebook e quali problemi potrebbe creare a livello identitario e di gestione del tempo, nel suo utilizzo appunto nell´arco di un´intera esistenza e da qui incitare il lettore ad interessarsi all´argomento.
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    L'articolo pubblicato nel 2012 presenta una riflessione sull'utilità di Facebook e dei social; oggi nel 2023 possiamo affermare che sì ormai i social hanno invaso la nostra quotidianità. Nell'articolo parla anche dell'approccio alla rete da parte dei più giovani; oggi vediamo che non è più possibile farne a meno di tutto questo nuovo mondo, soprattutto per i ragazzi. I social e le nuove tecnologie sicuramente forniscono strumenti utili e possono offrire innumerevoli opportunità, basta pensare al periodo covid, ma per questo come anche accennato nell'articolo è importante un utilizzo consapevole dei rischi e cosciente delle opportunità. Condivido il link di un articolo più attuale che evidenzia alcune situazioni di rischio per i ragazzi e risalta la necessità di educarli ai rischi del web. https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/giovani-sui-social-proteggiamoli-educandoli-ai-rischi-del-web/
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    SabrinaGargiuli Penso che sia entrambe, perché la risposta non è legata a FB ma all'utilizzo che ne facciamo. molto bello l'esempio che si porta sulle magliette sporche di fango. Occorre consapevolezza, senso critico e ciò può passare solo attraverso un educazione ai media.Come ci fa riflettere l'articolo i giovani vivono quasi in simbiosi con i social, è da questo che dobbiamo partire e renderlo un aspetto positivo. Pensiamo all'orrore che Socrate aveva per l'arrivo della scrittura ne vedeva la morte della cultura e invece poi...
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    Condivido, a questo proposito, uno dei link (non recente ma sempre attuale!) proposti nelle slide messe a disposizione dei ragazzi delle scuole superiori durante le formazioni finanziate "cittadinanza digitale-rischi": https://www.propublica.org/article/breaking-the-black-box-what-facebook-knows-about-you qui vengono proposte riflessioni in modo efficace, sia in forma scritta sia mini video, sulla trasformazione da INDICIZZAZIONE a MONETIZZAZIONE per i dati raccolti da FB. E ancora sulla indicizzazione dei prezzi e sul rischio di discriminazione economica "When Algorithms Decide What You Pay. YOU MAY NOT REALIZE IT, but every website you visit is created, literally, the moment you arrive. Each element of the page - the pictures, the ads, the text, the comments - live on computers in different places and are sent to your device when you request them." (ProPublica, in redazione annovera anche un team di haker e sviluppatori). Le informazioni prese da questo sito, se fornite in classe agli studenti come breve input iniziale, sono ottime per far incominciare un dibattito in modalità #CollaborativeLearning sull'attività di #tagging a cui siamo sottoposti quando siamo online.
Giulia Ranisi

E-patients, e-parents, e-doctors - 5 views

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    l'articolo parla del corso E-patients, e-parents, e-doctors, organizzato da Telethon, Orphanet e Bambino Gesù che conguntamente lavorano per temi quali le MR e in particolare per fare luce su rischi e benefici della comunicazione 2.0 A cui ho partecipato sia nella compilazione del questonario che nel seguire il convegno (disponibile anche on line) sul portale opbg.net. Per mettere a disposizione dei pazienti, delle loro famiglie, dei medici, dei ricercatori e dei professionisti sanitari le linee guida sull'uso responsabile del web e per approfondire la conoscenza dei siti internet e dei social network come strumenti a supporto della comunicazione sulle malattie rare. Ho postato questo articolo per riflettere su quello che è l'mpatto delle nuove tecnologie in quello che può essere un'apprendimento condiviso che in qesto caso è un apprendimento di esperienze condivise sull'affrontare un tema particolare e di nicchia nei quali li attori coinvolti fno a soli 10 anni fà brancolavano nel buio. E di come oggi sia possibile alle stesse famiglie, di diventare protagoniste attive delle loro realtà, per garantire un futuro migliore ai piccoli pazienti affetti da malattie rare e avere maggiore consapevlezza, per affrontare delle realtà tanto complesse. Gli sviluppi della comunicazione del web consentono oggi ai pazienti di avere strumenti quali una rete integrata che è Orphanet, di seguito vi giro un link del portale OPBG nel quale c'e' la presentazione di cosa sia Orphanet e dell'impatto che ha. cosa è orphanet http://www.ospedalebambinogesu.it/Portale2008/ItemFiles%5C09_20_Dallapiccola_-_Orphanet_Italia-Telethon_2012.pdf
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    Infine aggiungo un articolo che parla di malattie rare e in cui a sottolineare la mia personale riflessione sull'articolo di partenza, vi sono le testimonianze dei genitori in cui si parla di malattie rare e ne dà una descrizione sommaria su quale sia oggi la situazione attuale in merito. http://www.televideo.rai.it/televideo/pub/articolo.jsp?id=13540 Ricapitolando vorrei condividere con voi queste riflessioni e integrarle. Secondo voi quali sono punti di forza del web in un ambito di gruppi di auto-aiuto e di esperienze condivise da famiglie che affrontano temi specifici es come le malattie rare? In mente i primi punti che mi vengono in mente sono: rapporto simmetrico tra gli attori comunicazione sia diacronica che in tempo reale condivisione dell'esperienza aumento della consapevolezza non ci sono limiti o finestre temporali specifiche interattività feedback Soggettività dei temi trattati Solidarietà punti deboli rapporto umano F2F burn out dell'attore coinvolto e attivo attendibilità delle fonti dispersione e irrilevanza dei messaggi aperto solo a chi è nel web Grazie per la vostra pazienza nel seguire la mia riflessione forse un pò troppo articolata. Un saluto Giulia.
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    Articolo estremamente interessante, il web costituisce un'importante risorsa e strumento per colore che cercano informazioni inerenti a patologie rare e poco conosciute, spesso trascurate dai media tradizionali. Tuttavia, come sottolineato all'interno dell'articolo, l'uso di internet come fonte d'informazioni mediche comporta anche dei rischi. Le informazioni presenti online possono essere spesso incomplete o errate, il che può portare ad un conseguente fraintendimento o scelte terapeutiche sbagliate; come per esempio viene evidenziato che non è da escludere la possibilità di cadere in trappole come la disinformazione medica o terapie "miracolose" che spesso vengono pubblicizzate su internet. È tuttavia fondamentale ricordare che l'accesso alle informazioni mediche online dovrebbero essere sempre integrate con la consulenza di medici e specialisti, così da garantire un'appropriata diagnosi.
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    Grazie per l'articolo e le riflessioni, l'argomento è appassionante! Scelgo di condividere una esperienza personale: ho conosciuto una coppia benestante che ha avuto un figlio affetto da sindrome di Wolf-Hirshhorn (WHS): https://www.orpha.net/it/disease/detail/280#:~:text=La%20sindrome%20di%20Wolf%2DHirshhorn,sviluppo%20psicomotorio%2C%20convulsioni%20e%20ipotonia. che è una malattia estremamente rara ed estremamente invalidante. I genitori lo hanno stimolato in ogni modo, si sono dedicati a questo figlio ricorrendo a specialisti di diverse discipline. Il figlio non è mai riuscito a parlare, e per 35 anni ha sempre e solo comunicato esigenze elementari della vita quotidiana attraverso l'uso delle tavole CAA (comunicazione alternativa aumentativa) indicando pittogrammi molto semplici con il dito. Non è in grado di tenere in mano una penna. Ormai adulto, gli è stato proposto, circa 5 anni fa, una attività con una educatrice che prese la decisione di parlare con lui solo attraverso l'uso del computer. L'educatrice, dopo un anno, ha incredibilmente ottenuto la prima parola scritta: Tchaikovsky! Ha continuato, solo con lei, a utilizzare questo metodo, scrivendo riflessioni argute ritenute impossibili con le sue condizioni di disabilità, e dimostrando, seppur con tempi molto dilatati, di aver appreso ed elaborato informazioni complesse. Concludo questo contributo: l'uso di piattaforme per la condivisione delle informazioni ci permette oggi di avere una divulgazione di "good practices" che sarebbe stata impensabile senza la tecnologia. #educazione #disabilità
Antonella Schiavone

Lo zucchero ci rende stupidi? - 5 views

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    Uno studio condotto in laboratorio dimostra che una dieta ad alto tasso di fruttosio danneggia la memoria e la capacità di apprendimento!!!!In un esperimento condotto su ratti di laboratorio è emerso che le bevande zuccherate pregiudicano la memoria e rallentano l'apprendimento: un risultato che mette in allarme sui possibili effetti che una dieta ad alto contenuto di zucchero può avere sulle persone, dice il neuroscienziato Fernando Gomez-Pinilla. Ai fini della ricerca, il team di Gomez-Pinilla per prima cosa ha allenato alcuni ratti a trovare l'uscita da un labirinto, dando loro per cinque giorni solo acqua e mangime normale. Poi, durante le successive sei settimane, l'acqua dei ratti è stata rimpiazzata da uno sciroppo che conteneva il 15 per cento di fruttosio. "La maggior parte delle bibite gassate che la gente consuma contengono il 12 per cento di zucchero", ricorda Gomez-Pinilla della University of California a Los Angeles. Durante le sei settimane, a metà dei roditori sono stati anche somministrati olio di semi di lino e olio di pesce, entrambi ricchi di acidi grassi omega-3. Questi antiossidanti, come hanno rivelato ricerche precedenti, hanno una funzione protettiva nei confronti delle sinapsi - i collegamenti chimici - cerebrali. Dopo sei settimane di acqua al fruttosio, tutti i ratti percorrevano il labirinto in un tempo più lungo. Tuttavia, quelli a cui erano stati somministrati omega-3 erano leggermente più veloci degli altri. In seguito, studiando il cervello dei ratti utilizzati per l'esperimento, i ricercatori hanno scoperto che la dieta zuccherata aveva bloccato la capacità delle sinapsi di cambiare, un fattore chiave dell'apprendimento. L'acqua zuccherata aveva anche compromesso la produzione di insulina, la proteina che regola lo zucchero, nell'area del cervello chiamata ippocampo, la quale gioca un ruolo importante nella formazione della memoria sia nei ratti che negli esseri umani.
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    Hai mai letto "Sugarblues, il mal di zucchero"? E' un libro scritto da William Dufty nel 1975. A me è sembrato molto interessante. Mio marito (che mangia una quantità incredibile di dolci) dopo averlo letto ha provato a ridurre notevolmente lo zucchero bianco. Ormai usiamo quasi solo zucchero di canna grezzo (quello scuro, del mercato equo e solidale) o miele. Soffriva di terribili mal di testa, che sono notevolmente diminuiti da quando ha ridotto lo zucchero mentre, sistematicamente, quando mangia dolci in giro (quindi pieni di zucchero bianco) il giorno dopo ha immediatamente l'emicrania. Dufty fa delle precise ricostruzioni storiche di come lo zucchero abbia danneggiato anche la società, oltre che gli individui. La tesi principale dell'opera è che l'introduzione dello zucchero nella dieta, anche attraverso gli alcolici (Rum, distillato dello zucchero), il tabacco (che contiene dal 2 al 20% di zucchero, a seconda del trattamento delle foglie) e i cereali raffinati (riso e grano) abbia causato la diffusione o l'aggravarsi di malattie, tra cui, oltre alle più note e riconosciute, cioè obesità, diabete e carie, l'ipertensione, lo scorbuto, il beriberi e la peste bubbonica! A livello mentale, lo zucchero svilupperebbe maggiori livelli di aggressività e di iperattività, specie nei bambini. La sua accusa principale al saccarosio è di causare dipendenza, oltre che gravi danni al fisico umano. Proprio come l'oppio, la morfina e l'eroina, lo zucchero è una droga distruttiva, che dà assuefazione, dal momento che ne consumiamo ogni giorno in ogni tipo di alimento - dal pane alle sigarette - tanto che in base agli studi medici tutta la società è prediabetica: "Il diabete è senza dubbio la malattia più diffusa in Italia, avendo raggiunto una prevalenza superiore al 3% con una netta tendenza verso un progressivo incremento nel tempo". Ma la cosa interessante è la sua spiegazione di come l'introduzione dello zucchero causi fortissimi stress neurologici che ma
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    un noto psichiatra e ricercatore britannico, Malcolm Peet, ha condotto uno studio per analizzare il rapporto fra la dieta e le malattie mentali. Già una prima parte dello studio ha dato un esito sorprendere: pare vi sia un forte legame tra il consumo di zucchero e il rischio sia di depressione che di schizofrenia . In effetti, ci sono due potenziali meccanismi attraverso i quali l'assunzione di zucchero raffinato sia in grado di esercitare un effetto tossico sulla salute mentale. In primo luogo, lo zucchero sopprime di fatto l'attività di un ormone della crescita chiave nel cervello denominata BDNF (attivo nell'ippocampo e nella corteccia cerebrale, regioni chiave nei processi di apprendimento, memoria e pensiero; il BDNF promuove la differenziazione di nuovi neuroni e delle loro parti costituenti, cioè assoni, dendriti e sinapsi - ndt), . Questo ormone promuove la salute ed il buon funzionamento dei neuroni nel cervello e gioca un ruolo vitale nella funzione della memoria innescando la crescita di nuove connessioni tra i neuroni. I livelli di BDNF sono criticamente bassi sia in caso di depressione che di schizofrenia, il che spiega perché entrambe le sindromi spesso portano ad un danno nelle regioni cerebrali (in effetti la depressione cronica determina un danno cerebrale). Ci sono anche prove svolte su animali in cui una bassa quantità di BDNF può innescare la depressione . In secondo luogo, il consumo di zucchero innesca una cascata di reazioni chimiche nel corpo che promuovono l'infiammazione cronica. In determinate circostanze, come quando il corpo umano ha bisogno di guarire da una ferita, una minima quantità di infiammazione può essere una buona cosa, dato che può aumentare l'attività immunitaria e il flusso di sangue alla ferita. Ma nel lungo periodo, l'infiammazione è un grosso problema. Si interrompe il normale funzionamento del sistema immunitario e va in collisione con il cervello. L'infiammazione è associata ad un aumentato rischio d
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    Grazie a tutte per gli approfondimenti sull'argomento, estremamente interessante! L'articolo non è più visibile sul sito, e l'aver scritto in maniera approfondita mi ha aiutata nella comprensione. Mi permetto di ricordare alle nuove generazioni, che chi è nato, come me, negli anni '70 è cresciuto con la pubblicità "Lo Zucchero fa bene al Cervello" "Lo Zucchero è pieno di Vita", per cui è assolutamente necessaria una condivisione di informazioni aggiornate. Lascio qui di seguito il link di un articolo divulgativo https://magazine.igeacps.it/i-benefici-e-gli-svantaggi-dello-zucchero-cosa-dicono-le-ricerche-scientifiche/#:~:text=I%20vantaggi%20del%20consumo%20di,un%20rapido%20aumento%20di%20energia. L'argomento, proposto da Antonella e sviluppato da Raffaella e Aleksandra, trovo che potrebbe essere ottimo da proporre in una #CollaborativeLearning per ragazzi!
Maurizio Aucone

