Skip to main content

Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged informazioni

Rss Feed Group items tagged

Bruno Matti

Business intelligence - Wikipedia - 0 views

  • Le organizzazioni raccolgono dati per trarre informazioni, valutazioni e stime riguardo al contesto aziendale proprio e del mercato cui partecipano (ricerche di mercato e analisi degli scenari competitivi). Le organizzazioni utilizzano le informazioni raccolte attraverso una strategia di business intelligence per incrementare il loro vantaggio competitivo. Il termine Business Intelligence fin dall'origine ha ricompreso sia i più tradizionali sistemi di raccolta dei dati finalizzati ad analizzare il passato o il presente e a capirne i fenomeni, le cause dei problemi o le determinanti delle performance ottenute, sia i sistemi più rivolti a stimare o a predire il futuro, a simulare e a creare scenari con probabilità di manifestazione differente. Questi sistemi sono da sempre stati realizzati con mix differenti di software tools (ad es. di reporting, di analisi OLAP, di cruscotti) e di software applications, cioè contenenti vere logiche e regole applicative, rivolte al Performance Management (ad es. le applicazioni per le Balanced Scorecards o per il ciclo di budgeting e forecasting aziendale), all'ottimizzazione di alcune decisioni operative (ad es. nel campo dei trasporti e della logistica o del revenue management) oppure finalizzate alle previsioni e alle predizioni future, impiegando funzioni statistiche anche molto sofisticate; tutte queste software applications nel tempo hanno preso nomi diversi ma dal significato simile, quali Analytic Applications, Analytics, Business Analytics (si veda anche Davenport, 2007, 2010; Turban, 2010; Pasini, 2004). Il termine Business Intelligence allude quindi ad un campo molto ampio di attività, sistemi informativi aziendali e tecnologie informatiche finalizzate a supportare, e in qualche caso ad automatizzare, processi di misurazione, controllo e analisi dei risultati e delle performance aziendali (sistemi di reporting e di visualizzazione grafica di varia natura, cruscotti più o meno dinamici, sistemi di analisi storica, sistemi di "allarme" su fuori norma o eccezioni, ecc.), e processi di decisione aziendale in condizioni variabili di incertezza (sistemi di previsione, di predizione, di simulazione e di costruzione di scenari alternativi, ecc.), il tutto integrato nel classico processo generale di "misurazione, analisi, decisione, azione". Generalmente le informazioni vengono raccolte per scopi direzionali interni e per il controllo di gestione. I dati raccolti vengono opportunamente elaborati e vengono utilizzati per supportare concretamente - sulla base di dati attuali - le decisioni di chi occupa ruoli direzionali (capire l'andamento delle performance dell'azienda, generare stime previsionali, ipotizzare scenari futuri e future strategie di risposta). In secondo luogo le informazioni possono essere analizzate a differenti livelli di dettaglio e gerarchico per qualsiasi altra funzione aziendale: marketing, commerciale, finanza, personale o altre. Le fonti informative sono generalmente interne, provenienti dai sistemi informativi aziendali ed integrate tra loro secondo le esigenze. In senso più ampio possono essere utilizzate informazioni provenienti da fonti esterne come esigenze della base dei clienti, pressione stimata degli azionisti, trend tecnologici o culturali fino al limite delle attività di spionaggio industriale. Ogni sistema di business intelligence ha un obiettivo preciso che deriva dalla vision aziendale e dagli obiettivi della gestione strategica di un'azienda.
  •  
    Con la locuzione business intelligence () ci si può solitamente riferire a: un insieme di processi aziendali per raccogliere ed analizzare informazioni strategiche. la tecnologia utilizzata per realizzare questi processi, le informazioni ottenute come risultato di questi processi. Questa espressione è stata coniata nel 1958 da Hans Peter Luhn, ricercatore e inventore tedesco, mentre stava lavorando per IBM.
  •  
    Business Intelligence (B.I.) un software atto a produrre statistiche grafiche in modo flessibile e approfondito, più o meno autonomamente dai programmi di gestione aziendale. In altre parole: è il processo che consente di analizzare la miriade di dati accumulati nei sistemi aziendali per estrarne valide indicazioni per lo sviluppo del business, la riduzione dei costi e l'incremento dei ricavi. La Business Intelligence nasce per trasformare i dati in informazioni utili e per compiere indagini in modo facile e completo sulla propria base dati aziendale. Una buona soluzione di Business Intelligence deve anche essere in grado di consentire l'introduzione di dati teorici, per rispondere al quesito "what if...", ovvero "cosa succederebbe se...", praticando così vere e proprie simulazioni di scenari ipotetici per valutarne immediatamente le conseguenze. Generalmente nei programmi di Business Intelligence l'informazione viene organizzata in righe e colonne, consentendo di porre i dati che interessa esaminare anche su più livelli di profondità. Si può, per esempio, esaminare il venduto per agente/famiglie di prodotti e all'occorrenza svolgere il cosiddetto drill down, per scendere anche a livello di dettaglio del singolo articolo venduto per una certa famiglia. Le analisi possono poi essere tradotte in vario modo anche in termini grafici, fornendo facilmente diagrammi, torte, cruscotti, ecc. ecc. oppure produrre report stampati. La Business Intelligence è dunque uno strumento strategico formidabile per il management aziendale e si differenzia notevolmente dall'uso di prodotti generici (come Excel, per esempio o le classiche statistiche fornite dallo stesso ERP e realizzate tramiti appositi rigidi programmi) per l'estrema attendibilità dei risultati e flessibilità delle informazioni ottenibili. Non dimentichiamo che lo scopo è quello di fornire risposte alle varie indagini sull'andamento dell'azienda e basare certe decisioni su un errore in una formula di Excel p
  •  
    Per conto di Telecom Italia mi sono anche occupato di curare presentazioni per nostri Clienti di B. I. Sicuramente è uno strumento utilissimo in grado di rielaborare tutti i dati aziendali e fornire risposte in base a delle quary di interesse. Risparmio chiaramente di tempo, e per tutte le Aziende il tempo è denaro, che puo' essere dedicato all'elaborazione di strategie di mercato ad es, messe in atto alla luce dei dati analizzati. I ritorni da parte delle PMI, e parlo per esperienza, è sempre stato positivo e il ROI sempre garantito.
davidedallapozza

The Cloud and The Crowd: Distributed Cognition and Collective Intelligence | CCTP 797: ... - 0 views

  •  
    Ho trovato molto interessante la lettura di questo articolo. Ma piu' in particolare la visione del video. In che modo il cloud ha migliorato i nostri processi di cognizione distribuita? Per i non addetti ai lavori, il Cloud è un luogo in cui archiviare informazioni inaccessibili agli altri o accedere alle stesse informazioni su più dispositivi. Negli ultimi anni, la capacità di collegare insieme più tecnologie di scaricamento cognitivo attraverso il cloud computing ha migliorato le nostre capacità di distribuzione condivisa e di scaricamento cognitivo. La quantità di informazioni che è stato possibile archiviare su un computer viene ora moltiplicata per mille volte nel cloud. La capacità di lavorare con gli altri, senza mai doverli parlare o vederli naturalmente, ha reso la capacità di portare a termine compiti complessi da remoto una pratica quotidiana. Ciò che il cloud stesso differisce a seconda del contesto in cui viene utilizzato. Il cloud è in realtà solo una rete di server configurati in tutto il mondo che condividono informazioni e consentono agli utenti di accedere a tali informazioni in base ai loro requisiti di accesso. Il cloud per un manager aziendale è una rete, un modo per connettere tra loro più applicazioni e più computer. Con questa infinita mole di informazioni consegnata da utenti e per la maggior parte molte volte sono informazioni privata, e' normale che una compagnia possieda tutto questo potere? Essendo una compagnia privata, focalizzata sul guadagno, e' logico che e' o sara' disposta a usare queste informazioni per guadagnare. I nostri dati e file dovrebbero essere custoditi e protetti da un ente pubblico, interessato solamente a proteggere il proprio cittadino. Non avete mai pensato che le vostre foto, profili e dati personali potrebbe essere gia' stati usati in qualche parte del mondo per fare cose anche illegali ?
Bruno Matti

