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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged Q

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Luciano Di Mele

Goleman parla della compassione - 7 views

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    Goleman parte dal famoso esperimento fatto all'Università di Princeton, quello definito la parabola del Buon Samaritano. Noi aiutiamo i bisognosi solo se non siamo trascinati via dal vortice dei pensieri, delle preoccupazioni, insomma se non siamo sotto stress. Attraverso una sapiente dialogicità eclettica e piena di humor colloquiale, Goleman, toccando i recenti esiti di ricerche sui neuroni specchio, giunge in modo ottimistico a dichiarare che in fondo, la solidarietà, la proattività e prosocialità, tipiche dell'Intelligenza Emotiva, forse emergono semplicemente distogliendo un attimo il pensiero da se stessi (egocentrato) e guardandosi semplicemente attorno: gli occhi vedono molte più cose di quanto la mente non sappia o voglia esprimere a parole.
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    La cosa che mi colpisce sempre e mi da conferma di tante cose e' la riflessione, che Golemann sottolinea nel corso del video, che Q.I. e intelligenza emotiva sono completamente scisse fra loro. Non c'e' alcuna relazione fra quanto una persona possa essere intelligente, anche geniale, e la capacita' della stessa di "percepire l'altro", di essere in empatia con altre persone. Il dato a mio avviso inquietante e ' che tutt'oggi grande energia viene impiegata a sviluppare l'intelligenza, intesa come Q.I., mentre di fatto la nostra capacita' di essere vincenti e di intessere una vita appagante e ricca passa completamente da quanto siamo in grado di essere padroni della nostra parte emozionale, spesso sommersa ma sempre alla guida di ogni nostra azione.
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    Mentre il Q.I. sonda le capacità logico-matematiche, le funzioni verbali, la percezione spaziale di una persona, l'intelligenza emotiva si riferisce invece al lato emotivo, al lato sociale, sicuramente non meno importanti. Questo è il tipo di intelligenza che riguarda la gestione, l'uso consapevole, delle proprie emozioni, l'autocontrollo, la tenacia, la comprensione degli altri, l'empatia, che possiamo definirla la capacità di monitorare le proprie e le altrui emozioni, di differenziarle e di usare tale informazione per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni. Avere la capacità di saper gestire al meglio se stessi e gli altri, spesso è alla base del successo di molte persone, sia a livello personale che professionale, in quanto emozioni e sentimenti, se gestiti al meglio, divengono una fondamentale risorsa.
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    E' chiaro che nel video il noto psicologo Goleman separa nettamente il significato dell'intelligenza misurata come Q.I.e l'intelligenza emotiva. L'intelligenza emotiva è la mobilità del pensiero, è la "capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi e di gestire positivamente le nostre emozioni". Insieme ad altri studiosi, Goleman incontra il Dalai Lama e riscontra nella psicologia buddista notevoli similitudini sul tema della compassione: il proprio temperamento non è un destino e l'autocontrollo e la compassione sono ciò di cui il nostro tempo ha più bisogno. La compassione nella tradizione cristiana è la compartecipazione alle sofferenze altrui, potremmo definirla pietà, nella tradizione buddista ha invece il significato più ampio di togliere sofferenza e dare felicità. Il Dalai Lama suggerisce:"tutte le volte che incontrate qualcuno, immaginatevi che in una vita passata sia stato vostra madre, o che lo sarà in una vita futura." Secondo la psicologia buddista la capacità di controllore i propri stati mentali deriva dall'intelligenza, questa forma di intelligenza Goleman la definisce emotiva. Possiamo controllare le emozioni negative, gli impulsi, anche nell'età adulta imparando a riconoscerli nel momento in cui insorgono. Come fare? Azioniamo una zona del cervello facendo riposare l'altra e poiché il cervello è plastico quest'esperienza ripetuta ci aiuta a controllare le emozioni negative come l'incapacità di provare compassione.
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    Cosa il regno animale può insegnarci a proposito di intelligenza emotiva e empatia... http://www.youtube.com/watch?v=0-ZGvgFr7DI
Marco Tambara

L'intelligenza e la sua natura. - 13 views

Gli studi di Miceli e Gangemi e si riallacciano ad un dibattito che continua da anni. Segnalo il testo, delle stesse autrici, "L'intelligenza. Teorie e modelli". Il volume offre al lettore una rass...

