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Il Web 2.0 e la Pubblica Amministrazione - 1 views

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    In questo video c'è una breve lezione del Prof. Stefano Epifani sul Web 2.0 e le sue possibili applicazioni nella Pubblica Amministrazione. E' molto interessante, e ripropongo di seguito alcuni dei passaggi che ritengo più significativi. Il termine web 2.0 viene usato per la prima volta nel 2003, per indicare la 2° generazione del web. Un'attitudine, e non una tecnologia! Concetti chiave del web 2.0 sono senz'altro le nuove tecnologie, ma soprattutto modi nuovi di usare quelle già esistenti (e questo è un elemento fondamentale). La vera forza propulsiva del web 2.0 sono i contenuti generati dagli utenti (UGC: User generated content, ed infatti il web 2.0 è fatto di blog, di sistemi Wiki, fatto di tutta una serie di soluzioni che vedono l'utente centrale rispetto alla produzione del contenuto: l'utente è il vero attore della realtà dell'informazione che lo circonda). Il web 2.0 cambia gli scenari della comunicazione online, soprattutto per la grande influenza che i blog, la cui affidabilità è percepita come molto alta, possono avere nei confronti di un pubblico molto ampio. Come può impattare il web 2.0 sulla Pubblica Amministrazione? Attraverso un contesto decentrato, attraverso le strutture reticolari, che permettono alla "periferia", in questo caso alle amministrazioni locali, di non essere solo fruitori dei contenuti, ma di essere degli attori operativi, che sviluppano delle informazioni che possono poi essere messe a sistema grazie ad una struttura centrale; ci si basa su una struttura distribuita, e non centralizzata, aggregando prodotti della periferia, per creare così un sistema aperto. E nel caso della Pubblica Amministrazione, ciò non può che favorire l'applicazione del Titolo V della Costituzione, che prevede un decentramento a favore delle Regioni.
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    sicuramente il web 2.0 quando sarà applicato alla pubblica amministrazione porterà molti benefici in termini di efficenza della P.A.; nel migliorare la comunicazione tra le varie amministrazioni della P.A.; nel migliorare la trasparenza della spesa pubblica. Nello stesso tempo però lo strumento del web 2.0 deve essere usato anche dalla gente che si deve trasformare in cittadinanza digitale.
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    Come contrariare una tale visione!?! C'è da augurarsi però che non sia una visione del tutto utopistica quella di rendere la "periferia" della P.A. attore principale del processo di cambiamento della comunicazione on-line. Sfugge forse che la P.A., al di là di pochi casi isolati, soffre fortemente di un grave arretramento di strumentazione e di formazione. Tanti problemi che affliggono il settore derivano, infatti, dalla difficoltà degli amministrativi di "entrare nell'era digitale" e procedere passo passo con l'evoluzione della tecnica. Bisognerebbe allora forse, prima di mettere in rete la "periferia" (e col termine intendo proprio la periferia geografica che è quella più svantaggiata), svecchiare la P.A., fornirle gli strumenti giusti per adeguarsi e raggiungere le nuove frontiere del web, partendo dalla base della conoscenza, requisito senza il quale passerebbero quasi inosservati ma sicuramente incompresi i vantaggi costituiti dall'utilizzo del 2.0. Quanto ai cittadini, questi si adeguano in fretta se tutto ciò rappresenta delle agevolazioni....
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verso il web semantico - 5 views

