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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged Education

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Elena Giannini

What is media education? - 3 views

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    A 4 minute video from media educators across Europe. What is media education?
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    Diverse definizioni del concetto di "media education", che sottolineano l'importanza del suo ruolo nel promuovere nei ragazzi la capacità di leggere, comunicare, comprendere e rielaborare in modo critico i messaggi provenienti dal mondo mediatico, al fine di imparare a convivere con i media e a usarli in modo adeguato
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    Nella realtà italiana la media education è portata avanti da un movimento riconducibile a Roberto Giannatelli, un salesiano che ha creato il MED ( ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L' EDUCAZIONE AI MEDIA E ALLA COMUNICAZIONE) e con grande sorpresa, ieri su second life, ho scoperto che anche il nostro tutor è un coordinatore. Come definizione media education è quel particolare ambito delle scienze dell' educazione e del lavoro educativo che consiste nel produrre riflessioni e strategie operative in ordine ai media, intesi come risorsa integrale per l' intervento formativo. Vi è l' idea di ricorrere ai media come alleati naturali per parlare del presente, per portare la comunicazione all' interno del processo formatio, sia nel senso di far diventare le tecnologie dei temi su cui il curriculum della scuola si interroga e si interpella e sia ancche come metodo attivo in grado di modernizzare le funzioni dell' insegnamento e lo stesso linguaggio dei docenti della scuola.
Luciano Di Mele

Articolo sulla raccomandazione in e-learning - 12 views

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    L'articolo suggerisce metodi per aiutare gli studenti alla ricerca di learning object di loro interesse
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    Un Learning Object (oggetto didattico) è una risorsa educativa, principalmente digitale, di cui l'insegnante, il tutor o lo studente si servono per studiare. Si può definire anche come un blocco, un'unità di contenuto a sè stante, sulla quale si basa un percorso di apprendimento. Ogni LO è costituito da varie parti: slides, foto, testo, grafica ecc. Combinando o scomponendo i diversi oggetti, l'insegnante può creare percorsi di apprendimento ogni volta diversi l'uno dall'altro, pertanto i LO godendo di questa struttura modulare e flessibile sono spesso utilizzati per una didattica individuale e personalizzata. Lo scopo del LO è quello di dare un'informazione strutturata tale che al termine del servizio formativo il fruitore abbia acquisito esperienza, conoscenza e arricchito la propria cultura. Dal punto di vista pratico, invece, un LO è progettato per essere riusato e operabile su diverse piattaforme di e-learning, con grande risparmio di costo e tempo. Oggi i LO sono sempre più sofisticati, studiano infatti il profilo del fruitore sia dal punto di vista delle sue conoscenze pregresse sia dal punto di vista meta-cognitivo, in questo modo il risultato finale risulta più che efficace.
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    Che cos'è un Oggetto Didattico (OD)? Reperire in Internet risorse educative di cui l'insegnante o lo studente possano servirsi per studiare, autoformarsi o insegnare non è cosa semplice, anche perché le pagine presenti nel web aumentano sempre di più e i motori di ricerca forniscono informazioni soltanto sulle pagine web più superficiali di un sito, tralasciando quelle che l'utente raggiungerebbe se approfondisse la navigazione. La progettazione di un OD, invece, è mirata a superare tali ostacoli tecnici e documentari. Un Oggetto Didattico è un blocco di apprendimento autonomo, coerente, unitario e riusabile che risponde a un singolo determinato obiettivo di apprendimento/insegnamento. Un Oggetto Didattico è come una molecola Una metafora aiuterà a capire meglio. Un Oggetto Didattico viene spesso paragonato a una molecola. Così come questa è composta da atomi (fatti di elettroni, protoni, quark, eccetera), ogni singolo Oggetto è costituito da varie parti (foto, testo, suono, grafica). L'insegnante è, quindi, il chimico che conosce le formule e la materia, ossia le tecniche e i metodi d'insegnamento ed è esperto della propria disciplina. In sostanza è in grado di utilizzare uno o più Oggetti, scomporli e crearne di nuovi. Combinando insieme Oggetti diversi si possono realizzare percorsi di apprendimento diversi. Un docente può creare un iter di apprendimento/insegnamento legando Oggetti nell'ordine che soddisfa specifici obiettivi didattici e che meglio si adatta agli stili cognitivi e di apprendimento degli specifici allievi cui si rivolge. Gli Oggetti Didattici, per la loro natura modulare, semistrutturata e flessibile sono di enorme supporto alla didattica individualizzata e possono quindi essere utilizzati così come sono oppure scomposti e i singoli elementi utilizzati per costruirne di nuovi. La riusabilità innanzitutto Da un punto di vista tecnico, invece, un Oggetto Didattico è progettato in modo da essere riusabile e int
Marco Tambara