Psicologia del multitasking - 6 views

  •  
    "Siamo in costante multitasking "Workload is unavoidable [...] Distraction is unavoidable [...] You must learn to dance among many tasks" (Allen, 2003). Nella maggior parte delle situazioni quotidiane, anche quando non ci facciamo caso, ci troviamo in condizioni di multitasking (1). Gestire la grande quantità di stimoli e richieste che provengono dall'ambiente è sicuramente molto difficile, tuttavia, dedicarsi a più attività piuttosto che concentrarsi su un unico compito sembra essere diventato un fatto naturale. La sensazione che solitamente si prova è quella di poter gestire meglio gli impegni, evitando noia e ripetitività. L'impegno continuo in attività multiple è consentito dalle tecnologie informatiche e della comunicazione, che favoriscono il multitasking. L'interazione con la tecnologia, in primis nei luoghi di lavoro, rende possibile lo svolgimento di attività differenti attraverso espedienti tecnologici e grafici sempre più raffinati. Ad esempio, la possibilità di mantenere aperte contemporaneamente molte finestre nel desktop, che rappresenta il primo sviluppo del paradigma della direct manipulation (Schneiderman, 1998), consente di eseguire allo stesso tempo numerose attività differenti. Tuttavia, l'utilizzo che si fa oggi delle finestre multiple è così imponente che rischia di diventare un ostacolo che frammenta l'attività anziché supportarla. Le finestre multiple, ma anche i messaggi di notifica, le e-mail e i programmi per la messaggeria istantanea (2) se da una parte favoriscono il multitasking e alimentano l'impressione di efficienza rendendo più facile gestire diversi compiti, d'altra parte possono avere effetti fortemente negativi. Ad esempio, Gonzalez e Mark (Gonzalez e Mark, 2004) hanno stabilito che gli impiegati negli uffici non riescono a rimanere concentrati nella stessa attività per più di tre minuti consecutivi prima di essere interrotti da una telefonata, un'e-mail, o da un collega. Evidenze come que
  • ...3 more comments...
  •  
    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
  •  
    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
  •  
    Un recente studio ha dimostrato inoltre che il MULTITASKING è FONTE DI STRESS PIU' PER DONNE CHE PER UOMINI. Perchè le donne non solo sono costrette a occuparsi contemporaneamente di piu' cose, le donne subiscono anche molto piu' degli uomini le conseguenze di una giornata affollata di compiti da portare a termine. A dimostrarlo e' uno studio pubblicato dall'American Sociological Review, secondo cui a fare la differenza non e' la quantita', ma il tipo di impegni di cui le donne si devono occupare ogni giorno. Lo studio ha stabilito che le mamme lavoratrici passano circa 10 ore in piu' ogni settimana in attivita' ''multitasking'' rispetto ai papa' che lavorano. E mentre per i padri il multitasking e' un'esperienza positiva, per le madri e' motivo di stress e genera emozioni negative. Secondo Shira Offer, autrice principale della ricerca, ''l'impegno dei padri nei lavori domestici e nella cura dei figli dovrebbe aumentare ulteriormente''.
  •  
    Vorrei spostare l'attenzione daggli studiosi al quotidiano. Nasco e vivo come molti in mondo in costante e rapido sviluppo tecnologico con una diffusione di informazioni, spesso un sovraccarico oserei dire, altrettanto veloce, al punto tale che quanto in questo momento è "news" due minuti dopo è ormai storia... Tutto sembra in apparenza piu' semplice, cadono le barriere spazio-tempo, i nuovi media diventano davvero l'estensione dei nostri sensi... tutto corretto, ma ci sono come in ogni cosa i pro e i contro e forse l'adozione della politica del giusto mezzo appare anche in questo caso la migliore. Come gestire questa grande mole di informazioni dalle quali siamo bersgliati e certamente non in grado di coglierle tutte spesso nella loro complessità? Da un lato è facilmente ormai saziabile il desiderio di approfondimento (e ben venga) dall'altro si corre anche il rischio di non approfondire nulla, di conoscere "un po' di tutto" lasciando spazio alla superficialità. La comunicazione, le informazioni seguono determinate logiche e frequentemente il multitasking puo' davvero diventare quell'elemento di disturbo che impedisce ad un messaggio di giungere nel pieno del suo significato, dall'altra parte la costante evoluzione della tecnologia, un mondo del lavoro radicalmente cambiato rendono indispensabile una flessibilità che ci consenta di gestire piu' situazioni/informazioni contemporanee.... si potrebbe quasi ipotizzare l'inizio di una nuova evoluzione dell'uomo che va nella direzione di menti flessibili e con grandi capacità di attenzione e memoria perchè chi vive l'attuale situazione tecnologica, chi non riuscirà a gestire quello che nel post precedente è stato descritto, sarà negli anni tagliato fuori... come una sorta di selezione naturale, vediamola così. Sono processi inevitabili ai quali non ci si puo' opporre, nè tantomeno trovo corretto lasciarsi andare alla banalità e surrealtà della frase "i buoni vecchi tempi andati".... sicuramente pero', quel
  •  
    @stefania, concordo con te! In questo scenario dove nella lettura gli ipertesti (che hanno sostituito le note a piè di pagine, che consentono approfondimenti ma che rischiano di distrarre l'attenzione del lettore), nella vita di tutti i giorni siamo sempre stimolati da un quantiotativo di informazioni enormi, alla fine risulta utile "staccare la spina"... questo il senso... Detto cio' non possiamo certamente essere anacronistici ma occorre guardare in prospettiva con una vision piu'' ampia.... svolgere piu' attività contemporaneamente è scientificamente dimostrato che determina calo di attnzione, su due argomenti contemporanei la nostra mente è come se si dividesse in due e così procede, per divisioni successive sul altre attività che eventualmente si aggiungono! Occorre davvero imparare l'arte della politica "del giusto mezzo" in questo contesto per non rischiare di perdere di vista quanto davvero dobbiao fare e portare a termine.
Mauro De Merulis

tecnoteca.it - Multimedialità  e Ipertesti - 8 views

  •  
    La mente dell'uomo non concepisce le idee in forma definita e completa: sono piuttosto il frutto di una progressiva elaborazione, che si svolge per selezione e collegamento tra idee diverse, che contribuiscono alla definizione della linea di pensiero.
  • ...2 more comments...
  •  
    Un'altra figura di grande importanza è Theodor Holm Nelson, laureato in filosofia, nato nel 1937 ed è considerato il più visionario, il più inventivo tra i personaggi. Il suo sogno è uno strumento universale attraverso il quale si può accedere alle informazioni. E' lui l'inventore delle parole ipertesto ed ipermedia. Era il momento in cui lavorava in Giappone ad un progetto di nome Xanadu (la città dell'utopia). Nelson ha un punto di partenza, da un lato è molto critico nei confronti dello sviluppo dell'informatica e dall'altro ipotizza la totale accessibilità alle informazioni. Il progetto Xanadu prevede tre parole chiave (immagine 3): connessione, archiviazione, accessibilità. Per connessone si intende la possibilità di connette alla rete una quantità infinita di utenti; per archiviazione si intende la possibilità di registrare le informazioni ed infine la connettività riguarda la facilità di accesso alle informazioni. Il progetto di Nelson non riguarda solo i "testi letterali" propriamente detti ma tutto ciò che è scritto. Nelson non si è preoccupato solo di progettare Xanadu ma anche di risolvere i problemi (immagine 4): per Nelson un problema fondamentale è la scomparsa delle informazioni, quindi occorre una grande capacità di memorizzazione. Inoltre ci deve essere la possibilità di memorizzazione delle opere. Se il progetto prevede una cooperazione generale ciò deve permettere anche la possibilità di modifica delle opere stesse Nelson con Xanadu pensa di aumentare la capacità produttiva e creativa degli utenti. Un testo ipertestuale è un modello che non segue una sequenza lineare come un libro non lineare, ma un insieme di collegamenti all'interno dello stesso testo o tra testi diversi. Ipertestualità vuol dire perdita di un centro, si perde anche il concetto di autorità all'interno del testo e lo stesso lettore può diventare autore del testo. A questo concetto è legato il concetto di interattività, vale
  •  
    La mente dell'uomo non concepisce le idee in forma definita e completa: sono piuttosto il frutto di una progressiva elaborazione, che si svolge per selezione e collegamento tra idee diverse, che contribuiscono alla definizione della linea di pensiero.
  •  
    E' un articolo interessante e anche in parte convincente. Quello che io però mi chiedo è: ma davvero funziona un modo di insegnare fatto così? Non è rischioso, soprattutto ad un livello iniziale di apprendimento? Per quanto la "linearità" di un modo tradizionale di insegnare sembri meno efficace (perchè diversa sarebbe stata anche l'antica modalità orale), noi impariamo a leggere gradualmente. Lo stesso nostro modo di approcciare le nuove tecnologie viene da un modo di pensare strutturato dalla "lezione" che segue la modalità lineare. Ad A segue B e poi C. La stessa multitestualità è pensata e strutturata in maniera lineare, a mio avviso. Certo, l'apprendimento non è lineare, ma a balzi ed è vero che la mente umana funziona in maniera non sequenziale. Ma questa non sequenzialità è personale, non data da qualcuno o qualcosa di esterno. Sono io che mi creo i miei collegamenti. Se lo fa qualcuno da fuori, è comunque (a mio avviso) sempre una sequenzialità di informazioni. Solo che questa sequenzialità è data dal mio cercare prima una cosa e poi un'altra. E' una fittizia rete. La vera rete me la creo poi io, nel mio cervello. Io temo che questa "rete" sia pericolosa per l'apprendimento, soprattutto, come dicevo all'inizio, per chi è al livello più elementare dell'apprendimento. Sai cosa mi ha detto un amico medico cinese? Noi occidentali non siamo in grado di vedere l'aura delle persone, perchè nessuno, quando eravamo bambini, ci ha insegnato a coltivare questa capacità. Per la sua generazione (ora ha 55 anni) era normale che, se un bambino vedeva l'aura, questa facoltà venisse coltivata. Come uno che ha un buon orecchio musicale. Niente di eccezionale, ma neppure da non considerare. Ecco quindi che molti adulti vedono l'aura delle persone. Quello che voglio dire è che noi veniamo educati comunque a "leggere" la realtà da quello che i nostri educatori (genitori, parenti, insegnanti, altri bambini) fin da piccoli ci inculcano, perchè così vedon
  •  
    "La mente umana funziona in modo non-sequenziale: gli stessi artifici narrativi che la letteratura ha sviluppato possono essere visti come delle scappatoie dall'appiattimento dell'ordine sequenziale."
vdalmonte

QUELLO CHE INTERNET CI NASCONDE - 0 views

Quello che internet ci nasconde Eli Pariser, The Observer, Regno Unito Poche persone hanno notato il post apparso sul blog ufficiale di Google il 4 dicembre 2009. Non cercava di attirare l'attenzi...