#Intelligence

Graziella Fiorini

L'intelligenza - 4 views

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    Una definizione unica e oggettiva di intelligenza non è certo facile. Non a caso i test per la misurazione del Q.I. (Quoziente Intellettivo) sono stati fortemente ridimensionati dalla semplice considerazione che è possibile definire diversi tipi di intelligenza.
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    Per quanto l'intelligenza sia stata a lungo studiata da una moltitudine di ricercatori, si è ancora lontani dall'aver raggiunto un consenso unanime su una definizione capace di fissarne le caratteristiche di maggior rilievo. Senza pretendere di dire l'ultima parola in merito, si può comunque affermare che l'intelligenza, in un'ottica evoluzionistica, intesa come strumento che migliora l'adattamento all'ambiente, è in primo luogo la capacità di risolvere nuovi problemi, oppure di risolvere vecchi problemi in maniera innovativa. L'intelligenza è anche implicata nello stabilire nuovi nessi o rapporti tra due o più elementi, come pure nel rilevare contrasti o relazioni problematiche tra essi. Tali operazioni non sono strettamente limitate al momento presente o a un passato più o meno lontano, ma possono riguardare anche situazioni che non si sono ancora realizzate e perfino situazioni ipotetiche che potrebbero non verificarsi mai. L'elemento novità sembra essere comunque un requisito comune affinché si possa parlare di un effettivo utilizzo di facoltà intelligenti. Infatti, la semplice applicazione di regole o algoritmi per portare meccanicamente a termine compiti o per risolvere problemi già affrontati con successo in passato non si considera, in genere, un'attività intelligente. Questo aspetto costituisce una distinzione fondamentale da far valere nei confronti di coloro che ritengono le doti intellettive umane interamente riducibili a operazioni computazionali. La cosiddetta Intelligenza Artificiale si propone di emulare le capacità del nostro cervello (quindi anche l'intelligenza) mediante la semplice esecuzione di operazioni sulla base di procedure e regole per la manipolazione di simboli. Essendo esse predefinite, ossia fornite prima che l'elaboratore elettronico svolga il compito assegnato, non possono avere nulla di realmente innovativo. Forse l'aspetto distintivo dell'intelligenza umana rispetto alle capacità di calcolo dei computer st
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    Questo contributo mi sembra che rispetto ai contenuti del corso non sia adeguato nel senso che non parla del concetto di mente-elaboratore, il nuovo connubio che porta la nostra mente all'esterno del nostro corpo e connettendola con il computer la amplia di tutte quelle potenzialità da esso derivanti: c'è una nuova forma di intelligenza, interattiva e potenzialmente illimitata. Inoltre è corretto nei contenuti proposti a proposito delle considerazioni iniziali sulle variee definizioni di intelligenza del passato. Il testo si interrompe, lasciando intendere la riflessione finale che sottolinea la diversità tra mente e CPU del computer, ma a mio avviso non si deve parlare tanto di differenza ma piuttosto di intelligenza potenzialmente illimitata, derivante dall'interazione tra uomo e computer.
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    Il tema del Q.I. è ormai superato da tempo. Almeno da quando lo psicologo statunitense Howard Gardner ha distinto ben 9 tipi di intelligenza. Voglio citarne solo una che ci riguarda più da vicino, l'intelligenza interpersonale che relativa alla capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, i desideri nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. Questo tipo di intelligenza a mio parere riguarda non solo i singoli ma anche le collettività. Con i sistemi complessi basati sulla fiducia e il rischio, sempre più fondamentale diventa questo tipo di intelligenza inviestigata da Pierre Levy in questa bella conferenza sul dibattito intelligenza collettiva e intelligenza connettiva nell'impresa e nell'insegnamento. http://www.youtube.com/watch?v=0yl9Fjf1_OE
Maurizio Aucone