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    Il web semantico come rete di dati organizzati secondo associazioni di significati. Si tratta dell'evoluzione del web volta a superare i limiti delle attuali tecnologie ossia il collegamento tra le informazioni disponibili e un motore di ricerca a cui comunicare cosa stiamo cercando. Ua tecnologia in grado di riconoscere il contesto e il significato dei contenuti delle pagine web. Il web visto come un assistente in carne ed ossa a cui comunicare le nostre aspettative, capace di comprenderci e di accontetarci. Si parla di "agenti", software in grado di comprendere gli esseri umani, di amministrare operazioni ripetitive e dispendiose in termini di tempo, i computer quindi come cervelli artificiali condivisi. Le critiche che vengono rivolte riguardano la possibilità che tutto questo sostituisca gli esseri umani o che contribuiscano ad una rarefazione delle relazioni e degli incontri. Io condivido pienamente il fiale proposto nell'articolo.
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    grazie, articolo interessante che mi ha spinto ad approfondire un po' la questione...credo che l' idea del web semantico sia da un lato affascinante e dall'altro inquietante! affascinante perchè il tentativo è, procedendo per incertezze successive, di governare tali incertezze con intelligenze artificiali in grado di scoprire i collegamenti (non semplicemente testuali) tra le pagine web, in modo intelligente! inquietante perchè mi chiedo se davvero vogliamo che tali intelligenze riescano a simulare ciò che oggi è tipico di un comportamento umano, che abbiano anche loro ( ammesso che noi lo si abbia!..) buon senso....
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    In parole povere il Web Semantico è ciò che consentirebbe ai computer di comprendere il significato reale e cioè semantico, delle singole richieste dell'utente.
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    Sicuramente i motori di ricerca, negli anni passati, hanno contribuito alla diffusione di internet senza, oggi, la rete sarebbe una "babele" di informazioni e contenuti senza la possibilità di poterle selezionare e reperire in modo organico. Con i motori di ricerca è stato possibile portare un po' d'ordine e far uscire fuori le grandi risorse e potenzialità di internet. Oggi tutto questo non basta più, tante volte la nostra ricerca riporta risultati inutili, tanto che non sempre riusciamo a trovare quello che veramente stiamo cercando. La soluzione al nostro problema è il "web semantico", che permette di indirizzare in modo molto selettivo "semanticamente" la nostra ricerca. Certo immaginare di ottenere come risultato un lungo ipertesto che rappresenta tutto quello che "avresti voluto sapere" sembra effettivamente utopistico. E' pur vero che la rete si sviluppa in modo esponenziale, per questo c'è bisogno di pensare a una organizzazione più "umana" che permetta di rintracciare, catalogare e indicizzare quanto passa dalla rete, questo potrebbe permetttere un notevole risparmio di tempo.
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Psicopedagogika - Psicologia e formazione - - Intelligenza - 6 views