#intelligence

started by vdalmonte on 21 Apr 19 no follow-up yet
Marco Dozza

Tags: Perché Taggare I Tuoi Contenuti Sul Web - 15 views

  •  
    Interessante articolo contente video e numerosi link di approfondimento sulla funzione dei tag nel web.
  • ...12 more comments...
  •  
    Come si evince dal nostro percorso didattico , l'importanza del tag è rivoluzionaria , come Mcluhan aveva previsto " il medium renderà absoleta l'intera organizzazione della biblioteca " , il tag è l'anima di internet , tutti i nostri messaggi sono divisi in pacchetti , il tag ci permette di trovare la sua posizione con assoluta precisione , e soprattutto all'istante in real- time . A mio avviso questo è fantastico , ha cambiato il nostro modi di organizzare le cose , l'accesso a tutto in una sola volta
  •  
    Molto utile anche per le applicazioni personali e indicizzazione dei siti o articoli sul blog.
  •  
    Articolo molto semplice e scorrevole su cosa è un tag, quest'articolo è stato realizzato in maniera che il significato di "tag" venga recepito in maniera chiara ed efficace anche da chi non è affine alla terminologia tecnica (es. iper-testo), e riesce a dare un idea generale dei meccanismi di base del web, come ad esempio il funzionamento di un motore di ricerca, la configurazione di base di un sito web/blog e su come incrementare la visibilità di certi contenuti che vogliamo pubblicare online. In questo contesto il richiamo a McLuhan è d'obbligo: "il medium renderà obsoleta l'intera organizzazione della biblioteca" dove oggi possiamo osservare che il web è diventato una libreria gigante dove pagine su pagine di contenuti sono organizzate e collegate tra loro.
  •  
    Ho trovato questo articolo molto interessante e mi ha permesso di avere un quadro più ampio delle funzioni che possono avere i tag.
  •  
    Grazie per la condivisione! questo articolo è interessante perchè in breve descrive le funzioni relative dei tag e anche la loro utilità.
  •  
    Articolo molto interessante che rappresenta una sorta di guida sull'importanza dei tag e su come impiegarli. Come dice lo stesso Robin Good, i tag sono degli strumenti utili per la ricerca in quanto consentono agli utenti di trovare tutti i contenuti su determinati argomenti in modo rapido e mirato, ma devono essere usati in maniera etica e razionale.
  •  
    un articolo molto esplicativo sull'utilità dei tag. personalmente spesso non li usavo per noia, ma grazie a questa disciplina ho capito quanto in realtà siano utili per la ricerca di nuove informazioni specifiche e per far in modo che i nostri contenuti siano raggiunti da più persone possibile
  •  
    Personalemente penso che a livello di motori ricerca i tag siano molto utili, per quanto riguarda i social sono anche fin troppo utili: riescono a fornire informazioni e renderle accessibili anche troppo facilmente.
  •  
    E' vero, i Tag aiutano in una ricerca rapida, selettiva e immediata dei contenuti favorendo l'immediato e la rapidità. Ma cosa si perde? Nelle ricerche spesso mi sono trovata a leggere argomenti che non avrei pensato e da un inizio ho trovato un percorso che non immaginavo e penso che forse, i Tag, possano far perdere la meraviglia di alcuni viaggi
  •  
    Articolo molto interessante. Personalmente trovo che i tag, se usati con criterio, siano estremamente utili e possano velocizzare la ricerca di contenuti. A volte però possono risultare fuorvianti, proprio perchè inseriti in maniera casuale ( sorpattutto nei social network.
  •  
    Sono d'accordo con il fatto che l'articolo è molto interessante e soprattutto l'utilizzo dei tag è molto utile nel circoscrivere il campo di ricerca delle informazioni. E' altresi molto importante che chi si occupa di taggare le informazioni lo faccia con criterio e in maniera accurata; il rischio di incappare in articoli o informazioni fuorviante esiste e potrebbe risultare una gran perdita di tempo.
  •  
    Il tag puó essere un amplificatore di contenuti, il collegamento con i contenuti di altre persone, e come dice nel video si aplifica anche la platea di persone che legge cosa postiamo
  •  
    L'articolo presenta motivi validi per cui taggare i propri contenuti online. Effettivamente se ci si ragiona la ricerca di contenuti online grazie ai tag viene facilitata ulteriormente. Ogni qualvolta si cerca qualcosa online grazie al tag ci viene presentato ogni singolo articolo o sito che tratta dell'argomento. I tag si possono quindi definire degli strumenti di facilitazione della ricerca in rete.
  •  
    Il tagging è un'operazione importante per chi cerca visibilità sul web, in quanto consente ad altri utenti di accedere ai contenuti pubblicati, attraverso la ricerca di parole chiave. Si tratta quindi di un aspetto importante di Internet, un contenitore di conoscenze che può essere riempito da chiunque e che necessita di un sistema di categorizzazione per gestire l'enorme mole di informazioni distribuite. Può essere considerata come una forma di apprendimento collaborativo, poiché è grazie al contributo di tutti i partecipanti che i partecipanti stessi hanno la possibilità di ricercare e trovare informazioni utili per arricchire le proprie conoscenze. Internet, d'altronde, è una dimensione costruita dalle persone e sono le stesse persone che strutturano ed applicano degli strumenti per dargli ordine e renderlo più fruibile.
Donatella Fantozzi

Tagging: una questione di etichette - Mds - 10 views

  •  
    Tagging: una questione di etichette di Alberto Falossi Su internet c'è tutto: chi vede il web per la prima volta rimane colpito proprio da questo. È sorprendente trovare siti dedicati a qualsiasi argomento, non importa quanto strambo o di nicchia. Ma in questo mare di informazioni è difficile navigare: trovare un sito, una persona, un'email, può diventare letteralmente un'impresa.
  • ...8 more comments...
  •  
    Nel mare delle informazioni, la catalogazione per argomenti, i TAG, sono il salvagente ideale per trovare quello che si sta cercando.
  •  
    Il tag è vero viene usato per trovare quello che si sta cercando nel mare magnum di internet però può anche essere uno strumento che fornisce indicazione sull'opinione dell'utente.
  •  
    Il tag è uno dei protagonisti principali del web 2.0. L'articolo del Prof. Falossi è molto chiaro ed interessante, e nel proporre degli esempi utilizza gli stessi siti citati dal Prof. De Kerckhove nelle videolezioni. Davvero utili sono i consigli dell'autore su come scegliere i tag giusti.
  •  
    anch'io ho trovato questo articolo davvero utile per capire uno dei fenomeni più pervasivi e sfuggenti della rete : la possibilità di tutti di proporre un propria catalogazione e, nello stesso tempo, di renderne il criterio condivisibile agli altri utenti
  •  
    Interessante senz'altro, anche se molti suoi suggerimenti non sono ben usati dagli utenti!
  •  
    Quando le categorie sono numerose e le informazioni di un determinato argomento sono consistenti il tag è sicuramente lo strumento più utile per la gestione delle informazioni. I tag sono delle etichette che forniscono significato ai contenuti per la ricerca delle informazioni, basata su parole chiave per recuperarle più facilmente e relativamente ad un argomento preciso.
  •  
    Dedicherei particolare attenzione al paragrafo consigli per il Tagging, così come esiste una netiquette per i forum, credo sarebbe opportuno che tutti gli utenti prima di taggare "selvaggiamente" si attenessero a quelle poche e semplici regole che determinano un tagging "responsabile" e rendono lo strumento efficace. Mi è capitato più volte in passato, in diverse situazioni, di trovare così tanti tag su un oggetto che alla fine i tag non determinavano più una corretta discriminazione dell'argomento ricercato ma semplicemente riproponevano sempre lo stesso oggetto per qualunque ricerca proposta, invalidando così la funzione del tag. In breve direi "Tagga responsabilmente!"
  •  
    Il termine si fa risalire a Richard Saul Wurman che, in un suo saggio del 1996, parla per la prima volta di "information architects" Il problema di definire cosa sia l'architettura dell'informazione e a chi serva è ancora irrisolto, a più di 15 anni dalla sua prima formulazione. Possiamo fare rientrare sotto il termine architettura dell'informazione: 1.I sistemi di organizzazione, labeling, e gli schemi di navigazione di un sistema informativo 2.Lo schema che sta dietro uno spazio informativo per facilitare lo svolgimento deicompiti che si prefigge e che fornisce un accesso intuitivo ai contenuti 3.L'arte e la scienza di classificare e strutturare siti web e intranet per aiutare le persone a trovare e gestire le informazioni 4.Una disciplina emergente e una comunità di pratica volta a applicare i principi del design e dell' architettura nel contesto digitale Architettura dell'informazione è quindi un termine circoscritto che caratterizza una materia che richiede un approccio multidisciplinare che si situa alla convergenza di molti saperi e professionalità.
  •  
    Credo che in futuro si debba regolamentare anche quei nuovi lavori scaturiti dalle nuove tecnologie. tutti i giorni continuo a sentir parlare di SEO ma di veri professionisti non ne sto incontrando, molti sono semplici programmatori che si sono convertiti.
  •  
    Interessante articolo specialmente quando parla di Tag cloud: un nuovo codice di comunicazione. La dimensione delle parole dipende dalla frequenza del tag all'interno del sito: più il tag è grande, più contenuti ci sono con quel tag. A colpo d'occhio l'utente può avere un'idea degli argomenti più trattati. Ogni parola della nuvola di tag è un link, che visualizza la lista filtrata per quel tag. Grazie all'interfaccia intuitiva, gli architetti dell'informazione stanno sempre più ricorrendo alle tag cloud nella progettazione dei siti.
valeria de luca

Realtà virtuali e identità soggettiva - Nuovi mondi e psicopatologia del Sé P... - 5 views

Molto interessante questo contributo. Effettivamente si possono riscontrare soprattutto negli adolescenti o in generale nei giovani in questo momento delle modificazioni evidenti nella cognizione ...