Più multitasking Meno ricordi... - 4 views

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    Per James Flynn emerito Professor of Political Studies all' Università of Otaga in Nuova Zelanda, il fatto di essere multitasking, ha permesso alla donna di esprimersi al meglio e di avere più intelligenza dell'uomo. Indubbiamente, le donne sanno organizzarsi meglio, gestire un maggiore carico di lavoro e impegni. Lo studio condotto da Flynn, esperto in materia, ha calcolato il Q. I. secondo il genere, giungendo alla seguente conclusione: nei casi di parità dei sessi, le donne sono più intelligenti degli uomini. Nonostante i numerosi impegni, affrontano grintose ogni imprevisto e riescono a portare avanti le proprie prerogative, non si arrendono e non mollano facilmente. Si dividono tra casa, lavoro, hobby e amicizie senza trascurare la famiglia e le responsabilità che essa impone. La donna divenuta multitasking per necessità o virtù ha superato le barriere sociali ed è divenuta "competitiva" in campi solitamente maschili. Cambia il modo di comunicare, cambiano i ruoli e le strategie, salgono le soglie di stress e di depressione del genere maschile (dati CENSIS) normalmente geneticamente meno incline a questa patologia. Il fenomeno "multitasking" nell'era dell' moltiplicazione dei flussi di informazione, inteso come tendenza a utilizzare nello stesso istante più supporti tecnologici, per fruire di un numero sempre maggiore di informazioni, andrebbe analizzato nella sua interezza e con il giusto distacco. Elias Aboujaoude, direttore della Impulse Control Disorders dell'università di Stanford ed autore del libro Virtually you: Internet and the fracturing of the self, sostiene che la possibilità di archiviare contenuti online in maniera pressocchè illimitata porta a conservare praticamente tutto, ogni foto, ogni video ed a dimenticare però quelli che sono i momenti che andrebbero veramente ricordati. Ciò porterebbe quindi il cervello ad una fase di stallo limitando le reali possibilità di concentrazione. A complicare ulteriormente le cose
Massimo Apicella

Le origini della scrittura - genealogia di una invenzione - 8 views

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    Interessante testo, da consultare, per approfondimenti sul tema della scrittura, dalla sua preistoria fino alle teorie di Kerckhove sull'uomo "letterizzato"
anna colombo

Ripensare l'apprendimento nell'era digitale - 4 views

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    Potenziale rivoluzionario della nuova tecnologia per trasformare l'apprendimento .
Daniela Cerbone

