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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged Internet

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Giuseppe Del Grosso

MediaMente: "L'apprendimento online" - 0 views

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    "L'apprendimento online" SOMMARIO: La formazione on line è un processo di apprendimento mediato dal calcolatore dove i corsi vengono distribuiti attraverso un Cd-Rom o Internet (1). I vantaggi dell'apprendimento online sono numerosi. (2). L'apprendimento on line offre il vantaggio di poter continuare la propria crescita personale anche oltre la tradizionale età scolare. (3). Un portale didattico è un punto di ingresso su Internet dove l'utente può raggiungere dei corsi di formazione on line su qualunque materia. (4) L'intervistato spiega cos'è un portale didattico. (5). Il futuro dell'apprendimento on line è legato molto all'infrastruttura di base che supporta oggi Internet. (6). L'intervistato spiega qual è l'architettura di un corso on line. (7). Oggi si tende a eliminare la figura del programmatore e di permettere all'esperto del contenuto di creare lui stesso il materiale. (8). L'Iintervistato spiega che cosa sta succedendo oggi in Italia nella formazione on line. (9) L'insegnamento on line non può completamente sostituire quello tradizionale. (10) L'intervistato da una spiegazione di cos'è la tecnica Smile. (11) La presenza italiana all'estero, nel campo della information and communication tecnology, si è incrementata negli ultimi anni. (12) In America Le aspettative da parte della società per cui si lavora sono molto elevate. (13) -------------------------------------------------------------------------------- INTERVISTA: Domanda 1 Cos'è la formazione on line e quali possono essere i vantaggi dell'apprendimento on line? Risposta La formazione on line è un processo di apprendimento mediato dal calcolatore dove i corsi vengono distribuiti attraverso un Cd-Rom o Internet. Ora la definizione si è evoluta ormai solamente per definire la distribuzione di corsi attraverso Internet in quanto i Cd-Rom stanno ormai perdendo la loro importanza in questo settore. Domanda 2 Quali p
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INTERVISTA A Derrick De Kerckhove - 31 views

  • Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie ‘fisiche’, come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. Lo schermo, adesso, ci dà due forme di ‘mentalità’: una, quella della TV, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. I contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. In entrambi i casi, comunque, si tratta di estensioni della mente, estensioni della psicologia ovvero di psico-tecnologie. Non valeva la pena di coniare questo nuovo termine se non ci fosse stata l’enorme diffusione di ‘psicotecnologia’ rappresentata da Internet. Internet è proprio una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata ma fatta collettiva. Cosa dire, poi, della realtà virtuale? Si tratta di un'altra forma di estensione psico-tecnologica che ci permette di penetrare nello schermo e di accedere ad un mondo che è come un immaginario oggettivo. Oggi stiamo vivendo la rivoluzione della tecnica, stiamo passando dal mondo della TV a quello di Internet; dal mondo del pensiero pubblico, della coscienza, della mente pubblica della TV, alla mente privata del computer. Il nome del vostro programma, MediaMente, vuol dire psico-tecnologia: mediamente è insieme ‘media e mente’: la connessione tra il linguaggio e l'organizzazione mentale.
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    Per De Kerckhove le psicotecnologie sono una scienza che riunisce tecnologia e psicologia, è lo studio dei nuovi linguaggi , è una scienza che attraverso gli strumenti, cioè le tecnologie che utilizziamo nella nostra attività quotidiana, ha effetti sulla mente. Le nuove tecnologie le utilizziamo nella nostra attività quotidiana. Le persone ,attraverso un nuovo strumento che può essere Twitter o Facebook, creano un nuovo linguaggio, un nuovo formato che definisce uno stile di comunicazione, quindi l'effetto è che le persone stesse creano un nuovo linguaggio. In questo contesto, le psicotecnologie studiano il rapporto tra tecnologie e cognizione e studiano l'impatto che l'uso delle nuove tecnologie esercita nella trasformazione dei nostri processi cognitivi ( la comunicazione, la memoria, l'apprendimento, l'attenzione, etc.).
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    Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie "fisiche", come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia, le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano" (De Kerckhove, 1998). Dalla scrittura, alla stampa e poi la radio, il telefono,la televisione e oggi il personal computer ed Internet queste tecnologie hanno modificato profondamente le caratteristiche sia del mondo esterno che delle nostre strutture cognitive interne. Grazie alle psicotecnologie l'uomo ha quindi esteso le capacità e le potenzialità della propria mente, potendo così superare tempo e spazio nella comunicazione: il desiderio di muoversi a proprio piacimento nello spazio e nel tempo, uscendo fuori dal corpo e dalla mente e trascendendoli attraverso le proiezioni tecnologiche, è sempre stato uno delle più forti attrattive per il genere umano.
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    Le tecnologie stanno sviluppando un potenziale che solo pochi anni fa era sconosciuto per l'essere umano. La possibilità di essere connessi 24h al giorno ha dell'incredibile e lo spazio non è un problema. Tutto questo è opera dell'uomo e della sua intelligenza: ma gli strumenti sono quello che hanno permesso tutto ciò.
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    Introduzione: Dopo aver preso visione delle varie definizioni a mio giudizio accurate del termine da parte dei membri di questo gruppo, mi sembra adeguato completare tale quadro concettuale sottolineando alcuni aspetti salienti del termine messi in luce da De Kerckhove. Pertanto di seguito riporto l'intervista della trasmissione televisiva e telematica MediaMente a Derrick De Kerckhove a Bologna, il 20/09/98, alla quale seguirà il mio commento. INTERVISTA: Domanda 1 Lei ha scritto che il computer è una psico-tecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psico-tecnologie. Che cosa intendeva dire? Risposta Si tratta delle tecnologie normalmente associate alla lingua e che sono proprio una forma di estensione del pensiero. E' importante capire che il pensiero di cui parlo è scaturito dalla possibilità di leggere. Adesso, invece, il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente. La televisione è una psico-tecnologia di tipo generale, globale, collettiva; il computer è una psico-tecnologia in cui noi abbiamo la possibilità di esercitare un potere sullo schermo del computer. Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. Lo schermo, adesso, ci dà due forme di 'mentalità': una, quella della TV, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. I contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. In entrambi i
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    Introduzione: Dopo aver preso visione delle varie definizioni a mio giudizio accurate del termine da parte dei membri di questo gruppo, mi sembra adeguato completare tale quadro concettuale sottolineando alcuni aspetti salienti del termine messi in luce da De Kerckhove. Pertanto di seguito riporto l'intervista della trasmissione televisiva e telematica MediaMente a Derrick De Kerckhove a Bologna, il 20/09/98, alla quale seguirà il mio commento. INTERVISTA: Domanda 1 Lei ha scritto che il computer è una psico-tecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psico-tecnologie. Che cosa intendeva dire? Risposta Si tratta delle tecnologie normalmente associate alla lingua e che sono proprio una forma di estensione del pensiero. E' importante capire che il pensiero di cui parlo è scaturito dalla possibilità di leggere. Adesso, invece, il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente. La televisione è una psico-tecnologia di tipo generale, globale, collettiva; il computer è una psico-tecnologia in cui noi abbiamo la possibilità di esercitare un potere sullo schermo del computer. Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. Lo schermo, adesso, ci dà due forme di 'mentalità': una, quella della TV, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. I contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. In entrambi i
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    INTERVISTA: Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente cos come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV una psico-tecnologia, il computer una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile la tecnologia che estende il piede e la pelle la tecnologia che estende la mano.
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    L'intervista a De Kerckhove mette in risalto che tutte le nuove tecnologie elettroniche (TV, computer, ecc.) finiscono per costituire un'estensione della nostra mente, inoltre, ci consentono di metterci in contatto con il mondo azzerando il tempo e lo spazio e favorendo lo sviluppo della collaborazione e quindi di una intelligenza connettiva (e a questo punto direi anche collettiva). Ultima ma non meno importante considerazione di De Kerckhove è la necessità di far accedere i bambini a questi strumenti sin da piccoli e attraverso la scuola.
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    Per riprendere una definizione di De Kerckhove, i blog costituiscono la rappresentazione della maturità delle Rete. Non sono una mera forma di esibizione dell'io, ma rappresentano il rapporto con gli altri. Attualmente circa il 60% dei blog sono diari personali. Ogni giorno vengono creati circa 15.000 nuovi weblog. I weblog hanno un enorme potenziale destabilizzante del sistema, perché consentono a chiunque di pubblicare qualsiasi tipo di materiale senza bisogno di un editore. Se a livello tecnologico non rappresentano una novità, in quanto sono il modello più semplice di sistema per la gestione dei contenuti (Content Manager System), lo sono a livello di significato e di ripercussioni che comportano.
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    Ecco delle risposte esaustive per capire al meglio le psicotecnologie. Le psicotecnologie sono una scienza, non ancora classificate come una scienza, ma riuniscono la tecnologia e la psicologia. Le psicotecnologie sono delle tecnologie che amplificano il potere della nostra mente e hannp degli effetti sulla mente dato che gestiscono il linguaggio. Si tratta dello studio di come la lingua che è il nostro strumento principale sia per comunicare e anche per pensare viene trasformato dalla tecnologia di supporto e di come diventa una cultura diversa. Il motivo di ciò sta nel fatto che ovviamente la lingua rappresenta una parte molto intima di noi stessi, soprattutto al livello del pensiero, ma anche del discorso. Il sistema di supporto che veicola il linguaggio modifica la modalità di utilizzazione del linguaggio sia in pubblico sia nell'intimità del proprio pensiero. Condiziona le notre idee e la nostra posizione nello spazio e la nostra idea di uso del tempo.
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    Condivido con te, il cambiamento che le psicotecnologie hanno avuto sulla nostra vita quotidiana. L'essere qui e contemporaneamente li, stare soli a casa e contemporaneamente in compagnia di amici che chattano con te, magari dall'altra parte del mondo. Gli spazi sembrano azzerarzi e così il tempo di trasmissione dei contenuti diviene ormai istantaneo. Da ciò ne deriva anche una perdita della privacy. Basta entrare su facebook per capire dalle foto, se hai famiglia o sei single, da quello che scrivi, ti piace o condividi, come sei, e quello che ti piace o quello che vorresti essere.
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    Molto interessante questo articolo. Ritengo le psicotecnologie una rivoluzione, convengo che abbiano avuto un ruolo incisivonell anostra vita. SIcuramente ritengo siano cambiamenti postivi, di miglioramento delle nostre conoscenze. Abbiamo la possibilità di produrre conoscenza , di scambiarla e costruirla tramite le tecnologie che siano web o tv. A mio avviso l'essere sempre connessi è un modo per estendere la nostra mente e il nostro sapere. De Kerckhove ritiene che tali veicoli possano essere utili per l' apprendimento per i bambini. Sono d'accordo in quanto hanno la possibilità di apprendere più velocemente amplificando le loro capacità e potenzialità nello stesso tempo. La condivisione del sapere permette l'apprendimento che può essere in questo caso anche divertimento.
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    DdK "Eccoci nell'era delle psicotecnologie" Articolo molto interessante del prof DeKerckhove su cosa intende per psicotecnologie e sull'estensione delle dimensioni del pensiero offerte da internet. "Internet è proprio una forma di estensione dell'intelligenza e della memoria privata ma fatta collettiva." Una riflessione che nel 1998 gia' preconizzava l'utilizzazione delle risorse distribuite in rete, accessibili per mezzo degli strumenti tecnologici condivisi (facebook viene lanciato nel febbraio 2004)
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    Come le tecnologie meccaniche sono estensione del corpo, vedi la macchina o la bicicletta estensione del piede, le psicotecnologie rappresentate dalla televisione e dal computer sono estensione della mente .Ma mentre la televisione e' una psicoteconologia di tipo collettivo il computer e' una forma privata di espressione cognitiva che si fa collettiva. Kerckhove all'epoca esprimeva l'opportunita' di dare accesso a questi nuovi strumenti al mondo della scuola ,fin dall'infanzia ,in modo da poter sviluppare una connessione universale e preparare le basi per una nuova economia.L'insegnamento , spiega, deve essere fatto di stimoli e non di spiegazioni.In aula questo si concretizza con la realizzazione di prodotti multimediali e lo sviluppo del lavoro di gruppo . Quello che si e' fatto oggi in Italia sull'argomento e' fermo a discussioni tra politici sull'"agenda elettronica" e sul digital divide . Mi viene spontaneo confrontare l'intervista di Kerckhove fatta nel 1998 con la situazione attuale in Italia su questi temi. Per esempio il tema della "intelligenza collettiva" che secondo il sociologo accelera la capacita' di apprendimento delle persone e dei gruppi. Pensando all'Italia leggevo che ogni singola Istituzione o Ministero ha un proprio centro di elaborazione dei dati ,e molti di questi non sono neanche collegati tra di loro.Credo basterebbe poco mettere a fattor comune le informazioni e contribuire allo sviluppo e la democratizzazione del Paese facendo viaggiare le informazioni invece che le persone.
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    In una intervista del '98 per il programma RAI MediaMente, De Kerckhove definisce le psico-tecnologie come le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. Oggi il mondo esterno passa attraverso lo schermo della televisione o del computer che hanno preso il posto delle pagine dei libri. De Kerckove parla di due tipi di mentalità che scaturiscono dal rapportarsi con lo schermo: una mentalità pubblica legata allo schermo televisivo, dove ciò che appare è dato da una produzione esterna ed una mentalità privata legata a quello del computer dove siamo noi ad esercitare potere sui contenuti. Entrambi i casi producono un estensione della mente, un'estensione della psicologia, da cui deriva il termine coniato dal Professore appunto psico-tecnologie . Riguardo al termine De Kerckhove asserisce che la necessità di crearlo si è manifestata con la grande diffusione di Internet che è appunto un'estensione dell'intelligenza e della memoria introdotte nella collettività.
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    Credo di aver capito che, più che una scienza che agisce sulla mente attraverso la tecnologia, le psicotecnologie siano quelle tecnologie che creano una vera e propria estensione della mente, una sorta di vera e propria estensione fisica come lo è (riportando gli esempi di De Kerckove) il pedale della bicicletta per il piede.
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    intervista 
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    INTERVISTA: Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente cos come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV una psico-tecnologia, il computer una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile la tecnologia che estende il piede e la pelle la tecnologia che estende la mano.
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    Secondo l'autore Derrick De Kerckhove, una psicotecnologia è una qualsiasi tecnologia che emuli, estenda o amplifichi il potere della nostra mente. Di fatto, in un suo intervento durante il dibattito dal titolo " ECCOCI NELL'ERA DELLE PSICOTECNOLOGIE" (Bologna, 1998) l'autore ha avallato tale definizione così come testualmente riportato nel passo dell'intervista sotto riportato: DOMANDA "Lei ha scritto che il computer è una psicotecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psicotecnologie. che cosa intendeva dire?" RISPOSTA "si tratta delle tecnologie normalmente associate alla lingua e che sono proprio una forma di estensione del pensiero. E' importante capire che il pensiero di cui parlo è scaturito dalla possibilità di leggere. adesso, invece, il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente. la televisione è una psicotecnologia di tipo generale, globale, collettiva; il computer è una psicotecnologia in cui noi abbiamo la possibilità di esercitare un potere sullo schermo del computer. Le psicotecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie 'fisiche', come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La tv è una psicotecnologia, il computer è una psicotecnologia. Io penso che le psicotecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. lo schermo, adesso, ci dà due forme di 'mentalità': una, quella della tv, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. i contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. in entrambi i casi, comunque, si tratta di estensioni della mente, estensioni
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    Il prof. De Kerckhove sintetizza in modo esaustivo il concetto dell'influenza delle nuove tecnologie sulla psiche umana.
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    le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente: l'automobile o la bicicletta è una estensione del corpo, il computer è una estensione della mente come contenuti. Internet è proprio una forma di estensione dell'intelligenza e della memoria privata ma in modo collettivo, data dalla cooperazione di più individui. Oggi stiamo vivendo la rivoluzione della tecnica, stiamo passando dal mondo della TV a quello di Internet; dal mondo del pensiero pubblico, della coscienza, della mente pubblica della TV, alla mente privata del computer. Necessità di perfezionare nuove forme di didattica a distanza per permettere una continua formazione, oggi non disponibile. Necessità di una intelligenza collettiva che permetta di presentare idee creativa nate dalla collaborazione di più individui connessi in ogni luogo, attraverso i sistemi comunicativi ed informativi per giungere alla globalizzazione della cultura. Le nuove tecnologie aiutano a fissare trasmettere e manipolare l linguaggio parlato, c'è una rinnovata diffusione della pratica del leggere e dello scrivere.
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    Le Psicotecnologie sono le tecniche attraverso cui l'intelligenza diventa connettiva (prima era semplicemente cognitiva), estendendosi e permeando la cultura contemporanea. Non possiamo prescindere da esse, sostiene De Kerckhove, se vogliamo progredire tecnologicamente ed evolutivamente. La conoscenza Psicotecnologie sta alla base del loro utilizzo e sempre più dobbiamo impossessarcene per mettere un piede nel futuro e non farci cogliere impreparati. Questo non significa diventare perfetti informatici ma adeguarci al progredire della scienza per sfruttarne i massimi benefici e limitarne al massimo i danni.
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    Il sociologo e giornalista spiega attraverso un'intervista strutturata il concetto di psicotecnologia, l'importanza dell'accesso di questi strumenti nel mondo dei bambini, la funzione di strumenti quali i videogame.
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    La psicotecnologia è quella branca della psicologia generale che studia l'impatto psicologico dell'utilizzo delle tecnologie, soprattutto quelle associate alla lingua: esse, in breve, producono fondamentali ripercussioni sul nostro modo di pensare e di comunicare, in quanto richiedono che l'intelletto umano utilizzi le sue capacità in maniera differente dal passato; se questi modi di impostare la mente si stabilizzano e si sedimentano nel loro utilizzo, allora cambierà la nostra percezione del mondo, il nostro modo di organizzare il cervello, il nostro modo di agire. La principale scuola ad aver analizzato questo fenomeno sin dagli anni '40 è la Scuola di Toronto, che annovera studiosi del calibro di Marshall McLuhan: Carpenter, Havelock e McLuhan hanno cercato di definire il significato psicologico dell'adozione dell'alfabeto greco nella cultura occidentale. Lo studioso che oggi si dedica maggiormente a questa disciplina è Derrick De Kerckhove, che analizza in che modo l'alfabeto possa influenzare il nostro orientamento visivo. Secondo De Kerckhove una psicotecnologia è qualunque tecnologia emuli, estenda o amplifichi il potere della nostra mente. Così come la scrittura consente all'individuo di depositare le conoscenze acquisite su supporti più stabili della memoria, alterando le modalità di gestione della stessa, allo stesso modo consente di percepire l'uomo stesso da una prospettiva differente: è con la scrittura, in sintesi, che l'individuo esce dalla realtà tribale e collettiva per approdare all'individualizzazione e alla consapevolezza della sua identità. Se il pensiero umano è scaturito dalla possibilità di leggere, l'apporto delle nuove tecnologie estende ulteriormente la mente dell'uomo, modificandola in maniera evidente. La televisione, il telefono, il computer, gli ipertesti, sono psicotecnologie nella misura in cui inducono il cervello ad elaborare nuovi paradigmi cognitivi che modificano la nostra percezione del mondo.
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    Ottimo articolo,chiaro e preciso
valeria de luca