Education first via web - 1 views

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    Un articolo del prof. De Mauro sull'esperienza scolastica coreana che in pochi decenni ha sviluppato un sistema educativo tra i più efficenti a livello mondiale. Nell' articolo vengono menzionati due programmi di sviluppo per l'educazione. Education First promosso dalle Nazioni Unite (UN) è un programma per lo sviluppo dell'istruzione primaria mondiale. http://www.globaleducationfirst.org/index.html Collaborating for change è il summit che si è svolto a Doha (Qatar) il 13-15 novembre con oltre 100 paesi partecipanti e incentrato sulle nuove metodologie di insegnamento, di innovazione e orientato verso la ricerca di nuovi metodi collaborativi a più livelli. Ai lavori si è partecipato anche con i mezzi web 2.0 http://www.wise-qatar.org/content/2012-wise-summit
apolverari

"MEDIA EDUCATION: più consapevolezza, più opportunità, più futuro!". A Roma i... - 0 views

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    Questo convegno organizzato dal ministero dell´istruzione riguarda la media education con un focus sul linguaggio d´odio. I discorsi d´odio su internet, specialmente nelle piattaforme di social networks sono ormai diffusi ovunque. Le persone che sono soggette a discriminazioni d´odio su internet vedono la loro vita quotidiana, anche a di fuori della vita digitale, influenzata. Ad esempio alcuni soggetti di ricerche dopo essere state vittime di discorsi d´odio hanno avuto cali motivazionali in ambito accademico. L´ambiente dei social media puó diventare "contagioso" cioè puó trasmettere all'utente valori e comportamenti che possono poi, più o meno internalizzarsi. I discorsi che si presentano, hanno un pubblico molto ampio, se lo stesso discorso viene espresso da un numero ingente di persone, si "normalizza", diventa un preconcetto da cui partire per avviare altre conversazioni, interazioni, creazioni di materiali. Per questo la media education é importante per svilupare una analisi critica di ció che vediamo tutti i giorni su internet, ed essere capaci di resistere al contagio dei discorsi d´odio che impazzano nel web.
Romina Mandolini

