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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged competenze

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EMANUELA PSICOTECNOLOGIE

II ARGOMANTO :NATURA DELL'INTELLIGENZA - 0 views

Emanuela D'Agostino

started by EMANUELA PSICOTECNOLOGIE on 20 Nov 12 no follow-up yet
De Rose Mario

Golemam, l'intelligenza emotiva - 2 views

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    Goleman individua 5 ambiti principali. 1. Conoscenza delle proprie emozioni-consapevolezza di sè (capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta). 2. Controllo delle emozioni-padronanza di sè. 3 Motivazione di se stessi, sapendo ritardare la gratificazione e controllando gli impulsi. 4. riconoscimento delle emozioni altrui-empatia. 5 gestione delle relazioni-abilità sociali. Il nostro livello di intelligenza emotiva non è fissato alla nascita, questa continua a svilupparsi tutta la vita attraverso l'esperienza. Ogni essere umano ha livelli di competenze diverse nei 5 ambiti ma con l'allenamento adeguato possono essere sviluppati.
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    Molto interessante l'approccio di Goleman che mette al centro l'individuo e la percezione del se, da invididuare e perfezionare in un percorso a step o meglio anche un percorso da intendere in maniera circolare la cui l'apparente fine o conclusione non è altro che l'inizio di un'altra esperienza cognitivo-emozionale riconducibile alla vita stessa.
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    L'approccio di Goleman all'intelligenza emotiva sembra aprire ampie possibilità di miglioramento delle competenze emotive che l'individuo può sviluppare nel corso della propria esistenza. In realtà quando ci confrontiamo con persone in diversi ambiti quello che si nota è una sorta di approccio mentale a problemi, situazioni, stress che raramente si modifica nel corso della vita. E' vero credo che l'intelligenza emotiva si possa coltivare e stimolare ma al tempo stesso, essendo legata alle emozioni, alla consapevolezza di se stessi e degli altri è anche molto condizionata dalle esperienze nell'infanzia. Tra gli studiosi delle origini e dello sviluppo delle strutture mentali, verso l'ottimalità piuttosto che verso la patologia, del bimbo e poi dell'adulto, esiste ormai da molti lustri una convergenza nell'affermare che la qualità delle strutture interne della personalità, e l'intelligenza stessa, dipendono da quanto si è strutturato nelle interazioni precoci del bimbo con i suoi caregivers. Allego un link con qualche dettaglio in più sul tema: http://www.psychomedia.it/pm/lifecycle/perinatal/imbasc6.htm
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    L'intelligenza emotiva, per Goleman è un insieme di specifiche capacità (consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia, abilità nelle relazioni interpersonali). Queste capacità sono fondamentali per ogni essere umano, possono essere sviluppate da chiunque a prescindere dalla cultura, dal ceto sociale, dal credi religiosi, dal sesso ecc., divenendo così competenze emotive e sociali. Apprendiamo ad essere emotivamente intelligenti attraverso l'educazione e lo sviluppo di queste abilità, quindi è indispensabile che queste siano educate e sviluppate a partire dalla nascita in modo che diventino competenze. Goleman scrive il libro in un momento in cui la società civile americana è attraversata da una crisi profonda; aumento dei crimini, dei suicidi ed altri indicatori di malessere che si registrano soprattutto nei giovani. Il consiglio proposto dall'autore è che per guarire da questi mali sociali occorre prestare più attenzione alla componente sociale ed emozionale nostra e dei nostri figli, con l'impegno a coltivare queste abilità. L'autore suggerisce anche di insegnare ai bambini l'alfabeto emozionale, inteso come capacità interpersonali essenziali, che servono a equilibrare la razionalità con passione. Oggi le emozioni sono oggetto di studio delle neuroscienze. "Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"
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    Per Goleman l'intelligenza emotiva è tutto ciò che nella nostra mente concerne il capire e controllare i propri sentimenti, entrare in empatia con gli altri, essere ottimisti e realisti, avere fiducia in sé stessi. Insomma, tutto quello che attiene al governo delle emozioni. Goleman non si limita a descriverla in maniera teorica ma la analizza e la declina in 25 vere e proprie competenze con le rispettive abilità. Raccogliendole tutte si può ottenere una vera e propria griglia di valutazione composta da: nome della competenza, relativa descrizione e griglia dei comportamenti che la identificano e la misurano.
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    Leggendo delle varie forme di intelligenza ovviamente si deve citare l'intelligenza emotiva quella di Goleman che è quella che pone l'accento prorpio sull'individuo che deve prendere coscienza di sè ed essere al centro delle proprie emozioni per poter vivere meglio ed allontanare gli eventi frustanti, avendo un controllo sulle proprie emozioni e sugli eventi, qui di sapersi gestire ed autoregolarsi.
Francesca Villa