Mannuzza Salvatore

Tagging: una questione di etichette - 12 views

  • homepage appunti al lavoro! scrivere per il web i quaderni del MdS riscritture link glossario litbits caro visitatore blog libri sala stampa home servizi professionali scrittura formazione scrivere per il web Tagging: una questione di etichette di Alberto Falossi Su internet c'è tutto: chi vede il web per la prima volta rimane colpito proprio da questo. È sorprendente trovare siti dedicati a qualsiasi argomento, non importa quanto strambo o di nicchia. Ma in questo mare di informazioni è difficile navigare: trovare un sito, una persona, un'email, può diventare letteralmente un'impresa. Non è un caso che Google abbia fatto la sua fortuna "semplicemente" realizzando un motore di ricerca che funzionava meglio dei concorrenti. Tuttavia, le informazioni sono in costante crescita, e i motori di ricerca tradizionali non sono abbastanza intelligenti da capirne il significato e poterle metterle in relazione tra loro. L'avvento del cosiddetto Web 2.0 – con i (tanti) contenuti generati dagli utenti nei blog, wiki, forum, social network – ha ulteriormente complicato la situazione. È in questo contesto che nascono i tag e il fenomeno del tagging: gli utenti di internet catalogano personalmente i singoli contenuti, applicando delle etichette (tag, in inglese) a siti, blog, post, video, foto, musiche. L'obiettivo è aggiungere alla rete quella intelligenza che un software ancora non può avere, dare un significato preciso ai contenuti e migliorare la ricerca delle informazioni. Questo articolo spiega cosa sono e come si utilizzano i tag.   Cosa sono i tag Un tag è un'etichetta (per esempio: jazz, amici, cucina e così via), che può essere applicata a un elemento, sia esso una pagina web o un file musicale. Può riguardare il genere, l'argomento, l'autore, e in generale qualsiasi parola chiave associata a quel contenuto. I tag servono per ritrovare facilmente i contenuti. I siti e le applicazioni permettono infatti di “cercare per tag” (per esempio "elenca i siti c
  • ossono essere applicati diversi tag allo stesso contenuto, in modo da rappresentarne tutti i suoi aspetti e significati.
  •  
    Categorizzare e Taggare sono le attività basilari per far giungere le le informazioni ad un maggior numero di persone. "Categorizzare", suddividere le informazioni nelle categorie opportune e solitamente sono sezioni stabili; ad esempio se parlo di sport posso categorizzare le varie attività, calcio, golf, ecc. "Taggare" selezionare le parole chiave migliori che devo riconoscere come le più presenti nell'immaginario comune. Nel sito fatto da me per raccontare gli sport principali della mia citta: Http://persicetanacalcio.jimdo.com ho individuato e taggato alcune parole chiave, nomi di squadre, presidenti, categorie e in breve tempo ho portato il mio sito in cima alle ricerche di Google. In questo sito "il mestierediscrivere" ci sono tutte le informazioni sommarie utili a chi vuole scrivere sul web e raggiungere il maggior numero di persone.
  • ...5 more comments...
  •  
    Un articolo esaustivo e di facile comprensione che spiega cosa è il tagging e cosa sono i tag. Nella grande dispensa di internet è ormai indispensabile catalogare ed etichettare ogni prodotto per poterlo identificare facilmente.
  •  
    L'articolo scritto da Alberto Falossi, consulente informatico, esperto di Web 2.0 e nuovi meda, già professore a contratto alla facoltà di Economia dell'Università di Pisa, è semplice ed efficacie. Poche righe che aiutano a comprendere il significato, l'utilizzo e l'importanza del TAG, di un costrutto, ma ancor prima di un concetto, applicabile ai settori più diversi (l'etichetta e l'etichettare o categorizzare). L'utilizzo dei TAG sta prendendo sempre più piede, facilitando le ricerche di quanti navigano in internet e nei social. E' uno strumento la cui diffusione garantirà visibilità maggiore ad argomenti e prodotti (di qualsiasi tipo) semplificando le prassi e riducendo i tempi di ricerca.
  •  
    Trovo particolarmente utile la spiegazione dell'aspetto applicativo, "come scegliere i tag". Perché se è vero che quando scegli un tag è bene mettersi dalla parte dell'utente è anche utile il contrario: Capire come e perché chi condivide del materiale lo etichetta nella maniera più appropriata (dal suo punto di vista) aiuta a capire la funzione e l'importanza dei tag
  •  
    Approfondimento molto interessante sul tema "TAG" aspetto molto importante per utilizzare al meglio le risorse offerte dalla rete.
  •  
    Grazie mille del contributo , ho trovato molto pratico e per me molto interessante, argomenti (prima di questa materia) dei quali prima non sapevo quasi l'esistenza. Molto fruibile.
  •  
    Grazie anch'io lo ritengo un utilissimo contributo anche perchè molto spesso abbiamo a disposizione degli strumenti che non sappiamo sfruttare al meglio anche per attività di uso quotidiano
  •  
    Ottimo articolo,preciso e chiaro
Romina Mandolini

Flussi ininterrotti di informazioni e sistema cognitivo - 2 views

  •  
    "Il rapporto tra crescita della simultaneità delle informazioni e loro selezione ed acquisizione produce un mutamento strutturale nel cervello e nelle dinamiche dell'attenzione (lo spiega bene Frank Schirrmacher). Le conseguenze sulle nostre capacità cognitive le scopriremo evolutivamente ma ci sembrano già essere fortemente presenti nelle nuove generazioni. Ci raccontiamo che i ragazzi faticano a leggere testi lunghi, si distraggono facilmente, agiscono in modo multitasking dedicando pochissima attenzione a moltissimi compiti diversi, non sono capaci di astrazione, ecc.". Con queste parole il prof. Boccia Artieri introduce un aspetto importante e preoccupante, che gli iperstimoli dei nuovi media digitali attuano sul sistema cognitivo umano. In questo terzo contributo sul multitasking, presentiamo la prefazione di un libro interessante di Frank Schirrmacher, intellettuale tedesco, il quale illustra in maniera lucida i rischi di quando, non riuscendo a gestire la mole significativa di informazioni e di stimoli che ci investono, ne restiamo travolti e schiavi.
Maurizio Aucone

Le cose ci fanno intelligenti? Si' , se impariamo ad usarle - 5 views

  •  
    Il concetto di cognizione deriva dalla ricerca cognitivista e risponde alla visione di un uso individualistico delle abilità intellettive. In forma estesa assistiamo ad un nuovo tipo di cognizione, diffusa e potenziata da risorse e strategie di riflessione di più entità che fruiscono di strumenti e possibilità diverse. La quantità di informazioni disponibili crescono ad un ritmo così elevato che non sembra realistico pensare a una intelligenza in grado di gestire da sola una tale mole di informazioni. Diventa pertanto necessario assumere una nuova visione di intelligenza intesa come abilità e conoscenza distribuita tra più persone. Prodotti e attività non racchiuse entro i confini di un' unica mente condividono informazioni fini a raggiungere obbiettivi comuni, propri del concetto di "cognizione distribuita" espressa dal professore Graviel Salomon nel 1993 nel suo testo "Distributed cognitions". Intendo segnalare, un libro del 1995 di Donald Arthur Norman: "Le cose che ci fanno intelligenti". Norman, psicologo e ingegnere insegna scienze cognitive a San Diego presso l'università della California. Il libro cerca di dare una risposta al cognitivismo frutto di un comportamentismo verso una tecnologia che diviene di fatto un prolungamento dei nostri sensi. Allego l' URL dell'articolo, un po' datato dello psichiatra/filosofo Dorfles Gillo sul Corriere della Sera del luglio 95.
  •  
    questo link si ricollega per tematiche affrontate a quelli da me inseriti sul tecnologo david weinberger ed il suo libro appena uscito su internet:"la stanza intelligente". In effetti oggi si dà il caso che il più intelligente nella stanza sia la stanza stessa, poichè la mole di informazioni a disposizione dell'uomo pone fortemente l'accento sulla sua capacità discriminativa e sulla sua responsabilità di scelte consapevoli. La cognizione distribuita su internet e fruibile tramite le attuali tecnologie hardware e software sposta il focus dell'attività umana dalla memorizzazione delle informazioni all'uso critico delle stesse. Il concetto di responsabilità e quello di capacità critica restano dominio esclusivo dell'animo umano.
Ianni Luisa

Sarà mai possibile per l'uomo tornare al mono-tasking? Esperimento interessante - 28 views