Realtà virtuali e identità soggettiva - Nuovi mondi e psicopatologia del Sé P... - 5 views

Molto interessante questo contributo. Effettivamente si possono riscontrare soprattutto negli adolescenti o in generale nei giovani in questo momento delle modificazioni evidenti nella cognizione ...

vdalmonte

Psicotecnologie - 0 views

Eccoci nell'era delle psicotecnologie a cura di MEDIAMENTE/RAI EDUCATIONAL Lei ha scritto che il computer è una psico-tecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psico-t...

#psicotecnologie

started by vdalmonte on 21 Apr 19 no follow-up yet
STELLA CAPASSO

Google ci rende stupidi? - 13 views

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    E' un articolo forse non recentissimo (2008), ma che riprende una lezione del nostro corso di Psicotecnologie del Prof. De Kerckhove, per cui è un argomento certamente utile ed attuale per i nostri studi. Partendo dal famoso articolo di Carr, in cui il giornalista americano analizza il cambiamento che Internet sta portando nel nostro modo di ragionare, ma anche di concentrarci, l'autrice ci mostra le differenze della lettura sul web da quella di un libro, le enormi potenzialità portate dal web (intelligenza condivisa, capacità multitasking...), sottolineando aspetti di grande attualità, come l'ipertestualità, il sapere globale, la comunicazione immediata, lo spirito di condivisione.
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    E' interessante. Mi piace quello che dice l'autrice nella parte finale: "Allora, educhiamo i giovani a distinguere tra i due sistemi. Educhiamoli a focalizzare l'attenzione". Mi piace perchè è esattamente quello che penso anch'io (!). Il problema non sta tanto in internet. E' vero che internet ci spinge a non concentrarci, perchè ci offre continuamente mille opportunità: come Pinocchio e Lucignolo, nel Paese dei balocchi! Ma possiamo staccarcene e concentrarci a leggere un libro, se vogliamo. Il problema più grave, per me, è quello educativo. I bambini non visitano tanto internet. Ma vivono in un mondo che lo visita di continuo, circondati da adulti incapaci di concentrars, di dedicarsi ad una cosa per volta: parlano al figlio, ma nello stesso momento scrivono e telefonano a qualcuno. Non credi che l'esempio sia la migliore modalità di educare? E i bambini imparano, bevono tutto dagli adulti di riferimento. Faccio molti laboratori di educazione musicale e teatrale nelle scuole. Ci sono situazioni in cui i bambini non hanno capacità di attenzione per più di tre secondi: hanno bisogno di continui stimoli, di novità, altrimenti non seguono perchè "si annoiano"! Ho inserito in Diigo un articolo da New Scientist di Sally Adee (Una mente in stato di grazia è più creativa?) in cui si parla proprio di concentrazione e di come questa capacità sia alla base della possibilità di eccellere in qualche arte o sport. Non si può ottenere nulla, in musica, se non con l'esercizio costante, come nella danza, nel teatro e anche nello sport. Il multitasking, in questo settore, è pericolosissimo! Ma come fare, con i bambini abituati a passare di corsa da un argomento all'altro? Continuo a ripetere che la maniera migliore per creare è quella di annoiarsi: quando i bambini si annoiano, inventano. Quando sono riempiti di nozioni, di informazioni, di novità, l'unica possibilità di salvezza è la fuga dal proprio cervello. Non credo che Google ci renda stupidi. Cred
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    stupidi non so, ma sicuramente più dipendenti : ora come ora vivere senza la rete ora ci appare impossibile , in quanto ha pervaso ogni aspetto della nostra vita personale e professionale . Forse essendo noi una una comunità virtuale alle prese con un corso di laurea telematica rappresentiamo proprio il contesto ideale per dimostrare le contraddizioni , ma anche le possibilità insite nel "nuovo medium"
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    Non credo ci faccia diventare più stupidi. Anzi, la rete grazie anche a siti come Google ci danno la possibilità di conoscere facilmente nuove cose e dunque abbiamo l'opportunità di formare al meglio la nostra coscienza su determinati argomenti.. l'informazione ce la cerchiamo, diversamente dai classici media dove questa ci viene fornita.. e credo sia una bella differenza.. o per lo meno, per me è sempre stata questa la grande differenza, il salto di qualità, tra la televisione/radio ed internet. ovviamente cercare informazioni non è facile, non è sufficiente scrivere l'argomento di interesse su 'Cerca' e prendere per buono il primo link che trovo. ma è lo stesso discorso dell'enciclopedia cartacea: io cercavo sempre più articoli e notizie sulla ricerca che andavo a fare ed ero brava a mettere insieme le cose..
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    in realtà è la nostra sete di conoscenza che è cambiata. Abbiamo un numero infinito di informazioni a portata di mouse e non ci accontentiamo più del primo risultato ottenenuto. Uno dei grandi vantaggi apportati da Google è stato quello di fare ordine e di renderci la navigazione più facile, ma gli altri media non scompaiono...ci accontentiamo dei 5 secondi per capire se una info sul web è interessanbte o meno, ma possiamo ancora goderci un bel libro e avere il piacere di sfogliare un quotidiano. Sono cambiate le nostre esigenze, ma soprattutto si sono amplificate le nostre potenzialità.
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    L'articolo di Carr si preoccupa sulla psiche, cioè tutto questo input di informazioni (Internet) che effetto hanno sui nostri figli e gli educatori sono preoccupati??. Invece il professor De Kerckhove analizza il lato buono di Intenet, di Google in generale, infatti al contrario di cui l'articolo dica che la gente non scriva e legga più, in realtà la gente legge e scrive più che mai, forse proprio perchè invogliata dal poter reperire notizie in Internet. Il mio pensiero è che sia Google che Internet in generale servano per sviluppare la mente verso nuovi orizzonti. Ormai senza l'udo della tecnologia non si va da nessuna parte
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    Un importante articolo di De Kerckhowe ed una delle ultime lezioni del programma di Psicotecnologie che trovo molto interessante perchè illustra le nuove disponibilità del nostro sapere, evoluzioni del nostro comporamento individuale e sociale, delle nostre capacità intellettive.Esternalizzare la mente, essere sempre connessi alla rete può spaventare. Maggiori resistenze giungono dai mentalità conservatrici, o dalle grande organizzazioni che temeno di perdere il controllo, o dal singolo 'utente che teme, oltre alle nuove tecnologie, forse anche se stesso. Così Google, i social network diventano strumenti diabolici, minacciosi, diseducaativi. Occore però valutare che come la scrittura ha lasciato libera la mente dalla pesante incombenza della memorizzazione, così Google, ci condurrà verso nuove attitudini che non riusciamo ancora a prevedere.
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    io credo che google non ci renda stupidi, ma al contrario ci da la possibilità di rispondere ad ogni nostra curiosità e attraverso queste conoscenze ampliare la propria cultura, verso temi che altrimenti non avremmo affrontato, per lo meno con la semplicità di accedere a determinati contenuti. Rimane, però, l'accortezza di verificare le informazioni se provengono da siti attendibili, perchè spesso su internet si trova di tutto. Anche questa selezione del materialie da prendere in considerazione, ci porta a sviluppare un intuito ed una conoscenza non indifferente.
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    Anche questo articolo lo trovo interessantissimo. Mi rendo conto di ciò che Carr vuole trasmettere perché molto spesso mi sono chiesta quale potesse essere il lato negativo di dell'avvento così decisivo del web di google e simili. Io capisco quando dice che trova difficoltà a concentrarsi di più su un libro in quanto quando sono sul web ciò che leggo non è più sequenziale. E' vero ma io trovo geniale questa possibilità di collegarsi ad un altro link ed imparare durante la lettura. L'ipertesto permette questo, permette una lettura dinamica. E' vero anche che non abbiamo a volte la percezione dell'attendibilità dell'informazione come dice Giuseppina.
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    Bisogna dire che nei primi anni di Internet quando i navigatori provenienti dall'ambiente scientifico-universitario la qualità dell'informazione era altissima, con la massificazione di Internet è giocoforza che nel mucchio la qualità sia scesa di parecchio ma le valide fonti non mancano di certo, basta trovarle ed in questo Google è una mano santa.. Oggi tra Google, YouTube, Wikipedia, etc. viene reso disponibile quasi tutto lo scibile umano che va in ogni caso selezionato e scremato ma l'accesso alla conoscenza che esiste oggi non è mai stato possibile prima se non per poche persone e con molta difficoltà.
ANNALISA PASCUCCI

