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Bruno Matti

Psicologia del multitasking - 6 views

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    "Siamo in costante multitasking "Workload is unavoidable [...] Distraction is unavoidable [...] You must learn to dance among many tasks" (Allen, 2003). Nella maggior parte delle situazioni quotidiane, anche quando non ci facciamo caso, ci troviamo in condizioni di multitasking (1). Gestire la grande quantità di stimoli e richieste che provengono dall'ambiente è sicuramente molto difficile, tuttavia, dedicarsi a più attività piuttosto che concentrarsi su un unico compito sembra essere diventato un fatto naturale. La sensazione che solitamente si prova è quella di poter gestire meglio gli impegni, evitando noia e ripetitività. L'impegno continuo in attività multiple è consentito dalle tecnologie informatiche e della comunicazione, che favoriscono il multitasking. L'interazione con la tecnologia, in primis nei luoghi di lavoro, rende possibile lo svolgimento di attività differenti attraverso espedienti tecnologici e grafici sempre più raffinati. Ad esempio, la possibilità di mantenere aperte contemporaneamente molte finestre nel desktop, che rappresenta il primo sviluppo del paradigma della direct manipulation (Schneiderman, 1998), consente di eseguire allo stesso tempo numerose attività differenti. Tuttavia, l'utilizzo che si fa oggi delle finestre multiple è così imponente che rischia di diventare un ostacolo che frammenta l'attività anziché supportarla. Le finestre multiple, ma anche i messaggi di notifica, le e-mail e i programmi per la messaggeria istantanea (2) se da una parte favoriscono il multitasking e alimentano l'impressione di efficienza rendendo più facile gestire diversi compiti, d'altra parte possono avere effetti fortemente negativi. Ad esempio, Gonzalez e Mark (Gonzalez e Mark, 2004) hanno stabilito che gli impiegati negli uffici non riescono a rimanere concentrati nella stessa attività per più di tre minuti consecutivi prima di essere interrotti da una telefonata, un'e-mail, o da un collega. Evidenze come que
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    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
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    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
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    Un recente studio ha dimostrato inoltre che il MULTITASKING è FONTE DI STRESS PIU' PER DONNE CHE PER UOMINI. Perchè le donne non solo sono costrette a occuparsi contemporaneamente di piu' cose, le donne subiscono anche molto piu' degli uomini le conseguenze di una giornata affollata di compiti da portare a termine. A dimostrarlo e' uno studio pubblicato dall'American Sociological Review, secondo cui a fare la differenza non e' la quantita', ma il tipo di impegni di cui le donne si devono occupare ogni giorno. Lo studio ha stabilito che le mamme lavoratrici passano circa 10 ore in piu' ogni settimana in attivita' ''multitasking'' rispetto ai papa' che lavorano. E mentre per i padri il multitasking e' un'esperienza positiva, per le madri e' motivo di stress e genera emozioni negative. Secondo Shira Offer, autrice principale della ricerca, ''l'impegno dei padri nei lavori domestici e nella cura dei figli dovrebbe aumentare ulteriormente''.
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    Vorrei spostare l'attenzione daggli studiosi al quotidiano. Nasco e vivo come molti in mondo in costante e rapido sviluppo tecnologico con una diffusione di informazioni, spesso un sovraccarico oserei dire, altrettanto veloce, al punto tale che quanto in questo momento è "news" due minuti dopo è ormai storia... Tutto sembra in apparenza piu' semplice, cadono le barriere spazio-tempo, i nuovi media diventano davvero l'estensione dei nostri sensi... tutto corretto, ma ci sono come in ogni cosa i pro e i contro e forse l'adozione della politica del giusto mezzo appare anche in questo caso la migliore. Come gestire questa grande mole di informazioni dalle quali siamo bersgliati e certamente non in grado di coglierle tutte spesso nella loro complessità? Da un lato è facilmente ormai saziabile il desiderio di approfondimento (e ben venga) dall'altro si corre anche il rischio di non approfondire nulla, di conoscere "un po' di tutto" lasciando spazio alla superficialità. La comunicazione, le informazioni seguono determinate logiche e frequentemente il multitasking puo' davvero diventare quell'elemento di disturbo che impedisce ad un messaggio di giungere nel pieno del suo significato, dall'altra parte la costante evoluzione della tecnologia, un mondo del lavoro radicalmente cambiato rendono indispensabile una flessibilità che ci consenta di gestire piu' situazioni/informazioni contemporanee.... si potrebbe quasi ipotizzare l'inizio di una nuova evoluzione dell'uomo che va nella direzione di menti flessibili e con grandi capacità di attenzione e memoria perchè chi vive l'attuale situazione tecnologica, chi non riuscirà a gestire quello che nel post precedente è stato descritto, sarà negli anni tagliato fuori... come una sorta di selezione naturale, vediamola così. Sono processi inevitabili ai quali non ci si puo' opporre, nè tantomeno trovo corretto lasciarsi andare alla banalità e surrealtà della frase "i buoni vecchi tempi andati".... sicuramente pero', quel
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    @stefania, concordo con te! In questo scenario dove nella lettura gli ipertesti (che hanno sostituito le note a piè di pagine, che consentono approfondimenti ma che rischiano di distrarre l'attenzione del lettore), nella vita di tutti i giorni siamo sempre stimolati da un quantiotativo di informazioni enormi, alla fine risulta utile "staccare la spina"... questo il senso... Detto cio' non possiamo certamente essere anacronistici ma occorre guardare in prospettiva con una vision piu'' ampia.... svolgere piu' attività contemporaneamente è scientificamente dimostrato che determina calo di attnzione, su due argomenti contemporanei la nostra mente è come se si dividesse in due e così procede, per divisioni successive sul altre attività che eventualmente si aggiungono! Occorre davvero imparare l'arte della politica "del giusto mezzo" in questo contesto per non rischiare di perdere di vista quanto davvero dobbiao fare e portare a termine.
Sara Bertola