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    Per Platone l'intelligenza è ciò che distingue le diverse classi sociali ed è distribuita da Dio in maniera diseguale. Aristotele sosteneva che tutte le persone, tranne gli schiavi, esprimessero facoltà intellettive più o meno uguali, e che le differenze fossero dovute all'insegnamento e all'esempio. Al giorno d'oggi esistono diverse concettualizzazioni di intelligenza.
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    L'intelligenza è la somma di variabili fattori, che come le note del pentagramma concorrono con diversi e variabili accenti a produrre e sviluppare la musica del nostro pensiero.
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    Io credo che, relativamente all'intelligenza, il problema stia nel giudizio di valore che viene dato alle diverse forme di intelligenza. Se una persona ha un'altissima intelligenza emotiva, per cui riesce ad interpretare e capire i segnali che un'altra persona manda, riesce a "capire" profondamente gli altri, non sarà mai valutata intelligente tanto quanto un'altra persona che risolve un difficile problema matematico, ma non sa capire nulla dei bisogni o delle emozioni degli altri. Perché? Perché ci hanno insegnato che l'intelligenza logico-matematica è "intelligenza", quella verbale è "capacità di parlare", quella emotiva è "bontà" o "comprensione". Non so quanto tempo ci vorrà perché le diverse intelligenze (motoria, sensoriale, musicale, insieme a quella spaziale, logico-matematica ecc) siano valutate alla pari. Non so se mai avverrà. Un'intelligenza musicale è altamente valutata se chi ce l'ha diventa un grande musicista. Altrimenti non è presa granché in considerazione. E la capacità di "essere felici"? E' idiozia o intelligenza all'ennesima potenza?!
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    I contributi sull'intelligenza sono stati molteplici, una definizione generale che ho trovato la definisce come: "quel processo mentale che permette di acquisire nuove idee e capacità che consentono di elaborare concetti e i dati dell'esperienza per risolvere in modo efficace diversi tipi di problemi". Spearman definisce l'intelligenza come un fattore di base comune a tutte le attività intellettuali, che chiamò fattore G. Thurstone e Guilford criticarono però la posizione di Spearman sostenendo invece che l'intelligenza fosse costituita da molteplici fattori di abilità mentale tra loro indipendenti. Sternberg ha cercato di sintetizzare queste diverse posizioni sostenendo che il numero dei fattori cambia con il crescere dell'età: si passa così da un'abilità intellettuale generale a vari gruppi di abilità. Gardner ha elaborato la teoria delle intelligenze multiple, secondo la quale non esisterebbe un'unica forma generale di intelligenza, ma distinti tipi di competenze (linguistica, musicale, spaziale, logico-matematica) ciascuna competente per l'elaborazione di uno specifico ambito di informazioni. Oggi si parla di intelligenza distribuita, si è ormai sviluppata la consapevolezza che molte parti dell'intelligenza sono distribuite, non si trovano nella nostra testa, ma risiedono anche nel contesto in cui viviamo. Ogni giorno utilizziamo strumenti e materiali per svolgere le nostre attività, libri, agende, sempre di più computer e strumenti informatici, ma soprattutto parte della nostra intelligenza distribuita sono anche gli altri individui. E prendendo spunto dalle parole di De Kerckhove arrivo ad un'altra forma di intelligenza, quella connettiva. Grazie alle nuove tecnologie gli schermi dei computer divengono "luoghi in cui il pensiero viene scritto, ma simultaneamente, anche luoghi il cui il pensiero viene condiviso e elaborato da diverse persone che possono incontrarsi da qualunque posto si trovino, quando vogliono per dare il proprio contri
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Google ci rende stupidi? - 13 views