Siamo stupidi perché viviamo di più così il progresso danneggia l'intelligenz... - 12 views

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    Segnalo l'articolo apparso su Repubblica questa mattina in merito allo studio dell'università di Stanford: l'uomo ha raggiunto il picco della sua evoluzione celebrale oltre 2000 anni fa, poi la 'rete di sicurezza' della società ha causato l'impigrimento e la recessione dell'intelletto, ma l'essere umano per fortuna ha una straordinaria capacità di adattamento.
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    Articolo molto interessante, al quale avrei asseganato anche il tag dei psicotecnologie, in quanto tutto l'articolo riporta si studi sull'intelligenza, ma in relazione allo sviluppo psicotecnologico della nostra generazione.
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    E' uno studio interessante e centra perfettamente il nostro adattamento alla società senza ma rinnovarsi.
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    Il punto fondamentale è l'acquisizione di maggiore flessibilità intellettiva. Probabilmente moriremo tutti se posti nelle condizioni di doverci procurare cibo cacciando. Ma è anche vero che le capacità utili per vivere oggi sono altre. Questo nuovo stato di cose effettivamente limita moltissimo la selezione naturale. Di contro la presenza di più persone rispetto al passato offre possibilità di espressioni di entità non più fatte da singoli ma di gruppo. Intelligenza connettiva e cognizione distribuita permettono la nascita di macro entità sociali. A questo livello oggi è presente la selezione naturale.
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    Ci siamo evoluti nella derezione che ci permette di sopravvivere nell'era in cui ci troviamo. Questo comporta che ai giorni nostri le priorità siano altre, cosi non siamo più in grado di cacciare a mani nude per sfamarci, ma siamo capaci ad esempio a compiere delle transizioni monetarie astratte, senza vedere la moneta fisica, cosa che i nostri avi non avrebbero mai fatto. È anche vero che la nostra civiltà attuale consente limiti di selezione molto più ampi, questo in un certo senso è da interndersi come una "contro-evoluzione".
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    Articolo interessante riguardo alla sviluppo dell'intelligenza nei secoli. Non mi trovo del tutto daccordo con l'affermazione che oggi l'uomo è meno intelligente, sinceramente credo che con l'avvento del digitale di conseguenza anche il cervello umano si sia evoluto per adattarsi al mondo. Un tempo si valutava l'intelligenza di un uomo a seconda delle invenzioni industriali che esso era in grado di creare, oggi invece avendo un mondo digitale a adisposizione si può reputare intelligente un uomo che conosce tutto di una tecnologia informatica già nota e che utilizza il proprio sapere per innovare qualcosa di già esistente. Possiamo quindi dire a mio parare che per valutare se l'Umanità è più o meno intelligente ora rispetto ai secoli passati bisognerebbe cambiare i metodi di valutazione dell'intelligenza stessa.
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    Ad oggi, risulta troppo semplicistico parlare di "intelligenza" e "stupidità" come se fossero due poli opposti di un unico continuum, in quanto si è dimostrato che esistono diversi tipi di intelligenza, ognuno relativo a diversi tipi di capacità, che possono essere logiche, quanto sociali, quanto emotive. Per questo mi trovo maggiormente d'accordo con l'intervento di Elia Stupka, che alla fine dell'articolo fa riferimento alle nostre capacità adattive e alla profonda complessità che contraddistingue l'essere umano, impedendo delle nette separazioni, come tra il bianco ed il nero. Impossibile negare che i supporti tecnologici alle conoscenze indeboliscano alcuni aspetti della memoria: già Platone criticava la scrittura e l'eccessiva fiducia riposta nel linguaggio. Ogni tecnologia - anche l'alfabeto stesso - ha aspetti negativi e positivi, legati essenzialmente all'uso che se ne fa. Non si può pensare che un medico delle future generazioni sia meno competente di uno delle passate: avranno utilizzato metodi di studio differenti, saranno stati supportati da diversi strumenti, ma la loro competenza sta nel risultato delle loro azioni. Non si possono demonizzare strumenti che facilitano la vita solo perché in alcuni casi hanno degli esiti fallimentari: importante è, al contrario, fare in modo che tali strumenti siano correttamente utilizzati in virtù del progresso.
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    L´articolo e´ interessante e appropriato al tag. Dal mio personalissimo punto di vista risulta leggermente fuorviante il fatto che nell´articolo associ in maniera inversamente proporzionale il progresso all´intelligenza, troppo generico insomma... Ormai si sa che esistono vari tipi di intelligenze e che piu´ si invecchia piu´ l´organismo va in decadenza ed e´ passibile di degenerazioni anche a livello cerebrale e psichico andando ad intaccare dunque la sfera cognitiva. Inoltre oggi la tecnologia e la globalizzazione, che poi sarebbero anche i risultati dell´evoluzione cognitiva dell´uomo, hanno permesso di sostituire in parte la nostra intelligenza a scopo economico per il nostro benessere psicofisico in generale. Pertanto non credo che l´uomo sia divenuto meno intelligente ma semplicemente abbia trasposto la sua intelligenza in favore della propria comodita´.
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    La prima considerazione che mi viene in mente é : cosa si intende per intelligenza? L'effetto Flynn indica un aumento progressivo del QI nel corso del trascorrere delle generazioni. Sono cambiati i criteri con cui valutiamo l'intelligenza oggi, in base a quelle che sono le richieste adattive verso un ambiente sempre piú complesso e che si muove sempre piú velocemente. Il concetto di "selezione naturale" andrebbe contestualizzato alla società in cui viviamo oggi, che seppure attraverso modalità diverse, e mezzi diversi, la società odierna ci pone dinanzi ad ostacoli e innumerevoli difficoltà , i predatori continuano ad esistere, seppur in "forme" diverse, il cibo continuiamo a procacciarcelo, seppure attraverso modalità diverse ( i soldi). (Dunque leggendo questo articolo, mi chiedo, secondo quale punto di vista, stiamo diventado meno intelligenti? è possibile considerare l'intelligenza nella sua pura accezione "genetica"? Credo che l'intelligenza sia molte cose e possa assumere molte forme e sfaccettature, pertanto risulta alquanto riduttivo questo ragionamento, a mio parere. Sono d'accordo con Elia Stupka ,circa il fatto che la teoria proposta sembra alquanto semplicistica e che i cambiamenti avvenuti a livello genetico, cerebrale, psicologico e sociale non siano necessariamente cambiamenti negativi, credo che tutto debba essere contestualizzato e riportato all'interno della realtà così com'é adesso. Trovo che "confrontare" la società com'era 2000 anni fa a quella di oggi, basandosi su una singola variabile "genetica", non sia abbastanza. Il concetto di selezione sociale andrebbe contestualizzato a quelle che sono le dinamiche sociali oggi. Oggi viviamo in una società moderna molto piú complessa rispetto a quella di 2000 anni fa, nuove competenze, nuove abilità e nuove capacitá intellettive si sono sviluppate negli anni al fine di adattarci ad una realtà completamente diversa. (L'immensa complessit
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    Articolo e ricerca molto interessante ma mi trovo a chiedermi se sia veramente così, essendo esseri umani ci adattiamo all'ambiente intorno a noi: 1500 anni fa in molti sapevano come gestire il bestiame, coltivare i campi, e c'erano molti artigiani con talento straordinario. Allo stesso momento, queste stesse persone non sapevano ne leggere ne scrivere, cosa che ogni bimbo ormai impara a 5/6 anni. E' tutta questione di ambiente, società e bisogni.
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    C'è però una semplificazione macroscopica dell'autore dell'articolo, che spiega la selezione naturale secondo il senso comune, alimentando quindi una falsa credenza con la forza di un'autorevole testata, ma non secondo il modo corretto che è quello dell'adattamento della specie all'ambiente.
Giovanni Acunzo

PROGETTI DI APPRENDIMENTO COLLABORATIVO IN RETE - 17 views

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    Descrizione di un proggetto di apprendimento collaborativo. In questa pagina ci vengono proposte, in maniera analitica, le fasi di realizzazione di un proggetto di insegnamento a distanza tra persone che attraverso la rete collaborano in un processo di apprendimento, come avviene ad esempio nell'UNIU.
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    Articolo semplice e schematico. Indubbiamente un percorso di apprendimento di questo tipo non può che risultare vincente se riesce a soddisfare tutte, o la maggior parte, delle sue caratteristiche. Sono dell'idea che imparare in questa modalità porti ad una maggiore conoscenza degli argomenti in discussione e soprattutto ad una maggiore "durata" di quello che impariamo.
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    Molto chiaro quest'articolo. Interessante la parte in cui se spiega come produrre un progetto collaborativo. Mi ricorda (anche se manca la parte dell' "Implementation", un richiamo al modello ADDIE)
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    Articolo molto chiaro, spiega i concetti in maniera fluida e dettagliata. Trovo questo metodo molto promettente se applicato nella maniera corretta (ovviamente non deve rimpiazzare il metodo classico, ma affiancarsi ed integrarlo). Trovo, inoltre, questo articolo molto pertinente a questo corso ed università, come ultima cosa ho trovato interessante il suggerimento per il software da usare per il test di profitto (potrebbe essere di aiuto in futuro per me od altri).
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    Articolo molto interessante e molto dettagliato nel descrivere tutti i passaggi di un apprendimento collaborativo.
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    Articolo veramente esaustivo, apprendimento collaborativo in rete da incentivare, in maniera tale che la tecnologia sia utilizzata nella giusta maniera.
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    Articolo molto interessante, dettagliato e con una descrizione de vari passaggi precisa e completa. Mi ha però colpita la differenza tra l'apparente semplicità della descrizione e la complessità nel mettere in pratica quanto elencato e spiegato.
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    Articolo molto bello, esaustivo ed interessante, grazie per il contributo
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    Articolo pertinente all'argomento dell'Apprendimento Collaborativo, ci propone un ampia visione sul come progettare e mettere in atto una fase di apprendimento Collaborativo nelle classi. Presenta una valida linea guida che un insegnante potrebbe utilizzare per rendere l'esperienza scolastica degli alunni più dinamica, motivandoli ad apprendere collaborando.
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    Articolo semplice, interessante ed educativo, il quale ci insegna i passaggi di un apprendimento collaborativo per rendere un'esperienza d'insegnamento dinamica e facile da seguire. I progetti collaborativi non solo utili per la scuola, ma anche per il lavoro e in generale per la vita, sono molto soddisfatta di averlo letto.
Antonella Cavallaro