Il multitasking ci rende più stupidi e meno concentrati? - 4 views

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    oggi è possibile eseguire più cose contemporaneamente? quali sono i suoi effetti?
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    La nostra mente è già una mente multitasking . L'attenzione è un processo cognitivo, cioè un insieme di elementi che portano alla conoscenza, che seleziona un'informazione e focalizza su essa tutti i meccanismi di elaborazione. In questo caso si parla di attenzione selettiva, dove un sistema di filtri dà priorità a informazioni (stimoli esterni) rilevanti. La nostra mente è però cognitivamente predisposta a eseguire simultaneamente compiti diversi. Hist e Kalmar definiscono questa peculiarietà in termini di attenzione divisa. Dagli studi condotti si è osservato che l'attenzione simultanea su due attività diverse porta a un minor numero di errori nelle prove sul setting, rispetto a due compiti con le stesse caratteristiche.
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    Miller fa pensare al Multitasking con il suo 7 + o - 2, ma in realtà se 2 stimoli vengono presentati in tempi ravvicinati si ha l'effetto di Attentional Blinking, come quando si guida e si risponde al cellulare, nel momento della risposta la guida è come quella di un ubriaco, per cui è vero che siamo Multitasking ma è anche vero che quando applichiamo questo effetto la somma delle 3 azione non è uguale a 3 , ma ognuno cede qualcosa a livello di attenzione
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    Il multi-tasking è la prestazione di un individuo che "in apparenza" riesce a gestire più di un compito contemporaneamente. Richiede rapidità, reattività e intuizione, tre forme di intelligenza "turbo". Sempre più spesso ci si divide tra diverse attività simultanee: mail, sms, telefono, computer. Il multitasking ha i suoi pro e contro. Spesso permette di essere più rapidi, ma meno concentrati. A scapito della qualità. potrebbe essere dannoso per la concentrazione e condurre ad un netto peggioramento della qualità con cui portiamo a termine i nostri compiti. Il multitasking è soprattutto incentivato dagli apparecchi tecnologici e all'abitudine di lavorare allo stesso tempo su vari fronti, sempre tenendo aperte diverse finestre ed elaborando in parallelo varie informazioni (proprio come accade con le finestre del computer). Sviluppare la capacità di avere un'attenzione ampia e divisa su più fronti, in sostanza, limita la capacità di affinare l'attenzione di tipo selettivo. Un recente studio del British Institute of Psychiatry ha dimostrato come leggere le mail mentre si è nel mezzo di un'altra attività riduce in quel momento il quoziente intellettivo di circa 10 punti. "Come se non avessi dormito per 36 ore, un impatto doppio rispetto al fumare marijuana". Il Multitasking può farti impazzire, rendendo tutto più caotico di quanto in realtà effettivamente sia. Ma credo comunque che con un adeguato "apprendimento" al multi-tasking si possa allenare la mente ad essere veloce reattiva e scattante al punto da poter garantire anche qualità oltre che velocità.
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    attualemente sapiamo tutto di tutto, ma senz'alcuna eperienza, è stato approvato che siammo alla conoscenza del miglior dentifricio, sappiamo che tempo fa a Nebrasca ma siamo privi di esperienze, sembra che tutto diventa più superficiale. C'è un libro: ''Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, esso ci invita a riflettere su come l'uso distratto di innumerevoli frammenti di informazione finisca per farci perdere la capacità di concentrazione e ragionamento.
valeria de luca

Realtà virtuali e identità soggettiva - Nuovi mondi e psicopatologia del Sé P... - 5 views

Molto interessante questo contributo. Effettivamente si possono riscontrare soprattutto negli adolescenti o in generale nei giovani in questo momento delle modificazioni evidenti nella cognizione ...

Raffaella Benetti

Quanto è multitasking il tuo cervello? - 6 views

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    Articolo interessante che spiega come la capacità di portare a termine più azioni contemporaneamente vada in realtà a discapito della qualità delle azioni e dei compiti svolti. In realtà, anche nei computers la multiprocesionalità è apparente, nel senso che se il sistema deve eseguire contemporaneamente due processi A e B, la CPU eseguirà per qualche istante il processo A, poi per qualche istante il processo B, poi tornerà ad eseguire il processo A e così via. Quindi è una contemporaneità apparente. Nell'articolo si fa riferimento al comportamento del cervello che si comporterebbe esattam,ente allo stesso modo: "Grazie alla memoria di lavoro, il nostro cervello mette in attesa un compito iniziato da poco per svolgere un'altra attività più urgente, per poi ritornarci su una volta libero". I ricercatori dell'agenzia di ricerca biomedica Inserm di Parigi, tramite fMRI, hanno scoperto che siamo in grado di svolgere correttamente solo due azioni alla volta. Nell'articolo è spiegato l'esperimento. Ne è risultato che i grandi multitaskers sono "più facili alla distrazione, fanno scarsa distinzione tra le informazioni necessarie e quelle di poca importanza per la riuscita del test". Inoltre si è potuto riscontrare che, con l'avanzare dell'età, diminuisce la memoria di lavoro e quindi la possibilità di svolgere più compiti contemporaneamente. Con l'età, si riduce la nostra capacità di svolgere più azioni contemporaneamente. L'articolo riporta alla fine dei link per effettuare dei test che misurano quanto si è multitasker.
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    divertente il test! scientificamente sono d accordo, ma la vita reale ci "obbliga" oggi a più di due compiti alla volta, si a volte con limitazione della qualità, ma ritengo che tutto sommato sia molto soggettivo.
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    in realtà non tutte le tipologie di multitasking vanno a discapito della qualità. E' stato dimostrato che la musica nei luoghi di lavoro aumenta la produttività. Infatti uno studio guidato dal professor Ravi Mehta dell'Università dell'Illinois in cui si analizzavano le reazioni al rumore di fondo sul cervello, ha dimostrato che "Un moderato livello di rumore non solo migliora la creatività e il problem-solving, ma porta anche a una adozione più ampia di prodotti innovativi in alcune impostazioni".
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    sono d'accordo anch'io che è meglio fare una cosa e finirla, tuttavia nell'articolo è riportato l'esempio di due attività che impiegano un'attenzione specifica, mentre sappiano dagli studi in cognitiva,che possiamo fare più di un'attività, a patto che una sia coinvolgente e l'altra sia meccanica, ad esempio, posso grattarmi una gamba, e ascoltare un sottofondo di musica, mentre scrivo questo post, ma se poi la musica cattura la mia attenzione, perchè magari mi richiama alla mente un episodio, allora l'attenzione a quello che sto scrivendo, è sicuramente meno efficace.. C'è anche da dire un'altra cosa, si racconta la barzelletta che le femmine siano più brave a fare più di un'attività contemporaneamente, io posso dire di riuscire, perché costretta da cattive abitudini a lottare contro l'orologio, ma amiche che conosco non sono affatto capaci... Quindi forse anche il multitasking è una questione di allenamento....
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    L'essere umano possiede un solo cervello, ma ben diverso e più complesso di quello di un computer. Tuttavia, il computer, si sta evolvendo "a misura d'uomo" in termini di complessità. Al suo "cervello" (CPU), sono stati aggiunti i controllers (una specie di garzoni) ad aiuto dell'attività principale. Poi i coprocessori, ognuno specializzato in operazioni di matematica, grafica, etc. In tal modo, si riescono ad effettuare più "attività" contemporaneamente o meglio, apparenti tali. Questo, spiegato grossolanamente, è un po' il senso del multitasking. A tal proposito, a me, capita spesso (o mi organizzo apposta per farlo capitare) di concentrare in un giorno "libero" una serie di attività/necessità domestiche, molto diverse e qualche volta incompatibili tra loro. Con il mio cervello "a strati" (come scherzosamente uso definirlo) cerco di svolgere "contemporaneamente" o meglio in sequenza interlacciata, lavori di falegnameria, elettronica, elettrotecnica, informatica, idraulica, piccola edilizia, etc. Ebbene, incollo/attacco delle parti e in attesa, passo alla riparazione di un piccolo elettrodomestico, un telecomando, per ritornare alla falegnameria o alla muratura per poi disossidare un rubinetto e sempre nell'attesa, riparare o aggiornare il mio computer o attendere l'esito di uno scandisk, che seguo con la coda dell'occhio. Se però devo studiare o approfondire un argomento, non c'è multitasking che tenga. In tal caso, come si dice: la mia attività è rigorosamente "dedicata".
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    Sono sicura che riusciamo a svolgere 2 , ma anche di più, attività contemporanemante e anche a svolgere bene, ma mi rendo conto che veramente questo stile di vita ha delle ripercussioni sulle capacità attentive, io, mi rendo conto che ho difficoltà a svolgere un'attività sola e a prestare attenzione per più di un determinato tempo alla lettura di un libro, ad ascoltare una lezione, a focalizzarsi solo su uno stimolo. Quindi oltre ai suoi vantaggi, questo stile di vita (magari non mi sono allenata a sufficienza) porta con se anche alcuni inconvenienti :)
Walter Tabbi