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    E' un articolo forse non recentissimo (2008), ma che riprende una lezione del nostro corso di Psicotecnologie del Prof. De Kerckhove, per cui è un argomento certamente utile ed attuale per i nostri studi. Partendo dal famoso articolo di Carr, in cui il giornalista americano analizza il cambiamento che Internet sta portando nel nostro modo di ragionare, ma anche di concentrarci, l'autrice ci mostra le differenze della lettura sul web da quella di un libro, le enormi potenzialità portate dal web (intelligenza condivisa, capacità multitasking...), sottolineando aspetti di grande attualità, come l'ipertestualità, il sapere globale, la comunicazione immediata, lo spirito di condivisione.
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    E' interessante. Mi piace quello che dice l'autrice nella parte finale: "Allora, educhiamo i giovani a distinguere tra i due sistemi. Educhiamoli a focalizzare l'attenzione". Mi piace perchè è esattamente quello che penso anch'io (!). Il problema non sta tanto in internet. E' vero che internet ci spinge a non concentrarci, perchè ci offre continuamente mille opportunità: come Pinocchio e Lucignolo, nel Paese dei balocchi! Ma possiamo staccarcene e concentrarci a leggere un libro, se vogliamo. Il problema più grave, per me, è quello educativo. I bambini non visitano tanto internet. Ma vivono in un mondo che lo visita di continuo, circondati da adulti incapaci di concentrars, di dedicarsi ad una cosa per volta: parlano al figlio, ma nello stesso momento scrivono e telefonano a qualcuno. Non credi che l'esempio sia la migliore modalità di educare? E i bambini imparano, bevono tutto dagli adulti di riferimento. Faccio molti laboratori di educazione musicale e teatrale nelle scuole. Ci sono situazioni in cui i bambini non hanno capacità di attenzione per più di tre secondi: hanno bisogno di continui stimoli, di novità, altrimenti non seguono perchè "si annoiano"! Ho inserito in Diigo un articolo da New Scientist di Sally Adee (Una mente in stato di grazia è più creativa?) in cui si parla proprio di concentrazione e di come questa capacità sia alla base della possibilità di eccellere in qualche arte o sport. Non si può ottenere nulla, in musica, se non con l'esercizio costante, come nella danza, nel teatro e anche nello sport. Il multitasking, in questo settore, è pericolosissimo! Ma come fare, con i bambini abituati a passare di corsa da un argomento all'altro? Continuo a ripetere che la maniera migliore per creare è quella di annoiarsi: quando i bambini si annoiano, inventano. Quando sono riempiti di nozioni, di informazioni, di novità, l'unica possibilità di salvezza è la fuga dal proprio cervello. Non credo che Google ci renda stupidi. Cred
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    stupidi non so, ma sicuramente più dipendenti : ora come ora vivere senza la rete ora ci appare impossibile , in quanto ha pervaso ogni aspetto della nostra vita personale e professionale . Forse essendo noi una una comunità virtuale alle prese con un corso di laurea telematica rappresentiamo proprio il contesto ideale per dimostrare le contraddizioni , ma anche le possibilità insite nel "nuovo medium"
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    Non credo ci faccia diventare più stupidi. Anzi, la rete grazie anche a siti come Google ci danno la possibilità di conoscere facilmente nuove cose e dunque abbiamo l'opportunità di formare al meglio la nostra coscienza su determinati argomenti.. l'informazione ce la cerchiamo, diversamente dai classici media dove questa ci viene fornita.. e credo sia una bella differenza.. o per lo meno, per me è sempre stata questa la grande differenza, il salto di qualità, tra la televisione/radio ed internet. ovviamente cercare informazioni non è facile, non è sufficiente scrivere l'argomento di interesse su 'Cerca' e prendere per buono il primo link che trovo. ma è lo stesso discorso dell'enciclopedia cartacea: io cercavo sempre più articoli e notizie sulla ricerca che andavo a fare ed ero brava a mettere insieme le cose..
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    in realtà è la nostra sete di conoscenza che è cambiata. Abbiamo un numero infinito di informazioni a portata di mouse e non ci accontentiamo più del primo risultato ottenenuto. Uno dei grandi vantaggi apportati da Google è stato quello di fare ordine e di renderci la navigazione più facile, ma gli altri media non scompaiono...ci accontentiamo dei 5 secondi per capire se una info sul web è interessanbte o meno, ma possiamo ancora goderci un bel libro e avere il piacere di sfogliare un quotidiano. Sono cambiate le nostre esigenze, ma soprattutto si sono amplificate le nostre potenzialità.
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    L'articolo di Carr si preoccupa sulla psiche, cioè tutto questo input di informazioni (Internet) che effetto hanno sui nostri figli e gli educatori sono preoccupati??. Invece il professor De Kerckhove analizza il lato buono di Intenet, di Google in generale, infatti al contrario di cui l'articolo dica che la gente non scriva e legga più, in realtà la gente legge e scrive più che mai, forse proprio perchè invogliata dal poter reperire notizie in Internet. Il mio pensiero è che sia Google che Internet in generale servano per sviluppare la mente verso nuovi orizzonti. Ormai senza l'udo della tecnologia non si va da nessuna parte
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    Un importante articolo di De Kerckhowe ed una delle ultime lezioni del programma di Psicotecnologie che trovo molto interessante perchè illustra le nuove disponibilità del nostro sapere, evoluzioni del nostro comporamento individuale e sociale, delle nostre capacità intellettive.Esternalizzare la mente, essere sempre connessi alla rete può spaventare. Maggiori resistenze giungono dai mentalità conservatrici, o dalle grande organizzazioni che temeno di perdere il controllo, o dal singolo 'utente che teme, oltre alle nuove tecnologie, forse anche se stesso. Così Google, i social network diventano strumenti diabolici, minacciosi, diseducaativi. Occore però valutare che come la scrittura ha lasciato libera la mente dalla pesante incombenza della memorizzazione, così Google, ci condurrà verso nuove attitudini che non riusciamo ancora a prevedere.
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    io credo che google non ci renda stupidi, ma al contrario ci da la possibilità di rispondere ad ogni nostra curiosità e attraverso queste conoscenze ampliare la propria cultura, verso temi che altrimenti non avremmo affrontato, per lo meno con la semplicità di accedere a determinati contenuti. Rimane, però, l'accortezza di verificare le informazioni se provengono da siti attendibili, perchè spesso su internet si trova di tutto. Anche questa selezione del materialie da prendere in considerazione, ci porta a sviluppare un intuito ed una conoscenza non indifferente.
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    Anche questo articolo lo trovo interessantissimo. Mi rendo conto di ciò che Carr vuole trasmettere perché molto spesso mi sono chiesta quale potesse essere il lato negativo di dell'avvento così decisivo del web di google e simili. Io capisco quando dice che trova difficoltà a concentrarsi di più su un libro in quanto quando sono sul web ciò che leggo non è più sequenziale. E' vero ma io trovo geniale questa possibilità di collegarsi ad un altro link ed imparare durante la lettura. L'ipertesto permette questo, permette una lettura dinamica. E' vero anche che non abbiamo a volte la percezione dell'attendibilità dell'informazione come dice Giuseppina.
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    Bisogna dire che nei primi anni di Internet quando i navigatori provenienti dall'ambiente scientifico-universitario la qualità dell'informazione era altissima, con la massificazione di Internet è giocoforza che nel mucchio la qualità sia scesa di parecchio ma le valide fonti non mancano di certo, basta trovarle ed in questo Google è una mano santa.. Oggi tra Google, YouTube, Wikipedia, etc. viene reso disponibile quasi tutto lo scibile umano che va in ogni caso selezionato e scremato ma l'accesso alla conoscenza che esiste oggi non è mai stato possibile prima se non per poche persone e con molta difficoltà.
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L'era digitale e la sua valenza antropologica: i nativi digitali " Tonino Cantelmi - 4 views