Apprendimento linguistico, computer ed internet - 1997 - 0 views

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Educazione Scuola Lingua Apprendimento Nuove Tecnologie

started by ANNALISA PASCUCCI on 21 Jun 13 no follow-up yet
Gianluigi Cosi

De Kerckhove: L\'Italia laboratorio d\'Europa nel rapporto politica-web - 7 views

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    Secondo De Kerckhove internet è una grande occasione di raccolta e guida del consenso e si meraviglia di come nella politica italiana solo Beppe Grillo se ne sia accorto in tutti questi anni. Nella fase preparatoria delle primarie USA del 2004, Dick Cheney organizza una grande cena di fund-raising a Washington, il giorno dopo Howard Dean (che corre per la nomination democratica) lancia una provocazione su Internet: il "panino democratico", compratevi un sandwich al tacchino e donatemi cinque dollari. In un solo giorno viene eguagliato il "raccolto" di Cheney e la somma cresce esponenzialmente nei giorni successivi. E' quello il momento, secondo De Kerckhove, in cui il web diviene il re dei media. Ricordando Nicholas Negroponte, De Kerckhove sottolinea che grazie a Internet si invertono i ruoli di Davide e Golia, però bisogna sempre avere gli occhi aperti per capire chi c'è dietro i nuovi Golia e la stessa Internet mette a disposizione anche in questo caso lo strumento della verifica "fra pari". Il controllo dal basso è fondamentale e va sempre messo in opera, altrimenti si ricade nell'errore dei tempi della televisione: "dare fede acriticamente a qualcuno".
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    Concordo pienamente con le tue osservazioni. Purtroppo ancora molte persone non hanno capito realmente quali sono le potenzialità e i rischi della rete. C'è solo da augurarsi che la presa di coscienza avvenga prima possibile. Grillo ha fatto tanto per questo.
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    sarebbe interessante effettuare un'analisi per verificare il livello di utilizzo delle nuove tecnologie, quando si ipotizza che internet potrebbe diventare uno strumento di democrazia allargata, forse facciamo riferimento alle prossime generazioni che digital native, una semplice analisi sociologica ci farebbe capire come è etereogenea la popopolazione italiana proprio in merito all'utilizzo delle tecnologie informatiche. non dimenticando che la velocità di sviluppo della tecnologia supera la capacità di ottenerla e apprenderla. Un'altra considerazione, forse un pò banale, ma siamo certi che questa tecnologia sia solo un vantaggio per chi la usa, è pur sempre un prodotto e ha uno scopo puramente commerciale quindi i motori di ricerca ci danno le ionformazioni che cerchiamo o le informazioni che vogliono farci arrivare. Tornando a un ragionamento più strettamente psicologico la connessione costante ai social network e alla rete crea un notevole dispondio di risorse cognitive, la continua necessità di essere collegati, è sufficiente analizzare il numero di smartphone in circolazione, che ha nettamente superato il numero dei computer, non porta, proprio per una mancanza di risorse a una difficoltà di ragionamento o di approfondimento.
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    condivido con De Kerckhove che "internet è un'occasione di raccolta e guida del consenso " , se non sapessimo che stiamo parlando di internet e se fossimo negli anni 80/90 sembrerebbe che si stia parlando della televisione! Forse hanno avuto la stessa forza dirompente e avanguardia, la stessa capacità di influenzare, condizionare, cambiare la cultura. Se guardiamo all'esperienza italiana, la televisione ha contribuito a unificare la lingua (quasi uniformandola a discapito dei dialetti locali), ha contribuito a diminuire l'analfabetismo e ha uniformato gusti e preferenze commerciali ed è stato strumento di diffusione e propaganda politica (sostituendo le piazze), pensiamo alla scalata di Berlusconi. Internet allo stesso modo, svolge le stesse funzioni, ma a livello mondiale, divenendo la radice della globalizzazione, essendo capace di raggiungere un maggior numero di persone e Grillo, a quanto pare, ne ha fatto un uso non poi così tanto diverso e lontano da quello che Berlusconi, meno di 20 anni fà, ha fatto con la televisione.
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    articolo molto interessante a mio avviso , "il sentiment politico " deve per forza passare tramite internet altrimenti si è fuori dai giochi , ormai tutti i giorni siamo bombardanti da post politici , scritti , controllati , condivisi da esperti di comunicazione, studiando target , analizzando gli utenti per essere più performanti possibili . Una domanda nasce spontanea : oggi in Italia chi è il politico che maneggia meglio questi strumenti? senza dubbio Salvini e la sua lega che durante l'ultima campagna elettorale.hanno creato un sistema che controlla le reti social , analizza quali sono i post e i tweet che ottengono i migliori risultati, e che tipo di persone hanno interagito. In questo modo possono modificare la loro strategia attraverso la propaganda. Un esempio: pubblicano un post su Facebook in cui si parla di immigrazione, e il maggior numero di commenti è "i migranti ci tolgono il lavoro"? Il successivo post rafforzerà questa paura. I dirigenti leghisti hanno chiamato questo software La Bestia.
Giovanni Acunzo

La Mente Dei Bambini Nell'era Di Internet: Come Cambia Il Modo Di Ragionare - 4 views