Apprendimento Collaborativo - 4 views

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    Questo documento raccoglie gli atti di una conferenza su McLuhan, dello scorso anno a Barcellona. il capitolo che segnalo "Education beyond the book", sull'apprendimento collaborativo, raccoglie i contributi delle università di tutto il mondo (da pag.132 a pag 307). Con i nuovi media, gli individui ridisegnano nuove dimensioni sociali e collaborative nelle quali condividono, creano, ricreano le conoscenze. E' il processo d'intelligenza connettiva, in cui oltre il contenuto, occupa un ruolo fondamentale il modo attraverso il quale le persone apprendono. Selezionano, analizzano, filtrano, condividono, commentano, modellano e rimodellano l'enorme quantità di dati e risorse digitali. Non ci sono più barriere, neanche tra insegnanti e studenti. Questi sono parte attiva di un processo di autoproduzione di contenuti, che non conosce più limiti spazio temporali. Segnalo: "'Everything About the Past': Wikipedia and History Education", su come gli studenti creano il loro sapere. "Social Networking in Second Language Learning", sull'apprendimento collaborativo delle lingue straniere. "Realizing McLuhan's Dream in the21st Century Classroom", un progetto per giornalisti. "Knowledge Isles in an Open Access World:The Open Archipelago Project" , progetto di convergenza digitale tra università, biblioteche e centri di ricerca, fruibile da diverse piattaforme. Oltre quelli citati consiglio di leggere tutti gli articoli. Uno splendido contributo, necessario a comprendere l'estensione e l'importanza significativa, di questo campo di ricerca.
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    Sottolineo la accuratezza delle informazioni segnalate dell'amica Romina. In particolare l'accuratezza e completezza delle informazioni del documento sono rese immediatamente fruibili dalla sua snella presentazione.
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    Wikipedia è per antonomasia il principale prodotto della cultura collaborativa condivisa. Il prof. Eco ha denominato gli utenti di wikipedia "folla motivata" e alza la guardia sulla sua attendibilità. Forse si troverebbe d'accordo con McLuhan quando dice "La tendenza generale di tutta la comunicazione moderna,che si tratti di giornalismo o di pubblicità o di arti vere e proprie, non è più la formulazione di concetti ma solo la partecipazione a un processo".
Luciano Di Mele

SCUOLA/ Il cervello "modificato" dei nativi digitali - 9 views

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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    se è vero che parlare oggi di libri di testo, nell'epoca della cognizione distribuita e di internet inteso come stanza intelligente, appare anacronistico, dobbiamo dire che altrettanto anacronistica appare la figura del docente che si limiti a trasmettere informazioni invece che esercitare il più consono ai tempi attuali ruolo di "facilitatore" dei processi di apprendimento nei confronti di un discente che deve perciò diventare sempre più responasabile della costruzione attiva e critica della propria conoscenza.
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    Vi segnalo un interessante articolo "Lo tsunami dei nativi digitali". http://www.educationduepuntozero.it/politiche-educative/tsunami-nativi-digitali-4023818866.shtml le classificazioni più recenti danno i "nativi digitali puri" con un'età tra i 0 e i 12 anni. Gli attuali dodicenni sono i ragazzi della seconda media inferiore o secondaria di primo grado. Insomma, i ragazzi che stanno completando il primo ciclo e che l'anno successivo si iscriveranno alla prima delle secondaria superiore o di secondo grado. Il fronte d'onda di questo tsunami di nativi è arrivato alle superiori! Mentre questo accade, l'adulto si sta ancora chiedendo come innovare la didattica, come insegnare o fare coaching e insegna a una "specie" con mezzi e linguaggi incomprensibili, perché i nativi sono semplicemente "diversi".
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    Correlazione tra nativi digitali ed economia. http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2012-04-21/popolo-rete-184826.shtml?uuid=AbHX4fRF Il Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò ha affermato che "la scarsa alfabetizzazione [informatica] degli italiani costituisce indubbiamente una remora per la diffusione dell'utilizzo della larga banda" ma che "il livello di scolarizzazione è destinato a salire, per l'aggiornamento della scuola e per la richiesta dei ragazzi nelle famiglie". Una bassa alfabetizzazione informatica determina per l'appunto un ridotto livello di interesse verso la banda larga, cosa che a sua volta rende, per questi utenti, il filo telefonico che entra nelle nostre case sostanzialmente fungibile con il telefono cellulare. Il risultato netto è che se in precedenza, a quegli utenti, il sistema delle telecomunicazioni vendeva due prodotti, a tendere ne venderà solamente uno. Ma i costi di una rete fissa di telecomunicazioni sono in larga misura indipendenti dal numero di utilizzatori. Il termine ormai diffusamente utilizzato per identificare le nuove generazioni utilizzatrici spontanee di strumenti informatici è quello di "Digital Natives", ovvero "Nativi Digitali", giovani che si destreggiano fin da tenera età con strumenti informatici. Tra gli addetti ai lavori è comune sentire dei trentenni autodefinirsi "nativi digitali".
Alessandro Bigarelli