  •  
    La sindrome multitaskingTutto insieme e tutto male Il cervello di chi cerca di fare tante cose nello stesso momento lavora male. L'esperimento di Jacobs di MARIA LAURA RODOTA' Se avete almeno una volta fatto cadere il cellulare nel water, siete nella fascia alta. Se vi è capitato, è perché siete dei grandi multitasker.
  • ...27 more comments...
  •  
    lo trovo molto interessante...
  •  
    anche io la trovo molto interessante. lo stesso professore durante le videolezioni dice che ha trovato i suoi figli studiare con la radio accesa...durante le superiori (circa 5 anni fa) studiavo in assoluto silenzio senza il computer e soltanto con i libri... oggi invece mi capita spesso di studiare con la radio e il computer acceso magari connessa tra facebook e youtube perchè devo essere sempre informata su tutto...nella nostra epoca possiamo anche dire che l'informazione è diventata una droga
  •  
    ho trovato l'articolo molto interessante e mi chiedo se oltre una predisposizione personale non sia la società odierna che ci spinge a fare tante cose contemporaneamente per poter emergere, per poter essere "visti", chi non è on line, non è connesso, non è sempre presente, in certi ambienti non esiste. Ormai,come dice il prof Bagnara "è difficile distinguere il piano di lavoro da quello dell'ufficio", e spesso si rimane connessi al lavoro, all'università mentre si è nell'ambiente familiare, vi è un'invasione di campi....
  •  
    Come detto in un altro post è vero che siamo multitasking ma non le nostre capacità si suddividono in funzione del nr di attività svolte in contemporanea, quindi come un computer che puà aprire più programmi nello stesso momento abbassa notevolmente le prorpie prestazioni
  •  
    LA RICERCA La sindrome multitaskingTutto insieme e tutto male Il cervello di chi cerca di fare tante cose nello stesso momento lavora male. L'esperimento di Jacobs di MARIA LAURA RODOTA' Se avete almeno una volta fatto cadere il cellulare nel water, siete nella fascia alta. Se vi è capitato, è perché siete dei grandi multitasker.
  •  
    mi sono sorte due riflessioni apparentemente in contrasto tra loro : non condivido l'idea che chi sia multitasking è più "stupido" o fa le cose in maniera peggiore, anzi a volte credo che il cervello si alleni e anche la memoria. ritengo tuttavia interessante l'esperimento non tanto al fine di rendere le persone meno stupide, ma sicuramente per ridare gusto alla vita, assaporando e non solo assaggiando le cose. proverò personalmente!
  •  
    curiosando sul web in tema di multitasking ho trovato quest'articolo del sole24ore http://salute24.ilsole24ore.com/articles/7944-donne-multitasking-fino-al-70-in-piu-rispetto-agli-uomini?refresh_ce....in definitiva succede per quest'argomento un po' quello che capita con molte ricerche ....che dimostrano tutto ed il contrario di tutto!
  •  
    Il detto meglio fare una cosa alla volta è sempre valido? I ritmi di vita frenetici che ci impone la società non sono di sicuro di questo avviso considerato che siamo portati a compiere diverse azioni simultaneamente, perdendo di vista il valore di ciò che si sta realizzando e il fatto di non essere presenti con se stessi nel momento in cui si compie qualcosa, si sta già eseguendo altro …
  •  
    Credo che il multitasking sia il prossimo passaggio evolutivo del genere umano, nel senso che le nuove generazioni acquisiranno sempre di più la capacità di interagire contemporaneamente con tecnologie diverse e lo faranno sempre meglio. Penso che il cervello umano evolvendosi acquisirà sempre più le competenze necessarie per gestire più attività in contemporanea. Ma noi non facciamo parte della "generazione multitasking" quindi continuiamo a prenderci il nostro tempo e quando ci riusciamo cerchiamo di concentrarsi su un'attività alla volta :)
  •  
    Io penso che al giorno d'oggi ognuno di noi sia multitasking che lo si voglia o no. Non sono discorsi nuovi, il mondo è cambiato e la possibilità di spostarsi più velocemente, di ottenere informazioni in tempo reale, di poter interagire con l'altra parte del mondo in tempo reale, ha portato ad un aumento delle prestazioni e quindi delle richieste. E' tutto velocissimo. Ci sono tantissime persone che per lavoro vanno e vengono da voli internazionali più volte a settimana (solo per fare un esempio banale). Avere un mutuo e una famiglia (situazione diffusissima) ti impone il multitasking! Disponiamo di sole 24 ore al giorno! Sicuramente fare una cosa alla volta sarebbe la cosa migliore....ma chi se lo può permettere oggi?
  •  
    Questo articolo ha colpito subito la mia attenzione in quanto io mi sento personalmente una multitasker. Tante, troppe cose da fare, ed ecco che per colpa della quantità di impegni si perde la qualità e le cose vengono male. E' proprio così, se sono impegnata al telefono posso pure mettermi ai fornelli ma è quasi sicuro che se mi distraggo brucio qualcosa. Quante volte mi è successo! :-)
  •  
    L'esperimento di Jacobs ci fa capire come noi intendiamo il Multitasking ma non siamo in grado di metterlo in paratica. Il nostro cervello è in grado di pensare molte cose contemporaneamente? E' una illusione come è una illusione il fatto che il computer faccia diverse cose contemporaneamente. In realtà sia il computer che il nostro cervello possono fare/pensare a tante attività ma con una frequenza che, se particolarmente alta, ci dà la sensazione della contemporaneità. Men che meno il nostro corpo può eseguire azioni in contemporanea. Ecco perchè quando proviamo a pensare e fare tante cose in pochissimo tempo risultiamo distratti e le azioni intraprese risultano eseguite in modo approssimativo. Tuttavia la società in cui viviamo (parlo della società evoluta e/o "occidentale")ci obbliga, quasi, a muoverci in questa direzione ma, senza ripetere l'esperimento relativo all'articolo, possiamo quantomeno passare ad una vita bitasking o al massimo tritasking
  •  
    Beh, che dire?!? La sindrome multitasking ha colpito anche me, la differenza è che quasi quasi, a questo punto, ne vado orgogliosa! Non mi sento affatto stupida nel (dover) fare tante cose e contemporaneamente, certo l'attenzione va comunque divisa tra le varie controlla la e-mail-prendi in braccio tua figlia che piange-riscalda il latte-rispondi al telefono-cucina per il resto della famiglia ma con un buon allenamento si può fare bene ugualmente. Io proporrei l'esperimento contrario: perchè non far cimentare quei posapiano cronici che criticano chi deve destreggiarsi tra i mille impegni quotidiani, in due attività contemporaneamente? Non so se ne sarebbero capaci.... F.to mamma multitasking. ;-)
  •  
    Giuseppina ha ragione...lo afferma James Flynn, lo psicologo viene citato in un articolo che ho postato poco fa :-) http://en.wikipedia.org/wiki/James_R._Flynn
  •  
    Articolo del "Corriere", provocante e anche abbastanza scientifico
  •  
    Articolo sicuramente corrispondente al modo di vivere del 98% degli occidentali. Il fatto è che troppo spesso, almeno personalmente, mi sento stupida a "perdere tempo", a non riuscire a far entrare tutto nelle sole 24 ore al giorno che abbiamo. Pensare ed agire in multitasking è spesso una necessità e non un'aspirazione, costretti dai mille impegni quotidiani. Certo che a volte ci mettiamo del nostro, tipo assumere incombenze non di nostra competenza o, come nel nostro caso, tornare a studiare mentre già facciamo uno o magari due lavori ed in più abbiamo una casa e dei figli a cui pensare. Ma, anche se è vero che a volte si fanno pasticci, si dimenticano cose elementari o si lascia cadere - come ironizza l'autrice dell'articolo - il cellulare nel water, è pur vero che la maggior parte di noi non riesce più a rallentare, anzi a volte si annoia pure, se non trova più cose da fare contemporaneamente!
  •  
    Sempre sull'inefficacia del multitasking parla un articolo di Forbes. Why Multitasking doesn't work? http://www.forbes.com/sites/douglasmerrill/2012/08/17/why-multitasking-doesnt-work/. Il nostro cervello non è programmato per il multitasking, la nostra memoria a breve termine può immagazzinare dalle 5 alle 9 cose per volta. Quando cerchiamo di compiere di azioni diverse nello stesso momento che richiedano entrambe lo stesso livello di attenzione, il multitasking non funziona perché il cervello non è in grado di processare due flussi di informazioni separati allo stesso tempo e codificarli nella memoria a breve termine per poi trasferirli nella memoria a lungo termine. Questi processi non potranno essere richiamati dalla memoria a lungo termine e quindi non potranno essere usati. L'autore porta l'esempio delle riunioni di Google,(identiche a quelle nostre!) dove tutti avevano il loro lap top per continuare a seguire le diverse attività in cui erano impegnati. Risultato è che nessuno riusciva a ricordare realmente i contenuti della riunione diminuendo di fatto la produttività. Cosi alcuni meeting sono stati dichiarati "no-laptop zones".
  •  
    Penso che sia una pura illusione pensare di organizzare le nostre cose e la nostra vita in multitasking. E' vero, momenti della nostra vita ci portano, purtroppo a dovere fare + cose in contemporanea, ma se ci facciamo caso la nostra attenzione viene catturata da 1 sola cosa x volta, le altre vengono percepite come rumore di fondo, disturbo che tende a farci perdere l'attenzione dell'attività principale. Se mentre parlo al telefono, vengo distolto dalla notizia data al televisore tendo a distrarmi, a non dare + attenzione al mio interlocutore, conseguenza perdo delle informazioni che potrebbero essere o meno importanti. Morale : il mio cervello può lavorare in multitasking, ma con inevitabile perdita di dati, alla stessa stregua di un cervello che lavora in time-sharing, a divisione di tempo, se durante quelle frazioni di tempo non perdo "informazioni" utili tutto va bene, altrimenti è un casino.
  •  
    Io non sono d'accordo Fulvio. Credo infatti che il nostro cervello sia multitasking di default anche senza pc e cellulare! E non fa neanche fatica ad esserlo. QUando ero studentessa di Ingegneria (secoli fa) mentre facevo gli esercizi riuscivo a sentire la musica e a cantare a squarciagola le canzoni dei Cranberries o vedevo i miei passaggi preferiti del film "L'età dell'innocenza" in inglese e li recitavo pure. Sono anche d'accordo con quanto riportato nell'articolo http://filosofia.dafist.unige.it/epi/aisc06/abstract/302_iavarone.pdf in cui si afferma che nel dual task per gestire più stimoli questi non devono essere affini.
  •  
    Federica anch'io secoli fa studiavo e ascoltavo la musica ( o meglio tenevo lo stereo acceso), poi accendevo la televisione, magari mangiavo e sfogliavo il giornale, però queste ritengo che erano tutte azioni di disturbo rispetto all'attività principale, cioè studiare, certo non contribuivano alla mia concentrazione. Così la mia canzone preferita catturava la mia attenzione e allo stesso tempo mi bloccava nello studio o per lo meno lo rallentava. Forse questo modo di studiare non era x me il top visto che mi sono fermato al terzo anno di Ingegneria elettronica con soli 10 esami....però come si dice "sbagliare è umano perseverare diabolico", continuo a studiare con il televisore acceso... In questo momento scrivo, con il televisore acceso, ascolto quello che dicono, ma non seguo l'intero discorso, quando mi concentro sulla televisione, sono costretto a fermarmi nella scrittura, non posso scrivere e allo stesso tempo seguire quello che dicono, devo condidere le mie (non eccezionali) funzioni cognitive
  •  
    Fulvio x me invece questo parallelismo mi aiutava a concentrarmi. L'attenzione si focalizzava meglio sull'attivita' principale se c'erano altre attivita` in parallelo che quindi servivano sia per aumentare l'attenzione quando era necessario e sia da riempimento dei vuoti.
  •  
    a me non è capitato che mi cadesse il cellulare nel water, come recita l'articolo, ma che lo lasciassi sulla cappotta della macchina si... e sono anche ripartito ovviamente, perdendo non solo il cellulare, ma anche circa 10 anni di vita...non potrei fare a meno del bombardamento di informazioni che mi arriva da ogni angolo della casa: tv, cellulare, pc... ho una specie di buco nero quando penso a cosa facevo prima che esistesse facebook...non mi ricordo proprio...
  •  
    ovviamente facendo più cose contemporaneamente, si rischia che la concentrazione venga suddivisa per quante sono le cose che si fanno...ma è anche vero però che col tempo, secondo me, si attivano modalità di apprendimento tali che riusciamo a immagazzinare tutte le info, anche con buoni risultati.
  •  
    Io invidio Fulvio che riesce a studiare con il televisore acceso, per me è impossibile, non riesco a concentrarmi se non ho tutto spento, adoro studiare in silenzio. E' un mio limite, riconosco che riesco a gestire diverse cose insieme, quando non è richiesto un livello di attenzione elevato. Mi rendo conto che se devo studiare, devo fare solo quello. Peccato, perchè sarebbe comodo poter vedere la tv, ascoltare la radio o altro.
  •  
    Barbara se vuoi invidiare qualcuno, ti conviene invidiare Federica che mentre faceva gli esercizi sentiva la musica, cantava e vedeva un film in inglese e li recitava pure. Scherzi a parte non riesco a studiare se non sento la televisione o la musica, forse mi fa paura il silenzio... non quello di mia moglie che se inizia a parlare mi deconcentra. Viene da se che la seguo in modo "disordinato" ( sia la Tv, che mia moglie), ogni tanto mi fermo con lo studio per dare uno sguardo, quello che capisco capisco....parlo della Tv, mia moglie la perdo prima
  •  
    L'esperimento fatto del mono-tasking penso che sia davvero interessante per verificare come reagisce la mente umana e di conseguenza coem impara a gestire le relazioni con gli altri. Credo inoltre che oggi è molto difficile evitare di essere multitasking visto il ritmo frenetico e casi sempre più frequenti di impegni contemporanei, e poi fondamentalmente credo che ci piace!
  •  
    L'esperimento di Jacobs dimostra che fare troppe cose contemporaneamente è certamente a discapito della precisione, della corretteza dell'azione. La nostra mente negli anni si è evoluta ed è abituata a gestire attività fisiche e mentali nello stesso momento come ascoltare musica, navigare su internet e magari telefonare. Questo dovuto anche ai nuovi stili richiesti dalla vita quotidiana. Dobbiamo tuttavia evitare i comportamenti, molto discutibili, di coloro che guidano, mandano SMS, guardano il navigatore e certe volte si dimenticano della cosa più importante: "CHE STANNO GUIDANDO".
  •  
    Non sono completamente d'accordo con quanto si afferma, in quanto se è vero che fare tutto insieme comporta un grado di errore più elevato, è anche vero che in particolare le nuove leve, i nativi digitali, hanno una mente votata al multitasking, con la conseguenza che riescono a gestire più processi in maniera naturale meglio di un adulto. Questo non significa che non sbaglino o che in una condizione di monotasking le attività non vengano svolte meglio, ma certamente le nuove generazioni sono e saranno sempre più precise nel fare "tutto insieme".
STELLA CAPASSO