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    Breve descrizione panoramica fatta dalla dott.ssa Elisa Gabbi (psicologa di Bologna) e dal dott. Michele Facci su come l'avvento di internet ha modificato il nostro modo di pensare. Riferendosi, in particolare modo, agli effetti prodotti sul modo di ragionare nei bambini.
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    Interessante. Ci riflettevo pochi giorni fa. Ho due figli piccoli e spesso mi ritrovo a fare fatica nel comunicare con loro. Fanno e dicono cose che io alla loro età non avrei mai immaginato. Si sente spesso dire che è il mondo di oggi, che sono bombardati di immagini. Vero, me c'è dell'altro. Approcciandomi a studiare questo esame mi sono proprio chiesta quale effetto può avere questa ipertecnologia su una mente che si sta formando. Se è vero che la tecnologia cambia la nostra intelligenza cosa può comportare nei nostri figli? Come si può fare per cercare di relazionarci a loro in modo più efficace? Forse è questa la chiave di un problema generazionale su cui molti psicologi e sociologi hanno scritto libri ed proposto interventi.
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    Ho letto l'articolo e l'ho trovato interessante. Forse perchè si avvicina al mio modo di pensare. Credo che sia indispensabile capire che il computer e internet sono dei mezzi. Mezzi, non fini. E' fondamentale avere chiari i fini dell'educazione, in modo da capire quali mezzi siano i più appropriati per raggiungere quei fini. Sto facendo una serie di laboratori con bambini della scuola primaria: li porto nel bosco, racconto una fiaba e faccio loro conoscere le piante. Ci sono bambini che rimangono meravigliati e incantati. Altri non riescono a stare fermi più di due secondi: hanno continuamente bisogno di novità, che le cose cambino velocemente. Essere abituati alla velocità delle immagini sullo schermo o alla velocità di reazione di un computer porta a non accettare i tempi "giusti" che la vita richiede. E' come se fossero in giostra e la giostra gira velocemente e loro non sono in grado di andare più lentamente. E non godono di nulla! Altra cosa che noto in questi bambini è l'incapacità di stare ad ascoltare. Devono sempre dire qualcosa. E' proprio quello che ci capita con internet, no? E con i vari social network: abbiamo sempre la nostra da dire. Manca la capacità di stare in silenzio e di "lasciarsi riempire" di conoscenza. So che sto andando controcorrente e che sto facendo delle affermazioni che in qualche modo contraddicono quanto nel corso viene detto. Ma credo che un vero studio approfondito sull'influenza che la velocità e le nuove tecnologie hanno sul modo di lavorare della nostra mente dovrebbe essere affrontato. Per non trovarci ben presto con una massa di adulti occidentali "schizzati".
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    Raffaella, condivido la tua riflessione. Sono dell'idea che sia bellissimo poter sfruttare le possibilità che queste nuove tecnologie ci offrono e penso che chi non si tiene al passo e non si aggiorna rischia di restare tagliato fuori da questo nuovo mondo che è quello che viviamo tutti i giorni, volente o nolente. La cosa che mi dispiace però è che ho la sensazione che si stia perdendo la dimensione umana e relazionale. Certo è possibile aumentare il proprio ventaglio di conoscenze e recuperare persone che in altro modo sarebbe stato impossibile ritrovare (io sono in contatto con amici di vecchia data di cui conosco abitudini quatidiane solo grazie a facebook). Però a volte ho la sensazione di sapere molto ma interagire poco. E' il discorso, fatto a lezione, della differenza tra il materiale trovato in rete e il libro e del fatto che per leggere un libro devi fermarti, immergerti e lasciarti coinvolgere, in una dimensione che è molto più umana (infondo siamo degli animali con dei ritmi biologici fondamentali), mentre ora abbiamo esteso la nostra intelligenza, possiamo attingere in qualsiasi momento a informazioni di ogni tipo, ma manca la profondità. Mi spaventa un po' l'idea di come cresceranno i bimbi di oggi in questa nuova modalità. Poi penso che sia solo il timore che si può provare nei confronti di qualcosa che ancora non conosciamo bene e che, proprio per questo sia necessario approfondire per sfruttarne le potenzialità e saperne riconoscere i rischi.
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    Braner, esperto di adolescenti e soprattutto convinto che la vera causa della depressione e della solitudine dei giovanissimi abbia un nome preciso: i social network. L'esperto sostiene che: "Se chiedi a un ragazzo chi veramente potrà essere lì con lui nei momenti difficili della vita, farà fatica a dirti il nome di qualcuno che possa davvero chiamare in quelle circostanza". Facebook, Twitter e tutti i siti che si propongono di tenerci in contatto, uniti, secondo Braner hanno esattamente l'effetto opposto. Una tesi che ora è contenuta nel nuovo libro di Braner, Alone (letteralmente "da solo"), frutto di esperienze sul campo. Anzi, nei campi e nei campeggi, a contatto con migliaia di giovani. Lui, infatti, da quando ha iniziato la sua avventura con Camp Kivu in Colorado, nel 2001, ha incontrato circa 20 mila ragazzi. Ciò che lo ha sconvolto maggiormente è l'aver notato come il problema principale dei bambini e dei giovani nelle prime due settimane di programma estivo fosse l'impossibilità di connettersi a internet e ai social network. La prima cosa che veniva fatta era, infatti, quella di chiudere i cellulari, gli iPhone o gli iPad di tutti in un armadietto. In questo modo tutti gli ospiti della struttura erano costretti a passare il tempo in attività che li allenavano a creare legami affettivi e a "parlare a cuore aperto", come ha spiegato lo stesso Braner. Uno studio condotto dalla "American Academy of Pediatrics", evidenzia come i teenagers che hanno poca autostima possono cadere in depressione, se si convincono di non avere un numero adeguato di amici. Quella che però potrebbe essere una fisiologica competizione tra i giovani, verrebbe accentuata dai social network, aumentando il senso di debolezza di molti ragazzi. La possibilità, sul web, di postare commenti ironici o discriminatori, inoltre, favorirebbe la diffusione del cyberbullismo. Per questo i ragazzi più fragili tenderebbero a passare più tempo collegati ad internet, nel tentativo di t
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    Una delle cose che l'avvento di internet ha cambiato radicalmente è il linguaggio , in particolare quello dei giovani, che è espressione immediata di nuova cultura.. allego un articolo che ne offre un esempio. http://www.jobonline.it/magazine/index.php?id=4633
Barbara De Sieno

Kkien Enterprise - Formazione consulenza e ricerca » Intervista a Derrick De ... - 11 views

    • Barbara De Sieno
       
      Condivido l'intervista fatta a De Kerckhove ed in verde troverete evidenziatoii passaggi più interessanti delle sue parole.
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    Si tratta di un'intervista a De Kerchove sulle seguenti tematiche che rappresentano le basi fondanti del suo pensiero: villaggio globale, psicotecnologie, le dimensioni di spazio e tempo nell'era di Internet, l'intelligenza connettiva, Cooperative learning, ecc.
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    Una grande intervista di Andrea Ceriani al prof. Derrick De Kerckhove partendo dal concetto di comunicazione di Marshal McLuhan che ha cambiato il modo di pensare alla comunicazione passando a questo nuovo e rinnovato rapporto tra la tecnologia e l'organizzazione mentale, a come si produce il pensiero e che le psicotecnologie rappresentano le tecnologie che estendono la mente fino alla definizione di spazio e tempo accennando ad un futuro digitale.
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    molto interessante, anche perche' e' praticamente una sintesi di tutto il programma fino all'ottava lezione. E' utile leggerla anche prima di iniziare il programma, perche' inquadra molti aspetti che poi vengono sviluppati nelle lezioni.
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    Un'interessante intervista al prof. Derrick De Kerckhove su molti temi del nostro corso. Partendo dal "Villaggio Globale" di Marshal McLuhan vengono analizzati diversi concetti quali: le psicotecnologie; il concetto di spazio e tempo nell'era di internet; la conseguente intelligenza connettiva; l'apprendimento collaborativo; la tecnoarte e le nuove vie formative; una previsione sul futuro "internet zero"
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    Questa è una intervista molto proficua infatti si evidenzia aspetti vari di questo tema.
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    In questa intervista il Professor De Kerckhove spazia dalla definizione di psicotecnologie all'intelligenza connettiva.
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    Nell'intervista De Kerckhove da una definizione della psicotecnologia nel rapporto tra la tecnologia e il linguaggio. Psicotecnologie come tecnologie che estendono la mente, che investono l'organizzazione mentale e la formulazione del  pensiero.
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    Si tratta di un'intervista fatta al prof. De Kerchkove in cui, tra l'altro il professore fornisce la definizione di psicotecnologie.
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    Si tratta di un intervista fatta al prof. De Kerchkove.
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    L'intervista è stata rilasciata nel 2004, un'era geologica per quanto riguardo internet e l'informatica in generale. Mi ha interessato particolarmente la parte relativa a internet0. Internet0 non è altro che la proposta di un protocollo di comunicazione semplificata per mettere in comunicazione apparecchi come interruttori, termostati, sensori vari. L'idea alla base del progetto è di far scambiare le informazioni su un network semplificato, quindi con una elettronica meno costosa. Utilizzare lo stesso header di internet, quindi lo stesso protocollo udp, forse è troppo complicato, se non controproducente, per una rete semplificata. A questo punto, meglio inviare lo stesso segnale su internet1. Oggi si può avere, denaro permettendo, una casa domotica che interagisce a distanza tramite telefonino. Magari è poco interessante sapere cosa sta facendo il nostro frullatore a mezzogiorno circa, ma fondamentale sapere che è stato staccato il gas a causa di una fuga, o l'acqua perché si stava allagando la cantina. E' una cosa molto comoda, ma onestamente, non vedo in che modo la cognizione entri in tutto questo.
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    Intervista di Andrea Ceriani al prof. Derrick De Kerckhove - Centro Congressi Fiera di Milano, 10-11 Novembre 2004
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    In questa intervista Derrick De Kerckhove analizza la definizione di psicotecnologie, intelligenza connettiva e cooperative learning.
Claudia Sbuelz