Il Cervello Multi-Tasking - 16 views

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    Si dice che Napoleone fosse in grado di fare cinque cose contemporaneamente. In particolare, sembra fosse in grado di dettare ai suoi segretari fino a cinque lettere, saltando dall'una all'altra senza perdere il filo del discorso.
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    Non conosco le straordinarie capacità di Napoleone. Sarà stata la sua epoca diversa! La nostra è una condizione ben diversa per alcuni ricercatori che hanno stabilito che un uso eccessivo della tecnologia è pericoloso come una dieta ricca di zuccheri o grassi. Il principale artefice è il multitasking, che sottrae attenzione nei compiti di tutti i giorni e peggiora le prestazioni cerebrali.
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    Ribadisco quello che ho detto più su: non dettava cinque lettere contemporaneamente (neanche gli sciamani siberiani riescono ad emettere più di due suoni contemporaneamente!). Semplicemente passava da un dettato all'altro. Ma davvero ci avrebbe messo di più, dettando una dopo l'altra le cinque lettere? Davvero ci mettiamo di più, se facciamo le cose una dietro l'altra, anziché una incastrata nell'altra? Non voglio dire che io ci riesca, ma mi chiedo se non sarebbe meglio vivere così. Quanto c'è di reale necessità e quanto invece di fuga?
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    Si è tentati di dire che il nostro cervello non va al passo coi tempi. Una ricerca della Carroll School of Management di Boston firmata da Adam Brasel e James Gips sentenzia che il multitasking non può che distrarre. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori - che hanno pubblicato i risultati sulla rivista Cyberpsychology, Behavior and Social Networking -hanno registrato lo sguardo di un gruppo di volontari che utilizzavano contemporaneamente televisione e computer, senza alcun vincolo. Spiega Brasel: "ci aspettavamo che l'utilizzo simultaneo di questi due mezzi portasse a una riduzione dell'attenzione, ma non credevamo fino a questo punto. In 27 minuti i volontari in media hanno spostato 120 volte gli occhi da uno schermo all'altro, senza peraltro rendersene conto: quando abbiamo chiesto loro quante volte erano passati dalla TV al Pc e viceversa, hanno dichiarato di averlo fatto una averlo fatto una quindicina di volte al massimo. Dieci volte meno rispetto a quanto era accaduto in realtà. E pur togliendo gli sguardi rapidi, di durata inferiore a un secondo e mezzo, restano comunque 70 cambi di attenzione nella mezz'ora di test". Stando a quanto afferma un'altra ricerca, questa volta francese, l'organo che garantisce tutte le nostre attività non riuscirebbe a pensare o a compiere più di due azioni per volta. Quantomeno non riuscirebbe a farlo senza scadere nella mediocrità. A sostenerlo, ricercatori guidati da Sylvain Charron dell'Institute National de Santé et de la Recherche Medicale e da Etienne Koechlin dell'Ecole Normale Supérieure di Parigi, i quali hanno pubblicato i risultati ottenuti sulla prestigiosa rivista Science. Correre dietro a decine di cose - scrivere una mail, rispondere al telefono, ascoltare musica - nello stesso momento crea un deficit di concentrazione e un abbassamento dei livelli di attenzione, con il risultato che molte cose e informazioni ci scivolano addosso senza incidere in profondità. Secondo i ricercato
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    Fare troppe cose insieme non è così produttivo, troppe cose e fatte male. L'eseguire diverse attività contemporaneamente comporta una eccessiva frammentazione delle attività, danni per la produttività e per i rapporti interpersonali. A Alcuni studi hanno messo in evidenza che il cervello sia in grado di eseguire bene solo due attività.
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    Anche a lavoro, adesso, fanno molti corsi sul tema dei danni del multitasking e di quanto sia importante eseguire le attività più o meno in serie, pianificandole, senza "distrazioni laterali" che fanno perdere tempo e deconcentrano... come rispondere al telefono, ascoltare un collega, leggere una @ mentre si scrive una relazione... anche se, in realtà, spesso siamo costretti a tutto ciò e, dunque,.... come si fa? Il compromesso, la soluzione ideale per tutto!
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    L'articolo che propongo è una sintesi degli studi di Koechlin, il quale conclude che il cervello non è fatto per il multi-tasking. Conclusione opposta rispetto agli studi condotti da Gary W. Small, Susan Y. Bookhaiemer e Teena D. Moody e illustrati da De Kerckhove. Secondo questi ultimi, infatti, la struttura del cervello dei giovani sta cambiano in quanto questi, essendo di fatto multitasking, stanno sviluppando maggiormente i neurotrasmettitori. Koechlin, viceversa, ritiene che il multitasking non sia congenitamente possibile se non al prezzo di risultati insoddisfacenti. Cosa ne pensate?
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    La tecnologia e le invenzioni, nei secoli, hanno permesso all'uomo di realizzare le proprie "fantasie". Le tecnologie, infatti, vengono in aiuto e nascono per un determinato scopo, per servire l'uomo, per aiutarlo a superare limiti non solo fisici. La nascita e lo sviluppo della rete, è uno degli usi del computer, una macchina che nasce anche per superare i limiti del nostro cervello. Oggi siamo giunti a quel processo che determina l'esteriorizzazione della mente, spostandosi dal soggetto allo schermo, dalla rappresentazione della mente divisa in 3 spazi : fisico, mentale e virtuale, che trova come luogo d'incontro lo schermo. Sembra però che tutto questo non basti più, l'uomo non vuole restare più in "cabina di regia" vuole appropriarsi delle tecnologie e integrarle nel suo corpo, sperimentare dal vivo queste esperienze. Come fa Stelarc da buon sperimentatore estremo, nel suo caso la tecnologia non è vista come qualcosa di opprimente e castrante, bensì come mezzo per amplificare l'azione corporea ed arrivare alla costruzione di un "organismo nuovo", un cybercorpo..... http://www.edueda.net/index.php?title=Stelarc Il nostro cervello multitasking ? Personalmente, non penso si possa essere in grado di potere dare la giusta attenzione a più problematiche contemporaneamente, quindi svolgere più attività che richiedano la necessità di prendere decisioni . E' vero, ci sono gesti abitudinari che diciamo "scorrono in pieno automatismo", ad es la mattina mi trovo a guidare l'auto e fare in contemporanea altre cose, parlare, ascoltare la radio, tf, lo faccio ormai istintivamente, tanto che a volte mi trovo a percorrere la stessa strada (sbagliando), anche se dovevo andare da un'altra parte!!!. Morale sono tutte cose ripetitive e istintive, ormai memorizzate, che non prevedono "percorsi agionati". Penso che in futuro, le new generation, potranno
