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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged Sanità

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barbararughetti

Perchè fare empowerment dei professionisti della sanità? - 0 views

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    L'articolo tratta il tema della cognizione distribuita all'interno delle professioni sanitarie. Si affronta il problema della penetrazione di questo tipo di cognizione nell'ambito della sanità, in cui si fatica a distaccarsi dall'idea di competenze individuali del professionista. Si tratta di educare questi professionisti nella ridefinizione della loro identità professionale, passando dalla concezione del possesso personale di competenze a quella della distribuzione dinamica delle competenze.
saracatenaro

Apprendimento distribuito in Sanità: prospettive e barriere | Agenda Digitale - 0 views

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    In genere quando si parla si apprendimento distribuito si pensa ad un modello didattico in cui l'apprendimento che coinvolge studenti, insegnanti e contenuti è decentralizzato e collocato in luoghi diversi. In questo interessante articolo l'apprendimento distribuito viene proposto come strategia per la collaborazione multi-istituzionale in ambiente sanitario, nella ricerca e nella pratica clinica. La ricerca medica basa la sua affidabilità sull'analisi di grandi numeri e sulla generabilità dei risultati, vincoli che, grazie anche all'utilizzo dell' A.I., possono essere superati attraverso l'apprendimento distribuito che consente la collaborazione tra i diversi centri utilizzando vari modelli di apprendimento automatico all'interno di una rete di nodi, ognuno con una serie di dati. Si aggirano così i vincoli della normativa sulla privacy in quanto non vengono condivisi i dati del paziente, ma solo i dati post-elaborati. Uno degli spunti più innovativi è senza dubbio l'approccio 'Digital Twins' per integrare l'analisi di grandi quantità di dati in un quadro dinamico: si costruisce il modello digitale di un singolo paziente (profilo molecolare e biologico, stile di vita, ecc.) per testare virtualmente i vari trattamenti possibili. I limiti attuali nell'utilizzo dell'apprendimento distribuito in ambito clinico/sanitario sono per lo più vincoli di tipo tecnico, che presto potrebbero essere superati dall'utilizzo di risorse open source. Senza dubbio ampliare la sperimentazione al campo sanitario non può che giovare anche all'ambito educativo, che potrà beneficiare di ricerche innovative e su larga scala le quali richiedono risorse che raramente sono destinate alla didattica.
Ivan Romano

