MenteCritica » Davvero Google Rende Stupidi? - 4 views
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Mario Amendola on 08 Aug 12Interessanti considerazioni sull'articolo di Nicolas Carr "Davvero Google Rende Stupidi?" su ipertesto, interconnessione attraverso la rete, logica multitasking e conseguenze sullo sviluppo del pensiero.
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Sonia Fiora on 09 Nov 12Vorrei completare questo contributo tentando di riassumere le argomentazioni di De Kerckhove contenute nella lezione n. 5 in risposta alle considerazioni di Carr. De Kerckhove definisce molto duramente quest'articolo come "Un manifesto per il dilettantismo perpetuo" pur riconoscendo la validità di molte osservazioni di Carr, ma reinterpretandone portata e conseguenze. In particolare De Kerckhove: * Contesta l'osservazione per la quale la gente non legge più e si limita a guardare solo le immagini in televisione o su Internet. In realtà, dice De Kerckhove, la gente legge e scrive più che mai. Il rapporto che abbiamo con la lingua scritta, che si tratti di leggerla o scriverla, è più forte e più diffusa che mai e questo deriva anche dal proliferare di innumerevoli supporti che ci consentono questa attività nel continuo (cellulari, smart phone, ipad, etc) * Osserva come, grazie ad internet, sia cambiato il modo di fruizione dei testi: il lettore è diventato attivo trasformandosi in lettore/scrittore (wreaders). Non è possibile leggere qualcosa su internet senza partecipare con uno scritto, cliccando, collegando, con la ricerca di varie cose, e, in conseguenza, le nostre pratiche di lettura e scrittura sono cambiate * Carr denuncia il venir meno di un necessario rapporto di profondità con il testo scritto: un tempo "amavo immergermi in un libro, esplorando le varie profondità del significato ... ora salto da una pagina ad un'altra, vado fino alla fine del libro, semplicemente non ho la tranquillità mentale che è necessaria per penetrare davvero il libro". Questo è un comportamento generalizzato, soprattutto tra i giovani che utilizzano i motori di ricerca per fare i compiti, svolgendoli di fatto in maniera superficiale e quasi "gratuita". (continua)
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Sonia Fiora on 09 Nov 12Di qui la considerazione che Google ci rende stupidi. In realtà, controbatte De Kerckhove, Google è uno strumento utile e non è distruttivo: quando un nuovo media arriva, modifica certe facoltà, alcune priorità, ne porta di nuove e poi ci dota di una nuova forma. * A tale proposito De Kerckhove sintetizza i risultati degli studi di Gary Small in relazione alle attitudini che i bambini sviluppano attraverso l'uso del computer: 1) aumenta il loro bisogno di connettività; 2) assumono una maggiore consapevolezza di loro stessi, la sensazione di diventare persone migliore grazie all'apprendimento che il computer assicura loro; 3) aumentano in conseguenza la loro autostima; 4) il maggior coinvolgimento dell'ippocampo, che è la zona che mette insieme tutte le immagini, dà loro una sensazione di maggior controllo sulla realtà; 5) effetto secondario è l'attenzione frammentata. Questo significa che in realtà raccogliamo informazioni in modo estremamente rapido, passiamo sulle cose molto velocemente, ma il problema che Gary Small scopre è che i ragazzi non tengono in mente nulla, la loro attenzione è divisa. diversi esperimenti hanno dimostrato che i giovani di oggi ad età comparabili di bambini di dieci, quindici anni fa, hanno perso qualcosa della loro capacità di leggere fisionomie, di leggere i volti, di capire ciò che le espressioni delle persone effettivamente significano, anche di riconoscere alcune persone. Questo ha a che fare con il nostro rapporto con gli schermi: passiamo più tempo con gli schermi che con le persone, e lo schermo, per quanto sia di qualità, è comunque una rappresentazione ridotta del volto e della fisionomia. In sintesi De Kerckhove riconosce il cambiamento, ma non lo bolla come effetto necessariamente negativo. (continua)
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Sonia Fiora on 09 Nov 12* Introduce il concetto di intelligenza ipertestuale: navigare tra i documenti collegati implica una ginnastica mentale ed è comunque necessario un qualche tipo di profondità al fine di valutare i collegamenti ipertestuali * Secondo Carr la concentrazione sul testo è necessaria perché si avvii il processo di archiviazione dalla memoria di breve periodo alla memoria di lungo periodo. Questo oggi non è più possibile: "On line siamo di fronte ad una molteplicità di rubinetti di informazioni alla massima apertura. La nostra elaborazione mentale salta da un rubinetto all'altro perdendosi nel processo". In realtà, controbatte De Kerckhove, Endel Tulving, uno dei massimi esperti mondiali sulla memoria, ha scoperto è che la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine non sono gli unici tipi di memoria nell'elaborazione dell'informazione. Egli ha ne individuato almeno altri due tipi: ciò che egli chiama memoria episodica e semantica. La memoria episodica è la memoria dell'esperienza sensoriale delle cose, è stimolata dai sensi ed è in grado di contenere e sostenere molte più cose e di tipo diverso dalla memoria a breve termine. E' anche utilizzata per trasferire le informazioni nella memoria a lungo termine e quindi il ragionamento di Nicholas Carr non è completamente corretto. La memoria semantica è una memoria che registra le cose che sappiamo, in combinazione con la verifica di esperienza diretta che la memoria episodica ci dà. (continua)
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Sonia Fiora on 09 Nov 12La conclusione è che internet ci sta indubbiamente cambiando, ma non è detto che lo faccia in peggio. L'iperscrittore-lettore è colui che legge e scrive al tempo stesso, in costante dialogo con l'ipertesto. Egli ha perso la sua mente che è stata incapace di dare un senso se non in frammenti, ha perso la profondità così che la memoria - e l'identità - dell'utente è ora fuori e non dentro il suo corpo. Non potremmo vivere abbastanza esperienza sensoriale al fine di avere una frazione della quantità di informazioni che Google ci offre come strumento di recupero. Di fatto è l'estremizzazione di un fenomeno che si era già stato introdotto con la tecnologia della scrittura e al quale Eric Havelock aveva saggiamente risposto "Mettere la memoria di fuori della mente dà spazio per l'invenzione e la pratica dell'intelligenza".