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    Oggi siamo tutti multitasking: le donne indaffaratissime a dividersi tra lavoro, casa e famiglia; i giovani studiano con il pc da un lato ed il telefonino dall' altro; al lavoro ci si divide tra telefono fisso, mobile, e_mail etc. Ma l' essere umano ed il suo cervello si abituano a tutto. E' ovvio che se si fanno tante cose contemporaneamente se ne perde in qualità ma, dove davvero occorre raggiungere risultati che siano "validi", basta un pizzico di volontà e concentrazione in più ed il gioco è fatto! Speriamo....
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    Interessante è leggere l'articolo nel sito riportato http://www.mindcheats.net/2012/01/il-multitasking-e-una-droga.html Si parla del fatto che il mulitasking può diventare una vera droga. Il cervello è fatto per concentrarsi.Fare più cose contemporaneamente manda in tilt il cervello. Si molto probabilmente dobbiamo riflettere su questo aspetto, non è forse meglio puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità di cose effettuate male?
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    Riporto la parte finale del commento che nel post precedente viene "troncata" ( forse per limite max di caratteri) Penso che in futuro, le new generation, potranno "studiare" come meglio organizzare i propri cervelli, in modo da potere svolgere, contemporaneamente + azioni complesse, forse anche con l'aiutino dell'innesto di un bel "scheduler" e perché no un bel po' di "memoria" che può sempre servire.
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    Il problema del multitasking è la dipendenza che crea. Chi si abitua a fare più cose contemporaneamente ogni giorno farà fatica a staccarsi dall'abitudine e pertanto anche quando dovrebbe concentrarsi o prendersela con calma, non riesce a focalizzare l'attenzione laddove veramente servirebbe. Il cervello ha una specie di centro di controllo, all'interno del quale vengono smistate le informazioni e viene deciso come e quando processarle ma la nostra mente nella storia della sua evoluzione non si è mai trovata a dover fare i conti con una così grande mole di dati e informazioni, e se non stiamo attenti potrebbe addirittura andare in tilt.
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    Un secondo contributo alla ricerca sul funzionamento del nostro cervello. Nel precedente intervento avevo sostenuto che più ricerche avevano dimostrato che il cervello umano non è strutturato per operare in multitasking. Alcuni individui possono, ma sono una minoranza (circa 3 su 100) poiché la maggioranza registra cali di attenzione e di concentrazione. L'articolo che allegho in questo secondo intervento, spiega al meglio il motivo delle nostre risposte cognitive monotaking.
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    riguardo il discorso multitasking devo raccontare un episodio che vivo quotidianamente da circa 4 giorni... fa un pò ridere ma credo che sia esemplificativo di quanto siamo immersi nel mare delle tecnologie... sto facendo l'aerosol appunto da 4 giorni: il mio apparecchio per farlo però è un pò vecchio: cioè appena lo accendo il tubicino che collega la struttura alla boccetta, si toglie al gettito d'aria. In pratica con una mano devo reggere il tubicino e con l'altra la mascherina che ho alla bocca: immaginate che in tutto questo io non posso nè usare il pc, nè rispondere a un sms, nè guardare la tv perchè fa rumore... posso dire che sono un "carcerato dell'aerosol"?. questo esempio pietoso lo riporto spiegandolo: almeno io, ormai, uso pc, iphone e tv insieme: è diventata routine rispondere a mail contemporaneamente a sms guardando la tv o ascoltando musica...e quando ti ritrovi nell'impossibilità di farlo, soffri... come si fa a dire che il nostro cervello non è strutturato per operare in multitasking? mi chiedo cosa cavolo facesse anni fa, quando facevamo una sola cosa alla volta!!! :)
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    Ho trovato molto interessante questo articolo dello psicologo, psicoterapeuta e giornalista Francesco Albanese, direttore della rivista on line "neuroscienze.net" - http://www.neuroscienze.net, in cui si parla di "cervello multitasking". Si dice che Napoleone fosse in grado di fare cinque cose contemporaneamente. In particolare, sembra fosse in grado di dettare ai suoi segretari fino a cinque lettere, saltando dall'una all'altra senza perdere il filo del discorso. Di testimoni oculari in grado di confermare questa sua capacità oggi non ce ne sono più e pertanto non sappiamo quanto di questa affermazione sia leggenda e quanto verità, anche se in definitiva la questione non appare poi così improbabile. La cosa certa è che l'imperatore francese non sapeva che ai giorni nostri questa sua capacità avrebbe preso il nome di multi-tasking. Parlando di multi-tasking oggi giorno viene automatico associare al termine la parola computer ed inevitabilmente ci troviamo a pensare al cervello umano. Ma il triangolo che abbiamo ottenuto Cervello-Computer-Multitasking è veramente una figura chiusa? oppure no? Certamente il nostro cervello, diversamente dal computer, non ha il tasto reset! Buona lettura
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    Trovo estremamente chiari i contenuti dell'articolo. Il nostro cervello, contrariamente al computer, è in grado di ragionare e di mettere in campo azioni non previste in precedenza.
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    un articolo davvero interessante che ha dato risposte ad alcuni dubbi relativi al nostro cervello. Il computer è chiaro che lavora in sequenza, il multitasking in realtà si realizza grazie alla spaventosa velocità di elaborazione di una CPU che ci fa vedere tanti task che funzionano contemporaneamente quando in realtà il dispatchere presenta alla CPU i task singolarmente uno dopo l'altro per farne eseguire un po'. L'estrema velocità di ogni pezzo di processo da l'impressione che tutto si svolga fluidamente e in modo esclusivo. Basti pensare ad un pc non molto potente che ha un video in esecuzione e opero una pesante copia dati da disco esterno; la CPU non regge il carico e si vede la velocità di trasferimento dei dati calare drasticamente e si noterà soprattutto che il nostro video va a scatti. Interessante capire invece come funziona il nostro cervello, che anche quando facciamo più cose nello stesso tempo, al massimo riusciamo a farne due, perchè appena il numero delle attività cresce si abbassa la soglia di attenzione e facciamo male tutto. Questo non è ancora chiaro se deriva dal fatto di avere due emisferi. a tale proposito interessante l'articolo di Italiasalute.it http://www.italiasalute.it/news.asp?ID=10366
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    Interessante articolo che affronta il tema del multi-tasking anche rispetto alle modalità di funzionamento del cervello umano
STELLA CAPASSO