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    Trovato interessante questo articolo del prof. Tonino Cantelmi su la "Rete delle Reti " Stiamo assistendo dunque ad un cambiamento radicale e siamo forse di fronte ad un passaggio evolutivo La Rete delle Reti rappresenta la vera, straordinaria novità del III millennio: presto gran parte dell'umanità sarà in Rete.. L'uomo del terzo millennio, in altri termini, sarà diverso: la mente in Internet produrrà eventi e cambiamenti che non potremo ignorare.
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    Molto interessante. Come madre mi ha fatto molto riflettere la nozione di "genitore liquido": Si tratta di genitori che appartengono alla generazione-di-mezzo, capaci di utilizzare la tecnologia digitale ed anzi da essa affascinati, che hanno un profilo su facebook come i loro figli, che scimmiottano i figli stessi utilizzando il dialetto tecnologico degli adolescenti e che sono pienamente avvolti dalle dinamiche narcisistiche del contesto attuale. Sono genitori affettuosi, preoccupati per i loro figli, accudenti, ma hanno rinunciato ad educare, cioè a trasmettere visioni della vita, narrazioni, assetti valoriali e di significato, riflessioni di senso. In altri termini vogliono bene ai loro figli, sono affettuosi, accudenti ma non educanti. Il rapporto educativo è sempre l'incontro tra due libertà, tuttavia nell'ambito del rapporto genitori-figli esiste uno sbilanciamento, progressivamente riequilibrato, proprio dei due ruoli. Il genitore liquido però subisce il tema dell'ambiguità, della fluidità dei ruoli, del narcisismo e del bisogno di emozioni e la relazione educativa ne risulta sbiadita proprio nella sua essenza. In questo senso il genitore liquido è un genitore silente, che rinuncia a narrare e a narrarsi, rinuncia a trasmettere una visione della vita, a dare criteri di senso per le scelte, limitandosi ad offrire una molteplicità di scelte che non possono non determinare un profondo smarrimento nel figlio. Un tema su cui riflettere...
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bullismo e cyberbullismo - 1 views