Apprendimento - Innovazione didattica - 1 views

Innovazione e Tecnologie didattiche per apprendmento/insegnamento delle discipline Prof Ceccanti e Proff.ssa Fornaciari sperimentano una formazione insegnanti presso SSis Toscana sede di Pisa un la...

apprendimento;competenze

started by Francesca Villa on 18 Jul 13 no follow-up yet
saracatenaro

Cooperative learning - 2 views

Come spesso accade in questi casi manca proprio l'educazione dei docenti che non sanno utilizzare nella maniera corretta queste nuove metodologie

www.edscuola.it

gbartolomei1

Cognizione distribuita - 0 views

L'articolo espone in modo mai chiaro ed interessante una riflessione sulle conseguenze della teoria di Hutchins relative alla distribuited cognition in ambito pedagogico. Secondo una visione classi...

distribuita cognizione situata

started by gbartolomei1 on 18 Nov 21 no follow-up yet
barbararughetti

Perchè fare empowerment dei professionisti della sanità? - 0 views

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    L'articolo tratta il tema della cognizione distribuita all'interno delle professioni sanitarie. Si affronta il problema della penetrazione di questo tipo di cognizione nell'ambito della sanità, in cui si fatica a distaccarsi dall'idea di competenze individuali del professionista. Si tratta di educare questi professionisti nella ridefinizione della loro identità professionale, passando dalla concezione del possesso personale di competenze a quella della distribuzione dinamica delle competenze.
anna colombo

La natura dell'Intelligenza - 42 views

'analisi che Goleman conduce sulla società americana avviene in un periodo storico equiparabile, per molti tratti, alla situazione italiana dal dopo guerra a oggi. L'atmosfera di crisi sociale...

#Intelligence

Marco Tambara

Condividere per crescere insieme - 2 views

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    Un documento della prof. Maria Genchi sull'allicazione delle tecnologie nella didattica e nei processi educativi. Presentazione della piattaforma Etwinning sviluppata per condividere competenze e sviluppare progetti collaborativi.
Romina Mandolini

Il valore della simulazione (Videgiochi e realtà aumentata) - 2 views

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    Questo documento è il risultato di un progetto di ricerca patrocinato dalla Commissione europea, T3- Teaching to Teach Technology, che ha avuto inizio nel 2009 e si è concluso nel dicembre 2011 (nell'ambito del programma Lifelong Learning Programme Leonardo da Vinci). Obiettivo del progetto è stato quello di sperimentare l'utilizzo delle nuove tecnologie (videogiochi, robot e realtà aumentata) nell'ambito di contesti formativi di differente livello e tipologia (scuole superiori, università e aziende) in tre nazioni (Italia, Spagna e Regno Unito). Nella ricerca sono stati inclusi ambienti virtuali (per l'insegnamento delle competenze trasversali), simulazioni di processi biologici, fisici e (nella didattica delle scienze), simulazioni di processi inter-sociali (in formazione manageriale), gioco serio (ancora una volta in formazione manageriale), l'uso delle tecnologie Web 2.0 (in apprendimento collaborativo), e l'uso di robot (in didattica delle scienze per i bambini in età scolare). Dunque molto al di là delle normali videolezioni, forum, chat. A me l'idea del videogioco (anche quelli di ruolo) come ambiente cognitivo di apprendimento è risultata molto affascinante. Si possono porre obiettivi da raggiungere entro i limiti di una serie di costrizioni o sistemi di regole, e in funzione del 3D, si possono ricostruire fedelmente aspetti del mondo reale che possono essere studiati in un ambiente sicuro e accessibile. Secondo me la scuola nel futuro sarà qualcosa di completamente diverso dall'oggi. Si scoprirà davvero il piacere di imparare.
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    Molto interessante. Oltre a sottolineare l'importanza della condivisione del sapere , questo studio indica anche una stimolante via di apprendimento
Davide Bassignana