Internet ci cambia il cervello? - 2 views

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    In questo articolo ci si chiede quanto internet cambi fisicamente il nostro cervello. In realtà tutte le nostre esperienze hanno cambiato il nostro cervello; così come la tv, o la scrittura, la stampa, o i telefoni e i cellulari. Viene fatto il paragone dell'utilizzo del cervello da parte dei tassisti che sviluppano maggiormente la parte dell'ippocampo per l'orientamento; internet ci "allena" sempre più a gestire le informazioni astratte. Nella maggior parte dei casi, escludendone l'uso compulsivo ed esclusivo, internet è un complemento di altre maniere di comunicare: in realtà ci fa diventare più "bravi" a gestire la comunicazione, soprattutto se siamo attivi e non soltanto passivi in internet. Non si può pensare che internet costituisca l'unico esercizio mentale ma nemmeno pensare di evitarlo, si eviterebbero anche tutte le opportunità che ci offre.
assunta somma

l'anima del mondo multimediale - 1 views

#DistributedCogntion

started by assunta somma on 07 Nov 12 no follow-up yet
De Rose Mario

Ma internet ci rende stupidi? - 2 views

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    Rifacendomi a Nicholas Carr ho trovato questo articolo, secondo me internet non ci rende stupidi perché a volte é molto utile per fare ricerche,ricercare libri,articoli ecc, soprattutto per gli studenti che ad esempio devono fare la tesi, o studiare, con internet abbiamo ormai archiviato la biblioteca tradizionale entrando in quella virtuale che più delle volte risulta essere molto più fornita, quindi un buon uso di internet di sicuro non rende stupidi, ma intelligenti perché si imparano nuove cose.
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    L'articolo è interessante perchè riporta pareri autorevoli sia contrari che favorevoli all'uso di internet e fa anche riflettere sul problema della dipendenza. pertanto, si può ritenere appropriato rispetto ai contenuti del corso di studi, corretto e accurato.
Ivan Romano

I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
Walter Tabbi

Perchè la rete ci rende più intelligenti - 20 views

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    Si tratta di una intervista pubblicata dal quotidiano La Repubblica allo scrittore americano Rehingold autore di testi importanti sull'era internet. L'intervista è l'occasione per presentare il suo ultimo libro dal titolo 'Perchè la rete ci rende più intelligenti'. Nell'intervista vengono proposti interessanti stimoli su come il mondo internet e dell'always on impatta in modo significativo su molti aspetti della cognizione.
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    Ho trovato l'articolo stimolante e interessante sia sotto il profilo sociologico sia della formazione. Una domanda che viene fatta a Rehingold e che riassume una delle critiche maggiori che le "teorie ingenue" e non solo "ingenue" fanno all'utilizzo del web riguarda l'effetto collaterale della distrazione che indubbiamente tende a provocare l'utilizzo del web, tema peraltro già affrontato da Kerckhove nelle videolezioni. R. risponde che l'attenzione è una capacità che va allenata per cui se è vero che la rete non facilita l'attenzione è altrettanto vero che la rete è uno strumento e come tutti gli strumenti è necessario imparare ad usarlo bene per evitare di incorrere negli effetti colleterali che può causare. L'utilizzo di internet andrebbe quindi insegnato nelle scuole per permettere agli utenti di sviluppare cinque capacità fondamentali: l'attenzione, l'identificazione delle bufale, la partecipazione, la collaborazione, la conoscenza dell'uso del network. La rete può creare dunque empowerment individuale ma a condizione che gli individui imparino a diventare utenti consapevoli, attenti e capaci di utilizzare al meglio le possibilità di questo strumento e di distinguere l'informazione spazzatura da quella le cui fonti sono verificabili ed attendibili. Oggi si parla molto di come la rete, sotto il profilo politico e sociologico, potrebbe rappresentare la più alta forma di democrazia. Tuttavia R. mette in guardia, ciò sarà possibile se ci sarà un'educazione all'utilizzo di questo strumento, esattamente come l'alfebetizzazzione ha reso possibile nell'arco di due secoli il passaggio dalla monarchie alle repubbliche, ma non è affatto scontato, anzi il rischio che il suo uso venga limitato e controllato dalle maggiori lobby economiche è ancora fortemente in agguato. Eva Franchi
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    Articolo davvero molto interessante e obiettivo riguardo l'argomento. Mette in luce come non siano i media in sé positivi o negativi, ma il fatto che l'uomo deve imparare ad utilizzarli. Come non basta avere una bicicletta per saperla usare, così non basta sviluppare grandi tecnologie per avere un uomo più intelligente e in grado di migliorare il suo futuro con esse.
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    Articolo molto interessante e stimolante, anche se lungo e gli argomenti trattati non sono semplicissimi è molto scorrevole, ho apprezzato molto la spinta all'educazione, ed alfabetizzazione ai media che propone il protagonista. Degno di nota il passaggio dove si sottolinea che i media sono neutrali e non "cattivi" o "buoni" ma che dipende dall'utilizzatore e dal consumatore finale (facendo riferimento al grado di alfabetizzazione che ha quest'ultimo). Una cosa che spinge a riflettere molto è il fatto che le persone con possibilità economiche e/o politiche adeguate potrebbero (ipoteticamente) un giorno limitare almeno in parte le libertà di altri, questo dovrebbe spingere le persone ad una maggiore cultura ai media e non a trascurarli, come purtroppo si vede recentemente.
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    Mi ha colpito la parte in cui si parla di attenzione. Lo scrittore dice che l'individuo può imparare a disciplinare l'attenzione e parla di tecniche finalizzate proprio a questo, che sicuramente andrebbero applicate, assieme a strategie adeguate, già nei primi anni della scuola considerando i numerosi casi di deficit di attenzione che si registrano. Bisognerebbe programmare per una nuova alfabetizzazione focalizzata su attenzione, partecipazione e collaborazione attive e conoscenza dell'uso del network, promuovendo uno sviluppo delle capacità di ricezione delle informazioni. E' assolutamente necessario imparare ad usare la Rete, conoscerne sia i pregi, sia i limiti e i difetti per vivere da cittadini protagonisti nel mondo e sviluppare l'intelligenza in modo giusto. Una nuova sfida a cui la scuola, la famiglia e le altre Istituzioni si trovano ad affrontare.
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    Articolo molto interessante e scritto in modo chiaro e scorrevole. Pone l'attenzione sul fatto che i media possono essere positivi o negativi a seconda che vengano usati in modo corretto o meno. Indubbiamente l'alfabetizzazione gioca un ruolo fondamentale, un'alfabetizzazione mirata su attenzione, partecipazione e conoscenza dell'uso del network. Condivido in toto l'importanza di un futuro insegnamento di internet nelle scuole per insegnare ai giovani ad utilizzare la rete in modo adeguato.
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    Un articolo pieno di spunti di riflessione, in particolare rispetto al controllo dell'attenzione online a al concetto di conoscenza come difesa dalle manipolazioni e dalle fake news. Apprendere a scuola le queste nuove conoscenze è uno strumento fondamentale per un corretto e positivo utilizzo dei media e della rete.
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    Condivido la necessità di insegnare a scuola come utilizzare correttamente gli strumenti digitali, per valorizzare il pensiero critico e positivo dei media e della rete
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    Condivido pienamente il pensiero dell'autore soprattutto per ciò che riguarda la definizione che egli dà di empowerment individuale in quanto solo le persone che sanno come partecipare conquisteranno potere intellettuale, economico e politico e chi sa come cercare sarà in grado di migliorare la propria salute e accrescere la loro comprensione di temi di vitale importanza nella sfera politica. Fondamentali quindi qui sono i concetti di partecipazione ai media e di saper accedere ai media.
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    Articolo stimolante e interessante di come L'utilizzo di internet e la rete , possa produrre empowerment ma solo a condizione che vi sia alla base un'alfabetizzazione, una media litteracy. Solo un alfabetizzazione, ovvero una comprensione del meccanismo dei media e delle nuove tecnologie può condurre ad un potenziamento individuale e collettivo. Nelle scuole l'insegnamento delle nuove tecnologie è importante, poiché permette ai ragazzi di sviluppate alcune capacità tra cui:_l' attenzione, l'identificazione delle bufale, la partecipazione, la collaborazione, la conoscenza dell'uso del network. La rete può creare dunque empowerment individuale ma a condizione che gli individui imparino ad essere utilizzatori consapevoli e distinguere l'informazione spazzatura da quella le cui fonti sono verificabili ed attendibili.
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    Questa intervista tocca temi importanti ed attuali relativi all'uso e al consumo dei nuovi media digitali. Il paragone con la stampa e l'alfabetizzazione della popolazione è molto preciso, in quanto è indubbiamente vero che l'utilizzo di questi strumenti digitali debba essere accompagnato da un'educazione al loro stesso uso. D'altronde le fake news sono sempre esistite, sebbene in forma diversa, e solo una mente allenata al pensiero critico è in grado di distinguere le bufale da notizie più realistiche. E' importante sviluppare la capacità di comprendere il modo in cui i nuovi media digitali influenzano il nostro pensiero e la nostra vita quotidiana. E' un'educazione che dovrebbe essere estesa a tutte le fasce di età, accessibile a chiunque, in quanto fornisce gli strumenti per orientarsi all'interno di un mondo pervaso completamente da queste nuove tecnologie. Da sottolineare anche il tema dell'attenzione, spesso interpretata come uno stato mentale che può solo subire attacchi esterni, senza potersi difendere da questi ultimi. In realtà, come specifica l'autore intervistato, esistono diversi modi per controllare e gestire la propria attenzione ed evitare che il multitasking, lo switching e l'ipertesto minino le nostre capacità di concentrazione. Nonostante l'articolo risalga a quasi un decennio fa, il tema è ancora bollente, e ciò dimostra quanto poco ci si sia attivati negli ultimi anni per far fronte a queste problematiche e ridurre i rischi legati all'utilizzo dei nuovi media digitali.
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    Articolo estremamente interessante, che seppure in maniere sintetica, tocca temi estremamente rilevanti ed attuali circa la necessitá di alfabetizzazione ai media. Emerge durante l'arco dell'intera intervista, come non sia tanto il media in se ad essere "buono" o "cattivo" ma quanto sia determinante al contrario, l'uso che facciamo di questi media, questo ricorda la Social shaping of technology theory, secondo la quale le conseguenze sociali di una tecnologia dipendono principalmente dall'uso che la cultura ne fa. Allo stesso modo, la distrazione, fenomeno per cui spesso colpevolizziamo i nuovi media, é secondo Rheingold, un effetto collaterale di un attenzione non allenata. Di vitale importanza é l'alfabetizzazione degli studenti, all'interno dei contesti scolastici, all'uso dei media, é importante in tal senso che la scuola cambi prospettiva ed atteggiamento nei confronti dei nuovi media, insegnando ai ragazzi come trovare le conoscenze e come costruirle. Inoltre viene sottolineata l'importanza delle comunitá online, del saper utilizzare adeguatamente queste risorse tecnologiche sfruttandone i benefici e le opportunitá che qeste offrono in quanto cittadino di farsi valere e di far valere il proprio punto di vista opportunitá di far valere il proprio punto vista nei confronti della poitica. Si sottolinea quindi l'importanza dei nuovi media anche in ambito democratico e politico, uno strumento utile se sappiamo utilizzarlo, poiché viceversa, il rischio é che la politica utilizzi questi mezzi per manipolare il popolo. Vengono toccati temi particolarmente pertinenti alla materia "Psicotecnologie e processi formativi" alcuni tra i quali: Intelligenza collettiva, comunitá online, il web, educazione, scuola e l'impatto di internet, pertanto ritengo appropriato l'articolo rispetto ai temi principali della materia. Ritengo che i contenuti dell'articolo siano corretti ed attendibili in quanto, Howard Rheingold, autore del libro su cui si basa l'arti
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    Ho trovato l'articolo estremamente interessante e stimolante. Offre una visione positiva della Rete come uno strumento che può rendere le persone più intelligenti e consapevoli, purché venga utilizzato in maniera critica. Inoltre, evidenzia come la guida di Rheingold possa essere d'aiuto alle persone per sviluppare le competenze necessarie ad utilizzare la Rete in modo efficace e consapevole. Mi trovo d'accordo sul fatto che sia necessario insegnare nelle scuole come utilizzare correttamente gli strumenti digitali.
Ivan Romano