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    In questa società perseguitata dalla tecnologia, la violena non si ferma, soprattutto negli adolescenti. Ecco che il fenomeno del bullismo non si ferma in classe ma si propaga anche sul web.
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    Il fenomeno sembra persino più subdolo del "bullismo tradizionale" in quanto il bullo del cyberspazio riesce a nascondersi dietro l'anonimato; persone che nella vita "reale" non troverebbero il coraggio di agire da bulli riescono a farlo riparandosi tra le maglie di internet, inoltre la fascia di età coinvolta in questo fenomeno è più ampia, non rigaurda principalmente gli adolescenti e gli alunni delle scuole primarie come il "bullismo tradizionale" ma anche quelli delle secondarie, università, adulti. La tecnologia è sicuramente un utile strumento di comunicazione e condivisione delle informazioni ma se alla base non c'è uno sforzo educativo svolto a un'educazione emozionale non serve a formare un'umanità più cosciente e responsabile, i limiti e i difetti che da millenni conosciamo nel genere umano si ripropongono a volte addirittura esasperati nel web.
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    Deve essere di grande attenzione la comprensione delle dinamiche sottostanti al cyberbullismo, i vissuti e le reazioni dei ragazzi coinvolti. Nel bullismo si hanno prevaricazione tra pari, infatti, avvengono per lo più tra compagni di classe o di scuola, ovvero tra persone che, volontariamente o meno, condividono tempo, ambiente ed esperienze. Persone che hanno dei sentimenti che vengono feriti nel momento in cui ci si sente rifiutati, minacciati, offesi. Vittime giovani, adolescenti e preadolescenti, che spesso si vergognano a parlarne con qualcuno, per il timore di un giudizio negativo o per la paura di ricevere, da parte dell'altro, un'ulteriore conferma del proprio essere debole. E, dall'altra parte, che dire del bullo? Viene etichettato e, in questo modo, un ruolo assunto in un contesto finisce per essere considerato, dagli altri, un tratto della sua personalità; invece bullo non è una persona, è un ruolo. Del bullismo si parla già molto, mentre il cyberbullismo è una forma nuova e forse più nascosta perché meno eclatante (soprattutto se confrontata col bullismo fisico). E' una manifestazione sottile del bullismo, a mio avviso, sempre più impattante, che arreca un grande malessere "moderno" per i ragazzi che ne sono coinvolti: è una situazione complessa da cui è, forse, ancora più difficile difendersi.
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Tecnopsicologia - 0 views

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    Si parla appunto delle psicotecnologie di come l'uomo si confronti con queste tecnologie inoltre si parla anche della cultura orale e di come il linguaggio abbia influenzato tali culture rendendo l'uomo individuale, e di come il testo si può togliere dal contesto e poi si arriva anche all'ipertesto e ai blog cioè questo modo di divnire parte di una comunità

cognizione ditributiva - 3 views

started by alfonsina longobardi on 12 Mar 13 no follow-up yet

la cognizione distribuita, una spiegazione esaustiva - 0 views

started by indragochiara on 17 Apr 19 no follow-up yet

MULTITASKING - 0 views

started by vdalmonte on 21 Apr 19 no follow-up yet

INTERFACCIA DEL LINGUAGGIO, DEI MEDIA E DELLA MENTE - 4 views

started by alfonsina longobardi on 12 Mar 13 no follow-up yet

Apprendimento collaborativo - 2 views

started by lorenzarossi on 09 Jul 17 no follow-up yet
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The Cloud and The Crowd: Distributed Cognition and Collective Intelligence | CCTP 797: ... - 0 views