Google ci rende stupidi? - 13 views

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    E' un articolo forse non recentissimo (2008), ma che riprende una lezione del nostro corso di Psicotecnologie del Prof. De Kerckhove, per cui è un argomento certamente utile ed attuale per i nostri studi. Partendo dal famoso articolo di Carr, in cui il giornalista americano analizza il cambiamento che Internet sta portando nel nostro modo di ragionare, ma anche di concentrarci, l'autrice ci mostra le differenze della lettura sul web da quella di un libro, le enormi potenzialità portate dal web (intelligenza condivisa, capacità multitasking...), sottolineando aspetti di grande attualità, come l'ipertestualità, il sapere globale, la comunicazione immediata, lo spirito di condivisione.
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    E' interessante. Mi piace quello che dice l'autrice nella parte finale: "Allora, educhiamo i giovani a distinguere tra i due sistemi. Educhiamoli a focalizzare l'attenzione". Mi piace perchè è esattamente quello che penso anch'io (!). Il problema non sta tanto in internet. E' vero che internet ci spinge a non concentrarci, perchè ci offre continuamente mille opportunità: come Pinocchio e Lucignolo, nel Paese dei balocchi! Ma possiamo staccarcene e concentrarci a leggere un libro, se vogliamo. Il problema più grave, per me, è quello educativo. I bambini non visitano tanto internet. Ma vivono in un mondo che lo visita di continuo, circondati da adulti incapaci di concentrars, di dedicarsi ad una cosa per volta: parlano al figlio, ma nello stesso momento scrivono e telefonano a qualcuno. Non credi che l'esempio sia la migliore modalità di educare? E i bambini imparano, bevono tutto dagli adulti di riferimento. Faccio molti laboratori di educazione musicale e teatrale nelle scuole. Ci sono situazioni in cui i bambini non hanno capacità di attenzione per più di tre secondi: hanno bisogno di continui stimoli, di novità, altrimenti non seguono perchè "si annoiano"! Ho inserito in Diigo un articolo da New Scientist di Sally Adee (Una mente in stato di grazia è più creativa?) in cui si parla proprio di concentrazione e di come questa capacità sia alla base della possibilità di eccellere in qualche arte o sport. Non si può ottenere nulla, in musica, se non con l'esercizio costante, come nella danza, nel teatro e anche nello sport. Il multitasking, in questo settore, è pericolosissimo! Ma come fare, con i bambini abituati a passare di corsa da un argomento all'altro? Continuo a ripetere che la maniera migliore per creare è quella di annoiarsi: quando i bambini si annoiano, inventano. Quando sono riempiti di nozioni, di informazioni, di novità, l'unica possibilità di salvezza è la fuga dal proprio cervello. Non credo che Google ci renda stupidi. Cred
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    stupidi non so, ma sicuramente più dipendenti : ora come ora vivere senza la rete ora ci appare impossibile , in quanto ha pervaso ogni aspetto della nostra vita personale e professionale . Forse essendo noi una una comunità virtuale alle prese con un corso di laurea telematica rappresentiamo proprio il contesto ideale per dimostrare le contraddizioni , ma anche le possibilità insite nel "nuovo medium"
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    Non credo ci faccia diventare più stupidi. Anzi, la rete grazie anche a siti come Google ci danno la possibilità di conoscere facilmente nuove cose e dunque abbiamo l'opportunità di formare al meglio la nostra coscienza su determinati argomenti.. l'informazione ce la cerchiamo, diversamente dai classici media dove questa ci viene fornita.. e credo sia una bella differenza.. o per lo meno, per me è sempre stata questa la grande differenza, il salto di qualità, tra la televisione/radio ed internet. ovviamente cercare informazioni non è facile, non è sufficiente scrivere l'argomento di interesse su 'Cerca' e prendere per buono il primo link che trovo. ma è lo stesso discorso dell'enciclopedia cartacea: io cercavo sempre più articoli e notizie sulla ricerca che andavo a fare ed ero brava a mettere insieme le cose..
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    in realtà è la nostra sete di conoscenza che è cambiata. Abbiamo un numero infinito di informazioni a portata di mouse e non ci accontentiamo più del primo risultato ottenenuto. Uno dei grandi vantaggi apportati da Google è stato quello di fare ordine e di renderci la navigazione più facile, ma gli altri media non scompaiono...ci accontentiamo dei 5 secondi per capire se una info sul web è interessanbte o meno, ma possiamo ancora goderci un bel libro e avere il piacere di sfogliare un quotidiano. Sono cambiate le nostre esigenze, ma soprattutto si sono amplificate le nostre potenzialità.
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    L'articolo di Carr si preoccupa sulla psiche, cioè tutto questo input di informazioni (Internet) che effetto hanno sui nostri figli e gli educatori sono preoccupati??. Invece il professor De Kerckhove analizza il lato buono di Intenet, di Google in generale, infatti al contrario di cui l'articolo dica che la gente non scriva e legga più, in realtà la gente legge e scrive più che mai, forse proprio perchè invogliata dal poter reperire notizie in Internet. Il mio pensiero è che sia Google che Internet in generale servano per sviluppare la mente verso nuovi orizzonti. Ormai senza l'udo della tecnologia non si va da nessuna parte
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    Un importante articolo di De Kerckhowe ed una delle ultime lezioni del programma di Psicotecnologie che trovo molto interessante perchè illustra le nuove disponibilità del nostro sapere, evoluzioni del nostro comporamento individuale e sociale, delle nostre capacità intellettive.Esternalizzare la mente, essere sempre connessi alla rete può spaventare. Maggiori resistenze giungono dai mentalità conservatrici, o dalle grande organizzazioni che temeno di perdere il controllo, o dal singolo 'utente che teme, oltre alle nuove tecnologie, forse anche se stesso. Così Google, i social network diventano strumenti diabolici, minacciosi, diseducaativi. Occore però valutare che come la scrittura ha lasciato libera la mente dalla pesante incombenza della memorizzazione, così Google, ci condurrà verso nuove attitudini che non riusciamo ancora a prevedere.
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    io credo che google non ci renda stupidi, ma al contrario ci da la possibilità di rispondere ad ogni nostra curiosità e attraverso queste conoscenze ampliare la propria cultura, verso temi che altrimenti non avremmo affrontato, per lo meno con la semplicità di accedere a determinati contenuti. Rimane, però, l'accortezza di verificare le informazioni se provengono da siti attendibili, perchè spesso su internet si trova di tutto. Anche questa selezione del materialie da prendere in considerazione, ci porta a sviluppare un intuito ed una conoscenza non indifferente.
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    Anche questo articolo lo trovo interessantissimo. Mi rendo conto di ciò che Carr vuole trasmettere perché molto spesso mi sono chiesta quale potesse essere il lato negativo di dell'avvento così decisivo del web di google e simili. Io capisco quando dice che trova difficoltà a concentrarsi di più su un libro in quanto quando sono sul web ciò che leggo non è più sequenziale. E' vero ma io trovo geniale questa possibilità di collegarsi ad un altro link ed imparare durante la lettura. L'ipertesto permette questo, permette una lettura dinamica. E' vero anche che non abbiamo a volte la percezione dell'attendibilità dell'informazione come dice Giuseppina.
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    Bisogna dire che nei primi anni di Internet quando i navigatori provenienti dall'ambiente scientifico-universitario la qualità dell'informazione era altissima, con la massificazione di Internet è giocoforza che nel mucchio la qualità sia scesa di parecchio ma le valide fonti non mancano di certo, basta trovarle ed in questo Google è una mano santa.. Oggi tra Google, YouTube, Wikipedia, etc. viene reso disponibile quasi tutto lo scibile umano che va in ogni caso selezionato e scremato ma l'accesso alla conoscenza che esiste oggi non è mai stato possibile prima se non per poche persone e con molta difficoltà.
monica olivari

