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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged media literacy

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Elena Giannini

What is media education? - 3 views

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    A 4 minute video from media educators across Europe. What is media education?
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    Diverse definizioni del concetto di "media education", che sottolineano l'importanza del suo ruolo nel promuovere nei ragazzi la capacità di leggere, comunicare, comprendere e rielaborare in modo critico i messaggi provenienti dal mondo mediatico, al fine di imparare a convivere con i media e a usarli in modo adeguato
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    Nella realtà italiana la media education è portata avanti da un movimento riconducibile a Roberto Giannatelli, un salesiano che ha creato il MED ( ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L' EDUCAZIONE AI MEDIA E ALLA COMUNICAZIONE) e con grande sorpresa, ieri su second life, ho scoperto che anche il nostro tutor è un coordinatore. Come definizione media education è quel particolare ambito delle scienze dell' educazione e del lavoro educativo che consiste nel produrre riflessioni e strategie operative in ordine ai media, intesi come risorsa integrale per l' intervento formativo. Vi è l' idea di ricorrere ai media come alleati naturali per parlare del presente, per portare la comunicazione all' interno del processo formatio, sia nel senso di far diventare le tecnologie dei temi su cui il curriculum della scuola si interroga e si interpella e sia ancche come metodo attivo in grado di modernizzare le funzioni dell' insegnamento e lo stesso linguaggio dei docenti della scuola.
massimocalvi-max

\"Exploring Critical Media Health Literacy in the Online Classroom\" by Laura Squires, ... - 0 views

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    Una ricerca canadese ha esaminato la media literacy nel contesto dei contenuti sanitari (CMHL). Circa 120 studenti universitari iscritti a un corso online asincrono di fitness e benessere sono stati valutati sulla loro capacità di pensiero critico riguardo ai temi della salute presenti nei media online. Successivamente essi hanno portato le conoscenze acquisite in un evento su Twitter dove le abilità CMHL sono emerse principalmente nell'interazione tra pari. La ricerca avrebbe rilevato che gli studenti mostrano maggior pensiero critico quando interagiscono con i coetanei su Twitter (risposte ai tweet), piuttosto che quando interagiscono direttamente con i media online (tweet originali). Per i ricercatori è necessario educare gli studenti a essere più critici nei confronti delle informazioni sulla salute che consumano online, poiché ciò può avere un impatto significativo sulla tutela del benessere della persona. Qualche dubbio sulla validità di questa ricerca potrebbe emergere dall'utilizzo di Twitter, che presenta dei limiti di caratteri, tale limite potrebbe aver inibito l'espressione di opinioni strutturate a favore di una più semplice sintesi delle informazioni possedute. D'altro canto vi potrebbe inoltre essere la possibilità che l'utente si senta più motivato a esprimersi criticamente con un pari piuttosto che con un "profilo ufficiale" di un media digitale (sanitario) in quanto esso potrebbe essere gestito non direttamente dagli autori primari dell'informazione ma da social media manager non competenti in materia sanitaria.
apolverari

La lezione digitale: utilizzare le Tic all'interno delle classi | Soloformazione.it - 0 views

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    L´udo delle ITC (tecnologie dell´informazione e della comunicazione) per l´insegnamento ha preso piede in alcune scuole. Putroppo a volte gli insegnanti non sono capaci di usare queste tecnologie in classe. Di chi é la colpa? Gli insegnanti dovrebbero intraprendere dei corsi di digitalizzazione e media literacy, ma gli istituti e le istituzioni non costruiscono un sistema di supporto intorno al corpo docente per permettere questo tipo di iniziativa. Sono sottopagati e dovrebbero pagarsi i corsi di tasca propria. Oppure pieni di lavoro, i docenti dovrebbero andare al corso di media literacy nei fine settimana, nel loro unico tempo libero, per poi non vedere il proprio salario migliorare. L´implementazione delle ITC e il loro uso deve essere accompagnato dal sistema scolastico, non solo con la mera introduzione di esse, ma con corsi offerti e pagati al corpo docente, e con una giusta retribuzione.
Ivan Romano