Google ci rende stupidi? - 13 views

  •  
    E' un articolo forse non recentissimo (2008), ma che riprende una lezione del nostro corso di Psicotecnologie del Prof. De Kerckhove, per cui è un argomento certamente utile ed attuale per i nostri studi. Partendo dal famoso articolo di Carr, in cui il giornalista americano analizza il cambiamento che Internet sta portando nel nostro modo di ragionare, ma anche di concentrarci, l'autrice ci mostra le differenze della lettura sul web da quella di un libro, le enormi potenzialità portate dal web (intelligenza condivisa, capacità multitasking...), sottolineando aspetti di grande attualità, come l'ipertestualità, il sapere globale, la comunicazione immediata, lo spirito di condivisione.
  • ...7 more comments...
  •  
    E' interessante. Mi piace quello che dice l'autrice nella parte finale: "Allora, educhiamo i giovani a distinguere tra i due sistemi. Educhiamoli a focalizzare l'attenzione". Mi piace perchè è esattamente quello che penso anch'io (!). Il problema non sta tanto in internet. E' vero che internet ci spinge a non concentrarci, perchè ci offre continuamente mille opportunità: come Pinocchio e Lucignolo, nel Paese dei balocchi! Ma possiamo staccarcene e concentrarci a leggere un libro, se vogliamo. Il problema più grave, per me, è quello educativo. I bambini non visitano tanto internet. Ma vivono in un mondo che lo visita di continuo, circondati da adulti incapaci di concentrars, di dedicarsi ad una cosa per volta: parlano al figlio, ma nello stesso momento scrivono e telefonano a qualcuno. Non credi che l'esempio sia la migliore modalità di educare? E i bambini imparano, bevono tutto dagli adulti di riferimento. Faccio molti laboratori di educazione musicale e teatrale nelle scuole. Ci sono situazioni in cui i bambini non hanno capacità di attenzione per più di tre secondi: hanno bisogno di continui stimoli, di novità, altrimenti non seguono perchè "si annoiano"! Ho inserito in Diigo un articolo da New Scientist di Sally Adee (Una mente in stato di grazia è più creativa?) in cui si parla proprio di concentrazione e di come questa capacità sia alla base della possibilità di eccellere in qualche arte o sport. Non si può ottenere nulla, in musica, se non con l'esercizio costante, come nella danza, nel teatro e anche nello sport. Il multitasking, in questo settore, è pericolosissimo! Ma come fare, con i bambini abituati a passare di corsa da un argomento all'altro? Continuo a ripetere che la maniera migliore per creare è quella di annoiarsi: quando i bambini si annoiano, inventano. Quando sono riempiti di nozioni, di informazioni, di novità, l'unica possibilità di salvezza è la fuga dal proprio cervello. Non credo che Google ci renda stupidi. Cred
  •  
    stupidi non so, ma sicuramente più dipendenti : ora come ora vivere senza la rete ora ci appare impossibile , in quanto ha pervaso ogni aspetto della nostra vita personale e professionale . Forse essendo noi una una comunità virtuale alle prese con un corso di laurea telematica rappresentiamo proprio il contesto ideale per dimostrare le contraddizioni , ma anche le possibilità insite nel "nuovo medium"
  •  
    Non credo ci faccia diventare più stupidi. Anzi, la rete grazie anche a siti come Google ci danno la possibilità di conoscere facilmente nuove cose e dunque abbiamo l'opportunità di formare al meglio la nostra coscienza su determinati argomenti.. l'informazione ce la cerchiamo, diversamente dai classici media dove questa ci viene fornita.. e credo sia una bella differenza.. o per lo meno, per me è sempre stata questa la grande differenza, il salto di qualità, tra la televisione/radio ed internet. ovviamente cercare informazioni non è facile, non è sufficiente scrivere l'argomento di interesse su 'Cerca' e prendere per buono il primo link che trovo. ma è lo stesso discorso dell'enciclopedia cartacea: io cercavo sempre più articoli e notizie sulla ricerca che andavo a fare ed ero brava a mettere insieme le cose..
  •  
    in realtà è la nostra sete di conoscenza che è cambiata. Abbiamo un numero infinito di informazioni a portata di mouse e non ci accontentiamo più del primo risultato ottenenuto. Uno dei grandi vantaggi apportati da Google è stato quello di fare ordine e di renderci la navigazione più facile, ma gli altri media non scompaiono...ci accontentiamo dei 5 secondi per capire se una info sul web è interessanbte o meno, ma possiamo ancora goderci un bel libro e avere il piacere di sfogliare un quotidiano. Sono cambiate le nostre esigenze, ma soprattutto si sono amplificate le nostre potenzialità.
  •  
    L'articolo di Carr si preoccupa sulla psiche, cioè tutto questo input di informazioni (Internet) che effetto hanno sui nostri figli e gli educatori sono preoccupati??. Invece il professor De Kerckhove analizza il lato buono di Intenet, di Google in generale, infatti al contrario di cui l'articolo dica che la gente non scriva e legga più, in realtà la gente legge e scrive più che mai, forse proprio perchè invogliata dal poter reperire notizie in Internet. Il mio pensiero è che sia Google che Internet in generale servano per sviluppare la mente verso nuovi orizzonti. Ormai senza l'udo della tecnologia non si va da nessuna parte
  •  
    Un importante articolo di De Kerckhowe ed una delle ultime lezioni del programma di Psicotecnologie che trovo molto interessante perchè illustra le nuove disponibilità del nostro sapere, evoluzioni del nostro comporamento individuale e sociale, delle nostre capacità intellettive.Esternalizzare la mente, essere sempre connessi alla rete può spaventare. Maggiori resistenze giungono dai mentalità conservatrici, o dalle grande organizzazioni che temeno di perdere il controllo, o dal singolo 'utente che teme, oltre alle nuove tecnologie, forse anche se stesso. Così Google, i social network diventano strumenti diabolici, minacciosi, diseducaativi. Occore però valutare che come la scrittura ha lasciato libera la mente dalla pesante incombenza della memorizzazione, così Google, ci condurrà verso nuove attitudini che non riusciamo ancora a prevedere.
  •  
    io credo che google non ci renda stupidi, ma al contrario ci da la possibilità di rispondere ad ogni nostra curiosità e attraverso queste conoscenze ampliare la propria cultura, verso temi che altrimenti non avremmo affrontato, per lo meno con la semplicità di accedere a determinati contenuti. Rimane, però, l'accortezza di verificare le informazioni se provengono da siti attendibili, perchè spesso su internet si trova di tutto. Anche questa selezione del materialie da prendere in considerazione, ci porta a sviluppare un intuito ed una conoscenza non indifferente.
  •  
    Anche questo articolo lo trovo interessantissimo. Mi rendo conto di ciò che Carr vuole trasmettere perché molto spesso mi sono chiesta quale potesse essere il lato negativo di dell'avvento così decisivo del web di google e simili. Io capisco quando dice che trova difficoltà a concentrarsi di più su un libro in quanto quando sono sul web ciò che leggo non è più sequenziale. E' vero ma io trovo geniale questa possibilità di collegarsi ad un altro link ed imparare durante la lettura. L'ipertesto permette questo, permette una lettura dinamica. E' vero anche che non abbiamo a volte la percezione dell'attendibilità dell'informazione come dice Giuseppina.
  •  
    Bisogna dire che nei primi anni di Internet quando i navigatori provenienti dall'ambiente scientifico-universitario la qualità dell'informazione era altissima, con la massificazione di Internet è giocoforza che nel mucchio la qualità sia scesa di parecchio ma le valide fonti non mancano di certo, basta trovarle ed in questo Google è una mano santa.. Oggi tra Google, YouTube, Wikipedia, etc. viene reso disponibile quasi tutto lo scibile umano che va in ogni caso selezionato e scremato ma l'accesso alla conoscenza che esiste oggi non è mai stato possibile prima se non per poche persone e con molta difficoltà.
sfamurril

L'uso dei tag: taggare per scoprire, non per ordinare - 0 views

  •  
    Un'altra predizione di McLuhan è quella sul cambiamento della biblioteca di massa, l'utilizzo di tag (contrassegno). Consiste nell'attribuzione di una o più parole chiave/tag, che individuano altre informazioni di dettaglio correlate all'argomento di cui si sta trattando. È un'attività sempre più diffusa su tutti i siti per catalogarli meglio e proporre altre informazioni correlate agli utenti. Questo implica una conoscenza frammentata in pezzi, delle informazioni che compongono tutto l'argomento. Oggi molto usati perchè gli studenti accedono più facilmente alle informazioni su Google piuttosto che la ricerca complessa in biblioteca. Google è semplice, responsivo, ma c'è un graduale ritorno al libro. È un'attività sempre più diffusa su tutti i siti per catalogarli meglio e proporre altre informazioni correlate agli utenti. Ma è davvero così necessario avere a disposizione questa facilitazione e perdere la necessità di cercare?
lorenzarossi