la qualità dell'ambiente come fattore di apprendimento - 1 views

6 dicembre 2012. la qualità dell'ambiente come fattore di apprendimento Il seminario è una delle iniziative attivate dal LABORATORIO del BIENNIO che da anni opera presso il Ce.Se.Di. per il ra...

started by monica olivari on 04 Dec 12 no follow-up yet
alfonsina longobardi

intelligenza - 0 views

started by alfonsina longobardi on 02 Mar 13 no follow-up yet
Daniela Cerbone

Facebook fa bene ai nonni - 3 views

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    Studio condotta dall'Università dell'Arizona: gli anziano che utilizzano i cosial network non solo si sentono più inseriti nella società ma migliora anche la qualità della loro vita
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    Questo è un classico esempio di come le tecnologie influiscono sulla psicologia delle persone e quindi anche sulla loro qualità di vita. è un buon esempio che si ricollega perfettamente agli argomenti che sono oggetto di esame
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    sicuramente le tecnologie aiutano gli anziani o comunque le persone con problemi fisici che possono essere utilizzate come strumento per la socializzazione anche se non possiamo prescindere da una considerazione circa l'importanza del contatto umano, un socil network per una persona debole o in difficoltà non potrà essere di aiuto, chi ha bisogno vuole trasmettere emozioni e chi le riceve le deve comprendere per poi rispondere, non ci può essere empatia con facebook, bisogna riconoscere che la tecnologia, fino ad ora resta sempre uno strumento al servizio di persone ma le persone hanno bisogno di qualcosa di più che solo un'altra persona può dare.
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    sicuramente è in aumento l'uso di nuove tecnologie e social network da parte di anziani, se pesiamo a come sta evolvendo la nostra società, lavoro trovato sempre più lontano dalla città di origine, sempre meno tempo a disposizione ecco che il computer diventa uno strumento che garantisce la continuità degli affetti attraverso videochiamate, posta elettronic ecc è possibile seguire la propria famiglia, seguire la crescita dei propri nipoti, avere contatti con chiunque, ovunque, diventa uno strumento per non sentirsi soli! Oggi anche grandi aziende di telecomunicazioni, come telecom, ha da tempo fatto partire un progetto chiamato "navigare insieme" corsi di utilizzo internet tenuti dai giovani agli anziani
alfonsina longobardi

intelligenza - 0 views

PENSIERO E INTELLIGENZA Definzione e teorie implicite L'intelligenza è, probabilmente, il concetto psicologico più difficile da definire. L'intelligenza sembra essere un fattore che coinvolge più ...

started by alfonsina longobardi on 12 Mar 13 no follow-up yet
valeria de luca

Tonino Cantelmi "Esserci, con e per progressione magnifica. La riscoperta del... - 2 views

Esserci, esserci-con, esserci-per: questa è la "progressione magnifica" che permette di partire da un Io (l'esserci), per passare ad un Tu (l'esserci-con) e infine giungere ad un Noi (l'esserci-per...

started by valeria de luca on 12 Mar 12 no follow-up yet
Elio Cimmaruta

Apprendimento Collaborativo - 5 views

Concordo sostanzialmente con l'analisi fatta da Gino sull'apprendimento collaborativo. Esso è espressione dell'intelligenza collaborativa e al contempo la esprime. Una facoltà che include sia l'int...

#CollaborativeLearning

vdalmonte

MULTITASKING - 0 views

Il fenomeno del multitasking fa riferimento all'insieme di atteggiamenti e comportamenti che portano la persona a essere impegnata in due o piu'attività o compiti differenti contemporaneamente. Il ...