Al politico piace il web usa e getta - 4 views

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    Ho letto l'articolo, mi pare però che questo, più che problema di "psicotecnologie", sia al 100% un problema di politica, o meglio, di un certo modo di fare politica, per capirci quel tipo di politica che cerca il cittadino solo quando gli conviene per raccattare voti... MA il discorso si può allargare, prendendo invece in considerazione quei fenomeni nati nel web e portati avanti da persone che usano il web come principale mezzo di comunicazione con i propri interlocutori. Mi pare che il Movimento Cinque Stelle sia un esempio di come un nuovo modo di vivere e pensare la comunicazione sia intrinsecamente unito e parte integrante di una psicotecnologia - il web - che va a modificare il modo di pensare creando qualcosa di nuovo. Questo esempio era per rimanere nel tema della politica citato nell'articolo, ma ovviamente una miriade di altri esempi mostrano come nuove comunità umane nascano nel web e vivano secondo le regole del web. Un esempio a noi vicino: la nostra rappresentanza studentesca :)
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    La mia riflessione, a valle della lettura dell'articolo, è stato quella di pensare al fatto che oggi tutti noi abbiamo a disposizione non una strada ma una autostrada digitale, il web, attraverso la quale è possibile capire il mondo, ma per capirlo bisogna esserci. Ignorarla, o nel caso specifico dell'articolo fare finta di, vuol dire essere fuori dal cambiamento che tocca tutti i livelli della società. Ciò dimostra anche come il nostro paese è abbastanza indietro nello sviluppo digitale. Come lo stesso de Kerckhove afferma: la rete da la voce all'individuo. Ovviamente ognuno ha la propria chiave di lettura.
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    Credo che l'articolista affronti la questione facendo riferimento solo ai dati dell'abbandono dello strumento digitale da parte del politico, ignorando del tutto i dati da parte del pubblico. Chi si prende la briga di aggiornare quotidianamente un twitter seguito da 10 persone, o un blog da tre? Nessuno, per quanto meritevoli gentili e simpatiche possano essere quelle persone. Dal punto di vista della comunicazione, specialmente per un politico, il gioco non vale semplicemente la candela. In certi casi è meglio andare in piazza e raccogliere un capannello di persone, o in un ufficio o in una fabbrica. Esiste anche il mondo reale, non solo quello virtuale, per dare voce all'individuo. Quindi, senza conoscere i "dati di ascolto" dei siti, dei twitter o di facebook, non mi sembra si possano trarre conclusioni sul disimpegno dei politici dal multimediale, e ogni considerazione in questo senso credo sia piuttosto demagogica. Non sono fuori dal cambiamento se non scrivo i twit che nessuno legge, magari sono fuori dal cambiamento perché nessuno legge i miei twit, che è un altro modo di vedere la questione. Se poi si vuole fare della comunicazione una bandiera della trasparenza, allora bene vengano post dai vari ministeri, comuni, regioni e altri organi istituzionali, dove i dati che compaiono hanno oltre al carattere informativo, anche una validità ufficiale. Ma anche questi hanno lo stesso valore del twit del politico, se nessuno si prende la briga di consultarli.
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    Quest'articolo fa scaturire una riflessione: il problema sono le psicotecnologie o l'uso che se ne fa? Il senso comune porterebbe a optare per la seconda ipotesi: se i politici, nello specifico, imparassero a fare del web un uso meno funzionale al proprio risultato elettorale ciò potrebbe portare a benefici in termini di partecipazione dal basso. In effetti una posizione abbastanza critica sulla "democrazia globale" che può nascere dalle psicotecnologie e, nello specifico, dal web è quella del politologo bielorusso Evgeny Morozov, ricercatore all'Università di Stanford. Nel libro "The Net Delusion "di un paio di anni fa egli criticava l'idea della sostituzione delle pratiche associativo-comunitarie tradizionali in nome della distribuzione orizzontale dei mezzi di partecipazione che viene consentita dal web. Morozov compie un'analisi degli interessi economici (in particolare in Europa dell'Est, ma non solo). La "retorica digitale" nasce dall'uso che viene fatto del mezzo e non dal mezzo in sé, che Morozov ritiene avere potenzialità "eccezionali" ma che bisogna saper usare. Ad esempio questa retorica sta portando negli Stati Uniti (e non solo) alla politica-marketing, ovvero messaggi su misura per gli elettori, a scapito del messaggio calibrato sull'interesse collettivo. In generale il rischio è che messaggi banali o inesatti, che in una discussione verrebbero facilmente smontati, diventano "seri" perché sono ammantati da una retorica emancipatoria: dal vuoto politico si rischia di passare così al managerialismo.
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    Parlamento 2.0, Strategie di comunicazione politica in internet, è un libro di Sara Bentivegna, consultabile, almeno in parte, al link seguente: http://books.google.it/books?id=DHtrFTgp9N4C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false Nel retro di copertina è scritto che: «In numerose democrazie occidentali, tra cui anche l'Italia, lo stato dei rapporti tra politica e cittadini è spesso descritto tramite il ricorso a termini come distanza, disaffezione, disinteresse e disincanto. Riguardo al rapporto tra eletti ed elettori, vi è la sensazione diffusa che si sia di fronte a mondi diversi, con individui che parlano linguaggi mutualmente incomprensibili, incapaci di attivare canali diretti di comunicazione. L'ambiente comunicativo proprio dei media tradizionali, con le ben note tendenze alla personalizzazione e spettacolarizzazione, non contribuisce certo a far recuperare terreno sul fronte del rapporto tra rappresentanti e rappresentati. Le caratteristiche dell'ambiente digitale possono consentire, invece, ammesso che lo si voglia, dinamiche comunicative di tutt'altra natura. Infatti, nelle varie declinazioni dell'ambiente web, sia esso 1.0 o 2.0, scompaiono le tradizionali mediazioni dei media mainstream e può realizzarsi la piena autonomia del soggetto. Così, i parlamentari interessati a farlo possono mettere in atto strategie comunicative e relazionali tese a narrare la politica tramite l'adozione di punti di vista più vicini ai cittadini nonché a recuperare occasioni di ascolto e interazione. I dati presentati nel volume, tuttavia, ci restituiscono una descrizione della presenza dei parlamentari nel web ispirata, principalmente, all'obiettivo della self promotion piuttosto che all'ascolto e all'interazione con i cittadini. Quale che sia la piattaforma utilizzata - sito, blog, Facebook, YouTube o Twitter - l'uso prevalente che si riscontra è quello del marketing personale. Questa interpretazione riduttiva rappresenta l'ennesima conferma della problemati
Francesca Villa

LA NUOVA MODALITA' DI CONFERENZE - WEBINAR - 3 views

Il Webinar si differenzia dal Webcast hanno un sistema interattivo. Citando la definizione da Wikipedia: In telecomunicazioni il termine webcast descrive la trasmissione di segnale audio e/o video ...