Mente Ipertestuale - 17 views

  •  
    La logica ipertestuale, connettiva, reticolare, multi-sequenziale, si offre come terreno fertile se si intende coltivare quella "testa ben fatta" (e non ben piena), auspicata da Edgar Morin nella sua omonima opera sulla riforma dell'insegnamento e del pensiero. È impossibile, infatti, non cogliere delle evidenti analogie tra la suddetta logica ipertestuale e le modalità connettive di pensiero connaturate nella mente umana.
  • ...10 more comments...
  •  
    Cosa intendeva Morin con la sua espressione : "Una testa ben fatta (e non una testa ben piena)"? Innanzitutto l'importanza di saper collegare, estrapolare, dedurre dalle informazioni offerte dall'ambiente : in una parola utilizzare in maniera creativa le capacità logiche, come ci viene dimostrato da questo breve saggio
  •  
    Interessante analisi su mente e logica ipertestuale, forme attive di pensiero, interconnessione, ipertesto e sull'importanza di quanto queste nuove tecnologie possano influire positivamente sullo sviluppo cerebrale e sulla capacità della mente di creare interconnessioni logiche.
  •  
    La logica ipertestuale, connettiva, reticolare, multi-sequenziale, si offre come terreno fertile se si intende coltivare quella "testa ben fatta" (e non ben piena), auspicata da Edgar Morin nella sua omonima opera sulla riforma dell'insegnamento e del pensiero. È impossibile, infatti, non cogliere delle evidenti analogie tra la suddetta logica ipertestuale e le modalità connettive di pensiero connaturate nella mente umana.
  •  
    #Multitasking http://www.luca-mercatanti.com/2008/11/14/generazione-multitasking/ Si, siamo diventati una generazione multitasking ormai. Stiamo lavorando al computer, stiamo scrivendo su un foglio di calcolo, all'improvviso ci squilla il cellulare, magari con l'ultima canzone del nostro gruppo musicale preferito che abbiamo scaricato 2 minuti prima mentre stavamo masterizzando un gioco, leggiamo l'SMS che ci è arrivato, il quale ovviamente è da decifrare a causa di tutte le centinaia di abbreviazioni inserite, poichè per risparmiare si cerca sempre di non superare i 160 caratteri. Mentre rispondiamo al nostro SMS ci interrompiamo qualche secondo per scrivere qualcosa al nostro amico su Msn, oppure via e-mail. Riprendiamo in mano il cellulare e riusciamo finalmente a inviare il nostro SMS. Dopo aver ascoltato la suoneria del nostro cellulare ci viene voglia di ascoltare qualche canzone di quel gruppo musicale, quindi entriamo su YouTube e iniziamo a guardarci dei video. Accidenti però… Sulla destra ci sono dei video correlati! Diamoli una occhiatina, anzi no, prima finiamo di ascoltare la nostra canzone preferita mentre cerchiamo di completare il foglio di calcolo. Nel frattempo è arrivato un nuovo SMS e il giro ricomincia, solo che adesso c'è di mezzo anche YouTube. Ci ricordiamo inoltre che dobbiamo caricare delle foto su Flickr e scrive anche un nuovo articolo per il nostro Blog… E qui si va in paranoia. Accendiamo quindi un altro computer, magari il portatile di lavoro e dopo esserci collegati ad Internet iniziamo a uplodare i vari file. Mentre il nostro laptop inserire le foto su Internet ritorniamo all'altro computer per poter finire finalmente il foglio di calcolo. Ancora qualche minuto, altre telefonate, altre conversazioni tenute in chat e finalmente ci siamo riusciti. In 10 minuti siamo riusciti a fare 20 cose contemporaneamente. Siamo diventati una generazione multitasking. Approposito… Mentre scrivevo questo articolo ho tenu
  •  
    L'idea di ipertestualità, in realtà, risale alla prima metà del novecento, anche se le prime implementazioni avvengono nella metà degli anni sessanta. Nel 1945 il fisico Vannevar Bush pubblicò l'articolo "As we may think" nel quale si poneva la questione di come possiamo orientarci in mezzo all'enorme quantità di informazioni e di conoscenze che ci circondano. La mente umana funziona per associazioni, cioè in forma non lineare e non sequenziale, seguendo un modello completamente diverso da quello logico sequenziale della scrittura alfabetica, e perciò non è in grado di "trattenere" tutte le informazioni, c'è necessità di una macchina che possa supportare o addirittura sostituire la nostra mente. Nasce così l'idea del Memex . nel 1960 Nelson segue la visione di un sistema di "idee interconnesse" che fa riferimento a qualsiasi tipo di dato, è la sua idea di literacy: "con un ipertesto possiamo creare nuove forme di scrittura che riflettano la struttura di ciò che noi scriviamo e i lettori possono scegliere percorsi diversi secondo le loro attitudini o del corso dei loro pensieri in un modo finora ritenuto impossibile".
  •  
    Interessante articolo di approfondimento "Mente e computer: la logica ipertestuale e il pensiero complesso"
  •  
    ipertesto è un insieme di testi o pagine, leggibili con l'ausilio di un'interfaccia elettronica; è costituito da tante pagine che a loro volta sono collegate tra loro da collegamenti ipertestuali (hyperlink o rimandi). A differenza di un testo tradizionale, l'ipertesto non è lineare e quindi leggendolo, si può passare liberamente da una pagina all'altra attraverso l'ausilio dei link ma, lungo il percorso, ci si può anche perdere. Se l'ipertesto viene pubblicato "in rete", per non appesantire il caricamento delle pagine, è consigliabile utilizzare i thumbnails (immagini di piccola dimensione). Ciascun thumbnail, successivamente viene "collegato", attraverso un link, all'immagine di dimensioni originali (più grandi). Una delle caratteristiche più interessanti di un ipertesto è quella di poter essere sempre "in costruzione" e quindi sempre aggiornato e innovato (tempo permettendo !!!! ;) inoltre permette di creare essere facilmente costruito a più mani quindi in modocollaborativo . Come abbiamo già detto, i collegamenti possono essere chiamati anche link e sono punti di unione tra più pagine. Quando con il mouse ci si sposta sopra un collegamento, il cursore del mouse si trasforma in una manina. Cliccando su un link ci si può spostare da una pagina all'altra. http://www.hyperfvg.org/fvg/ipert_main.html
  •  
    Un confronto tra le logiche ipertestuali e le modalirà connettive del pensiero (ovvero: come le tecnologie informatiche potenziano gli strumenti cognitivi).
  •  
    Si tratta di un articolo che presenta la tesi di laurea "Mente e computer: la logica ipertestuale e il pensiero complesso". (Per chi fosse interessato, è possibile registrarsi, contattare l'autore, scaricare la tesi in pdf, cercarne di simili). Si concentra sull'attribuzione di significato, sulle "forme attive di pensiero" di cui parla Edgar Morin, favorite dal carattere ipertestuale delle informazioni: occorre strutturare propri percorsi per "nessi" non essendo appunto lineari, e tutto questo grazie all'interattività intrinseca alle tecnologie in rete. Questo significa operare delle sintesi, costruire significati, elaborare informazioni, appropriarsi dei contenuti, operare delle scelte.
  •  
    Davvero interessante la tesi di Angelica Vecchiarino. Viene a essere completamente superato il principio della linearità del pensiero. Il pensiero può essere nutrito ma non riempito di contenuti, In tal modo il pensiero diventa la fonte organizzativa della conoscenza che si serve dei contenuti per creare associazioni tra gli stessi. A proposito delle associazioni di idee e di conoscenze: i Surrealisti come Breton, Max Ernst e Dalì avrebbero saccheggiato tutte queste idee e le avrebbero rielaborate. Ma queste nuove idee appartengono a un'epoca molto lontana ormai dalle ricerche sul linguaggio onirico...e, d'altra parte qui non si tratta di attività inconscia, ma cosciente. Tuttavia mi piaceva fare riferimento a queste suggestioni del passato.
  •  
    Dalla tesi di Angelica Vecchiarino; 1) Il principio sistemico ed organizzazionale: ossia la capacità di legare le parti al tutto (tendendo sempre presente che il tutto è più ma anche meno della somma delle parti); 2) il principio ologrammatico: il paradosso della complessità per cui il tutto è inscritto in ogni singola parte (per cui anche la società è presente negli individui); 3) dell'anello retroattivo: contro la logica della causalità lineare, ogni causa è anche effetto e viceversa; 4) dell'anello ricorsivo: gli uomini producono la società mediante le loro interazioni, ma la società in quanto globalità emergente produce l'umanità di questi individui portando loro il linguaggio e la cultura; 5) dell'autonomia/dipendenza, gli esseri umani sviluppano la propria autonomia dipendendo dalla cultura; 6) dialogico: l'unione di principi che a prima vista paiono elidersi a vicenda, o essere in completa antitesi: vita/morte; ordine/disordine ecc.; 7) della reintegrazione del soggetto conoscente in ogni processo di conoscenza: ogni conoscenza è una ricostruzione, una traduzione da parte di una mente/cervello in una data cultura e in un dato tempo (Ivi).
  •  
    Articolo molto interessante...
Giulia Ranisi