#multitasking

started by vdalmonte on 21 Apr 19 no follow-up yet
gbartolomei1

Multitasking - 0 views

Nell'articolo, si definisce il multitasking e il media multitasking, ovvero lo svolgimento di due o più compiti, uno dei quali implica l'uso di un mezzo tecnologico. Ci si sofferma sulle ripercussi...

media multitasking effetti risorse cognitive

started by gbartolomei1 on 18 Nov 21 no follow-up yet
sabrinaf-

La tecnologia migliora la qualità della vita? - 1 views

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    Come sempre la verità sta nel mezzo....Le potenzialità che la tecnologia ci offre sono molteplici, la capacità dell'uomo ad un uso responsabile e consapevole dei mezzi invece non sempre è presente nella popolazione media. Un approccio critico circa il loro utilizzo e una spiccata capacità di analisi aiutano per un loro utilizzo "sano".
anna colombo

La natura dell'Intelligenza - 42 views

'analisi che Goleman conduce sulla società americana avviene in un periodo storico equiparabile, per molti tratti, alla situazione italiana dal dopo guerra a oggi. L'atmosfera di crisi sociale...

#Intelligence

De Rose Mario

Golemam, l'intelligenza emotiva - 2 views

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    Goleman individua 5 ambiti principali. 1. Conoscenza delle proprie emozioni-consapevolezza di sè (capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta). 2. Controllo delle emozioni-padronanza di sè. 3 Motivazione di se stessi, sapendo ritardare la gratificazione e controllando gli impulsi. 4. riconoscimento delle emozioni altrui-empatia. 5 gestione delle relazioni-abilità sociali. Il nostro livello di intelligenza emotiva non è fissato alla nascita, questa continua a svilupparsi tutta la vita attraverso l'esperienza. Ogni essere umano ha livelli di competenze diverse nei 5 ambiti ma con l'allenamento adeguato possono essere sviluppati.
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    Molto interessante l'approccio di Goleman che mette al centro l'individuo e la percezione del se, da invididuare e perfezionare in un percorso a step o meglio anche un percorso da intendere in maniera circolare la cui l'apparente fine o conclusione non è altro che l'inizio di un'altra esperienza cognitivo-emozionale riconducibile alla vita stessa.
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    L'approccio di Goleman all'intelligenza emotiva sembra aprire ampie possibilità di miglioramento delle competenze emotive che l'individuo può sviluppare nel corso della propria esistenza. In realtà quando ci confrontiamo con persone in diversi ambiti quello che si nota è una sorta di approccio mentale a problemi, situazioni, stress che raramente si modifica nel corso della vita. E' vero credo che l'intelligenza emotiva si possa coltivare e stimolare ma al tempo stesso, essendo legata alle emozioni, alla consapevolezza di se stessi e degli altri è anche molto condizionata dalle esperienze nell'infanzia. Tra gli studiosi delle origini e dello sviluppo delle strutture mentali, verso l'ottimalità piuttosto che verso la patologia, del bimbo e poi dell'adulto, esiste ormai da molti lustri una convergenza nell'affermare che la qualità delle strutture interne della personalità, e l'intelligenza stessa, dipendono da quanto si è strutturato nelle interazioni precoci del bimbo con i suoi caregivers. Allego un link con qualche dettaglio in più sul tema: http://www.psychomedia.it/pm/lifecycle/perinatal/imbasc6.htm
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    L'intelligenza emotiva, per Goleman è un insieme di specifiche capacità (consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia, abilità nelle relazioni interpersonali). Queste capacità sono fondamentali per ogni essere umano, possono essere sviluppate da chiunque a prescindere dalla cultura, dal ceto sociale, dal credi religiosi, dal sesso ecc., divenendo così competenze emotive e sociali. Apprendiamo ad essere emotivamente intelligenti attraverso l'educazione e lo sviluppo di queste abilità, quindi è indispensabile che queste siano educate e sviluppate a partire dalla nascita in modo che diventino competenze. Goleman scrive il libro in un momento in cui la società civile americana è attraversata da una crisi profonda; aumento dei crimini, dei suicidi ed altri indicatori di malessere che si registrano soprattutto nei giovani. Il consiglio proposto dall'autore è che per guarire da questi mali sociali occorre prestare più attenzione alla componente sociale ed emozionale nostra e dei nostri figli, con l'impegno a coltivare queste abilità. L'autore suggerisce anche di insegnare ai bambini l'alfabeto emozionale, inteso come capacità interpersonali essenziali, che servono a equilibrare la razionalità con passione. Oggi le emozioni sono oggetto di studio delle neuroscienze. "Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"
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    Per Goleman l'intelligenza emotiva è tutto ciò che nella nostra mente concerne il capire e controllare i propri sentimenti, entrare in empatia con gli altri, essere ottimisti e realisti, avere fiducia in sé stessi. Insomma, tutto quello che attiene al governo delle emozioni. Goleman non si limita a descriverla in maniera teorica ma la analizza e la declina in 25 vere e proprie competenze con le rispettive abilità. Raccogliendole tutte si può ottenere una vera e propria griglia di valutazione composta da: nome della competenza, relativa descrizione e griglia dei comportamenti che la identificano e la misurano.
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    Leggendo delle varie forme di intelligenza ovviamente si deve citare l'intelligenza emotiva quella di Goleman che è quella che pone l'accento prorpio sull'individuo che deve prendere coscienza di sè ed essere al centro delle proprie emozioni per poter vivere meglio ed allontanare gli eventi frustanti, avendo un controllo sulle proprie emozioni e sugli eventi, qui di sapersi gestire ed autoregolarsi.
elisabetta scattolin

Il multitasking - 7 views

ho trovato questa indagine svedese che rovescerebbe il concetto che la donna è favorita nel multitasking: Il vero re del multitasking è l'uomo Sovvertiti gli studi degli ultimi anni: il campion...