La pedagogia della postmodernità e i media tecnologici - 4 views

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    Panoramica ben corredata di riferimenti bibliografici contestuali a noi noti: da McLuhan(Psicotecnologie) a Bourdon (Sociologia), con tanta Pedagogia e Antropologia. La scuola dovrebbe prendere definitivamente atto che i nuovi media sono in grado di creare immaginari stra-ordinari, che modellano, plasmano ed educano gli individui (nuovo senso della soggettività). Di conseguenza, l'individuo dovrebbe essere educato ai media (cuore della New media education) in quanto educazione alla fruizione con l'obiettivo di costruire una "cittadinanza digitale".
Sonia Fiora

NATIVI DIGITALI - 3 views

#APPRENDIMENTO

started by Sonia Fiora on 09 Nov 12 no follow-up yet
alessandro antonelli

American Educational Research Journal Summer 2004, adapting Teacher Interventions to St... - 0 views

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    Articolo sull'importanza dell'intervento di tutoraggio durante le fasi di apprendimento condiviso. E' dimostrato che l'intervento dell'insegnante e la valutazione del lavoro durante l'apprendimento, aumenta sensibilmente la capacità dei singoli studenti di risolvere i problemi posti
Giuseppe Del Grosso

Intelligenza emotiva e e-learning - 2 views

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    Intelligenza emotiva e e-learning ShareIl coinvolgimento e la motivazione dei corsisti, anche di quelli più "difficili", interessati solo all'ottenimento del titolo rimane una delle problematiche che il progettista e-learning deve affrontare. (pubblicato originalmente su Idearium) PROGETTAZIONE E-LEARNING PER VALORIZZARE L'INTELLIGENZA EMOTIVA: STRATEGIE PER L'APPRENDIMENTO IN RETE di G. R. Mangione e C. Policaro Dallo schema narrativo … Per rendere conto dell'organizzazione di corsi per l'apprendimento in rete, è utile punto di partenza il confronto con la semiotica (Propp,1996) dal quale ricaviamo la definizione di "racconto" come sequenza di episodi formali interdefiniti, dotati di un senso, di una direzione[1] e ci domandiamo in che misura è possibile che l'articolazione dello schema narrativo caratterizzi anche un corso e-learning? La Morfologia della fiaba indica la ricorrenza di tre grandi prove: una prova qualificante nella quale il soggetto si rende competente, atto a fare, attraverso esami e riti di iniziazione; una prova decisiva nella quale il soggetto si realizza compiendo un certo numero di azioni; una prova glorificante nella quale il soggetto ottiene il riconoscimento di ciò che ha fatto, e di conseguenza di ciò che è. L'eroe vi si deve sottoporre (Floch, 1997), e dalla articolazione delle stesse prende forma una storia completa. Appare evidente una correlazione con un corso di formazione in rete. La prova qualificante ha l'obiettivo di qualificare il corsista, suggerendo un punto di partenza che rispecchi le sue conoscenze pregresse. La prova decisiva rappresenta il cuore della didattica on line che cerca di utilizzare al meglio le potenzialit? delle nuove tecnologie e coinvolgere l'utente mediante la partecipazione attiva all'interno del percorso formativo condiviso con altri utenti, sia attraverso uno storyboarding con intreccio narrativo in prima persona, sia attrave
Chiara Lucia Gobbi

Tecnologie e apprendimento: ICT-based education - 0 views

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    l'apprendimento collaborativo basato sul computer, enfatizza i modi in cui la tecnologia dell'informazione può essere usata per mediare e supportare la comunicazione tra i membri di gruppi impegnati in un'attività di apprendimento, rimuovendo i limiti spaziali e temporali.
stefanofosco