I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
Antonella Cavallaro

Smartphone e tablet nell'autismo - 19 views

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    Un' altro esempio di quanto detto precedentemente... NUOVI DEVICE MOBILI E AUTISMO La strategia visiva nel trattamento dell'autismo si basa tradizionalmente su tavole ricche di immagini, raccolte in quaderni spesso ingombranti, che mal si prestano ad un uso di comunicazione rapida con il bambino, utile soprattutto nei momenti di crisi.
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    Bell' articolo! Lavoro con bambini disabili e in molti casi con bambini autistici. Alcuni bambini mostrano i segni di ASD all'età di due anni, ma a volte una diagnosi potrebbe non essere possibile fino a tre o più anni. C'è una quantità significative di ricerche che indicano che con un intervento precoce si puo' massimizza i risultati e migliorare lo spettro autistico. Questo link se mostrato a molte famiglie potrebbe migliorare le condizioni di vita del figlio.Complimenti Antonella
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    L'utilizzo di strumenti tecnologici come tablet e smartphone usati come mezzi per la comunicazione alternativa o, in alcuni casi, aumentativa nell'autismo è stata un'importante innovazione. Ha concesso e concede a molti bambini e ragazzi con disturbi del linguaggio di esprimersi e di farsi capire da tutti, anche da chi non fa parte della propria cerchia familiare, obiettivo che invece è scarsamente raggiunto da altri mezzi di comunicazione come la lingua dei segni (che non tutti comprendono)
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    Articolo interessante. Altro aspetto da sottolineare, a mio avviso, è la maggiore motivazione scaturita dall'oggetto elettronico rispetto al quaderno con le immagini da staccare o indicare. L'apprendimento dell'abilità comunicativa richiede un esercizio costante, ripetuto e duraturo nel tempo; di conseguenza, se l'utilizzo dello strumento elettronico risulta in sé maggiormente motivante per il bambino, ne consegue una maggiore motivazione all'esercizio, agevolando l'acquisizione dell'abilità comunicativa.
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    Trovo il link appropriato rispetto ai contenuti del corso, infatti spiega l'utilizzo di una psicotecnologia, in questo caso lo smartphone, al fine riabilitativo. E' interessante notare come le psicotecnologie sono ormai applicabili ad ogni ambito della società tra i quali c'è sicuramente quello sanitario, anche se (almeno in Italia) secondo me andrebbe decisamente implementato. Infatti ho potuto notare attraverso i tirocini professionalizzanti che tendenzialmente vengono ancora utilizzati libri e figure sia per la valutazione che per la riabilitazione, nelle maggior parte delle strutture sanitarie italiane. Per raggiungere l'obiettivo dell'innovazione tecnologica in Italia, sia nella scuola che nella sanità, c'è ancora una lunga strada da percorrere.
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    Articolo molto interessante che sottolinea l'utilità' delle nuove tecnologie, nello specifico smartphone e Tablet, per tutte le persone autistiche e le loro famiglie. Un mio amico da qualche mese sta utilizzando questo tipo di device con il figlio di 8 anni. La possibilità' di interagire con simboli ed immagini lo aiutano a calmarsi visto i suoi tanti momenti di agitazione ed aggressività e la non possibilità' di comunicare verbalmente.' In un periodo dove le nuove tecnologie vengono etichettate come pericolose e dannose ( per esempio videogiochi), in questo caso possono diventare uno strumento di aiuto.
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    Trovo il link appropriato, è interessante quanto le tecnologie possano essere sia di utilizzo quotidiano che specifico, insomma la loro versatilità - o meglio quella dell'essere umano nel sfruttarle interamente.
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    Il tema dell'articolo è molto interessante perché mostra come le tecnologie possono essere utili nella relazione con bambini e ragazzi in difficoltà. Tutto diventa immediato e di facile accesso e si riducono i tempi per la creazione di nuovo materiale da lavoro.
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    le tecnologie possono essere utili nella relazione con bambini e ragazzi in difficoltà.I bambini con bisogni speciali richiedono particolare attenzione per lo sviluppo di competenze sociali. Mettere a disposizione elementi visivi che possono veicolare contenuti e istruzioni utili ai bambini, con la possibilità aggiuntiva di integrare testi (in qualunque lingua) e registrare la propria voce.
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    Per rimanere nel tema dell'autismo: L'articolo che segue presenta l'attività svolta di Media Education con un ragazzo che presenta disturbi dello spetro autistico che ha prodotto nei suoi esiti finali un corto metraggio d'animazione. Oggetto di una tesi magistrale in Scienze dell'Educazione, che ha vinto il Premio Giannatelli nel 2018. L'articolo evidenzia come attraverso l'uso dei media si può lavorare sui deficit relazionali e comunicativi che caratterizzano alcune patologie come l'autismo. Si tratta di un percorso attraverso l'uso delle arti terapie: un laboratorio video e cinematografico che avrà esiti formativi e riabilitativi. L'articolo descrive un'esperienza che utilizza linguaggi multimodali (scrittura, musica, fotografie, montaggio) e mette in evidenza come questa varietà di codici e tecnologie ha permesso un'estensione di un Sè corporeo e psicologico, permettendo di uscire dall'isolamento. https://oaj.fupress.net/index.php/med/article/view/8838/8412
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    Lo strumento visivo con immagini si rileva molto importante per un apprendimento con sviluppo atipico. In particolare nei pazienti con diagnosi di "spettro dell'autismo", la tecnologia digitale è di vitale importanza, poichè permette di impiantare le basi di una vita dignitosa e di interazione con l'altro; con lo strumento digitale il bambino impara a chiedere ciò di cui ha bisogno e viene gratificato immediatamente per fargli apprendere quel determinato comportamento. Inoltre con lo strumento digitale si ha una disponibilità immediata di più immagini rispetto le tesserine cartacee, anche se in determinati casi i neurologi infantili danno disposizione delle peacs per poi passare al LIAR. Il tablet e lo smartphone sono utili per installare programmi appositi per l'utilizzo della CAA (comunicazione aumentativa ed alternativa) per incrementare la comunicazione nelle persone che hanno difficoltà nel linguaggio e sono strumenti funzionali utilizzati per la costruzione della frase minima.
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    L'articolo evidenzia come attraverso l'uso dei media si può lavorare sui deficit di relazione e comunicativi. Le immagini sono importanti nell'apprendimento umano, in particolare in presenza di disturbi come quello dello spettro autistico la tecnologia digitale è importantissima poiché permette al bambino di esprimersi meglio, gratificarsi immediatamente e dunque apprendere più rapidamente. L'articolo descrive un'esperienza che utilizza linguaggi multimodali (scrittura, musica, fotografie, montaggio) e mette in evidenza come questa varietà di codici e tecnologie ha permesso un'estensione di un Sè corporeo e psicologico, consentendo la comunicazione e permettendo di uscire dall'isolamento.
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    La strategia visiva è un'importante metodologia di trattamento per l'autismo, come evidenziato nell'articolo, l'utilizzo di strumenti digitali come smartphone e tablet possono rappresentare una soluzione pratica ed accessibile, offrendo una vasta gamma di funzionalità personalizzabili oltre che ad applicazioni specifiche per un apprendimento di tipo atipico. Penso che possa rappresentare un'importante opportunità per migliorare la comunicazione e l'interazione.
mtripepi