Smartphone e tablet nell'autismo - 19 views

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    Un' altro esempio di quanto detto precedentemente... NUOVI DEVICE MOBILI E AUTISMO La strategia visiva nel trattamento dell'autismo si basa tradizionalmente su tavole ricche di immagini, raccolte in quaderni spesso ingombranti, che mal si prestano ad un uso di comunicazione rapida con il bambino, utile soprattutto nei momenti di crisi.
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    Bell' articolo! Lavoro con bambini disabili e in molti casi con bambini autistici. Alcuni bambini mostrano i segni di ASD all'età di due anni, ma a volte una diagnosi potrebbe non essere possibile fino a tre o più anni. C'è una quantità significative di ricerche che indicano che con un intervento precoce si puo' massimizza i risultati e migliorare lo spettro autistico. Questo link se mostrato a molte famiglie potrebbe migliorare le condizioni di vita del figlio.Complimenti Antonella
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    L'utilizzo di strumenti tecnologici come tablet e smartphone usati come mezzi per la comunicazione alternativa o, in alcuni casi, aumentativa nell'autismo è stata un'importante innovazione. Ha concesso e concede a molti bambini e ragazzi con disturbi del linguaggio di esprimersi e di farsi capire da tutti, anche da chi non fa parte della propria cerchia familiare, obiettivo che invece è scarsamente raggiunto da altri mezzi di comunicazione come la lingua dei segni (che non tutti comprendono)
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    Articolo interessante. Altro aspetto da sottolineare, a mio avviso, è la maggiore motivazione scaturita dall'oggetto elettronico rispetto al quaderno con le immagini da staccare o indicare. L'apprendimento dell'abilità comunicativa richiede un esercizio costante, ripetuto e duraturo nel tempo; di conseguenza, se l'utilizzo dello strumento elettronico risulta in sé maggiormente motivante per il bambino, ne consegue una maggiore motivazione all'esercizio, agevolando l'acquisizione dell'abilità comunicativa.
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    Trovo il link appropriato rispetto ai contenuti del corso, infatti spiega l'utilizzo di una psicotecnologia, in questo caso lo smartphone, al fine riabilitativo. E' interessante notare come le psicotecnologie sono ormai applicabili ad ogni ambito della società tra i quali c'è sicuramente quello sanitario, anche se (almeno in Italia) secondo me andrebbe decisamente implementato. Infatti ho potuto notare attraverso i tirocini professionalizzanti che tendenzialmente vengono ancora utilizzati libri e figure sia per la valutazione che per la riabilitazione, nelle maggior parte delle strutture sanitarie italiane. Per raggiungere l'obiettivo dell'innovazione tecnologica in Italia, sia nella scuola che nella sanità, c'è ancora una lunga strada da percorrere.
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    Articolo molto interessante che sottolinea l'utilità' delle nuove tecnologie, nello specifico smartphone e Tablet, per tutte le persone autistiche e le loro famiglie. Un mio amico da qualche mese sta utilizzando questo tipo di device con il figlio di 8 anni. La possibilità' di interagire con simboli ed immagini lo aiutano a calmarsi visto i suoi tanti momenti di agitazione ed aggressività e la non possibilità' di comunicare verbalmente.' In un periodo dove le nuove tecnologie vengono etichettate come pericolose e dannose ( per esempio videogiochi), in questo caso possono diventare uno strumento di aiuto.
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    Trovo il link appropriato, è interessante quanto le tecnologie possano essere sia di utilizzo quotidiano che specifico, insomma la loro versatilità - o meglio quella dell'essere umano nel sfruttarle interamente.
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    Il tema dell'articolo è molto interessante perché mostra come le tecnologie possono essere utili nella relazione con bambini e ragazzi in difficoltà. Tutto diventa immediato e di facile accesso e si riducono i tempi per la creazione di nuovo materiale da lavoro.
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    le tecnologie possono essere utili nella relazione con bambini e ragazzi in difficoltà.I bambini con bisogni speciali richiedono particolare attenzione per lo sviluppo di competenze sociali. Mettere a disposizione elementi visivi che possono veicolare contenuti e istruzioni utili ai bambini, con la possibilità aggiuntiva di integrare testi (in qualunque lingua) e registrare la propria voce.
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    Per rimanere nel tema dell'autismo: L'articolo che segue presenta l'attività svolta di Media Education con un ragazzo che presenta disturbi dello spetro autistico che ha prodotto nei suoi esiti finali un corto metraggio d'animazione. Oggetto di una tesi magistrale in Scienze dell'Educazione, che ha vinto il Premio Giannatelli nel 2018. L'articolo evidenzia come attraverso l'uso dei media si può lavorare sui deficit relazionali e comunicativi che caratterizzano alcune patologie come l'autismo. Si tratta di un percorso attraverso l'uso delle arti terapie: un laboratorio video e cinematografico che avrà esiti formativi e riabilitativi. L'articolo descrive un'esperienza che utilizza linguaggi multimodali (scrittura, musica, fotografie, montaggio) e mette in evidenza come questa varietà di codici e tecnologie ha permesso un'estensione di un Sè corporeo e psicologico, permettendo di uscire dall'isolamento. https://oaj.fupress.net/index.php/med/article/view/8838/8412
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    Lo strumento visivo con immagini si rileva molto importante per un apprendimento con sviluppo atipico. In particolare nei pazienti con diagnosi di "spettro dell'autismo", la tecnologia digitale è di vitale importanza, poichè permette di impiantare le basi di una vita dignitosa e di interazione con l'altro; con lo strumento digitale il bambino impara a chiedere ciò di cui ha bisogno e viene gratificato immediatamente per fargli apprendere quel determinato comportamento. Inoltre con lo strumento digitale si ha una disponibilità immediata di più immagini rispetto le tesserine cartacee, anche se in determinati casi i neurologi infantili danno disposizione delle peacs per poi passare al LIAR. Il tablet e lo smartphone sono utili per installare programmi appositi per l'utilizzo della CAA (comunicazione aumentativa ed alternativa) per incrementare la comunicazione nelle persone che hanno difficoltà nel linguaggio e sono strumenti funzionali utilizzati per la costruzione della frase minima.
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    L'articolo evidenzia come attraverso l'uso dei media si può lavorare sui deficit di relazione e comunicativi. Le immagini sono importanti nell'apprendimento umano, in particolare in presenza di disturbi come quello dello spettro autistico la tecnologia digitale è importantissima poiché permette al bambino di esprimersi meglio, gratificarsi immediatamente e dunque apprendere più rapidamente. L'articolo descrive un'esperienza che utilizza linguaggi multimodali (scrittura, musica, fotografie, montaggio) e mette in evidenza come questa varietà di codici e tecnologie ha permesso un'estensione di un Sè corporeo e psicologico, consentendo la comunicazione e permettendo di uscire dall'isolamento.
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    La strategia visiva è un'importante metodologia di trattamento per l'autismo, come evidenziato nell'articolo, l'utilizzo di strumenti digitali come smartphone e tablet possono rappresentare una soluzione pratica ed accessibile, offrendo una vasta gamma di funzionalità personalizzabili oltre che ad applicazioni specifiche per un apprendimento di tipo atipico. Penso che possa rappresentare un'importante opportunità per migliorare la comunicazione e l'interazione.
Walter Tabbi