Confronting the Challenges of Participatory Culture: Media Education of the 21st Centur... - 0 views

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    E' un articolo di Henry Jenkins riguardo a come gli educatori possono meglio recepire l'impatto che le tecnologie internet stanno avendo sui giovani oggi e sull'uso che tale informazione può avere sulle loro pratiche di insegnamento. Jenkins identifica quelle abilità che sono cruciali per un' alfabetizzazione ad una nuova cultura dei media.
broggigianni71

Realtà virtuale a scuola. I servizi di Immensive per il settore Education. - 1 views

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    Articolo che parla di realtà' virtuale il cui interesse e pratica sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni in diversi settori: gaming, medicina,psicologia,industria e didattica.La tecnologia VR offre numerose opportunità' per l'innovazione degli schemi di apprendimento.
Ivan Romano

I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
faustinemercier

CINEMA E AUTISMO, UN POSSIBILE INCONTRO FECONDO | Media Education - 1 views

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    L'articolo descrive un'esperienza che utilizza linguaggi multimodali (scrittura, musica, fotografie, montaggio) e mette in evidenza come questa varietà di codici e tecnologie ha permesso un'estensione di un Sè corporeo e psicologico, permettendo di uscire dall'isolamento.
aliceice

Chat GPT: l’intelligenza artificiale che ci costringe a pensare – Education... - 0 views

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    In Questo articolo scritto da Mario Fieri, esperto di tecnologie, educazione e cultura, presso la Rivista Education 2.0, presenta una nuova forma di intelligenza artificiale, ChatGPT, che "Pretende di simularci in quanto intellettuali". Riporta una domanda posta da Alan Turing nel 1950 "le macchine possono pensare?" Ma la vera domanda é "le risposte che una macchina da alle domande, sono distinguibili o meno da quelle di una persona?, procedendo con un excursus sull'intelligenza artificiale, nel tentativo di sviluppare macchine con abilità linguistiche avanzate, Fieri scrive che, il successo dell'IA si deve al machine learning, frutto dell'osservazione di Turing il quale sottolineó che l'essere umano non nasce con strutture cognitive complete ,ma con una struttura iniziale, che attraverso le esperienze permette di apprendere. ( Il Sistema di chatGPT, é un IA generativa, in grado di produrre su richiesta risposte di ogni tipo, spiegazioni, interpretazioni, illustrazioni, soluzioni ai problemi, può persino scrivere poesie, saggi, testi su questioni filosofiche e scientifiche. Un caso di automazione di processi mentali, processi mentali guidati da uno scopo, é qui che sta il confine con il pensiero umano, quest'ultimo al contrario capace anche di sognare e di "filosofeggiare" senza meta. Cambieranno tuttavia le competenze di cui necessitiamo?alcune competenze diverranno automatizzate? e ancora, se i sistemi "rubano l'intelligenza", forse questo promuove un tipo di intelligenza ancora piú complessa? o potremmo passare dal rispondere alle domande a porre domande, via via sempre pii complesse. È chiaro allora che come con qualsiasi altra tecnologia, la scuola é inevitabilmente coinvolta, e le scelte possibili sono, ignorare o proibire, scelta che sembra perdente giá in partenza, oppure possiamo imparare a conviverci, anzi, dobbiamo proprio imparare ad utilizzarli con intelligenza.
Romina Mandolini