The Sociability of Computer-Supported Collaborative Learning Environments - 1 views

http://www.academia.edu/324026/The_Sociability_of_Computer-Supported_Collaborative_Learning_Environments

#CollaborativeLearning

maria cristina corona

Il peer tutoring, Collaborative Learning tra pari. - 4 views

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    La collaborazione tra pari può produrre vantaggi in termini di competenze socio-relazionali, comunicative e motivazionali, con un miglioramento dell'autostima, dell'affettività verso la disciplina e verso i compagni di corso: questi gli effetti rilevati dai ricercatori nell'ambito dell'orientamento universitario. Nella partecipazione al peer-tutoring sia i tutor che i tutees ottengono effetti positivi nell'apprendimento, anzi, di solito, sono i tutor che ne beneficiano maggiormente, probabilmente perché si impegnano in prima persona nello svolgimento di prove sui contenuti del corso mentre si preparano per insegnare ai tutees. Inoltre il feedback tra pari è legato alla fiducia che si sviluppa nella rapporto personale e nella valutazione reciproca delle competenze. I principali vantaggi riscontrati sono: - maggiore responsabilità e autonomia; - capacità di valutare il contesto e il processo; - comprensione delle procedure di valutazione; - propensione ad applicarsi con maggiore impegno nello studio dovendo confrontarsi con i pari; - determinazione ad attivare un numero maggiore di feedback senza che vi siano sollecitazioni e richieste da parte dei docenti; - apprendimento più profondo piuttosto che superficiale
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    Questa tecnica di apprendimento collaborativo mi fa pensare alla struttura sociale delle civiltà tribali, dove i membri del gruppo si riunivano intorno ai più anziani, per essere guidati e consigliati. In questo caso ognuno è invitato a condividere quello che sa e che padroneggia in modo sicuro e si mette alla prova insegnandolo ai compagni. Interessante il tuo contributo, fa capire il perché la logica reticolare "tra pari" di internet, ha avuto un così grande successo.
Giuseppe Del Grosso