I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
ornella corrado

"I meridionali sono meno intelligenti" - Corriere della Sera - 4 views

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    Richard Lynn, docente emerito di psicologia all'università dell'Ulster a Coleraine, in Irlanda del Nord, è famoso per le sue teorie a dir poco provocatorie.Su " Intelligence " ha pubblicato un articolo dal titolo: «In Italy, north-south differences in IQ predict differences in income, education, infant mortality, stature and literacy» («Le differenze nel QI tra nord e sud Italia corrispondono a differenze nel reddito, educazione, mortalità infantile, statura e alfabetizzazione»)
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    Commento da meridianale!!!!!! C'è da essere allibiti quando si sentono simili dichiarazioni, si può subito cadere nella tentazione di vedere tutto in chiave razzista ma non è così. Bisogna guardare le cose con logica questo signore che si dice un docente emerito è in realtà un emerito "ignorante del suo campo" e questo lo scrive uno che ha appena la terza media, ma che sà benissimo cosa è il metodo scientifico. Uno il signor Coleraine ha messo in evidenza che ad eguali redditi corrisponde un q.i. più basso ma lui ha riprodotto eguali condizioni socio-ambientali per tutti i campioni su cui ha basato la sua analisi? Sicuramente no , se lo avesse fatto avrebbe dovuto considerare che in sicilia la ventata innovativa della rivoluzione francese non è arrivata, che pur moderna ha una società di tipo medievale, organizzata in caste dove la meritocrazia non fà emergere le sue migliori intelligenze, che non ha servizi che diano a tutti pari opportunità, che chi ha un posto ad alto reddito in Sicilia con le dovute eccezioni non è chi lo merita, ma chi è introdotto nell'ambiente che conta per famiglia, conoscenza o altro. Avrebbe dovuto considerare che all'estero e fuori dalla Sicilia dove i Siciliani hanno avuto pari e favorevoli opportunità hanno molte volte primeggiato sugli altri, anzi se andiamo a guardare con percentuali superiori alla media degli altri popoli. Per quanto riguarda il suo razzismo , io sono orgoglioso di ogni parte della mia identità genetica, sia araba, che fenicia, che normanna, che latina, e non voglio scendere alle sue bassezze ma come dovrei considerare lui e la sua gente che si è ammazzata in modo incivile per futili motivi religiosi, forse dovremmo considerare lui e i suoi dei portatori di handicap?
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    a parte le facili critiche, tali teorie si smontano con l'approccio scientifico. sicuramente saranno basate su metodologie a dir poco ortodosse. sarebbe inoltre interessante capire quanti degli esaminati al nord erano effettivamente del nord e non magari meridionali, dal sangue meridionale e solamente trapiantati al nord. magari la teoria si trasformerebbe che in "e' l'aria del nord che rende piu' intelligenti".
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    I test intellettivi sono tarati su individui che appartengono alla classe media e alla razza bianca. Questo significa che persone di basso ceto o di razza nera ottengono mediamente QI più bassi, anche se la loro intelligenza non è affatto inferiore. E' un limite dei test, non della gente. Le capacità che misurano riguardano fatti o abilità che si imparano in alcuni ambienti culturali. In ambienti diversi, si apprende altro. Perciò, un test psicometrico non misura quanto sei intelligente, ma quanto fai parte di una determinata cultura. Qualunque studente di psicologia lo sa ma al Prof. Lynn, che insegna proprio questa materia, nessuno lo ha ancora spiegato. Emerito Prof! Stai attento che al prossimo esame i suoi stessi allievi saranno costretti a bocciarla! . . . . . . Benvenuto al SUD (Salerno).
Maria Cristina Marino

why tag? - 2 views

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    Questo un brevissimo, semplice, ma acuto video sul perchè si "tagga". "...can feel like finding a needle in a haystack..." all'interno del project New Media Literacies - Create Circulate Connect Collaborate; supported by MacArthur - CMS - MIT
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