Perchè la rete ci rende più intelligenti - 20 views

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    Si tratta di una intervista pubblicata dal quotidiano La Repubblica allo scrittore americano Rehingold autore di testi importanti sull'era internet. L'intervista è l'occasione per presentare il suo ultimo libro dal titolo 'Perchè la rete ci rende più intelligenti'. Nell'intervista vengono proposti interessanti stimoli su come il mondo internet e dell'always on impatta in modo significativo su molti aspetti della cognizione.
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    Ho trovato l'articolo stimolante e interessante sia sotto il profilo sociologico sia della formazione. Una domanda che viene fatta a Rehingold e che riassume una delle critiche maggiori che le "teorie ingenue" e non solo "ingenue" fanno all'utilizzo del web riguarda l'effetto collaterale della distrazione che indubbiamente tende a provocare l'utilizzo del web, tema peraltro già affrontato da Kerckhove nelle videolezioni. R. risponde che l'attenzione è una capacità che va allenata per cui se è vero che la rete non facilita l'attenzione è altrettanto vero che la rete è uno strumento e come tutti gli strumenti è necessario imparare ad usarlo bene per evitare di incorrere negli effetti colleterali che può causare. L'utilizzo di internet andrebbe quindi insegnato nelle scuole per permettere agli utenti di sviluppare cinque capacità fondamentali: l'attenzione, l'identificazione delle bufale, la partecipazione, la collaborazione, la conoscenza dell'uso del network. La rete può creare dunque empowerment individuale ma a condizione che gli individui imparino a diventare utenti consapevoli, attenti e capaci di utilizzare al meglio le possibilità di questo strumento e di distinguere l'informazione spazzatura da quella le cui fonti sono verificabili ed attendibili. Oggi si parla molto di come la rete, sotto il profilo politico e sociologico, potrebbe rappresentare la più alta forma di democrazia. Tuttavia R. mette in guardia, ciò sarà possibile se ci sarà un'educazione all'utilizzo di questo strumento, esattamente come l'alfebetizzazzione ha reso possibile nell'arco di due secoli il passaggio dalla monarchie alle repubbliche, ma non è affatto scontato, anzi il rischio che il suo uso venga limitato e controllato dalle maggiori lobby economiche è ancora fortemente in agguato. Eva Franchi
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    Articolo davvero molto interessante e obiettivo riguardo l'argomento. Mette in luce come non siano i media in sé positivi o negativi, ma il fatto che l'uomo deve imparare ad utilizzarli. Come non basta avere una bicicletta per saperla usare, così non basta sviluppare grandi tecnologie per avere un uomo più intelligente e in grado di migliorare il suo futuro con esse.
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    Articolo molto interessante e stimolante, anche se lungo e gli argomenti trattati non sono semplicissimi è molto scorrevole, ho apprezzato molto la spinta all'educazione, ed alfabetizzazione ai media che propone il protagonista. Degno di nota il passaggio dove si sottolinea che i media sono neutrali e non "cattivi" o "buoni" ma che dipende dall'utilizzatore e dal consumatore finale (facendo riferimento al grado di alfabetizzazione che ha quest'ultimo). Una cosa che spinge a riflettere molto è il fatto che le persone con possibilità economiche e/o politiche adeguate potrebbero (ipoteticamente) un giorno limitare almeno in parte le libertà di altri, questo dovrebbe spingere le persone ad una maggiore cultura ai media e non a trascurarli, come purtroppo si vede recentemente.
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    Mi ha colpito la parte in cui si parla di attenzione. Lo scrittore dice che l'individuo può imparare a disciplinare l'attenzione e parla di tecniche finalizzate proprio a questo, che sicuramente andrebbero applicate, assieme a strategie adeguate, già nei primi anni della scuola considerando i numerosi casi di deficit di attenzione che si registrano. Bisognerebbe programmare per una nuova alfabetizzazione focalizzata su attenzione, partecipazione e collaborazione attive e conoscenza dell'uso del network, promuovendo uno sviluppo delle capacità di ricezione delle informazioni. E' assolutamente necessario imparare ad usare la Rete, conoscerne sia i pregi, sia i limiti e i difetti per vivere da cittadini protagonisti nel mondo e sviluppare l'intelligenza in modo giusto. Una nuova sfida a cui la scuola, la famiglia e le altre Istituzioni si trovano ad affrontare.
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    Articolo molto interessante e scritto in modo chiaro e scorrevole. Pone l'attenzione sul fatto che i media possono essere positivi o negativi a seconda che vengano usati in modo corretto o meno. Indubbiamente l'alfabetizzazione gioca un ruolo fondamentale, un'alfabetizzazione mirata su attenzione, partecipazione e conoscenza dell'uso del network. Condivido in toto l'importanza di un futuro insegnamento di internet nelle scuole per insegnare ai giovani ad utilizzare la rete in modo adeguato.
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    Un articolo pieno di spunti di riflessione, in particolare rispetto al controllo dell'attenzione online a al concetto di conoscenza come difesa dalle manipolazioni e dalle fake news. Apprendere a scuola le queste nuove conoscenze è uno strumento fondamentale per un corretto e positivo utilizzo dei media e della rete.
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    Condivido la necessità di insegnare a scuola come utilizzare correttamente gli strumenti digitali, per valorizzare il pensiero critico e positivo dei media e della rete
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    Condivido pienamente il pensiero dell'autore soprattutto per ciò che riguarda la definizione che egli dà di empowerment individuale in quanto solo le persone che sanno come partecipare conquisteranno potere intellettuale, economico e politico e chi sa come cercare sarà in grado di migliorare la propria salute e accrescere la loro comprensione di temi di vitale importanza nella sfera politica. Fondamentali quindi qui sono i concetti di partecipazione ai media e di saper accedere ai media.
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    Articolo stimolante e interessante di come L'utilizzo di internet e la rete , possa produrre empowerment ma solo a condizione che vi sia alla base un'alfabetizzazione, una media litteracy. Solo un alfabetizzazione, ovvero una comprensione del meccanismo dei media e delle nuove tecnologie può condurre ad un potenziamento individuale e collettivo. Nelle scuole l'insegnamento delle nuove tecnologie è importante, poiché permette ai ragazzi di sviluppate alcune capacità tra cui:_l' attenzione, l'identificazione delle bufale, la partecipazione, la collaborazione, la conoscenza dell'uso del network. La rete può creare dunque empowerment individuale ma a condizione che gli individui imparino ad essere utilizzatori consapevoli e distinguere l'informazione spazzatura da quella le cui fonti sono verificabili ed attendibili.
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    Questa intervista tocca temi importanti ed attuali relativi all'uso e al consumo dei nuovi media digitali. Il paragone con la stampa e l'alfabetizzazione della popolazione è molto preciso, in quanto è indubbiamente vero che l'utilizzo di questi strumenti digitali debba essere accompagnato da un'educazione al loro stesso uso. D'altronde le fake news sono sempre esistite, sebbene in forma diversa, e solo una mente allenata al pensiero critico è in grado di distinguere le bufale da notizie più realistiche. E' importante sviluppare la capacità di comprendere il modo in cui i nuovi media digitali influenzano il nostro pensiero e la nostra vita quotidiana. E' un'educazione che dovrebbe essere estesa a tutte le fasce di età, accessibile a chiunque, in quanto fornisce gli strumenti per orientarsi all'interno di un mondo pervaso completamente da queste nuove tecnologie. Da sottolineare anche il tema dell'attenzione, spesso interpretata come uno stato mentale che può solo subire attacchi esterni, senza potersi difendere da questi ultimi. In realtà, come specifica l'autore intervistato, esistono diversi modi per controllare e gestire la propria attenzione ed evitare che il multitasking, lo switching e l'ipertesto minino le nostre capacità di concentrazione. Nonostante l'articolo risalga a quasi un decennio fa, il tema è ancora bollente, e ciò dimostra quanto poco ci si sia attivati negli ultimi anni per far fronte a queste problematiche e ridurre i rischi legati all'utilizzo dei nuovi media digitali.
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    Articolo estremamente interessante, che seppure in maniere sintetica, tocca temi estremamente rilevanti ed attuali circa la necessitá di alfabetizzazione ai media. Emerge durante l'arco dell'intera intervista, come non sia tanto il media in se ad essere "buono" o "cattivo" ma quanto sia determinante al contrario, l'uso che facciamo di questi media, questo ricorda la Social shaping of technology theory, secondo la quale le conseguenze sociali di una tecnologia dipendono principalmente dall'uso che la cultura ne fa. Allo stesso modo, la distrazione, fenomeno per cui spesso colpevolizziamo i nuovi media, é secondo Rheingold, un effetto collaterale di un attenzione non allenata. Di vitale importanza é l'alfabetizzazione degli studenti, all'interno dei contesti scolastici, all'uso dei media, é importante in tal senso che la scuola cambi prospettiva ed atteggiamento nei confronti dei nuovi media, insegnando ai ragazzi come trovare le conoscenze e come costruirle. Inoltre viene sottolineata l'importanza delle comunitá online, del saper utilizzare adeguatamente queste risorse tecnologiche sfruttandone i benefici e le opportunitá che qeste offrono in quanto cittadino di farsi valere e di far valere il proprio punto di vista opportunitá di far valere il proprio punto vista nei confronti della poitica. Si sottolinea quindi l'importanza dei nuovi media anche in ambito democratico e politico, uno strumento utile se sappiamo utilizzarlo, poiché viceversa, il rischio é che la politica utilizzi questi mezzi per manipolare il popolo. Vengono toccati temi particolarmente pertinenti alla materia "Psicotecnologie e processi formativi" alcuni tra i quali: Intelligenza collettiva, comunitá online, il web, educazione, scuola e l'impatto di internet, pertanto ritengo appropriato l'articolo rispetto ai temi principali della materia. Ritengo che i contenuti dell'articolo siano corretti ed attendibili in quanto, Howard Rheingold, autore del libro su cui si basa l'arti
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    Ho trovato l'articolo estremamente interessante e stimolante. Offre una visione positiva della Rete come uno strumento che può rendere le persone più intelligenti e consapevoli, purché venga utilizzato in maniera critica. Inoltre, evidenzia come la guida di Rheingold possa essere d'aiuto alle persone per sviluppare le competenze necessarie ad utilizzare la Rete in modo efficace e consapevole. Mi trovo d'accordo sul fatto che sia necessario insegnare nelle scuole come utilizzare correttamente gli strumenti digitali.
andrea cristofalo

come il multitasking cambia il cervello - 15 views

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    Prendo spunto da questo breve articolo che illustra molto rapidamente come le nuove tecnologie possano cambiare il cervello per fare un parallelo con uno degli argomenti che abbiamo discusso oggi con alcuni colleghi: cioè come cambia il "ruolo" del pc nel corso del tempo, da "pc cognitivista" a "pc costruttivista"
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    Interessante riflessione sulle modificazioni che si hanno con l'uso del PC, delle conoscenze condivise, ecc. Peccato sia molto breve, sarebbe stato utile avere qualche approfondimento.
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    Si tratta di una intervista molto interessante che suggerisce come la configurazione dell'ambiente innovata dalle tecnologie dell'informazione incide sullo sviluppo cognitivo delle persone; in particolare viene affrontato il tema dell'attenzione e di come i processi di attenzione vengano influenzati dal multitasking. Si tratta ancora di un campo molto interessante ma per parlare di risultati consolidati bisognerà aspettare un po' di tempo.
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    Gli studi e le ricerche sul multitasking ci lasciano aperti a diverse interpretazioni di questo fenomeno, nella cui valutazione non possiamo trascurare un'adeguata considerazione anche dei fattori socio-culturali. Nonostante sia largamente dimostrato dalla ricerca scientifica che l'essere umano possiede risorse attentive limitate e che occuparsi di due o più compiti simultaneamente può compromettere la qualità della prestazione, il multitasking viene oggigiorno considerato un modo efficace di approcciarsi ai molteplici compiti a cui l'individuo viene sottoposto quotidianamente.Non è ancora possibile stabilire con certezza se l'efficacia del multitasking sia un mito da sfatare o meno. È presumibile che questa modalità di lavoro abbia effetti altamente dannosi quando tutti i compiti richiedono la stessa quantità di attenzione e che invece la prestazione non risenta di alcun effetto negativo se i compiti secondari sono meno impegnativi rispetto al compito principale. Sarà dunque opportuno proseguire con la ricerca al fine di stabilire gli effetti del multitasking e come essi varino a seconda delle condizioni prese in esame.
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    Il multitasking è un argomento che mi ha sempre interessato e questo articolo ne sottolinea un aspetto che resta sempre un po' fuori dalla narrativa comune: ciò che facciamo ogni giorno plasma le nostre capacità e con il tempo (indubbiamente molto!) anche la nostra struttura cerebrale! Bello spunto!
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    Questo articolo sostiene che l'esercizio ha la capacità di cambiare il volume e il modo in qui funziona il nostro cervello. Mi ha fatto pensare alla demenza dell'Alzheimer, nella quale si osserva che la corteccia cerebrale si accartoccia e si osserva una diminuzione grave dell'ippocampo. Sorge allora uno spunto di riflessione: La tecnologia, potrebbe assistere nel mantenimento della salute cognitiva grazie all'apprendimento di cose nuove e connessioni sociali che potrebbero rallentare lo sviluppo della malattia?
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    Questo articolo fa riflettere su quanto sia vera questa routine ormai normale di fare più cose contemporaneamente. Interessante il confronto tra giovani nati con la tecnologia a portata di mano e anziani che hanno da poco conosciuto questo nuovo mondo. Ritengo che da un lato sia sicuramente positivo e costruttivo l'essere sempre più multitasking, anche se dall'altro lato la tecnologia no stop allontana l'uomo dal concentrarsi profondamente su un singolo compito da svolgere, e da quella che era l'autenticità che ha caratterizzato la vita quotidiana di coloro che sono nati e cresciuti in un modo privo di tecnologia.
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    Sono stati fatti numerosi studi su tale argomento, visto che ormai ci riguarda molto da vicino. Molti ricercatori hanno espresso pareri discordanti circa gli effetti positivi e negativi di questo attualissimo fenomeno. Alcuni studi hano evidenziato come il multitasking contribuisca ad alzare i livelli di cortisolo; ormone responsabile dello stress, mentre studi diversi hanno indagato le conseguenze del multitasking sugli adolescenti. I nativi digitali avrebbero un rendimento scolastico migliore proprio perchè, abituati all'attenzione frammentata, utilizzerebbero maggiormente la memoria di lavoro.
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    Una riflessione in merito al multitasking la farei puntando l'attenzione sul sovraccarico cognitivo dovuto alle numerose sollecitazioni che avvengono in poco tempo che il cervello deve rielaborare. Io me ne accorgo banalmente quando decido di essere off line per una o due giornate (di solito nel weekend). Ho una sensazione di benessere maggiore. Comunque non sono addicted per cui non sento lo stress e l'ansia di non essere connessa. Un altro spunto di riflessione è il contenuto di profondità. Sempre tramite l'auto- osservazione, il multitasking non ti consente di approfondire (temi, contenuti e anche relazioni) l'attenzione è distribuita e addirittura frammentata. Ciò che è molto esteso orizzontalmente (sulla superficie) non riesce ad essere esteso anche verticalmente (in profondità). Non è un giudizio è una osservazione della diversa modalità di gestire contenuti, agire, interagire.
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    Decantare il multitasking come giusto o sbagliato é fuorviante, come si dice nell´articolo, le conseguenze le vedremo tra migliaia di anni. Io personalmente penso che una delle conseguenze negative, siano la frammentarietá dell´attenzione, che si riversa inevitabilmente anche nella nostra vita sociale e non solo nella nostra educazione.
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    Articolo breve e conciso sul multitasking, trovo che seppure alquanto sintetico, esplica in modo adeguato come i cambiamenti apportati dall'uso delle nuove tecnologie non necessariamente sono negative, e che se da un lato alleggerisce dal peso di eseguire alcune operaizoni mentali al tempo stesso stimola ad esercitare parti del cervello diverse. Se da un lato la distribuzione dell'attenzione puó rendere difficoltoso concentrarsi su un unico compito in maniera adeguata, permette d'altro canto il multitasking, una capacitá sempre piú sviluppata tra i giovani che fanno uso delle nuove tecnologie quotidianamente. Trovo che l'articolo sia pertinente ai contenuti della materia, spunto di riflessione interessante che completa il materiale didattico di psicotecnologie.
Luigi Coccia