Intelligenza emotiva e e-learning - 2 views

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    Intelligenza emotiva e e-learning ShareIl coinvolgimento e la motivazione dei corsisti, anche di quelli più "difficili", interessati solo all'ottenimento del titolo rimane una delle problematiche che il progettista e-learning deve affrontare. (pubblicato originalmente su Idearium) PROGETTAZIONE E-LEARNING PER VALORIZZARE L'INTELLIGENZA EMOTIVA: STRATEGIE PER L'APPRENDIMENTO IN RETE di G. R. Mangione e C. Policaro Dallo schema narrativo … Per rendere conto dell'organizzazione di corsi per l'apprendimento in rete, è utile punto di partenza il confronto con la semiotica (Propp,1996) dal quale ricaviamo la definizione di "racconto" come sequenza di episodi formali interdefiniti, dotati di un senso, di una direzione[1] e ci domandiamo in che misura è possibile che l'articolazione dello schema narrativo caratterizzi anche un corso e-learning? La Morfologia della fiaba indica la ricorrenza di tre grandi prove: una prova qualificante nella quale il soggetto si rende competente, atto a fare, attraverso esami e riti di iniziazione; una prova decisiva nella quale il soggetto si realizza compiendo un certo numero di azioni; una prova glorificante nella quale il soggetto ottiene il riconoscimento di ciò che ha fatto, e di conseguenza di ciò che è. L'eroe vi si deve sottoporre (Floch, 1997), e dalla articolazione delle stesse prende forma una storia completa. Appare evidente una correlazione con un corso di formazione in rete. La prova qualificante ha l'obiettivo di qualificare il corsista, suggerendo un punto di partenza che rispecchi le sue conoscenze pregresse. La prova decisiva rappresenta il cuore della didattica on line che cerca di utilizzare al meglio le potenzialit? delle nuove tecnologie e coinvolgere l'utente mediante la partecipazione attiva all'interno del percorso formativo condiviso con altri utenti, sia attraverso uno storyboarding con intreccio narrativo in prima persona, sia attrave
Luciano Di Mele

Articolo sulla raccomandazione in e-learning - 12 views

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    L'articolo suggerisce metodi per aiutare gli studenti alla ricerca di learning object di loro interesse
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    Un Learning Object (oggetto didattico) è una risorsa educativa, principalmente digitale, di cui l'insegnante, il tutor o lo studente si servono per studiare. Si può definire anche come un blocco, un'unità di contenuto a sè stante, sulla quale si basa un percorso di apprendimento. Ogni LO è costituito da varie parti: slides, foto, testo, grafica ecc. Combinando o scomponendo i diversi oggetti, l'insegnante può creare percorsi di apprendimento ogni volta diversi l'uno dall'altro, pertanto i LO godendo di questa struttura modulare e flessibile sono spesso utilizzati per una didattica individuale e personalizzata. Lo scopo del LO è quello di dare un'informazione strutturata tale che al termine del servizio formativo il fruitore abbia acquisito esperienza, conoscenza e arricchito la propria cultura. Dal punto di vista pratico, invece, un LO è progettato per essere riusato e operabile su diverse piattaforme di e-learning, con grande risparmio di costo e tempo. Oggi i LO sono sempre più sofisticati, studiano infatti il profilo del fruitore sia dal punto di vista delle sue conoscenze pregresse sia dal punto di vista meta-cognitivo, in questo modo il risultato finale risulta più che efficace.
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    Che cos'è un Oggetto Didattico (OD)? Reperire in Internet risorse educative di cui l'insegnante o lo studente possano servirsi per studiare, autoformarsi o insegnare non è cosa semplice, anche perché le pagine presenti nel web aumentano sempre di più e i motori di ricerca forniscono informazioni soltanto sulle pagine web più superficiali di un sito, tralasciando quelle che l'utente raggiungerebbe se approfondisse la navigazione. La progettazione di un OD, invece, è mirata a superare tali ostacoli tecnici e documentari. Un Oggetto Didattico è un blocco di apprendimento autonomo, coerente, unitario e riusabile che risponde a un singolo determinato obiettivo di apprendimento/insegnamento. Un Oggetto Didattico è come una molecola Una metafora aiuterà a capire meglio. Un Oggetto Didattico viene spesso paragonato a una molecola. Così come questa è composta da atomi (fatti di elettroni, protoni, quark, eccetera), ogni singolo Oggetto è costituito da varie parti (foto, testo, suono, grafica). L'insegnante è, quindi, il chimico che conosce le formule e la materia, ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento ed è esperto della propria disciplina. In sostanza è in grado di utilizzare uno o più Oggetti, scomporli e crearne di nuovi. Combinando insieme Oggetti diversi si possono realizzare percorsi di apprendimento diversi. Un docente può creare un iter di apprendimento/insegnamento legando Oggetti nell'ordine che soddisfa specifici obiettivi didattici e che meglio si adatta agli stili cognitivi e di apprendimento degli specifici allievi cui si rivolge. Gli Oggetti Didattici, per la loro natura modulare, semistrutturata e flessibile sono di enorme supporto alla didattica individualizzata e possono quindi essere utilizzati così come sono oppure scomposti e i singoli elementi utilizzati per costruirne di nuovi. La riusabilità innanzitutto Da un punto di vista tecnico, invece, un Oggetto Didattico è progettato in modo da essere riusabile e int
ANNALISA PASCUCCI