WEBINAR CONFERENZE APPRENDIMENTO ON-LINE

adelaide nucera

Lavorare con intelligenza emotiva - 2 views

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    E' l'introduzione al libro scritto da Goleman:"lavorare con l'intelligenza emotiva" mi è tornato utile leggera per chiarire come è arrivato a definire l'intelligenza emotiva e dove trova applicazione.
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    Ho letto il libro di Goleman e mi e' piaciuto molto. Ovviamente dovete provare interesse per l'argomento, ovvero la psicologia: Goleman in sostanza dice che la capacita' di provare le emozioni e di riconoscerle in noi stessi e negli altri e' una dote preziosa e costituisce una forma di intelligenza al pari con l'intelligenza di tipo cognitivo. Fa un sacco di esempi pratici, spiega anche quali sono i centri nervosi nel cervello che regolano le emozioni; spiega perche' ci sono persone che sembra non riescan a interpretare correttamente le reazioni emotive loro e degli altri... Insomma, se l'argomento vi interessa lo consiglio vivamente a tutti
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    Valorizzare l'intelligenza emotiva nel mondo del lavoro si è rilevata in molte aziende la carte vincente per l'eccellenza dei risultati che ha prodotto. Sono emersi così i costi dell'assenza di tale attitudine nella gestione produttiva. Goleman raccogliendo le diverse esperienze dal mondo del lavoro, dai dirigienti, i PR, e i coordinatori ha costruito un modello di riferimento per spiegare scientificamente le cause e gli effetti di tale prerogativa. Intelligenza emotiva non significa soltanto essere gentili o disponibili, bensì strategici; Non significa libera espressione delle emozioni, bensì riconoscimento, considerazione e controllo. L'intelligenza emotiva è un attitudine presente negli uomini come nelle donne, non dimentichiamoci di questo attributo.
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    Ho trovato il libro di Goleman molto interessante e trovo anche interessanti gli esempi che l'autore fa per far capire i concetti. Mi hanno i modelli di riferimento che ha utilizzato per spiegare le cause e gli effetti. Fa riferimento anche a delle descrizioni anatomiche e scientifiche e aiuta a capire perchè determinate persone non riescono a capire le emozioni degli altri. L'intelligenza emotiva è anche strategia e presente indifferentemente dal sesso.
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    Ho letto questo libro dopo aver seguito un corso in azienda "competenze emotive al servizio dei risultati l'ho trovato molto interessante. Questa capacità è fondamentale in ambito lavorativo proprio per saper monitorare i propri sentimenti ed emozioni in relazione al contesto. Il fatto di poter capire cosa provino le persone attorno a noi oppure il comprendere le motivazioni che ci spingono verso un determinato scopo è molto importante. SIcuramente valorizzare tale capacità nelle aziende a mio avviso è fondamentale per poter raggiungere gli obiettivii e mantere uno spirito di squadra.
alessandro antonelli

Distributed Cognitions, ebook su google libri , pubblicato dalla casa editric... - 2 views

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    Distributed Cognitions: Psychological and Educational Considerations Di Gavriel Salomon La distributed cognition da Wundt ai giorni nostri, nascita delle teorie e mutamento dell'atteggiamento del mondo scientifico verso l'Apprendimento "distribuito"
NICOLINA NOCERA

Disturbi di apprendimento e nuove tecnologie - 2 views

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    Avendo seguito il corso di tecnologie dell'istruzione e dell'apprendimento mi sono chiesta se le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie potessero essere sfruttate anche con soggetti che presentano deficit di apprendimento.
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    Due le grandi linee: vi sono coloro che come Sperman ritengono che esista un fattore "G"di intelligenza generale; e altri come Thurston postulano l'esistenza di famiglie di abilità primarie, come q...
Giuseppina Armone

Changing Rhythms of American Family Life - 0 views

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    A proposito di multitasking, vi propongo alcune riflessioni sulle disparità di genere che esistono all'interno del nucleo familiare quanto a cura della casa e dei figli. America o Europa non credo che faccia tanto la differenza...
Rossana Joo

Knowledge construction - 1 views

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    Nelle teorie socio-costruttiviste le persone non costruiscono la conoscenza solo scambiando si informazioni ma costruiscono attivamente la conoscenza. Pertanto lo studente è al centro dell'apprendimento.
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    Diciamo che stiamo andando un po' nella direzione della co-costruzione della conoscenza. Forse siamo abituati a pensare che la conoscenza è un'attività individuale che si impara da soli; ma non affatto così ma si parla di un'attività che ha a che fare con il sociale. Se pensiamo in letteratura anche Vygotsky e Piaget dissero che la conoscenza è assimilata tramite la cultura, è un'attività sociale, noi non impariamo mai da soli, siamo sempre parte di una comunità e socializziamo nel nostro apprendimento così co-costruiamo conoscenza in modo naturale, come esseri umani siamo naturalmente sociali.
ornella corrado