E-patients, e-parents, e-doctors - 5 views

  •  
    l'articolo parla del corso E-patients, e-parents, e-doctors, organizzato da Telethon, Orphanet e Bambino Gesù che conguntamente lavorano per temi quali le MR e in particolare per fare luce su rischi e benefici della comunicazione 2.0 A cui ho partecipato sia nella compilazione del questonario che nel seguire il convegno (disponibile anche on line) sul portale opbg.net. Per mettere a disposizione dei pazienti, delle loro famiglie, dei medici, dei ricercatori e dei professionisti sanitari le linee guida sull'uso responsabile del web e per approfondire la conoscenza dei siti internet e dei social network come strumenti a supporto della comunicazione sulle malattie rare. Ho postato questo articolo per riflettere su quello che è l'mpatto delle nuove tecnologie in quello che può essere un'apprendimento condiviso che in qesto caso è un apprendimento di esperienze condivise sull'affrontare un tema particolare e di nicchia nei quali li attori coinvolti fno a soli 10 anni fà brancolavano nel buio. E di come oggi sia possibile alle stesse famiglie, di diventare protagoniste attive delle loro realtà, per garantire un futuro migliore ai piccoli pazienti affetti da malattie rare e avere maggiore consapevlezza, per affrontare delle realtà tanto complesse. Gli sviluppi della comunicazione del web consentono oggi ai pazienti di avere strumenti quali una rete integrata che è Orphanet, di seguito vi giro un link del portale OPBG nel quale c'e' la presentazione di cosa sia Orphanet e dell'impatto che ha. cosa è orphanet http://www.ospedalebambinogesu.it/Portale2008/ItemFiles%5C09_20_Dallapiccola_-_Orphanet_Italia-Telethon_2012.pdf
  • ...1 more comment...
  •  
    Infine aggiungo un articolo che parla di malattie rare e in cui a sottolineare la mia personale riflessione sull'articolo di partenza, vi sono le testimonianze dei genitori in cui si parla di malattie rare e ne dà una descrizione sommaria su quale sia oggi la situazione attuale in merito. http://www.televideo.rai.it/televideo/pub/articolo.jsp?id=13540 Ricapitolando vorrei condividere con voi queste riflessioni e integrarle. Secondo voi quali sono punti di forza del web in un ambito di gruppi di auto-aiuto e di esperienze condivise da famiglie che affrontano temi specifici es come le malattie rare? In mente i primi punti che mi vengono in mente sono: rapporto simmetrico tra gli attori comunicazione sia diacronica che in tempo reale condivisione dell'esperienza aumento della consapevolezza non ci sono limiti o finestre temporali specifiche interattività feedback Soggettività dei temi trattati Solidarietà punti deboli rapporto umano F2F burn out dell'attore coinvolto e attivo attendibilità delle fonti dispersione e irrilevanza dei messaggi aperto solo a chi è nel web Grazie per la vostra pazienza nel seguire la mia riflessione forse un pò troppo articolata. Un saluto Giulia.
  •  
    Articolo estremamente interessante, il web costituisce un'importante risorsa e strumento per colore che cercano informazioni inerenti a patologie rare e poco conosciute, spesso trascurate dai media tradizionali. Tuttavia, come sottolineato all'interno dell'articolo, l'uso di internet come fonte d'informazioni mediche comporta anche dei rischi. Le informazioni presenti online possono essere spesso incomplete o errate, il che può portare ad un conseguente fraintendimento o scelte terapeutiche sbagliate; come per esempio viene evidenziato che non è da escludere la possibilità di cadere in trappole come la disinformazione medica o terapie "miracolose" che spesso vengono pubblicizzate su internet. È tuttavia fondamentale ricordare che l'accesso alle informazioni mediche online dovrebbero essere sempre integrate con la consulenza di medici e specialisti, così da garantire un'appropriata diagnosi.
  •  
    Grazie per l'articolo e le riflessioni, l'argomento è appassionante! Scelgo di condividere una esperienza personale: ho conosciuto una coppia benestante che ha avuto un figlio affetto da sindrome di Wolf-Hirshhorn (WHS): https://www.orpha.net/it/disease/detail/280#:~:text=La%20sindrome%20di%20Wolf%2DHirshhorn,sviluppo%20psicomotorio%2C%20convulsioni%20e%20ipotonia. che è una malattia estremamente rara ed estremamente invalidante. I genitori lo hanno stimolato in ogni modo, si sono dedicati a questo figlio ricorrendo a specialisti di diverse discipline. Il figlio non è mai riuscito a parlare, e per 35 anni ha sempre e solo comunicato esigenze elementari della vita quotidiana attraverso l'uso delle tavole CAA (comunicazione alternativa aumentativa) indicando pittogrammi molto semplici con il dito. Non è in grado di tenere in mano una penna. Ormai adulto, gli è stato proposto, circa 5 anni fa, una attività con una educatrice che prese la decisione di parlare con lui solo attraverso l'uso del computer. L'educatrice, dopo un anno, ha incredibilmente ottenuto la prima parola scritta: Tchaikovsky! Ha continuato, solo con lei, a utilizzare questo metodo, scrivendo riflessioni argute ritenute impossibili con le sue condizioni di disabilità, e dimostrando, seppur con tempi molto dilatati, di aver appreso ed elaborato informazioni complesse. Concludo questo contributo: l'uso di piattaforme per la condivisione delle informazioni ci permette oggi di avere una divulgazione di "good practices" che sarebbe stata impensabile senza la tecnologia. #educazione #disabilità
monica olivari

a proposito di multitasking - 5 views

Perché il multitasking fa male? Secondo un esperimento del New York Times, chi pratica multitasking ogni giorno ad alto livello (il che significa anche 10 cose diverse contemporaneamente) è meno ...

http:__www.mindcheats.net_2012_01_il-multitasking-e-una-droga.html

started by monica olivari on 04 Dec 12 no follow-up yet
Tucconi Tiziana

Wine tag...mai più senza - 0 views

  •  
    In una cantina uno degli asset più importanti è costituito dalle botti: queste, che hanno una durata media dai 5 a i 20 anni (a seconda del tipo e della dimensione), sono messe in pile di 4 o 5 elementi, risulta quindi difficile identificarle e quindi tracciarle. Tuttavia è estremamente importante sapere dove è una certa botte ma anche la sua storia in quanto il sapore del vino qui viene invecchiato dipende anche dalle precedenti stagionature; in questo modo è possibile impostare e verificare un corretta politica di rotazione, riducendo le inefficienze e limitando gli smarrimenti. L'uso dei tag RFID permette in ogni momento di recuperare tutte le informazioni rilevanti sulla botte mentre questa è piena e indipendentemente dalla sua reale posizione in quanto la lettura può avvenire a distanza anche senza "vedere" il transponder. Ma i tag si mettono a disposizione non solo dei produttori di vino ma anche dei consumatori. A patto che i punti vendita siano attrezzati, è possibile portare al consumatore tutte le informazioni registrate durante la "filiera RFID", operazione che può essere fatta mediante un chiosco/totem dotato di un lettore per leggere le informazioni memorizzate nel transponder, e una connessione internet per incrociare le informazioni con altri dati. Quindi il consumatore può sapere tutto sulle uve utilizzate, sulle caratteristiche produttive, sulla qualità del trasposto ma anche come combinare vino e pietanze in modo ideale. L'unica cosa che non possono fare i tag, per fortuna, è fare l'analisi organolettica al nostro posto.
elisabetta scattolin

cognizione distribuita - 1 views

  •  
    Ripensando agli studi che ho fatto precedentemente ho pensato al lavoro di Vygotskij gia nei primi anni del '900 e come sia attuale il suo pensiero riguardo agli artefatti culturali e l'importanza delle relazioni sociali nello sviluppo. Ho trovato questo materiale che ritengo interessante riguardo appunto la cognizione distribuita e la condivisione delle conoscenze. Il concetto di 'cognizione distribuita' propone un ampliamento del concetto di 'cognizione situata' in quanto prende in considerazione tutte le componenti materiali e immateriali dell'ambiente in cui si sviluppa l'apprendimento. L'idea di distributed cognition è utilizzata da Hutchins (1995) fin dalla metà degli anni '80 per spiegare la complessità dei processi di costruzione di conoscenza poiché si ritiene insufficiente l'interpretazione fornita dagli approcci convenzionali secondo i quali essi sono assimilabili a processi individuali di elaborazione di informazioni e, metaforicamente, localizzati nella mente della singola persona. L'approccio della distributed cognition enfatizza la natura 'distribuita' nel tempo e nello spazio dei fenomeni della cognizione ed estende l'ambito di ciò che è considerato cognitivo oltre il singolo individuo, riconnettendo l'attività del pensare con le risorse e i materiali presenti nel contesto sociale e culturale. Questa tesi può essere fatta risalire alla scuola storico-culturale sovietica la quale sosteneva che tutti i tipi di attività umana cosciente sono sempre formati con l'appoggio di strumenti esterni. Un primo contributo che ha fornito le basi per spiegare il costrutto di 'cognizione distribuita' è quello di Vygotskij (1974), il quale definendo il principio dell'organizzazione extracorticale delle funzioni mentali complesse, getta le basi per interpretare i processi mentali come fenomeni sociali. Secondo questa prospettiva, la conoscenza umana e la sua rappresentazione non è confinata nella mente di un individuo ma è presente negli altri, negli str
  •  
    scusate mi sono accorta che l'articolo non è arrivato completo, provo a ripostarlo. Il concetto di 'cognizione distribuita' propone un ampliamento del concetto di 'cognizione situata' in quanto prende in considerazione tutte le componenti materiali e immateriali dell'ambiente in cui si sviluppa l'apprendimento. L'idea di distributed cognition è utilizzata da Hutchins (1995) fin dalla metà degli anni '80 per spiegare la complessità dei processi di costruzione di conoscenza poiché si ritiene insufficiente l'interpretazione fornita dagli approcci convenzionali secondo i quali essi sono assimilabili a processi individuali di elaborazione di informazioni e, metaforicamente, localizzati nella mente della singola persona. L'approccio della distributed cognition enfatizza la natura 'distribuita' nel tempo e nello spazio dei fenomeni della cognizione ed estende l'ambito di ciò che è considerato cognitivo oltre il singolo individuo, riconnettendo l'attività del pensare con le risorse e i materiali presenti nel contesto sociale e culturale. Questa tesi può essere fatta risalire alla scuola storico-culturale sovietica la quale sosteneva che tutti i tipi di attività umana cosciente sono sempre formati con l'appoggio di strumenti esterni. Un primo contributo che ha fornito le basi per spiegare il costrutto di 'cognizione distribuita' è quello di Vygotskij (1974), il quale definendo il principio dell'organizzazione extracorticale delle funzioni mentali complesse, getta le basi per interpretare i processi mentali come fenomeni sociali. Secondo questa prospettiva, la conoscenza umana e la sua rappresentazione non è confinata nella mente di un individuo ma è presente negli altri, negli strumenti e negli artefatti appartenenti all'ambiente. Difatti la conoscenza che una persona è in grado di utilizzare per affrontare le situazioni reali e risolvere problemi non è solo quella della sua struttura cognitiva (mente/memoria), ma anche in altre menti/memorie e prodotti
1 - 20 of 176 Next › Last »
Showing 20 items per page