La Natura dell'Intelligenza - 3 views

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    In linea generale, possiamo definire l'intelligenza umana come quella facoltà che consente di conoscere la realtà in cui siamo immersi e di interagire con essa a diversi gradi e livelli. Sulla natura di questa la scienza non è ancora unanime, poiché sono troppi e complessi gli interrogativi che essa suscita. L'Intelligenza non è il risultato di un'analisi lineare della realtà, ma il prodotto di una pluralità di strategie cognitive che integrano più livelli di analisi, in funzione della complessità di ciò che ci troviamo a dover affrontare. Per riuscire in questo si serve del raziocinio, delle emozioni e di tutti quegli strumenti tipicamente animali, come memoria, impulso, sensazione, istinto, che questa combina per il raggiungimento dei suoi scopi, secondo schemi organizzati così complessi che ancor'oggi sfuggono a una costruzione teorica univoca. Gli studi sull'Intelligenza artificiale e i numerosi successi non hanno fatto altro che evidenziare ancora di più i divari sostanziali che permangono tra i processi cognitivi umani e quelli artificiali. Non è stato ancora possibile catturare l''intelligenza umana all'interno di un algoritmo, per la troppa complessità delle gerarchie di intrecci, dei fattori che vi concorrono. Tuttavia, questa complessità sotto altri aspetti ha aperto nuove possibilità, in quanto ha permesso ad alcuni studiosi di mostrare cosa l'intelligenza di certo "non era". I lavori di Howard Gardner, i suoi studi sull'intelligenza multipla e i contributi di Daniel Goleman con la sua intelligenza emotiva, hanno contrapposto all'idea riduzionista, meccanica e semplicistica dell'intelligenza, una rinnovata concezione che tenesse conto delle complesse interazioni tra mente e uomo, tra mente e mondo.
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    Alcune considerazioni conclusive: Daniel Goleman con i suoi studi sull'intelligenza emotiva: http://www.humantrainer.com/articoli/recensione-libro-intelligenza-emotiva.html Ha avuto il merito di aver portato all'attenzione del dibattito scientifico, la valenza delle emozioni in quanto strumenti di indagine della realtà individuale e sociale, ambito ritenuto esclusivo del raziocinio. Mostrandone il valore, ha fatto si che esse si trasformassero da agenti perturbanti del pensiero razionale, in un potente strumento di conoscenza. Howard Gardner con le sue teorizzazioni sull'intelligenza multipla: http://education.jhu.edu/PD/newhorizons/future/creating_the_future/crfut_gardner.cfm ha restituito una realtà molto più articolata, strutturata e organica, che nella sua concezione ha saputo conciliare unicità individuali, aspetti socio-culturali (contesto) e interazioni dei singoli. A questo proposito risultano molto interessanti le sue intuizioni su quella che lui chiama, Intelligenza distribuita, che ben si riallacciano alle teorizzazioni di De Kerckhove, sull'intelligenza connettiva e Levy sull'intelligenza collettiva: http://zope.unimc.it/elphd/Members/Emifor/Intelligenza%20connettiva.rtf Secondo questa concezione dell'intelligenza, nell'attività cognitiva individuale ogni idea ridefinisce conoscenze acquisite dal passato e nello stesso tempo apre prospettive inedite per il futuro, cui si connettono altri individui che a loro volta, rinnoveranno con i propri contributi, la rappresentazione che ci facciamo del mondo e della realtà. Questo processo di scoperta, di partecipazione collettiva, che non ha nulla a che fare con il collettivismo che come noto fa prevalere il gruppo sul singolo, può essere visto come l'Anima mundi dei filosofi platonici, ciò che in poche parole accomuna l'intera umanità attraverso il valore di ogni singola specificità.
De Rose Mario