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    Ho trovato molto interessante la lettura di questo articolo. Ma piu' in particolare la visione del video. In che modo il cloud ha migliorato i nostri processi di cognizione distribuita? Per i non addetti ai lavori, il Cloud è un luogo in cui archiviare informazioni inaccessibili agli altri o accedere alle stesse informazioni su più dispositivi. Negli ultimi anni, la capacità di collegare insieme più tecnologie di scaricamento cognitivo attraverso il cloud computing ha migliorato le nostre capacità di distribuzione condivisa e di scaricamento cognitivo. La quantità di informazioni che è stato possibile archiviare su un computer viene ora moltiplicata per mille volte nel cloud. La capacità di lavorare con gli altri, senza mai doverli parlare o vederli naturalmente, ha reso la capacità di portare a termine compiti complessi da remoto una pratica quotidiana. Ciò che il cloud stesso differisce a seconda del contesto in cui viene utilizzato. Il cloud è in realtà solo una rete di server configurati in tutto il mondo che condividono informazioni e consentono agli utenti di accedere a tali informazioni in base ai loro requisiti di accesso. Il cloud per un manager aziendale è una rete, un modo per connettere tra loro più applicazioni e più computer. Con questa infinita mole di informazioni consegnata da utenti e per la maggior parte molte volte sono informazioni privata, e' normale che una compagnia possieda tutto questo potere? Essendo una compagnia privata, focalizzata sul guadagno, e' logico che e' o sara' disposta a usare queste informazioni per guadagnare. I nostri dati e file dovrebbero essere custoditi e protetti da un ente pubblico, interessato solamente a proteggere il proprio cittadino. Non avete mai pensato che le vostre foto, profili e dati personali potrebbe essere gia' stati usati in qualche parte del mondo per fare cose anche illegali ?
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Multitasking: caratteristiche ed effetti positivi e negativi del fenomeno - 1 views

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    Il contenuto di questo articolo inquadra in maniera specifica il multitasking come un comportamento di attività plurima simultanea e allo stesso tempo come una conseguenza dell'attuale contesto sociale e culturale. Generalmente siamo abituati a considerare il multitasking nell'ambito lavorativo in maniera positiva e redditizia, ma qui viene preso in considerazione un altro aspetto fondamentale, quello psicologico con effetti negativi (stress, ansia, depressione, problemi di concentrazione) e positivi (rendimento, maggiore prestazione, aumento cognitivo). Fino ad oggi non si è arrivati a stabilire una definizione completa del multitasking che metta tutti gli studiosi d'accordo, e sarà quindi necessario proseguire con la ricerca al fine di stabilirne gli effetti presi in esame.
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Tagging: una questione di etichette - 12 views