"I meridionali sono meno intelligenti" - Corriere della Sera - 4 views

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    Richard Lynn, docente emerito di psicologia all'università dell'Ulster a Coleraine, in Irlanda del Nord, è famoso per le sue teorie a dir poco provocatorie.Su " Intelligence " ha pubblicato un articolo dal titolo: «In Italy, north-south differences in IQ predict differences in income, education, infant mortality, stature and literacy» («Le differenze nel QI tra nord e sud Italia corrispondono a differenze nel reddito, educazione, mortalità infantile, statura e alfabetizzazione»)
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    Commento da meridianale!!!!!! C'è da essere allibiti quando si sentono simili dichiarazioni, si può subito cadere nella tentazione di vedere tutto in chiave razzista ma non è così. Bisogna guardare le cose con logica questo signore che si dice un docente emerito è in realtà un emerito "ignorante del suo campo" e questo lo scrive uno che ha appena la terza media, ma che sà benissimo cosa è il metodo scientifico. Uno il signor Coleraine ha messo in evidenza che ad eguali redditi corrisponde un q.i. più basso ma lui ha riprodotto eguali condizioni socio-ambientali per tutti i campioni su cui ha basato la sua analisi? Sicuramente no , se lo avesse fatto avrebbe dovuto considerare che in sicilia la ventata innovativa della rivoluzione francese non è arrivata, che pur moderna ha una società di tipo medievale, organizzata in caste dove la meritocrazia non fà emergere le sue migliori intelligenze, che non ha servizi che diano a tutti pari opportunità, che chi ha un posto ad alto reddito in Sicilia con le dovute eccezioni non è chi lo merita, ma chi è introdotto nell'ambiente che conta per famiglia, conoscenza o altro. Avrebbe dovuto considerare che all'estero e fuori dalla Sicilia dove i Siciliani hanno avuto pari e favorevoli opportunità hanno molte volte primeggiato sugli altri, anzi se andiamo a guardare con percentuali superiori alla media degli altri popoli. Per quanto riguarda il suo razzismo , io sono orgoglioso di ogni parte della mia identità genetica, sia araba, che fenicia, che normanna, che latina, e non voglio scendere alle sue bassezze ma come dovrei considerare lui e la sua gente che si è ammazzata in modo incivile per futili motivi religiosi, forse dovremmo considerare lui e i suoi dei portatori di handicap?
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    a parte le facili critiche, tali teorie si smontano con l'approccio scientifico. sicuramente saranno basate su metodologie a dir poco ortodosse. sarebbe inoltre interessante capire quanti degli esaminati al nord erano effettivamente del nord e non magari meridionali, dal sangue meridionale e solamente trapiantati al nord. magari la teoria si trasformerebbe che in "e' l'aria del nord che rende piu' intelligenti".
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    I test intellettivi sono tarati su individui che appartengono alla classe media e alla razza bianca. Questo significa che persone di basso ceto o di razza nera ottengono mediamente QI più bassi, anche se la loro intelligenza non è affatto inferiore. E' un limite dei test, non della gente. Le capacità che misurano riguardano fatti o abilità che si imparano in alcuni ambienti culturali. In ambienti diversi, si apprende altro. Perciò, un test psicometrico non misura quanto sei intelligente, ma quanto fai parte di una determinata cultura. Qualunque studente di psicologia lo sa ma al Prof. Lynn, che insegna proprio questa materia, nessuno lo ha ancora spiegato. Emerito Prof! Stai attento che al prossimo esame i suoi stessi allievi saranno costretti a bocciarla! . . . . . . Benvenuto al SUD (Salerno).
STELLA CAPASSO