Psicotecnologia: come la realtà virtuale stravolge le categorie di spazio e d... - 0 views

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    Condivido con voi questo articolo in cui viene messo in risalto l'impatto della realtà virtuale sulle concezioni di spazio e tempo. In particolare, secondo l'autrice, è necessario prestare attenzione agli adolescenti che preferiscono ritirarsi nel cyber-spazio per bypassare le implicazioni psichiche di essere-in-un-corpo e le ansie che ne possono derivare.
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    Interessante articolo sulla percezione dello spazio e del tempo e l'abitare in spazi non materiali. Riflessione sulle realtà alternative a quelle materiali che possiamo creare con le psicotecnologie.
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    La psicoanalista Benedetta Guerrini Degl'Innocenti ci propone una definizione completa ed esauriente di ''Psicotecnologie'' citando importantissimi studiosi del campo.
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    Articolo molto interessante riguardo l'impatto sia presente che futuro, sono pienamente d'accordo con ciò che viene detto riguardo all'uso di esso, ovvero che è neutrale, ma ci possono essere delle deviazioni: utilizzando lo spazio virtuale per controllare, perversione, o per qualcosa di buono, (es. temporaneo rifugio psichico per proteggere o riparare un sé fragile).
laurabaragiola

Psicotecnologia: come la realtà virtuale stravolge le categorie di spazio e d... - 0 views

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    questo articolo parta dell'enorme evoluzione della tecnologia virtuale degli ultimi decenni, tanto che Kerckhove, sociologo e giornalista Canadese, ha definito questo nuovo spazio "Tecnologia della mente o psicotecnologia". parla dello spazio virtuale e di come adolescenti e ragazzi spesso si rifugiano in esso e di come spesso il mondo virtuale viene utilizzato per gestire il disagio che gli adolescenti provano nelle mutazioni del loro corpo. il cyberspace è fondamentalmente uno spazio nel quale si può sentire di avere il controllo di ciò che accade; infatti in quello spazio la realtà si può controllare e anche manipolare. quanto può essere quindi più facile per un adolescente entrare in un mondo nel quale puoi sentire di avere totalmente il controllo, dove ciò di cui hai bisogno può essere raggiunto e ottenuto semplicemente con un semplice click. l'articolo in sostanza cerca di identificare i lati positivi del mondo virtuali in relazione alla crescita e alle problematiche adolescenziali, sottolineando anche come lo spazio virtuale può essere utilizzato in maniera positiva o negativa e di come Internet si possa considerare un oggetto buono se lo spazio virtuale viene usato per dare potenzialità di sviluppo.
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