NUOVI STRUMENTI FORMATIVI PER BAMBINI CON DISABILITA' - 2 views

METODOLOGIE E TECNOLOGIE TECNOLOGIE DIDATTICHE PER L'INTEGRAZIONE: UN PORTALE PER LA SCUOLA di Lia Daniela Sasanelli (1) L'integrazione dei disabili si configura come un tema di grande attual...

BAMBINI STRUMENTI TECNOLOGIE DISABILITA'

started by ANNALISA PASCUCCI on 21 Jun 13 no follow-up yet
Marco Dozza

LA COMPETENZA DISTRIBUITA NELLA CLASSE - 3 views

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    Documento che descrive lo sviluppo di una comunità di apprendimento in una classe, quindi un apprendimento con competenze distribuite. Illustra come cambiare il metodi per l'apprendimento.
Ivan Romano

I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
alexaballarin

L'intelligenza emotiva secondo Daniel Goleman: una chiave per il successo! - COMPRENDER... - 0 views

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    autoconsapevolezza, autocontrollo ed empatia elementi per il successo.
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    Questo articolo della Dott.ssa Laura Caminiti propone una sintesi del costrutto di Intelligenza Emotiva formulato da Daniel Goleman, con cui va ad identificare quel tipo di intelligenza che ci permette di fare un corretto uso delle emozioni, portandoci così a poter raggiungere successi personali e professionali, ponendo l'accento sulla forza delle emozioni. Questo tipo di intelligenza si basa su tre abilità fondamentali: autoconsapevolezza, autocontrollo ed empatia. Questi aspetti si basano su due grandi competenze : la competenza personale e quella sociale. Ho trovato molto utile questo articolo perché spiega in maniera molto semplificata e chiara la teoria di Goleman.
barbararughetti

L'intelligenza - 0 views

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    L'articolo affronta il tema dibattuto sulla definizione di "intelligenza", passando in rassegna le diverse fasi storiche e le rispettive teorie sviluppate sul tema. Si passa dalla concezione di intelligenza unitaria come capacità di problem solving o come possesso di particolari abilità e competenze, ai test psicometrici per definire l'età mentale, per giungere al concetto di molteplici tipi di intelligenza che si sviluppano anche tramite strumenti come il linguaggio e in determinati contesti socioculturali.
mpuricelli