L'Espresso - Clicco ergo sum - 5 views

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    L'ultimo numero dell'Espresso ha per titolo "Clicco ergo sum". La copertina introduce un interessante articolo su come internet e in particolar modo i social network stanno cambiando la nostra mente e il nostro approccio con la realtà. Vengono presentate varie tesi e ricerche, alcune a dir il vero sembrano un po' apocalittiche. Se non avete intenzione di acquistare il settimanale cartaceo, vi posto la versione dell'articolo in digitale pubblicata sul sito "Ufficio Stampa RAI".
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    Interessante articolo, dove ci sono indubbiamente visioni fin troppo negative su come internet e in particolar modo i social network ci stanno cambiando. Sono andata a ricercare qualcosa di più sulla Sindrome IAD che viene menzionata: è la dipendenza da Internet o in ingese, Internet addiction disorder (IAD), comparabile secondo alcuni al gioco d'azzardo patologico. In merito ai social network viene a crearsi una vera e propria dipendenza ciber-relazionale, nella quale gli amici online diventano più importanti per l'individuo spesso a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici reali. Però è anche vero il contrario: proprio grazie ad internet e ai social network molte persone sono uscite dal loro isolamento mentale e sociale e dalle proprie apatie. Al solito vale la regola della giusta misura nella fruizione delle cose!
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    Chissà se quando è comparsa la scrittura qualcuno ha avuto le stesse visioni negative. Ah si Platone per esempio :) http://www.okpedia.it/paradosso-di-platone
Claudia Sbuelz

Quello che internet ci nasconde - 1 views

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    Mi ha colpito questo articolo, riportato anche tra i "Libri e articoli" del nostro sito Uninettuno, che parla di quanto i nostri gusti, le nostre preferenze siano "mappate" in rete creando una selezione nei risultati delle nostre ricerche, scegliendo solo i risultati più adatti a noi. Davvero si corre il rischio di avere visioni distorte e parziali delle cose; soprattutto tenendo conto che l'internet ha ormai sostituito la televisione: così come si diceva convinti "L'ha detto la tv!" volendo sottolineare la veridicità di un'informazione, oggi si dice la stessa cosa di internet: "L'ho letto su Internet" a testimonianza della certezza e fiducia in questo mezzo, che "non può" mentire. Anche l'utilizzo dei social network ad uso e consumo di singole parti - vedi le dichiarazioni contrastanti di Israele e Palestina su Twitter e Facebook in questi giorni http://www.huffingtonpost.it/2012/11/15/palestina_n_2135069.html?utm_hp_ref=italy - ci deve far avvicinare alle notizie riportate su internet con spirito critico e volontà di approfondimento.
Daniela Cerbone