Google ci rende stupidi? - 13 views

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    E' un articolo forse non recentissimo (2008), ma che riprende una lezione del nostro corso di Psicotecnologie del Prof. De Kerckhove, per cui è un argomento certamente utile ed attuale per i nostri studi. Partendo dal famoso articolo di Carr, in cui il giornalista americano analizza il cambiamento che Internet sta portando nel nostro modo di ragionare, ma anche di concentrarci, l'autrice ci mostra le differenze della lettura sul web da quella di un libro, le enormi potenzialità portate dal web (intelligenza condivisa, capacità multitasking...), sottolineando aspetti di grande attualità, come l'ipertestualità, il sapere globale, la comunicazione immediata, lo spirito di condivisione.
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    E' interessante. Mi piace quello che dice l'autrice nella parte finale: "Allora, educhiamo i giovani a distinguere tra i due sistemi. Educhiamoli a focalizzare l'attenzione". Mi piace perchè è esattamente quello che penso anch'io (!). Il problema non sta tanto in internet. E' vero che internet ci spinge a non concentrarci, perchè ci offre continuamente mille opportunità: come Pinocchio e Lucignolo, nel Paese dei balocchi! Ma possiamo staccarcene e concentrarci a leggere un libro, se vogliamo. Il problema più grave, per me, è quello educativo. I bambini non visitano tanto internet. Ma vivono in un mondo che lo visita di continuo, circondati da adulti incapaci di concentrars, di dedicarsi ad una cosa per volta: parlano al figlio, ma nello stesso momento scrivono e telefonano a qualcuno. Non credi che l'esempio sia la migliore modalità di educare? E i bambini imparano, bevono tutto dagli adulti di riferimento. Faccio molti laboratori di educazione musicale e teatrale nelle scuole. Ci sono situazioni in cui i bambini non hanno capacità di attenzione per più di tre secondi: hanno bisogno di continui stimoli, di novità, altrimenti non seguono perchè "si annoiano"! Ho inserito in Diigo un articolo da New Scientist di Sally Adee (Una mente in stato di grazia è più creativa?) in cui si parla proprio di concentrazione e di come questa capacità sia alla base della possibilità di eccellere in qualche arte o sport. Non si può ottenere nulla, in musica, se non con l'esercizio costante, come nella danza, nel teatro e anche nello sport. Il multitasking, in questo settore, è pericolosissimo! Ma come fare, con i bambini abituati a passare di corsa da un argomento all'altro? Continuo a ripetere che la maniera migliore per creare è quella di annoiarsi: quando i bambini si annoiano, inventano. Quando sono riempiti di nozioni, di informazioni, di novità, l'unica possibilità di salvezza è la fuga dal proprio cervello. Non credo che Google ci renda stupidi. Cred
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    stupidi non so, ma sicuramente più dipendenti : ora come ora vivere senza la rete ora ci appare impossibile , in quanto ha pervaso ogni aspetto della nostra vita personale e professionale . Forse essendo noi una una comunità virtuale alle prese con un corso di laurea telematica rappresentiamo proprio il contesto ideale per dimostrare le contraddizioni , ma anche le possibilità insite nel "nuovo medium"
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    Non credo ci faccia diventare più stupidi. Anzi, la rete grazie anche a siti come Google ci danno la possibilità di conoscere facilmente nuove cose e dunque abbiamo l'opportunità di formare al meglio la nostra coscienza su determinati argomenti.. l'informazione ce la cerchiamo, diversamente dai classici media dove questa ci viene fornita.. e credo sia una bella differenza.. o per lo meno, per me è sempre stata questa la grande differenza, il salto di qualità, tra la televisione/radio ed internet. ovviamente cercare informazioni non è facile, non è sufficiente scrivere l'argomento di interesse su 'Cerca' e prendere per buono il primo link che trovo. ma è lo stesso discorso dell'enciclopedia cartacea: io cercavo sempre più articoli e notizie sulla ricerca che andavo a fare ed ero brava a mettere insieme le cose..
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    in realtà è la nostra sete di conoscenza che è cambiata. Abbiamo un numero infinito di informazioni a portata di mouse e non ci accontentiamo più del primo risultato ottenenuto. Uno dei grandi vantaggi apportati da Google è stato quello di fare ordine e di renderci la navigazione più facile, ma gli altri media non scompaiono...ci accontentiamo dei 5 secondi per capire se una info sul web è interessanbte o meno, ma possiamo ancora goderci un bel libro e avere il piacere di sfogliare un quotidiano. Sono cambiate le nostre esigenze, ma soprattutto si sono amplificate le nostre potenzialità.
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    L'articolo di Carr si preoccupa sulla psiche, cioè tutto questo input di informazioni (Internet) che effetto hanno sui nostri figli e gli educatori sono preoccupati??. Invece il professor De Kerckhove analizza il lato buono di Intenet, di Google in generale, infatti al contrario di cui l'articolo dica che la gente non scriva e legga più, in realtà la gente legge e scrive più che mai, forse proprio perchè invogliata dal poter reperire notizie in Internet. Il mio pensiero è che sia Google che Internet in generale servano per sviluppare la mente verso nuovi orizzonti. Ormai senza l'udo della tecnologia non si va da nessuna parte
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    Un importante articolo di De Kerckhowe ed una delle ultime lezioni del programma di Psicotecnologie che trovo molto interessante perchè illustra le nuove disponibilità del nostro sapere, evoluzioni del nostro comporamento individuale e sociale, delle nostre capacità intellettive.Esternalizzare la mente, essere sempre connessi alla rete può spaventare. Maggiori resistenze giungono dai mentalità conservatrici, o dalle grande organizzazioni che temeno di perdere il controllo, o dal singolo 'utente che teme, oltre alle nuove tecnologie, forse anche se stesso. Così Google, i social network diventano strumenti diabolici, minacciosi, diseducaativi. Occore però valutare che come la scrittura ha lasciato libera la mente dalla pesante incombenza della memorizzazione, così Google, ci condurrà verso nuove attitudini che non riusciamo ancora a prevedere.
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    io credo che google non ci renda stupidi, ma al contrario ci da la possibilità di rispondere ad ogni nostra curiosità e attraverso queste conoscenze ampliare la propria cultura, verso temi che altrimenti non avremmo affrontato, per lo meno con la semplicità di accedere a determinati contenuti. Rimane, però, l'accortezza di verificare le informazioni se provengono da siti attendibili, perchè spesso su internet si trova di tutto. Anche questa selezione del materialie da prendere in considerazione, ci porta a sviluppare un intuito ed una conoscenza non indifferente.
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    Anche questo articolo lo trovo interessantissimo. Mi rendo conto di ciò che Carr vuole trasmettere perché molto spesso mi sono chiesta quale potesse essere il lato negativo di dell'avvento così decisivo del web di google e simili. Io capisco quando dice che trova difficoltà a concentrarsi di più su un libro in quanto quando sono sul web ciò che leggo non è più sequenziale. E' vero ma io trovo geniale questa possibilità di collegarsi ad un altro link ed imparare durante la lettura. L'ipertesto permette questo, permette una lettura dinamica. E' vero anche che non abbiamo a volte la percezione dell'attendibilità dell'informazione come dice Giuseppina.
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    Bisogna dire che nei primi anni di Internet quando i navigatori provenienti dall'ambiente scientifico-universitario la qualità dell'informazione era altissima, con la massificazione di Internet è giocoforza che nel mucchio la qualità sia scesa di parecchio ma le valide fonti non mancano di certo, basta trovarle ed in questo Google è una mano santa.. Oggi tra Google, YouTube, Wikipedia, etc. viene reso disponibile quasi tutto lo scibile umano che va in ogni caso selezionato e scremato ma l'accesso alla conoscenza che esiste oggi non è mai stato possibile prima se non per poche persone e con molta difficoltà.
Chiara Lucia Gobbi