Golemam, l'intelligenza emotiva - 2 views

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    Goleman individua 5 ambiti principali. 1. Conoscenza delle proprie emozioni-consapevolezza di sè (capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta). 2. Controllo delle emozioni-padronanza di sè. 3 Motivazione di se stessi, sapendo ritardare la gratificazione e controllando gli impulsi. 4. riconoscimento delle emozioni altrui-empatia. 5 gestione delle relazioni-abilità sociali. Il nostro livello di intelligenza emotiva non è fissato alla nascita, questa continua a svilupparsi tutta la vita attraverso l'esperienza. Ogni essere umano ha livelli di competenze diverse nei 5 ambiti ma con l'allenamento adeguato possono essere sviluppati.
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    Molto interessante l'approccio di Goleman che mette al centro l'individuo e la percezione del se, da invididuare e perfezionare in un percorso a step o meglio anche un percorso da intendere in maniera circolare la cui l'apparente fine o conclusione non è altro che l'inizio di un'altra esperienza cognitivo-emozionale riconducibile alla vita stessa.
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    L'approccio di Goleman all'intelligenza emotiva sembra aprire ampie possibilità di miglioramento delle competenze emotive che l'individuo può sviluppare nel corso della propria esistenza. In realtà quando ci confrontiamo con persone in diversi ambiti quello che si nota è una sorta di approccio mentale a problemi, situazioni, stress che raramente si modifica nel corso della vita. E' vero credo che l'intelligenza emotiva si possa coltivare e stimolare ma al tempo stesso, essendo legata alle emozioni, alla consapevolezza di se stessi e degli altri è anche molto condizionata dalle esperienze nell'infanzia. Tra gli studiosi delle origini e dello sviluppo delle strutture mentali, verso l'ottimalità piuttosto che verso la patologia, del bimbo e poi dell'adulto, esiste ormai da molti lustri una convergenza nell'affermare che la qualità delle strutture interne della personalità, e l'intelligenza stessa, dipendono da quanto si è strutturato nelle interazioni precoci del bimbo con i suoi caregivers. Allego un link con qualche dettaglio in più sul tema: http://www.psychomedia.it/pm/lifecycle/perinatal/imbasc6.htm
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    L'intelligenza emotiva, per Goleman è un insieme di specifiche capacità (consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia, abilità nelle relazioni interpersonali). Queste capacità sono fondamentali per ogni essere umano, possono essere sviluppate da chiunque a prescindere dalla cultura, dal ceto sociale, dal credi religiosi, dal sesso ecc., divenendo così competenze emotive e sociali. Apprendiamo ad essere emotivamente intelligenti attraverso l'educazione e lo sviluppo di queste abilità, quindi è indispensabile che queste siano educate e sviluppate a partire dalla nascita in modo che diventino competenze. Goleman scrive il libro in un momento in cui la società civile americana è attraversata da una crisi profonda; aumento dei crimini, dei suicidi ed altri indicatori di malessere che si registrano soprattutto nei giovani. Il consiglio proposto dall'autore è che per guarire da questi mali sociali occorre prestare più attenzione alla componente sociale ed emozionale nostra e dei nostri figli, con l'impegno a coltivare queste abilità. L'autore suggerisce anche di insegnare ai bambini l'alfabeto emozionale, inteso come capacità interpersonali essenziali, che servono a equilibrare la razionalità con passione. Oggi le emozioni sono oggetto di studio delle neuroscienze. "Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"
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    Per Goleman l'intelligenza emotiva è tutto ciò che nella nostra mente concerne il capire e controllare i propri sentimenti, entrare in empatia con gli altri, essere ottimisti e realisti, avere fiducia in sé stessi. Insomma, tutto quello che attiene al governo delle emozioni. Goleman non si limita a descriverla in maniera teorica ma la analizza e la declina in 25 vere e proprie competenze con le rispettive abilità. Raccogliendole tutte si può ottenere una vera e propria griglia di valutazione composta da: nome della competenza, relativa descrizione e griglia dei comportamenti che la identificano e la misurano.
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    Leggendo delle varie forme di intelligenza ovviamente si deve citare l'intelligenza emotiva quella di Goleman che è quella che pone l'accento prorpio sull'individuo che deve prendere coscienza di sè ed essere al centro delle proprie emozioni per poter vivere meglio ed allontanare gli eventi frustanti, avendo un controllo sulle proprie emozioni e sugli eventi, qui di sapersi gestire ed autoregolarsi.
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