Nel mondo il multitasking è donna - 17 views

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    Da donna sono d'accordo con questa teoria, ma ovviamente non si può generalizzare. Io personalmente vivo facendo tante cose contemporaneamente: mamma, moglie, studentessa, lavoratrice... Fin da ragazza ascoltavo la musica, studiavo, conversavo con le mie compagne... fa parte del mio essere e l'avvento di internet e degli smartphone non ha fatto altro che aumentare questa capacità.
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    Noi donne diciamo siamo predisposte al multitasking che ci viene proposto con le nuove teconologie. Anzi , posso dire che con le nuove tecnologie anche gli uomini stanno imparando ad essere multitasking .Per noi donne l'essere multitasking è qualcosa di innato e l'avvento delle tecnologie ci aiuta a praticarlo sempre di piu'
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    Personalmente credo che il fatto di essere multitasking o meno sia più legato a caratteristiche personali che di genere, ritengo piuttosto che la narrativa che vede la donna come più multitasking dell'uomo sia maggiormente legata al ruolo sociale che viene imposto alla donna: lavoratrice, madre, moglie...
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    Il multitasking crea un circolo vizioso di dipendenza dalla dopamina, premiando effettivamente il cervello a perdere la concentrazione e a cercare stimoli esterni. A peggiorare le cose, la corteccia prefrontale ha una "distorsione da gadget", il che significa che la sua attenzione può essere facilmente distratta da qualcosa di nuovo - gli oggetti ...
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    Sicuramente ci sono persone più o meno predisposte alla capacità di svolgere più compiti contemporaneamente, ma mi piace molto questa definizione di Multitasking è donna. Ironicamente viene spesso detto che la donna ha maggiori capacità dell'uomo, che invece nel tentativo di fare due cose allo stesso tempo perde la concentrazione in uno dei due compiti dopo un breve tempo. Sappiamo anche che la quotidianità di una donna, lavoratrice, madre e che si occupa della casa ha la reale necessità di essere Multitasking, altrimenti le 24 ore di una giornata non sarebbero minimamente sufficienti , anche se spesso continuano comunque a non esserlo. Simpatica e realista il pensiero riportato nell'articolo in cui si dice: Menomale, siamo predisposte al multitasking.
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    Sono d'accordo con questo sondaggio, poichè la donna all'interno della nostra Società svolge più mansioni e più ruoli nello stesso tempo, anche a causa di scarso tempo libero; quindi oltre ad essere portata al multitasking, si trova ad affrontare una situazione di adattamento relativo al proprio contesto socio-culturale; è supportata da determinate caratteristiche biologiche che la predispongono verso più approcci nello stesso momento. Di solito succede questo ma ciò non costituisce una regola generale.
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    Anche io da donna mi ritrovo nel mettere in atto varie azioni in multitasking, molto spesso peró mi rendo anche conto che, a costo di voler fare tutto, mi ritrovo a non fare bene niente soprattutto se si tratta di parlare al telefono mentre si fa qualcosa, generalmente presto meno attenzione alla conversazione e rispondo monosillabica. Sicuramente si tratta di un comportamento maggiormente visibile nelle donne perchè fin da piccole osserviamo le nostre madri fare da mamme, cuicinare, pulire e molto altro contemporaneamente.
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    Non sono d'accordo con ciò che l'articolo afferma, credo che il multitasking sia caratteristica dell'essere umano indipendentemente dal sesso. Credo che venga affibbiata per luogo comune di più alle donne. Ma è una capacità che l'essere umano continua a sviluppare indipendentemente se uomo o donna. Alcuni studi sostengono che le nuove tecnologie, per le loro caratteristiche interattive e per il loro modo di essere progettati ci permettono di fare più cose contemporaneamente e quindi di allenare questa nostra capacità. Come ad esempio tenere a mente i diversi impegni della giornata, camminare mentre siamo al telefono che parliamo di lavoro e stiamo nel frattempo sistemando la nostra scrivania. Credo che il focus dell'attenzione cadrà sempre su uno di questi compiti principalmente, è tendenzialmente sarà il compito che richiede di più la nostra presenza ed energia.
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    Il multitasking è una caratteristica dell'essere umano che le attuali esigenze stanno amplificando. La donna per cultura e caratteristiche ne rappresenta la forma più valida, ma a quale costo? Mi chiedo se oltre al dovere vi sia anche il piacere e questo perchè uno studio che ho letto individua nell'uomo la componente "piacere" in queste azioni, cosa non rilevata nelle donne.
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    Io credo che il multitasking vero e proprio non esista e non sia un attributo umano in quanto l´attenzione e´ selettiva; molto probabilmente l´articolo, decisamente non scientifico e poco esaustivo, si riferisce alla ormai ben nota e provata differenza tra il cervello maschile e quello femminile, che per motivi evoluzionistici e caratteristiche fisiche e di genere si sono sviluppati in maniera differente. Penso che in questo caso la parola multitasking sia stata fraintesa nel senso che la donna e´ biologicamente predisposta a fare piu´ cose e ad occuparsi della prole e ad avere una visuale generale della realta´, pertanto magari e´ maggiormente in grado di passare da un compito all´altro molto velocemente, mantenendo un elevato grado di attenzione, essendo anche piu´ sensibile, mentre l´uomo e´ maggiormente portato per altre task piu´ specifiche come la caccia, l´orientamento spaziale e altre che non approfondisco qui; (le conoscenze al riguardo le ho acquisite tramite la lettura del libro " il cervello delle donne").
Marco Dozza

Tags: Perché Taggare I Tuoi Contenuti Sul Web - 15 views

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    Interessante articolo contente video e numerosi link di approfondimento sulla funzione dei tag nel web.
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    Come si evince dal nostro percorso didattico , l'importanza del tag è rivoluzionaria , come Mcluhan aveva previsto " il medium renderà absoleta l'intera organizzazione della biblioteca " , il tag è l'anima di internet , tutti i nostri messaggi sono divisi in pacchetti , il tag ci permette di trovare la sua posizione con assoluta precisione , e soprattutto all'istante in real- time . A mio avviso questo è fantastico , ha cambiato il nostro modi di organizzare le cose , l'accesso a tutto in una sola volta
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    Molto utile anche per le applicazioni personali e indicizzazione dei siti o articoli sul blog.
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    Articolo molto semplice e scorrevole su cosa è un tag, quest'articolo è stato realizzato in maniera che il significato di "tag" venga recepito in maniera chiara ed efficace anche da chi non è affine alla terminologia tecnica (es. iper-testo), e riesce a dare un idea generale dei meccanismi di base del web, come ad esempio il funzionamento di un motore di ricerca, la configurazione di base di un sito web/blog e su come incrementare la visibilità di certi contenuti che vogliamo pubblicare online. In questo contesto il richiamo a McLuhan è d'obbligo: "il medium renderà obsoleta l'intera organizzazione della biblioteca" dove oggi possiamo osservare che il web è diventato una libreria gigante dove pagine su pagine di contenuti sono organizzate e collegate tra loro.
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    Ho trovato questo articolo molto interessante e mi ha permesso di avere un quadro più ampio delle funzioni che possono avere i tag.
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    Grazie per la condivisione! questo articolo è interessante perchè in breve descrive le funzioni relative dei tag e anche la loro utilità.
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    Articolo molto interessante che rappresenta una sorta di guida sull'importanza dei tag e su come impiegarli. Come dice lo stesso Robin Good, i tag sono degli strumenti utili per la ricerca in quanto consentono agli utenti di trovare tutti i contenuti su determinati argomenti in modo rapido e mirato, ma devono essere usati in maniera etica e razionale.
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    un articolo molto esplicativo sull'utilità dei tag. personalmente spesso non li usavo per noia, ma grazie a questa disciplina ho capito quanto in realtà siano utili per la ricerca di nuove informazioni specifiche e per far in modo che i nostri contenuti siano raggiunti da più persone possibile
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    Personalemente penso che a livello di motori ricerca i tag siano molto utili, per quanto riguarda i social sono anche fin troppo utili: riescono a fornire informazioni e renderle accessibili anche troppo facilmente.
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    E' vero, i Tag aiutano in una ricerca rapida, selettiva e immediata dei contenuti favorendo l'immediato e la rapidità. Ma cosa si perde? Nelle ricerche spesso mi sono trovata a leggere argomenti che non avrei pensato e da un inizio ho trovato un percorso che non immaginavo e penso che forse, i Tag, possano far perdere la meraviglia di alcuni viaggi
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    Articolo molto interessante. Personalmente trovo che i tag, se usati con criterio, siano estremamente utili e possano velocizzare la ricerca di contenuti. A volte però possono risultare fuorvianti, proprio perchè inseriti in maniera casuale ( sorpattutto nei social network.
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    Sono d'accordo con il fatto che l'articolo è molto interessante e soprattutto l'utilizzo dei tag è molto utile nel circoscrivere il campo di ricerca delle informazioni. E' altresi molto importante che chi si occupa di taggare le informazioni lo faccia con criterio e in maniera accurata; il rischio di incappare in articoli o informazioni fuorviante esiste e potrebbe risultare una gran perdita di tempo.
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    Il tag puó essere un amplificatore di contenuti, il collegamento con i contenuti di altre persone, e come dice nel video si aplifica anche la platea di persone che legge cosa postiamo
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    L'articolo presenta motivi validi per cui taggare i propri contenuti online. Effettivamente se ci si ragiona la ricerca di contenuti online grazie ai tag viene facilitata ulteriormente. Ogni qualvolta si cerca qualcosa online grazie al tag ci viene presentato ogni singolo articolo o sito che tratta dell'argomento. I tag si possono quindi definire degli strumenti di facilitazione della ricerca in rete.
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    Il tagging è un'operazione importante per chi cerca visibilità sul web, in quanto consente ad altri utenti di accedere ai contenuti pubblicati, attraverso la ricerca di parole chiave. Si tratta quindi di un aspetto importante di Internet, un contenitore di conoscenze che può essere riempito da chiunque e che necessita di un sistema di categorizzazione per gestire l'enorme mole di informazioni distribuite. Può essere considerata come una forma di apprendimento collaborativo, poiché è grazie al contributo di tutti i partecipanti che i partecipanti stessi hanno la possibilità di ricercare e trovare informazioni utili per arricchire le proprie conoscenze. Internet, d'altronde, è una dimensione costruita dalle persone e sono le stesse persone che strutturano ed applicano degli strumenti per dargli ordine e renderlo più fruibile.
mpuricelli

Apprendimento collaborativo - Wikipedia - 4 views

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    La tematica dell'apprendimento collaborativo è tratta da Wikipedia. L'articolo dà una definizione di apprendimento collaborativo, descrive gli strumenti utilizzati in questa specifica modalità di apprendimento, sottolinea l'importanza della figura del Tutor come mediatore tra docente e gli studenti.
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    Apprendimento che si basa sull'interazione all'interno di un gruppo di persone che collaborano, attraverso un lavoro di approfondimento e di apprendimento che porterà alla costruzione di nuova conoscenza. Nuova visione pedagogica e didattica
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    che credo si possa inserire nel più ampio "contenitore" dell'apprendimento significativo
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    Studiando la struttura di un apprendimento che possa essere definito collaborativo, mi sovviene il più ampio quadro dell'apprendimento significativo. Quest'ultimo venne teorizzato da molti studiosi, come Ausubel e Novak, che evidenziarono come fosse necessaria la collaborazione tra gli attori dell'apprendimento per far si che questo fosse una re-interpretazione delle conoscenze trasmesse dal docente mediante opportuni stimoli, e che ogni discente si appropri di un capitale conoscitivo ritracciabile nella sua memoria a lungo termine e nelle sue produzioni didattiche caratterizzate da creatività (identificata come il più alto livello di apprendimento in quanto permette e stimola la scoperta). Senza la collaborazione e condivisione presenti in apprendimenti collaborativi non ci sarebbero quindi apprendimenti significativi.
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    È importante puntualizzare secondo me la differenza tra apprendimento collaborativo e cooperativo che non sono sinonimi: apprendere in modo cooperativo presuppone una divisione dei compiti tra i componenti che fanno parte del team, mentre quello collaborativo prevede uno sforzo unico, collettivo per raggiungere l'obiettivo. L'apprendimento collaborativo favorisce l'inclusione, dando valore alla diversità di ogni individualità e prepara i discenti al confronto critico, permettendogli di fare valere le proprie idee e, allo stesso tempo, essere capaci di cambiare il proprio punto di vista. L'apprendimento collaborativo favorisce lo sviluppo di competenze di leadership, di public speaking e di ascolto, fondamentali per quanto riguarda la crescita personale e quella formativa o lavorativa, rende consapevoli i collaboratori dei propri punti di forza e delle proprie lacune e di come si possa colmarle. In azienda ,migliora il rendimento e il coinvolgimento dei dipendenti, agevolando il loro rapporto con la stessa. Dal lato didattico si è dimostrato particolarmente efficace in situazioni in cui è necessario risolvere un problema (problem solving). Ragionare, condividere ed esplicitare ed esporre le proprie competenze tacite, favorisce il raggiungimento di una soluzione efficace. In questo processo i partecipanti riescono a dare un nuovo significato alle conoscenze integrandole con quelle già possedute in un contesto nel quale per raggiungere il risultato finale è necessario il ruolo e l'impegno di tutti i membri del gruppo, interdipendenti fra di loro.
nunzianazzano