Comunicazione Educativa - 0 views

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    un'interessante presentazione in power-point sulla comunicazione educativa
Mannuzza Salvatore

Innovazione tecnologica e architettura - Ioanni Delsante - Google Libri - 1 views

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    In queste pagine l'autore facendo riferimento ai contributi del grande De Kerckhove, parte da una definizione iniziale di Psicotecnologie fino ad indicare il legame con i processi cognitivi della nostra mente. (Pag. 43 - 45, paragrafo denominato Psicotecnologie)
Mannuzza Salvatore

Dalla formazione a distanza all'Apprendimento in rete di Guglielmo Trentin- Google Libri - 2 views

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    Paragrafi interessanti che trattano il tema dell'Apprendimento collaborativo in rete. (Pag. 59 - 62, paragrafi che trattano l'Apprendimento Collaborativo in rete)
CARMEN FALCONE

L'interattività diviene contatto (De Kerckhove, 1996) . - 1 views

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    Il concetto di costruzione collaborativa della conoscenza può consentire alcune riflessioni teoriche. Himmelman, ad esempio, distingue vari gradi di interazione ai fini dell'apprendimento, fino ad arrivare al concetto di collaborazione: - Networking: scambio di informazioni - Coordinazione: scambio di informazioni ed alternanza di attività - Cooperazione: scambio di informazioni, alternanza di attività, condivisione di risorse e raggiungimento dell'obiettivo comune, tutto ciò per il beneficio reciproco. La cooperazione implica un'organizzazione rigida, con ruoli definiti, una specie di "lavoro di squadra"; La collaborazione : un'organizzazione aperta, meno strutturata, in quanto si costruisce man mano che si procede. Specialmente in rete, la collaborazione, rispetto alla cooperazione, richiede consapevolezza. Gli elementi di innovazione offerti dalle nuove tecnologie rendono possibile gestire autonomamente le informazioni e di rielaborare i concetti in una dimensione collaborativa interattiva e con una flessibilità dei percorsi formativi. Il modello di apprendimento è basato sull'allievo e si costruisce sul superamento di una fruizione passiva, promuovendo un atteggiamento attivo, rielaborativo delle conoscenze e interattivo verso le nuove tecnologie. Gli ambienti di apprendimento sostenuti dal computer favoriscono processi di crescita collettiva e promuovono forme di intelligenza collettiva e connettiva pur salvaguardando l'identità e la personalità individuale.
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