Apprendimento collaborativo - Wikipedia - 4 views

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    La tematica dell'apprendimento collaborativo è tratta da Wikipedia. L'articolo dà una definizione di apprendimento collaborativo, descrive gli strumenti utilizzati in questa specifica modalità di apprendimento, sottolinea l'importanza della figura del Tutor come mediatore tra docente e gli studenti.
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    Apprendimento che si basa sull'interazione all'interno di un gruppo di persone che collaborano, attraverso un lavoro di approfondimento e di apprendimento che porterà alla costruzione di nuova conoscenza. Nuova visione pedagogica e didattica
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    che credo si possa inserire nel più ampio "contenitore" dell'apprendimento significativo
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    Studiando la struttura di un apprendimento che possa essere definito collaborativo, mi sovviene il più ampio quadro dell'apprendimento significativo. Quest'ultimo venne teorizzato da molti studiosi, come Ausubel e Novak, che evidenziarono come fosse necessaria la collaborazione tra gli attori dell'apprendimento per far si che questo fosse una re-interpretazione delle conoscenze trasmesse dal docente mediante opportuni stimoli, e che ogni discente si appropri di un capitale conoscitivo ritracciabile nella sua memoria a lungo termine e nelle sue produzioni didattiche caratterizzate da creatività (identificata come il più alto livello di apprendimento in quanto permette e stimola la scoperta). Senza la collaborazione e condivisione presenti in apprendimenti collaborativi non ci sarebbero quindi apprendimenti significativi.
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    È importante puntualizzare secondo me la differenza tra apprendimento collaborativo e cooperativo che non sono sinonimi: apprendere in modo cooperativo presuppone una divisione dei compiti tra i componenti che fanno parte del team, mentre quello collaborativo prevede uno sforzo unico, collettivo per raggiungere l'obiettivo. L'apprendimento collaborativo favorisce l'inclusione, dando valore alla diversità di ogni individualità e prepara i discenti al confronto critico, permettendogli di fare valere le proprie idee e, allo stesso tempo, essere capaci di cambiare il proprio punto di vista. L'apprendimento collaborativo favorisce lo sviluppo di competenze di leadership, di public speaking e di ascolto, fondamentali per quanto riguarda la crescita personale e quella formativa o lavorativa, rende consapevoli i collaboratori dei propri punti di forza e delle proprie lacune e di come si possa colmarle. In azienda ,migliora il rendimento e il coinvolgimento dei dipendenti, agevolando il loro rapporto con la stessa. Dal lato didattico si è dimostrato particolarmente efficace in situazioni in cui è necessario risolvere un problema (problem solving). Ragionare, condividere ed esplicitare ed esporre le proprie competenze tacite, favorisce il raggiungimento di una soluzione efficace. In questo processo i partecipanti riescono a dare un nuovo significato alle conoscenze integrandole con quelle già possedute in un contesto nel quale per raggiungere il risultato finale è necessario il ruolo e l'impegno di tutti i membri del gruppo, interdipendenti fra di loro.
aliceice

Chat GPT: l’intelligenza artificiale che ci costringe a pensare – Education... - 0 views

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    In Questo articolo scritto da Mario Fieri, esperto di tecnologie, educazione e cultura, presso la Rivista Education 2.0, presenta una nuova forma di intelligenza artificiale, ChatGPT, che "Pretende di simularci in quanto intellettuali". Riporta una domanda posta da Alan Turing nel 1950 "le macchine possono pensare?" Ma la vera domanda é "le risposte che una macchina da alle domande, sono distinguibili o meno da quelle di una persona?, procedendo con un excursus sull'intelligenza artificiale, nel tentativo di sviluppare macchine con abilità linguistiche avanzate, Fieri scrive che, il successo dell'IA si deve al machine learning, frutto dell'osservazione di Turing il quale sottolineó che l'essere umano non nasce con strutture cognitive complete ,ma con una struttura iniziale, che attraverso le esperienze permette di apprendere. ( Il Sistema di chatGPT, é un IA generativa, in grado di produrre su richiesta risposte di ogni tipo, spiegazioni, interpretazioni, illustrazioni, soluzioni ai problemi, può persino scrivere poesie, saggi, testi su questioni filosofiche e scientifiche. Un caso di automazione di processi mentali, processi mentali guidati da uno scopo, é qui che sta il confine con il pensiero umano, quest'ultimo al contrario capace anche di sognare e di "filosofeggiare" senza meta. Cambieranno tuttavia le competenze di cui necessitiamo?alcune competenze diverranno automatizzate? e ancora, se i sistemi "rubano l'intelligenza", forse questo promuove un tipo di intelligenza ancora piú complessa? o potremmo passare dal rispondere alle domande a porre domande, via via sempre pii complesse. È chiaro allora che come con qualsiasi altra tecnologia, la scuola é inevitabilmente coinvolta, e le scelte possibili sono, ignorare o proibire, scelta che sembra perdente giá in partenza, oppure possiamo imparare a conviverci, anzi, dobbiamo proprio imparare ad utilizzarli con intelligenza.
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