#Multitasking

Anna Sposato

Aspetti cognitivi dei videogiochi - Www.aesvi.it - 6 views

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    Un videogioco non è solo un passatempo ma è anche un linguaggio e quindi un approccio cognitivo. Qui emerge l'approccio cognitivista, dal momento che molti teorici del settore già in tempi non sospetti affermavano che determinati linguaggi non sono semplicemente strumenti da applicare o usare bensì mondi «immersivi», nei quali l'utente si trova ad agire come se si trovasse in un «ambiente fluido», un pò come noi utilizziamo Second Life...
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    Si i videogiochi da tempo sono usciti dalla categoria di mero "passatempo". In molti casi le persone trovano in questa dimensione ludico-virtuale modi di esistere. E' un processo di reificazione dove, attraverso modelli matematici molto complessi (computer graphics), la realtà viene ridefinita e reinventata. Recentemente in una pubblicità di videogiochi mi sono accorto che nello spot era utilizzato il termine "realtà aumentata". La pervasività dei videogiochi è in continuo aumento, ormai ogni telefonino ne ha diversi nel suo interno, questa facilità di accesso favorisce sempre più la dissolvenza del confine tra dimensione ludica e dimensione reale.
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    Facendo qualche ricerca sul web, ho scoperto che un gioco di brain training verrà testato negli Usa per capire se è possibile paragonarlo a una terapia medica. Lo scopo è quello di certificarlo per aiutare chi soffre di schizofrenia. Ma, ovviamente, alcuni scienziati sono perplessi. Presto verranno avviati i primi test di controllo per verificare se è davvero possibile equiparare gli effetti di un videogioco a quelli di una terapia farmacologica. Brain Plasticity vuole infatti arruolare 150 persone affette da disturbi cognitivi in 15 diversi stati e invitarli a giocare con il suo software per un'ora al giorno al di fuori dei fine settimana. Dopo sei mesi di prove, nel caso i partecipanti riscontrassero dei miglioramenti nella qualità della vita, il centro di ricerca farà quindi domanda alla Fda per ottenere la commercializzazione come prodotto terapeutico. La caratteristica chiave dei software terapeutici, sarebbe quella di aiutare chi soffre di schizofrenia a superare le difficoltà di apprendimento e sviluppo della memoria comportate dal disturbo. L'obiettivo di Brain Plasticity è quello di capire se qualche ora di attività di fronte allo schermo di gioco possa fare meglio delle terapie a base di farmaci. Un tentativo affatto facile, visto che non tutta la comunità scientifica ritiene che i videogame possano essere utili in questi casi.
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    Come risulta da questa rassegna bibliografica, un videogioco non solo un passatempo ma anche un linguaggio e dunque, in definitiva, un approccio cognitivo.
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    Trovo molto interessanti le ricerche che si stanno facendo in direzione dell'utilizzo terapeutico dei video giochi. Come esposto nell'articolo postato da Silvia ci sono ancora molti pregiudizi nei confronti dei video giochi. Greenfield sostiene che chi critica i videogiochi lo fa perché non è capace a giocarci, insomma un po' la storia della volpe con l'uva. Esiste una certa ideologia che l'articolo definisce "anacronistica" da parte di chi è cresciuto e si è formato attraverso una cultura alfabetica che rende molti accademici restii ad accettare i videogiochi. Le ricerche, al contrario, provano che i videogiochi promuovo la capacità di pensiero parallelo rispetto a quello lineare che a sua volta aiuta a sviluppare empowerment nei suoi fruitori ovvero capacità di flessibilità e autonomia nel raggiungere i risultati, inoltre, a contraddire chi sostiene che i videogiochi limitano le capacità senso motorie, è stato dimostrato che il videogioco allena la capacità coordinativa occhio-mano. I bambini sono più attratti dalle immagini in movimento che da quelle statiche di conseguenza il videogioco è preferito ad altre modalità ludiche. La caratteristica del videogioco è la sua interattività e permette a chi ne fruisce di sentirsi al contempo spettatore e protagonista. È indubbio che il videogioco induce ad uno stato di trance che porta facilmente ad alienarsi dalla realtà circostante lasciandosi immergere dal mondo virtuale, si tratta però, a detta degli autori, di uno "psicofarmaco democratico" in quanto chi lo utilizza lo fa volontariamente ed è protagonista attivo. La televisione, a detta degli autori dell'articolo, sarebbe un mezzo molto più pervasivo ed ipnotico del videogioco. Personalmente concordo con questa visione in quanto la televisione può essere altamente manipolatoria e tende a presentarti una realtà già costruita e interpretata alla base.
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    Ciao, ho due figli, maschi, ormai grandi, che ho seguito in ogni forma di gioco, dai classici con le macchinine, con le Lego, con gli animali, i cosiddetti "giochi intelligenti" e via dicendo, siamo approdati ai giochi su tv quando il grande aveva 8 anni, e ho notato come fosse estremamente più bravo di noi adulti a trovare le soluzioni, provava, sbagliava, si ricordava l'errore, riprovava, con una pazienza meticolosa, cosa che forse gli adulti non hanno. Il piccolo ha iniziato a 3 anni a giocare con la tastiera del pc, intanto il fratello ne aveva 10, e ho potuto notare la velocità di acquisizione del piccolo, rispetto al grande...Che dire, non bisogna demonizzarli, secondo gli studi, anzi, permettono di aumentare le capacità in zone che non vengono sollecitate. I giochi moderni poi hanno storie avvincenti, in cui provarsi, finito una volta, si può ricominciare, per sondare altre strade. Alcuni film si basano sui videogiochi, e posso dire che perfino l'ultima serie televisiva "Da Vinci's Daemons" ricalca nella musica, costumi e storia un episodio di Assassin's cread", gioco che io stessa ho provato e assicuro che è bello. Inoltre posso ricordare che gli stessi piloti utilizzano questi mezzi per l'esperienza a terra...
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    In effetti fino ad oggi sono emersi due filoni di studio concentrati sull'aspetto cognitivo relativo ai videogiochi o su quello emozionale ma relativo più che altro alla demonizzazione legata ai giochi violenti o all'aspetto della separazione sociale del bambino/ragazzo che si immerge per ore nel mondo virtuale. La catarsis theory citata nell'articolo mette in luce l'azione liberatoria sul mondo emotivo del bambino, che rivive i sentimenti nel mondo virtuale. C'è da notare che una nuova area di studio si focalizza sul fatto che i ragazzi che sviluppano una certa dipendenza dai videogiochi (sembra secondo le stime più del 50% dei giovani fruitori) vivono un'importante alienazione dalle proprie emozioni, proiettate solo all'esterno ma non vissute in prima persona; nonché un'alienazione dal mondo reale, spesso deludente sia in termini di presenza affettiva familiare, sia in termini di prospettive sociali in grado di accogliere i ragazzi e aiutarli a sviluppare un'adeguata percezione del sé nel futuro.
Claudio Marzuolo

L'approccio cooperativo nell'apprendimento in rete - 1 views

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    E' interessante vedere come con l'approccio collaborativo, possa portare benefici sia in termini di qualità che come benessere psicologico.
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