7 tipi di intelligenza secondo Gardner - 15 views

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    Partendo dalle sette forme di intelligenza individuate da Howard Gardener, possedute da ciascuno in modo qualitativamente diverso, mi sembra adeguato distinguere ulteriormente, all'interno di queste categortie, l'intelligenza di tipo culture free e culture fair: è la nostra natura individuale a renderci intelligenti o la cultura, che abbiamo appreso durante la nostra interazione con l'ambiente sociale e virtuale, in cui viviamo? Vari test di intelligenza misurano sia le varie sfacettature dell'intelligenza, spaziale, logico-matematica..., sia le influenze o meno del fattore culturale, formulando infine un punteggio globale, che renda conto delle varie performance. L'intelligenza è pertanto una combinazione di abilità naturali e apprese per la sopravvivenza, la riproduzione e il progresso. Al giorno d'oggi stabilire se si è più o meno intelligenti, sembrerebbe valutabile in base al conto in banca, in realtà a mio parere l'intelligenza di una persona sta nella libertà di poter gestire il proprio tempo: essere liberi di, avere il tempo per, è ciò che ci consente di pensare e riflettere non solo fra noi stessi ma estendendo il nostro pensiero al computer, strumento estremamente potenziante dell'intelligenza umana. In conclusione grazie a Internet dovremmo rivedere il concetto di natura dell'intelligemza. in quanto oltre alle caratteristiche individuate da Gardner ad esempio e dai fattori naturali e culturali, si è aggiunta quella interattiva con il computer e gli altri utenti, abbiamo unito la nostra mente alla CPU e a quelle degli altri utenti.
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    Howard Gardner è un professore di pedagogia e psicologia all' Università di Harvard noto a livello mondiale per la sua "teoria sulle intelligenze multiple". Assunto fondamentale dei suoi studi è l'esistenza, infatti, di sette intelligenze diverse e relativamente indipendenti tra di loro intese dall'autore come moduli mentali distinti ed interagenti. Queste intelligenze sono raggruppate nell'elenco sottostante nel quale sono specificate anche le relative attività umane specifiche per ogni tipologia: 1) INTELLIGENZA LINGUISTICA usata nel leggere libri, scrivere testi, comprendere parole parlate; 2) INTELLIGENZA LOGICO-MATEMATICA usata nella soluzione di problemi matematici e nel ragionamento logico; 3) INTELLIGENZA SPAZIALE usata nello spostarsi da un posto all'altro, nel leggere le cartine, nel disporre le valige nel portabagagli di una macchina in modo che occupino meno spazio possibile; 4) INTELLIGENZA MUSICALE usata nel cantare una canzone, nel comporre una sonata, nel suonare la tromba o semplicemente nell'apprezzare la struttura di un brano musicale; 5) INTELLIGENZA CORPOREO-CINESTESICA usata nel ballare, nel giocare a pallacanestro, nel correre i 100 metri o nel lancio del giavellotto; 6) INTELLIGENZA INTERPERSONALE usata nel relazionarsi ad altre persone, nel comprenderne il comportamento, le motivazioni o le emozioni; 7) INTELLIGENZA INTRAPERSONALE usata nel capire se stessi, chi siamo, che cosa ci fa essere come siamo, come cambiamo nel tempo.
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    interessante teorizzazione di Gardner sulle intelligenze multiple con le quali sostituiva la concezione classica di intelligenza come unica e misurabile attraverso test standardizzati.
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    In un mondo in cui sempre di più il "diverso" è bello e arricchisce credo che sarebbe importante, soprattutto nelle scuole, rendere questa diversificazione delle intelligenze patrimonio culturale condiviso cosicché ciascuno di noi possa rispecchiarsi nell'intelligenza che meglio lo rappresenta e riconoscere il proprio valore
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    Oltre a Gardner, parlando del tema dell'intelligenza, credo sia giusto citare anche Daniel Goleman che parla di intelligenza emotiva. Derrick de Kerckhove usa invece un nuovo termine e parla di intelligenza connettiva. Come suggerisce il termine stesso,mira alla connessione, alla messa in relazione delle intelligenze, e sottolinea il "rapporto" che esse intrattengono. Credo fortemente che questa intelligenza connettiva possa favorire l'apprendimento emotivo.
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    Sicuramente interessante e poco presente nell'istruzione scolastica del nuovo millennio il concetto di intelligenza multipla. Perché studenti adolescenti che si trovano quindi in una tappa evolutiva importante e molto delicata, dopo tanto impegno ma scarsi risultati , viene permesso di arrivare a pensare di non avere le capacità necessarie e "normali" per quella età, facendo paragoni con i compagni di classe e andando ad indebolire la propria autostima e autoefficacia percepita.. magari soltanto perché non eccellenti in compiti di matematica e logica. Leggendo anche gli altri commenti dei colleghi, ho ricordato un ragazzo di 12 anni che ho conosciuto tempo fa e che ricordo sempre sminuire e dare poca importanza ai buoni voti ottenuti ai compiti di scienze e arte, materie che lo appassionavano, poiché per quanto riguardava matematica non riusciva ad ottenere una sufficienza, nonostante i tanti sforzi e lezioni di ripetizione privata. Certamente ogni studente avrà le proprie preferenze in ambito di studio scolastico, e materie in cui riscontrano più difficoltà, ma credo che questo non debba portare ad una diminuzione dell'autostima e della percezione e consapevolezza delle proprie capacità. A tal proposito ritengo che sia molto importante divulgare a scuola insegnamenti come quello di Gardner, proprio perché come ha precedentemente scritto una collega, in questo modo ogni ragazzo potrebbe rispecchiarsi nell'intelligenza che meglio lo rappresenta, riconoscere le proprie capacità, aumentare la propria autostima e di riflesso crescerebbe anche la motivazione e la voglia di riuscita in quelli che sono ambiti dove presentano maggiori lacune.
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    Purtroppo solo chi intraprende un certo tipo di studi viene a conoscenza di questa teoria. In questo modo molte persone non vengono valorizzate e vengono scartate dal mondo socioculturale in cui viviamo. Ogni sistema educativo e diverso nel suo modo, e quasi tutti hanno aspetti negativi a riguardo. Ad esempio negli Stati Uniti d´America l´intelligenza cinestetica o sportiva é altamente valorizzata ma sempre in base al sistema capitalistico in cui viviamo.
giulio barbieri

Il progresso...che ci rende stupidi. - 23 views

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    Interessante articolo sull'impatto che la tecnologia ha avuto sullo sviluppo cerebrale. Come una vita più comoda ci rende meno intelligenti. In sostanza.....più stupidi.
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    "Non siate schiavi del cellulare. Staccate un attimo. Prendetevi il tempo per passeggiare, per leggere un libro, ascoltare musica intensamente, parlare con qualcuno senza controllare il telefonino. Datevi modo di prestare attenzione, di concentrarvi, di riflettere: se smettete di farlo, perderete la capacità di farlo. Se non praticate l'intelligenza, ne avrete nostalgia" Nicholas Carr
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    Penso sia veramente difficile fare dei paragoni. Sono tempi diversi e in modi diversi, otteniamo impressioni contrastanti sul fatto che l'umanità stia diventando più intelligente o meno intelligente di prima. Il problema forse e dato dalla nostra l'esperienza personale che è sempre piu' miope. Vorrei far notare questo esempio per rendere questa idea piu' chiara. Il vocabolario veniva utilizzato come metrica per l'intelligenza. La ricerca ha dimostrato che è fortemente correlata al QI. Tuttavia, secondo uno studio del 2006, il vocabolario americano è stato in rapido declino dal suo apice, negli anni '40. Vi sono tuttavia alcune controversie, poiché è stato dimostrato che i test del vocabolario hanno una predisposizione culturale intrinseca. E' veramente complicato. Io spero di no ;)
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    Sicuramente affascinante come articolo,ma scientificamente di poca rilevanza a mio avviso, partendo dal fatto che ancora non si ancora cosa voglia dire "Intelligenza",quindi calcolarla la vedo ancora più difficile...Poi il paragone tra epoche storiche cosi lontane mi sembra assolutamente fuori luogo, è vero che gli errori si pagavano di più ma è anche vero che il tasso di mortalità era altissimo,assolutamente non paragonabile a quelli attuali...Einstein diceva che se si giudica un pesce da come si arrampica su un albero lui si crederà stupido per tutta la vita, quindi dobbiamo valutarci su come evitiamo la morte?...
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    Non penso che il progresso ci renda stupidi. Penso che le tecnologie, maggiori rappresentanti del progresso, possano fornire strumenti, ed è il loro utilizzo a fare la differenza tra sviluppo e impigrimento mentale. Possiamo disporre di una mole di informazioni incredibile, quello che ci manca, o meglio, quello a cui non prestiamo abbastanza attenzione, è il processo alla base delle cose. è inutile saper fare o saper dire una cosa se poi non se ne conoscono i fondamenti.
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    Io penso che il progresso possa sia rendere più "stupidi" che rendere più intelligenti, la differenza sta nel come viene utilizzato. Se utilizzato correttamente può aiutare ad aprire la propria mente, diversamente si avrà l'effetto contrario.
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    Il fatto di avere tutto a sempre a disposizione sicuramente ha delle conseguenze cognitive (mi viene in mente anche solo il fatto di utilizzare sempre la calcolatrice). Tuttavia, non per forza comodità è sinonimo di stupidità. La tecnologia ha portato a risultati mai ottenuti.
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    Come possiamo notare , chi proviene da ambienti svantaggiati ha quella "fame" di riscossa, forte motivazione e obiettivi chiari a cui protendersi, che spesso riesce a raggiungere la meta prefissata. A volte al contrario, chi proviene da ambienti più agiata tende a non essere così motivato a perseguire scopi.
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    Ho sempre preso "con le molle" questa teoria che sicuramente ha molto appeal giornalistico. La domanda che mi pongo è questa, l'intelligenza, su queste ricerche, viene sempre misurata allo stesso modo? Io vedo mio figlio di 6 anni e l'agilità con cui maneggia le appracchiature elettroniche è impressionante, io alla sua età non sapevo usare il telecomando. (a mia discolpa...quando io avevo la sua età i telecomandi non c'erano ancora) Ma, ad esempio, io alla sua età andavo a scuola da solo, a 6 anni attraversavo la strada ed andavo, ora è inconcepibile (oltre che illegale). Questi studi longitudinali hanno a mio avviso un difetto, quello di non segure l'evoluzione plastica del nostro cerebro.
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    Ho trovato l'articolo interessante. In particolare, ho apprezzato le argomentazioni di Elia Stupka, condirettore del Centro di genomica traslazionale e bioinformatica del San Raffaele di Milano, che ritiene che il progresso abbia apportato dei cambiamenti, ma non è detto che questi siano stati negativi. Dal suo punto di vista, la mancanza di selezione ha favorito la variabilità rendendoci più complessi e completi, ma senza poter stabilire cosa sia bene e cosa male. Probabilmente, dobbiamo attendere ancora qualche anno, per sciogliere il dubbio.
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    Articolo interessante. Ogni essere vivente sviluppa tecniche/strategie di sopravvivenza. Nel caso degli esseri umani probabilmente per quel miliardo di popolazione che vive dignitosamente e usufruisce del "progresso", la necessità di utilizzare risorse cognitive viene forse un po' meno.
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    A mio avviso il progresso non danneggia l'intelligenza; l'uomo ha un enorme spirito di adattamento che va di pari passo con il proprio stile di vita. Seppur "cambiamento" non è mai stato sinonimo di "miglioramento", l'uomo ha imparato ad usare la tecnologia là dove aveva delle limitazioni. L'evoluzione della sua specie, la selezione naturale dei soggetti più astuti ed il conseguente progresso tecnologico, ci preservano infinite possibilità di sopravvivenza. Grazie ad un'evoluzione psicologica e genetica, queste hanno permesso all'uomo di muoversi in una società molto complessa e di trasformarsi ed apprendere dalla propria esperienza.
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    ho letto l'articolo dettagliatamente e per questo mi sento di correggere parte delle considerazioni che sono state fatte nei commenti sopra riportati. Inanzitutto l'articolo riporta dei risultati condotti da studi sulla genetica, indicando come la tecnologia ampliando le possibilità di sopravvivenza dell'essere umano, abbia ostacolato la selezione naturale dei più intelligenti e astuti rispetto ai meno dotati cerebralmente parlando. Questo non vuol quindi che vi sia una connessione causale diretta tra l'uso della tecnologia e la riduzione della capacita intellettiva dell'essere umano, ma bensì questo mostra come l'utilizzo della tecnologia abbia alterato il funzionamento della selezione naturale. Nella parte successiva dell'articolo invece vengono illustrati gli effetti che la tecnologia abbia portato alla specie umana, che grazie al suo impiego ha avuto modo di sfruttare meglio le potenzialità del cervello, permesse dalla notevole plasticità di tale organo, che genera nuove connessioni funzionali grazie all'uso delle tecnologie. In sostanza, l'effetto collaterale che le tecnologie hanno causato alla selezione naturale, è stato colmato dalle nuove capacità cognitive che tali tecnologie hanno permesso di sviluppare.
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    Come la materia ci insegna le Tecnologie apportano dei profondi cambiamenti a livello del tessuto sociale. Questo fa si come riportato nell'articolo che "la selezione naturale non sia più così estrema". Credo che la tecnologia vada utilizzata e le persone vadano educate al suo utilizzo e nel suo utilizzo. Possiamo ricavarne grandi vantaggi. è importante rimarcare come le tecnologie ci permettono di mettere in atto un importate trasmissione delle conoscenze e permettere così che sempre più persone a livello globale possano accedervi e questo vale anche per la cultura, una cultura più aperta e alla portata di tutti. La tecnologia non sempre impigrisce i nostri sistemi di apprendimento ma in realtà ci mette nella condizione di poter leggere e approfondire in qualsiasi momento a portata di mano temi e argomenti che tempo fa avremmo dovuto ricercare ad esempio in biblioteca o nelle enciclopedie. Il progresso rende le società più complesse ma non per questo le peggiora.
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    La sopravvivenza cambia il suo concetto con il passare del tempo. Se prima soppravvivere voleva dire scappare dai predatori e assicurare la vita di sé e del proprio gruppo, ora sopravvivere vuole dire vuole dire essere economicamente stabile. Il minor sforzo cognitivo per accedere alla sicurezza della sopravvivenza ai giorni nostri, puó essere un punto positivo, non andando incontro a fattori di stress e patologie legate ad esso.
Eva Franchi