  • homepage appunti al lavoro! scrivere per il web i quaderni del MdS riscritture link glossario litbits caro visitatore blog libri sala stampa home servizi professionali scrittura formazione scrivere per il web Tagging: una questione di etichette di Alberto Falossi Su internet c'è tutto: chi vede il web per la prima volta rimane colpito proprio da questo. È sorprendente trovare siti dedicati a qualsiasi argomento, non importa quanto strambo o di nicchia. Ma in questo mare di informazioni è difficile navigare: trovare un sito, una persona, un'email, può diventare letteralmente un'impresa. Non è un caso che Google abbia fatto la sua fortuna "semplicemente" realizzando un motore di ricerca che funzionava meglio dei concorrenti. Tuttavia, le informazioni sono in costante crescita, e i motori di ricerca tradizionali non sono abbastanza intelligenti da capirne il significato e poterle metterle in relazione tra loro. L'avvento del cosiddetto Web 2.0 – con i (tanti) contenuti generati dagli utenti nei blog, wiki, forum, social network – ha ulteriormente complicato la situazione. È in questo contesto che nascono i tag e il fenomeno del tagging: gli utenti di internet catalogano personalmente i singoli contenuti, applicando delle etichette (tag, in inglese) a siti, blog, post, video, foto, musiche. L'obiettivo è aggiungere alla rete quella intelligenza che un software ancora non può avere, dare un significato preciso ai contenuti e migliorare la ricerca delle informazioni. Questo articolo spiega cosa sono e come si utilizzano i tag.   Cosa sono i tag Un tag è un'etichetta (per esempio: jazz, amici, cucina e così via), che può essere applicata a un elemento, sia esso una pagina web o un file musicale. Può riguardare il genere, l'argomento, l'autore, e in generale qualsiasi parola chiave associata a quel contenuto. I tag servono per ritrovare facilmente i contenuti. I siti e le applicazioni permettono infatti di “cercare per tag” (per esempio "elenca i siti c
  • ossono essere applicati diversi tag allo stesso contenuto, in modo da rappresentarne tutti i suoi aspetti e significati.
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    Categorizzare e Taggare sono le attività basilari per far giungere le le informazioni ad un maggior numero di persone. "Categorizzare", suddividere le informazioni nelle categorie opportune e solitamente sono sezioni stabili; ad esempio se parlo di sport posso categorizzare le varie attività, calcio, golf, ecc. "Taggare" selezionare le parole chiave migliori che devo riconoscere come le più presenti nell'immaginario comune. Nel sito fatto da me per raccontare gli sport principali della mia citta: Http://persicetanacalcio.jimdo.com ho individuato e taggato alcune parole chiave, nomi di squadre, presidenti, categorie e in breve tempo ho portato il mio sito in cima alle ricerche di Google. In questo sito "il mestierediscrivere" ci sono tutte le informazioni sommarie utili a chi vuole scrivere sul web e raggiungere il maggior numero di persone.
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    Un articolo esaustivo e di facile comprensione che spiega cosa è il tagging e cosa sono i tag. Nella grande dispensa di internet è ormai indispensabile catalogare ed etichettare ogni prodotto per poterlo identificare facilmente.
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    L'articolo scritto da Alberto Falossi, consulente informatico, esperto di Web 2.0 e nuovi meda, già professore a contratto alla facoltà di Economia dell'Università di Pisa, è semplice ed efficacie. Poche righe che aiutano a comprendere il significato, l'utilizzo e l'importanza del TAG, di un costrutto, ma ancor prima di un concetto, applicabile ai settori più diversi (l'etichetta e l'etichettare o categorizzare). L'utilizzo dei TAG sta prendendo sempre più piede, facilitando le ricerche di quanti navigano in internet e nei social. E' uno strumento la cui diffusione garantirà visibilità maggiore ad argomenti e prodotti (di qualsiasi tipo) semplificando le prassi e riducendo i tempi di ricerca.
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    Trovo particolarmente utile la spiegazione dell'aspetto applicativo, "come scegliere i tag". Perché se è vero che quando scegli un tag è bene mettersi dalla parte dell'utente è anche utile il contrario: Capire come e perché chi condivide del materiale lo etichetta nella maniera più appropriata (dal suo punto di vista) aiuta a capire la funzione e l'importanza dei tag
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    Approfondimento molto interessante sul tema "TAG" aspetto molto importante per utilizzare al meglio le risorse offerte dalla rete.
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    Grazie mille del contributo , ho trovato molto pratico e per me molto interessante, argomenti (prima di questa materia) dei quali prima non sapevo quasi l'esistenza. Molto fruibile.
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    Grazie anch'io lo ritengo un utilissimo contributo anche perchè molto spesso abbiamo a disposizione degli strumenti che non sappiamo sfruttare al meglio anche per attività di uso quotidiano
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    Ottimo articolo,preciso e chiaro
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I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
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