Nell'era di Facebooksiamo siamo tutti Pinocchio - 6 views

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    Presi nel vortice di computer e social network, noi siamo dei Pinocchio 2.0
  • ...5 more comments...
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    L'articolo che riporta stralci dell'intervista con De Kerckhove è molto interessante perchè cita moltissimi dei temi che affronta nelle videolezioni del corso, tuttavia mi è rimasta particolarmente impressa la rilettura della favola collodiana che rappresentava già all'epoca la metafora dell'uomo che a quei tempi abbandonava le campagne toscane per disumanizzarsi e diventare burattino. A quei tempi l'uomo abbandonava l'autorità dell'eterno ieri fondato sulla famiglia tradizionale per entrare nel mondo industrializzato, lo ha fatto pagando un prezzo molto "salato" che è stato aver perso la bussola della tradizione ed essersi dovuto ricostruire un modo per orientarsi che faceva perno su se stesso, un nuovo pensiero "positivo" insomma. E' quindi estremamente interessante pensare al fatto che anche oggi stiamo vivendo una rivoluzione di quella portata, anche oggi nel passaggio dall'era industriale all'era digitale 2.0 stiamo affrontando un cambiamento paradigmatico che ci porterà a rivoluzionare completamente il nostro pensiero. Credo che i recenti avvenimenti politici italiani, così come la primavera araba, ne rappresentino importanti prodromi. La stessa "resistenza al cambiamento" che da più parti si solleva è un'altra "spia" significativa del fatto che è in atto un cambiamento imponente che trasformerà completamente la nostra società.
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    Chiara, il modo con cui ti sei espressa mi ha ricordato il prof. Ferrarotti: hai seguito il corso di Sociologia? :) Ho letto l'articolo, ci sono due punti specifici che toccano questioni che ho particolarmente a cuore. La prima questione è l'importanza della fisicità, del contatto reale: «Anche se presto avremo doppi digitali, i rapporti umani in carne e ossa non diventeranno obsoleti. Non stanchiamoci di coltivarli». Saggio consiglio questo di De Kerckhove. Mi viene tanta tristezza quando leggo che: «Circa un terzo delle attività commerciali che si svolgono in Second Life sono di natura sessuale e spaziano dall'acquisto di 'skin' di genitali a servizi paragonabili alla prostituzione (Fulco, 2006)» (tratto da "Prima, Seconda, Terza Vita di Matteo Bittanti, pubblicato dal tutor in libri e articoli). La mia mente non riesce neanche a concepire quello che ho citato, mi sembra una malattia, per non dire una follia derivata dall'esasperazione della virtualizzazione. Spegnere il computer e incontrare le persone reali nel mondo reale mi sembra molto più sano. Far l'amore via Internet? No, grazie, preferisco un'esperienza vera sotto la Luna con il cielo stellato. Seconda considerazione: «C'è il rischio di impigrirci, delegando le nostre decisioni a strumenti sempre più complessi, che usiamo senza sapere come siano fatti. Oggetti come l'iPad a molti appaiono magici». Parole vere, purtroppo. Questi oggetti "magici", iper-tecnologici, oggi sono per molti qualcosa di sconosciuto, potente e quindi degno di venerazione. A tal proposito, tempo addietro avevo scritto alcune riflessioni, che qui ricopio: [copio nel commento successivo perché ho scoperto che c'è una lunghezza massima per i messaggi, che vengono tagliati]
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    «Quand'ero bambino, non esistevano né Internet né i cellulari (forse c'erano i primi Tacs) e i computer in casa erano una rarità. Ho avuto il primo computer a 14 anni e il primo accesso a Internet diversi anni dopo, non ricordo quando il primo cellulare... quindi, diversamente da chi è nato già con Internet in casa e il cellulare in mano, posso fare un confronto e distinguere bene ciò che reale e ciò che è virtuale, senza confondermi e senza che il secondo prevalga sul primo. Adesso ho 30 anni, quel che vedo è che Internet da una parte ha allargato enormemente le possibilità di "conoscenza" e di "informazione" (ricordo ancora i lunghi pomeriggi che da bambino passavo in biblioteca per cercare informazioni nelle enciclopedie e nei libri, adesso invece basta una ricerca di pochi secondi su Google o su Wikipedia), dall'altra però sta fisicamente separando le persone con strumenti tipo Facebook, che in quest'epoca è diventato il nuovo totem, il nuovo dio, l'oggetto di venerazione di quella massa di popolazione che è in gran parte all'oscuro dei meccanismi interni di funzionamento di quella stessa tecnologia che usa con disinvoltura e senza cautela. La comunicazione mediata (telefonate, sms, social, chat e quant'altro) snaturalizza le relazioni umane, tenendo separati gli individui. Ma l'essere umano ha bisogno di stare fisicamente vicino ai suoi simili, ha bisogno del contatto fisico, l'essere umano non è una mente separata da un corpo, né un individuo separato dal suo ambiente. Corpo e mente, individuo e ambiente sono insieme e devono rimanere insieme, altrimenti si genera e si accresce un malessere individuale e collettivo senza neanche averne la consapevolezza. Di cosa ha bisogno l'essere umano per vivere? Nutrimento, sia di cibo sia affettivo. Se un infante non riceve il latte, muore. Se un infante non riceve neanche una carezza dalla mamma, muore (ricordo che una ricerca l'ha dimostrato, anche se non ricordo quale ricerca fosse). Anche gli adulti ha
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    [continua dal commento precedente, perché me l'ha tagliato, non sapevo che ci fosse un limite per la lunghezza] Anche gli adulti hanno bisogno di nutrimento sia di cibo sia affettivo. Ma che tipo di nutrimento possono dare Facebook, Second Life e affini? Cibo sicuramente no, ma neanche sorrisi, abbracci o coccole. Da questo punto di vista, secondo me vale più una carezza di tutta Facebook, che considero promotrice di una degenerazione dei rapporti umani».
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    OT @Francesco: si Francesco ho seguito il corso di sociologia del prof. Ferrarotti, è stato l'ultimo esame dato nella scorsa sessione, le lezioni del professore mi hanno affascinato, la sociologia è davvero una regina fra le scienze....leggere i problemi della vita quotidiana alla luce del contesto sociologico aiuta davvero tantissimo, forse di più di quanto non riesca a fare l'approccio psicologico. Scusate la digressione Off Topic!!!!
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    Dissento da quanto scrive Francesco sul legame causale tra virtualità e malessere. Non escludo che il legame talvolta possa esserci (e ciò credo vada indagato in modo sperimentale per capire quali sono le possibili variabili intervenienti che determinano la correlazione), in linea generale però sarei molto cauto nel generalizzare. Il punto fondamentale, a mio avviso, sta nel fatto che i rapporti virtuali non vanno considerati e vissuti come surrogato dei rapporti reali, ma come complemento. La virtualità non è sostitutiva della fisicità, ma ne è un completamento che può essere fortemente arricchente. E quando De Kerckhove dice "i rapporti umani in carne e ossa non diventeranno obsoleti. Non stanchiamoci di coltivarli" non fa che confermare questo: non si tratta di liberarsi dei rapporti fisici a vantaggio dei rapporti virtuali, ma di trovare un modo per far coesistere gli uni e gli altri. Sono dunque convinto, soprattutto per esperienza personale, che i rapporti virtuali possano essere preziosissimi, perché privati di tutto ciò che è la comunicazione non verbale possono eliminare il vincolo dell'imbarazzo, della titubanza nel volersi mostrare per quello che si è, per via di un timore di matrice più o meno convenzionale. Un rapporto fisico non può che partire dall'apparenza, con cui dobbiamo fare necessariamente i conti, invece un rapporto virtuale può partire da tutto ciò che apparenza non è. Personalmente coltivo rapporti virtuali, ovvero con persone che contatto nei social network ma che vedo raramente o quasi mai, traendone un grandissimo beneficio. Non voglio dire che sia necessariamente così, né minimizzare i rischi che possono venire dalla virtualità, la mia conclusione è semplicemente che la generalizzazione del legame causale tra virtualità e infelicità a mio avviso è un errore: non è la virtualità in sé a costituire una fonte di problema, ma semmai l'interazione tra la virtualità e determinate predisposizioni.
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    come spesso succede parliamo di cose che vanno calate nella realtà e spesso partire da preconcetti e definizioni accademiche è sbagliato. Il malessere può nascere in base a determinate situazioni, che possono essere presenti e quindi enfatizzate dal virtuale o anche essere scatenati ex novo. Ogni cosa deve essere calibrata sulla personalità di ognuno, sono d'accordo con il commento precedente di gianluigi, il virtuale è un complemento del fisico, forse un'estensione del fisico. A mio parere il virtuale deve essere un supporto della vita vera, mai sconfinare in una sostituzione, seppure ridotta di questa.
andrea pidoto

studio di Le Martin sulla dipendenza da Internete - 2 views

Le Matin lancia l'allarme sulla dipendenza dal web: solo in Svizzera i casi denunciati sono 70 mila. Ecco la storia di Alex, che ha impiegato dieci anni per vincere la sua battaglia contro lo scher...

dipendenza rete

started by andrea pidoto on 24 Oct 12 no follow-up yet
Giacomo Parrini

dipendenza da internet - 4 views

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    In questo interessante articolo vengono posti quesiti riguardanti la correlazione tra la necessità di essere sempre connessi e la comparsa di psicopatologie. Internet ci rende davvero dipendenti oppure internet è diventato solo un'innocua ma indispensabile integrazione alla vita? ci sono conseguenze fisiche e comportamentali? sono domande tuttora aperte ma che ci permettono di riflettere e indagare meglio in quest'ambito
Mary Casaro

Rischio di Dipendenza da Internet negli adolescenti: come ridurlo? - 0 views

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    Cresce fra gli adolescenti l'Internet Addiction Disorder (IAD), disturbo ossessivo-compulsivo causato dall'utilizzo massiccio di Internet, una dipendenza paragonabile al gioco d'azzardo patologico. Nel combatterlo, la qualità della comunicazione fra genitori e figli, rappresenta uno strumento efficace: i giovani che si sentono capiti dai genitori, relativamente all'utilizzo che fanno di Internet, hanno un rischio minore di sviluppare disturbi di utilizzo compulsivo.
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