digitalizzare arte e cultura - 6 views

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    articolo pubblicato su La Stampa
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    Nel recente intervento tenuto il mese scorso a Lugano il prof. Derrick de Kerckhove ha messo in evidenza i limiti dell'attuale sistema culturale italiano e della mancata valorizzazione del ricco patrimonio di monumenti ed opere d'arte italiane, che deve necessariamente adeguarsi alla evoluzione informatica di questi ultimi anni. A questo scopo ha proposto una catalogazione digitalizzata delle opere d'arte attraverso l'impiego di Qr Code "per facilitarne la contestualizzazione nel panorama storico, artistico e letterario in cui ogni opera d'arte è nata". Sarebbe così resa più veloce e rapida sia l'archiviazione di dati che lo scambio di informazioni ed anche la possibilità di prestiti tra i diversi musei in tutto il mondo. Particolarmente vantaggioso sarebbe per il turismo e per le conseguenze economiche che ne deriverebbero. Su Wikipedia, l'enciclopedia libera, è descritta la storia, il funzionamento e i campi di applicazione in cui vengono usati i "Qr Code", codici a barre a matrice di forma quadrata che possono memorizzare informazioni che possono essere lette da un telefono cellulare o da uno smartphone. QR indica "quick response" in riferimento alla rapida ed immediata informazione che forniscono. Sono nati in ambito industriale per aumentare le possibilità offerte dai già diffusi codici a barre ed inizialmente impiegati tracciare i pezzi di automobili nelle fabbriche della Toyota. La successiva concessione di uso libero rilasciata dalla compagnia giapponese Denso Wave, detentrice del brevetto, ne ha esteso rapidamente l'uso in tutto il mondo. Su internet è possibile trovare programmi gratuiti sia per la lettura che per la scrittura dei codici QR, che possono contenere sia testi, sia indirizzi internet, sia numeri di telefono. Con una semplice ricerca in internet sui "Qr Code" è possibile visualizzare i numerosi siti che ne propongono l'uso, gratuito o a pagamento, per i più svariati scopi.
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    Uno degli aspetti positivi del periodo di pandemia è stata la digitalizzazione dell'Arte. Le chiusure dei musei e delle mostre hanno implementato le visite virtuali, mostre virtuali, aiutando anche una certa diffusione. Ricordo di aver ricevuto su Watsup video bellissimi, visite virtuali alla cappella Sistina con possibilità di osservare particolari mai visti grazie allo zoom. Ho visto musei di città europee mai visitate. Tutto questo non può sostituire, ma sicuramente sostiene il diffondere della cultura e offre anzi uno stimolo per viaggiare non sono virtualmente. Purtroppo siamo abituati a ragionare in termini "o questo o quello", invece apriamo la mente al "e questo e quello". Non siamo davanti a delle scelte ma siamo davanti ad un ampliamento di possibilità
Barbara De Sieno

L'Apprendimento Collaborativo in rete nell'esperienza del Nettuno - 10 views

    • Barbara De Sieno
       
      Riporto uno dei lavori scritti dal ns. rettore sul'argomento dell'apprendimento collaborativo in cui vengono riportate sinteticamente alcune delle teorie più significative sul valore psicopedagogico dell' apprendimento collaborativo. Teorie nate prima dello sviluppo delle reti telematiche e che oggi sono facilmente applicabili anche per realizzazione di processi di apprendimento collaborativo in rete ed esposto il modello didattico del NETTUNO. Buona lettura.
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    Negli ultimi anni, l'applicazione delle tecnologie telematiche nell'insegnamento a distanza ha permesso di realizzare processi di apprendimento collaborativo, dando luogo a modelli di insegnamento/apprendimento caratterizzati essenzialmente da: Comunicazione bidirezionale e interattività; Libero scambio di informazioni; Circolazione di idee in maniera sincrona e asincrona.
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    Collaborative learning Ho trovato molto interessante e con pieno riscontro oggettivo, la relazione della Prof.ssa Garito, circa "l'Apprendimento Collaborativo". La mia condizione di lavoratore full-time e la mia età (53 anni), non facevano pensare che potessi riprendere gli studi universitari così impegnativi, non solo per le ore da dedicare ai libri, ma soprattutto per il tempo necessario per frequentare le lezioni in Facoltà. Ma il mio desiderio di completarmi culturalmente, mi spinse ad iniziare nel 2010 l'avventura dell'università tradizionale, mettendo in preventivo un percorso di studio molto più lungo dei tre anni previsti. La pur scarsa frequentazione l'ho svolta utilizzando giorni di ferie con disappunto della mia famiglia, gli incontri con i docenti sempre molto sofferti per il tempo risicato sottratto alla mia pausa pranzo, difficoltà di raggiungere la facoltà per traffico e posto macchina, lo studio procedeva con "navigazione a vista", senza ben sapere cosa studiare e ciò che si doveva approfondire. Ebbi però la soddisfazione di superare un esame e un esonero, ma sentivo il peso di troppa sovrapposizione di impegno lavorativo, famigliare e di studio. Dopo qualche mese ebbi l'occasione dalla mia azienda di iscrivermi all'università Uninettuno, onestamente mi spaventava l'idea di non avere un contatto diretto con i docenti, i tutor, la segreteria e i miei compagni di studio. Dopo qualche giorno di esplorazione del sito, dei servizi a disposizione, della struttura organizzativa mi resi conto che Uninettuno mi offriva la possibilità di studiare comodamente, di ottimizzare i tempi della mia giornata e quindi non sottrarre granché ai miei famigliari, finalmente potevo studiare con la tranquillità di organizzare senza affanni la mia scaletta per prepararmi agli esami. La più grande comodità è data dalla possibilità della formazione in modalità diacronica, poter usufruire delle lezioni quando e da dove si vuole, infatti io
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    Anche per me è stato illuminante l'incontro con Uninettuno quando me mi fu segnalata dalla mia scuola di counseling. Era già da alcuni anni che maturavo il desiderio di approfondire lo studio della psicologia oltre a ciò che avevo imparato nella formazione in counseling e nelle altre formazioni in tecniche psico-corporee che da anni propongo. Quella della psicologia scientifica rimaneva però soltanto una passione perchè non ritenevo possibile affrontare un impegno simile da adulto e lavoratore. Le materie mi attiravano così tanto che tutti gli anni cercavo di frequentare da auditore un pò di lezioni e corsi presso la facoltà di Genova, in particolare ricordo con piacere il laboratorio a tecniche attive di role play. Quindi quando presi visione della proposta Uninettuno non ci pensai due volte ad iscrivermi subito e non mi sono affatto pentito visto che sono arrivato all'ultimo anno riuscendo a conciliare senza particolare sforzo studio, vita privata e lavoro, grazie soprattutto alla possibilità di seguire le videolezioni ad orario libero e quindi in modalità diacronica. Quindi ringrazio e mi complimento anche io con Prof.ssa Garito per questo progetto di grande utilità sociale.
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    Uninettuno- l'università adatta ai miei ritmi e alla mancanza di tempo , ma ciò non vuol dire meno impegnativa,anzi, visto le richieste dei tutor esigenti per l'ammissione agli esami, direi che questa università mi fa sudare ! Ma va bene così ! Mi piace ! Mi affianco ai ringraziamenti di Riccardo: grazie !
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    Sicuramente è stata un innovazione molto utile nel senso che grazie alla nuova piattaforma telematica si è messo in campo un nuovo approccio pedagogico e questo ha dei vantaggi non indifferenti, seguire le università in maniera telematica é molto utile perché ci si può organizzare lo studio come meglio si crede e in più possiamo apportare dei contributi creando così un apprendimento collaborativo in rete, dando un'informazione e ricevendone un'altra da altri utenti.
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    In effetti,è da eliminare il luogo comune secondo cui chi frequenta a distanza possa studiare poco e sostenere esami relativamente semplici. In molte telematiche è possibile ricevere una didattica di qualità che non ha nulla da invidiare ad atenei prestigiosi. Non è un caso, inoltre, che al giorno d'oggi quasi tutte le università tradizionali ricorrano a spazi online legati allo specifico corso dove i docenti caricano slides proiettate a lezioni o dispense digitali. Inoltre buona parte di queste stesse università si affida al e-learning per lo svolgimento di master e corsi di perfezionamento.
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    Nel testo viene fatto riferimento alle teorie costruttiviste che mettono in evidenza l'importanza, per l'apprendimento a distanza attraverso le reti telematiche, della creazione di ambienti che rendano possibile l'apprendimento stesso in forma collaborativa ed attiva. Particolare attenzione va rivolta al contesto, che deve essere simile alle situazioni reali e rendere agevole, attraente e coinvolgente la partecipazione, alla costruzione, che deve permettere la creazione di spazi idonei per comunicare e riflettere, alla collaborazione, che diviene uno strumento per l'apprendimento grazie proprio allo scambio e confronto di informazioni e opinioni ed al loro approfondimento, ed alla conversazione, fondamentale per l'elaborazione del significato. I sistemi telematici offrono la possibilità di agire in modalità sincronica, mettendo in contatto nello stesso momento i partecipanti, o diacronica offrendo, in qualunque momento ed ovunque sia tecnicamente possibile, l'accesso per lo sviluppo del processo di apprendimento in base ai propri tempi ed alle proprie esigenze. Ne è un esempio il modello didattico di Uninettuno.
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    buonasera, sono lavoratrice full time , ho una famiglia e sono già laureata in matematica alla Sapienza di Roma.Si è parlato fino ad ora degli aspetti positivi delle Uniiversità telematiche , ma ci sono anche aspetti negativi . Per me non è stato facile adattarmi al metodo dell'Università telematica. Se da una parte, posso ascoltare le lezioni quando e dove desidero, dall'altra non ho un rapporto diretto imminente con il docente mentre spiega . Mi manca l'avere la possibilità di chiarire eventuali dubbi nell'imminente , cioè mentre si ascolta la lezione. Mi manca il socializzare direttamente con le persone che seguono il tuo stesso corso . Mentre nell' Università la Sapienza, ho conosciuto persone che sono diventati i miei compagni di studio , in questa Università telematica ti senti sola . Non si ha modo di poter creare un gruppo di studio a meno che tu non conosca già le persone prima di segnarti all'Università telematica
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    L'applicazione delle tecnologie nell'insegnamento ha reso possibile l'apprendimento a distanza che anni fa era impensabile, cosí come la possibilitá di apprendere in modo collaborativo e comunicare in modo estremamente efficiente. In questo sicuramente la tecnologia ha portato un grande miglioramento danto possibilitá anche a chi non poteva spostarsi.
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    Credo che le tecnologie al giorno d'oggi siano uno degli strumenti più potenti per educare, informare ed apprendere. Esse hanno dato la possibilità di istruirsi e formarsi anche a chi magari prima faticava. Lo si può fare seguendo i propri ritmi, il proprio metodo, trovandosi in diverse aree geografiche, vivendo diverse condizioni lavorative e familiari. Se dovessi riassumere le caratteristiche che più ritengo importanti di una piattaforma di apprendimento telematico, come lo è l'università Uninettuno, direi: libertà di organizzazione, sostegno tra colleghi, ampia disponibilità di contenuti.
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    Il modello di apprendimento collaborativo e a distanza di Uninettuno offre la possibilità di studiare usando canali diversi dalle università di impostazione classica, mi ha dato la possibilità a quasi 50 anni di re introdurmi nello studio. Una modalità completamente diversa. Una riflessione che faccio è che la scelta di iscrivermi ad una università telematica è avvenuta anche dopo una esperienza tramite corsi online gratuiti di EduOpen (corsi MOOC), è un progetto creato da un network di università italiane, e forse non solo, per la diffusione della conoscenza, con una facile accessibilità ad un percorso di tuo interesse. Questa scoperta dei MOOC mi ha predisposto cognitivamente ad intraprendere un percorso più strutturato come quello offerto da Uninettuno, che fra l'altro è stata pioniera di questo tipo di modalità di apprendimento. Lo spunto di riflessione è che la scelta di iscrivermi ad Uninettuno è stata postuma ad un mio "training" e utilizzo della tecnologia che mi ha dato sicurezza nelle mie capacità di apprendimento, capacità di saper usare strumenti e apparati diversi dai libri. Molte persone over 50 non accedono a questo tipo di modalità di studio, non per incapacità, ma per senso di inadeguatezza, manca un senso di auto efficacia nell'uso del web come strumento di apprendimento. Nel mio piccolo cerco di sostenere la divulgazione di nuove metodologie di studio quando incontro persone che vorrebbero riprendere gli studi anche in età avanzata, e sento delle resistenze dovute a paura di sentirsi inadeguati. Inoltre il modello di apprendimento collaborativo è di grande aiuto e sostegno proprio a persone che sentono di dover affrontare una sfida che non è solo determinata dai contenuti della materia ma dalla modalità. Il messaggio che offro è " Non sarete soli". L'assenza di competitività all'interno dei gruppi di studio di Uninettuno, il sostegno reciproco, per come uno può' e nella misura in cui lo può dare, è fonda
Antonella Cavallaro

Sclerosi multipla, la riabilitazione passa per il tablet - 9 views

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    Sclerosi multipla, la riabilitazione passa per il tablet. Esiste dentro di me una grande spaccatura, essendo una scout mi rendo conto di come i bambini di oggi risentano in negativo dell' uso sbagliato di tanta tecnologia, mediata forse da una più facile genstione delle ansia dei genitori. Ma giorno dopo giorno essendo una "mente scientifica e razionale" non posso fare a meno di pensare a quante facilitazioni la tecnologia permette nella nostra vita e nella vita di chi è un po più svantaggiato. Di come essa permetta almeno in parte dell' abbattimento di alcune barriere che si innalzano come un muro nella vita di chi è stato più sfortunato.
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    https://iq.intel.it/super-uomini-superare-la-disabilita-grazie-alla-tecnologia/ Articolo molto interessante per comprendere ancor di più come la tecnologia faciliti la vita alle persone affette da qualsiasi tipo di disabilità
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    Condivido il tuo pensiero (non sono scout... le figlie si!), di sicuro c'è spazio per tanta spaccattura riguardo questi strumenti (chi pro, chi contro , oppure , anche come anche a me , al mio interno mi chiedo quale sia la strada giusta da percorrere), penso che sia l'utilizzo della tecnologia che ne facciamo a fare la differenza. Grazie mille per il tuo contributo.
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    Sono pienamente d'accordo con la collega la tecnologia, anche se non la condivido pienamente per tutto, nel mio caso permette, in parte, l'abbattimento di molte barriere. On line grazie alle tecnologie sempre più sofisticate posso fare quasi tutto persino studiare!
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    Anch'io condivido in pieno i vostri commenti e anch'io non come scout ma come mamma e ahimè come paziente malata di SM. La tecnologia e il modalità con cui la stiamo utilizzando, vedi lo smartworking, piuttosto che la modalità on-line ha facilitato la vita di chi la disabilità è costretta a subirla. La tecnologia non solo abbatte barriere spaziali e temporali, ma ha contribuito notevolmente al raggiungimento di risultati eccellenti anche in campo medico. Sicuramente la malattia nel XXI secolo è affrontata in maniera diversa!
Eva Franchi

Ask e il cyberbullismo - 3 views

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    Articolo pubblicato su Repubblica on line
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    Il cyberbullismo è purtroppo un fenomeno in continua evoluzione. Consiglio due link relativi a due programmi sostenuti dall'Unione Europea: www.saferinternet.org www.keepcontrol.eu
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    http://europa.eu/legislation_summaries/information_society/internet/l24190d_it.htm Aggiungo inoltre questo link sempre legato al progetto "Internet più sicuro" contemplato dal Trattato di Lisbona e dalla Convenzione UNESCO sui diritti dei bambini.
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    Il Cyberbullismo è purtroppo un fenomeno sempre più in evoluzione e difficilmente controllabile, con risvolti negativi ed evidenti riguardo l'isolamento sociale, stati d'animo depressivi e risvolti drammatici nei peggiori dei casi. E' uno dei maggiori rischi delle tecnologie. Bisognerebbe investire in campagne di sensibilizzazione verso questo tema e puntare molto sulla media education per rendere i ragazzi consapevoli dei rischi che possono trovare on line.
lorenzarossi

La caffettiera del masochista - 12 views

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    Molto interessante questo libro di Norman in cui parla di questi oggetti quotidiani e della loro scarsa usabilità perché non concepiti tenendo a mente l'utente finale ovvero l'individuo che andrà ad utilizzare questo oggetto
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    La caffettiera del masochista mi fa pensare a molte cose, come a una penna stilografica che ho comperato l'anno scorso e che ha l'impugnatura ergonomica con sfaccettature che dovrebbero assecondare la pressione e la posizione delle dita della mano dello scrivente. In realtà le dita della mia mano a volte trovano intralcio con questa forma, a tal punto che, tutto sommato, è meglio la tradizionale impugnatura cilindrica piuttosto che una forma così "pensata" per la quale si rischia di perdere la spontaneità del gesto dello scrivere. Questo libro di Donald Norman è davvero coinvolgente!
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    Ho letto la caffettiera del masochista molte tempo fa ma mi ricordo che sono rimasto molto colpito dalla banalità che spesso si nasconde dietro alla scarsa usabilità degli oggetti quotidiani. Spesso non è necessario un grande lavoro di design e progettazione ma basterebbe porsi un po' di più nei panni dell'utente. Lavorando nel campo della disabilità, cognitiva e motoria, mi sono scontrato spesso con la frustrazione di oggetti costruiti in modo tale da avere limiti davvero banali ma che possono precludere l'utilizzo da parte di una intera fetta di utenza
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    Ho letto questo libro consigliato nelle videolezioni dal prof. Polillo in cui si passano in rassegna degli oggetti apparentemente semplici ma mal progettati. L'autore del libro sostiene che la causa del rapporto a volte difficoltoso tra l'uomo e gli oggetti, molto spesso, non è un'incapacità dell'utilizzatore, ma una progettazione poco coerente con il funzionamento della mente umana. Quindi, tutta l'interazione uomo-macchina deve essere considerata come una procedura cooperativa delle due parti, dove gli equivoci possono nascere da entrambi.
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    Interessante libro di Norman, l'ho trovato molto accattivante e divertente perchè l'autore propone episodi della sua vita e mi hanno fatto sorridere. Ho capito che è molto più importante capire come si sente l'utente,perchè molto spesso l'inghippo sta proprio li : ci si preoccupa di fare grandi lavori di design senza porsi la domanda " chi è il mio utente?" "cosa farà con questo oggetto?" "quali possono essere i limiti?". Semplici domande ma che non pensate possono portare ad un oggetto/sito mal funzionante e mal strutturato.
De Rose Mario

Come impariamo a leggere - 9 views

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    Questo articolo lo trovo molto interessa te perché parla di come impariamo a leggere e di quali siano le aree cerebrali implicate in questo sofisticato meccanismo, partendo da reazioni del cervello dovuti ad un aumento di sostanze che traduce questi segnali chimici in parole.
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    La lettura è un indispensabile strumento di consapevolezza emotiva e, quindi, di emancipazione sociale dal momento che, come i lettori appassionati sicuramente riescono ad intuire con facilità, si tratta di un'esperienza altamente formativa, fondamentale per modificarci e cambiare la percezione che abbiamo di noi stessi e del mondo.Attraverso i libri che leggiamo, costruiamo il nostro essere, che è tatuato di parole. Senza i buoni libri che abbiamo letto, che ci hanno creati e ricreati, saremmo in qualche modo peggiori di quello che siamo, meno ribelli, meno coraggiosi e più conformisti. Leggere non è mai un dovere ma una scelta libera da cui derivano moltissimi benefici come l'apprendimento della lingua, la conoscenza del mondo, lo sviluppo dell'immaginazione e, soprattutto, la crescita personale e interiore.
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    Ho trovato l'articolo molto interessante e mi ha portato a pensare quanto io, adulta, dia ormai per scontata e banale la grandiosa competenza acquisita della lettura. I contributi della lettura sono molteplici, dalla formazione di un pensiero critico, ad una maggiore informazione, a una capacità di astrazione e immaginazione più articolata, al semplice e puro svago e rilassamento. Credo sia fondamentale, oggi più che mai, trasmettere l'amore per la lettura a partire dalla prima infanzia.
Romina Mandolini

Intelligenza e tecnologia - 2 views

  • Dyson: We have to wait and see. But I am not sure whether computers are just tools. When you look at your iPhone to get directions, are you asking the phone where to go or is the phone telling you where to go? You cannot draw a strict line between active and passive information exchange. If some alien form of life came to earth, they might be convinced that there is a bodiless form of intelligence that is telling its constituent parts to turn left or right. So there is a symbiosis that works both ways.
  • Dyson: Right. We now live in a world where information is potentially unlimited. Information is cheap, but meaning is expensive. Where is the meaning? Only human beings can tell you where it is. We’re extracting meaning from our minds and our own lives.
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    "…non sono affatto sicuro che i computer siano solo strumenti. Quando guardi il tuo iPhone in cerca di un'indicazione stradale, sei tu che stai chiedendo all'Iphone dove andare o è il tuo telefono che te lo sta dicendo? Non si riesce a tracciare una linea netta che divida l'attivo e il passivo in questo scambio di informazioni. Se una forma di vita extraterrestre arrivasse sulla Terra, potrebbe convincersi che esiste una forma di intelligenza incorporea che ordina a dei corpi di girare a destra o a sinistra. È una forma di simbiosi che lavora in maniera biunivoca." Segnalo come secondo intervento, questa bella intervista al prof. George Dyson (autore del libro "L'evoluzione delle macchine. Da Darwin all'intelligenza globale"), sull'intelligenza e sulle trasformazioni cognitive che le tecnologie stanno apportando. Mi piace l'accento che egli pone sull'intelligenza umana, sulla sua unicità e specificità. Utilizziamo la tecnologia ma attenzione a non lasciare che sia lei ad usarci. Sembra un'affermazione banale ma non lo è visto che i confini tra umano e artificiale, sistema nervoso e artefatti tecnologici, sono sempre più labili.
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    Romina l'accento che poni sulle riflessioni del prof Dyson è largamente condiviso e mi ha fatto tornare alla mente alcune tematiche affrontate dal sociologo francese J. Baudrillard. (E' l'oggetto che vi pensa). "L'intrattenimento, l'informazione e le tecnologie comunicative creano l'attuale forma sociale dell'iper-realtà, fornendo esperienze più intense e coinvolgenti, rispetto alle banali scene ordinarie della vita quotidiana, e nuovi codici e modelli interpretativi. L'iperreale, per paradosso, è più reale del reale e controlla e domina il pensiero e il comportamento attraverso la proliferazione e la diffusione di un flusso incontenibile di immagini e segni, che spingono l'umanità a fuggire dal deserto del reale, per sperimentare l'estasi dell'iperrealtà, attraverso il nuovo regno dei computer, dei media e dell'esperienza tecnologica."(EduEDA)
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    L'intelligenza artificiale è destinata a far parte in modo sempre più incisivo delle nostre esistenze, trovando scopi e applicazioni nel mondo del lavoro, dell'istruzione, dell'assistenza, dei traporti
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