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Bruno Matti

Psicologia del multitasking - 6 views

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    "Siamo in costante multitasking "Workload is unavoidable [...] Distraction is unavoidable [...] You must learn to dance among many tasks" (Allen, 2003). Nella maggior parte delle situazioni quotidiane, anche quando non ci facciamo caso, ci troviamo in condizioni di multitasking (1). Gestire la grande quantità di stimoli e richieste che provengono dall'ambiente è sicuramente molto difficile, tuttavia, dedicarsi a più attività piuttosto che concentrarsi su un unico compito sembra essere diventato un fatto naturale. La sensazione che solitamente si prova è quella di poter gestire meglio gli impegni, evitando noia e ripetitività. L'impegno continuo in attività multiple è consentito dalle tecnologie informatiche e della comunicazione, che favoriscono il multitasking. L'interazione con la tecnologia, in primis nei luoghi di lavoro, rende possibile lo svolgimento di attività differenti attraverso espedienti tecnologici e grafici sempre più raffinati. Ad esempio, la possibilità di mantenere aperte contemporaneamente molte finestre nel desktop, che rappresenta il primo sviluppo del paradigma della direct manipulation (Schneiderman, 1998), consente di eseguire allo stesso tempo numerose attività differenti. Tuttavia, l'utilizzo che si fa oggi delle finestre multiple è così imponente che rischia di diventare un ostacolo che frammenta l'attività anziché supportarla. Le finestre multiple, ma anche i messaggi di notifica, le e-mail e i programmi per la messaggeria istantanea (2) se da una parte favoriscono il multitasking e alimentano l'impressione di efficienza rendendo più facile gestire diversi compiti, d'altra parte possono avere effetti fortemente negativi. Ad esempio, Gonzalez e Mark (Gonzalez e Mark, 2004) hanno stabilito che gli impiegati negli uffici non riescono a rimanere concentrati nella stessa attività per più di tre minuti consecutivi prima di essere interrotti da una telefonata, un'e-mail, o da un collega. Evidenze come que
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    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
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    Telefonate, e-mail, messaggi, documenti digitali, news on line: gli uffici si stanno trasformando in maniera sempre più prepotente nella palestra dove allenarsi a gestire attività multiple accompagnate da interruzioni continue. L'ingresso delle tecnologie informatiche nella vita quotidiana e soprattutto nei luoghi di lavoro rende il multitasking una condizione onnipresente, di cui tutti abbiamo esperienza.
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    Un recente studio ha dimostrato inoltre che il MULTITASKING è FONTE DI STRESS PIU' PER DONNE CHE PER UOMINI. Perchè le donne non solo sono costrette a occuparsi contemporaneamente di piu' cose, le donne subiscono anche molto piu' degli uomini le conseguenze di una giornata affollata di compiti da portare a termine. A dimostrarlo e' uno studio pubblicato dall'American Sociological Review, secondo cui a fare la differenza non e' la quantita', ma il tipo di impegni di cui le donne si devono occupare ogni giorno. Lo studio ha stabilito che le mamme lavoratrici passano circa 10 ore in piu' ogni settimana in attivita' ''multitasking'' rispetto ai papa' che lavorano. E mentre per i padri il multitasking e' un'esperienza positiva, per le madri e' motivo di stress e genera emozioni negative. Secondo Shira Offer, autrice principale della ricerca, ''l'impegno dei padri nei lavori domestici e nella cura dei figli dovrebbe aumentare ulteriormente''.
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    Vorrei spostare l'attenzione daggli studiosi al quotidiano. Nasco e vivo come molti in mondo in costante e rapido sviluppo tecnologico con una diffusione di informazioni, spesso un sovraccarico oserei dire, altrettanto veloce, al punto tale che quanto in questo momento è "news" due minuti dopo è ormai storia... Tutto sembra in apparenza piu' semplice, cadono le barriere spazio-tempo, i nuovi media diventano davvero l'estensione dei nostri sensi... tutto corretto, ma ci sono come in ogni cosa i pro e i contro e forse l'adozione della politica del giusto mezzo appare anche in questo caso la migliore. Come gestire questa grande mole di informazioni dalle quali siamo bersgliati e certamente non in grado di coglierle tutte spesso nella loro complessità? Da un lato è facilmente ormai saziabile il desiderio di approfondimento (e ben venga) dall'altro si corre anche il rischio di non approfondire nulla, di conoscere "un po' di tutto" lasciando spazio alla superficialità. La comunicazione, le informazioni seguono determinate logiche e frequentemente il multitasking puo' davvero diventare quell'elemento di disturbo che impedisce ad un messaggio di giungere nel pieno del suo significato, dall'altra parte la costante evoluzione della tecnologia, un mondo del lavoro radicalmente cambiato rendono indispensabile una flessibilità che ci consenta di gestire piu' situazioni/informazioni contemporanee.... si potrebbe quasi ipotizzare l'inizio di una nuova evoluzione dell'uomo che va nella direzione di menti flessibili e con grandi capacità di attenzione e memoria perchè chi vive l'attuale situazione tecnologica, chi non riuscirà a gestire quello che nel post precedente è stato descritto, sarà negli anni tagliato fuori... come una sorta di selezione naturale, vediamola così. Sono processi inevitabili ai quali non ci si puo' opporre, nè tantomeno trovo corretto lasciarsi andare alla banalità e surrealtà della frase "i buoni vecchi tempi andati".... sicuramente pero', quel
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    @stefania, concordo con te! In questo scenario dove nella lettura gli ipertesti (che hanno sostituito le note a piè di pagine, che consentono approfondimenti ma che rischiano di distrarre l'attenzione del lettore), nella vita di tutti i giorni siamo sempre stimolati da un quantiotativo di informazioni enormi, alla fine risulta utile "staccare la spina"... questo il senso... Detto cio' non possiamo certamente essere anacronistici ma occorre guardare in prospettiva con una vision piu'' ampia.... svolgere piu' attività contemporaneamente è scientificamente dimostrato che determina calo di attnzione, su due argomenti contemporanei la nostra mente è come se si dividesse in due e così procede, per divisioni successive sul altre attività che eventualmente si aggiungono! Occorre davvero imparare l'arte della politica "del giusto mezzo" in questo contesto per non rischiare di perdere di vista quanto davvero dobbiao fare e portare a termine.
Sara Bertola

Il multitasking ci rende più stupidi e meno concentrati? - 4 views

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    oggi è possibile eseguire più cose contemporaneamente? quali sono i suoi effetti?
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    La nostra mente è già una mente multitasking . L'attenzione è un processo cognitivo, cioè un insieme di elementi che portano alla conoscenza, che seleziona un'informazione e focalizza su essa tutti i meccanismi di elaborazione. In questo caso si parla di attenzione selettiva, dove un sistema di filtri dà priorità a informazioni (stimoli esterni) rilevanti. La nostra mente è però cognitivamente predisposta a eseguire simultaneamente compiti diversi. Hist e Kalmar definiscono questa peculiarietà in termini di attenzione divisa. Dagli studi condotti si è osservato che l'attenzione simultanea su due attività diverse porta a un minor numero di errori nelle prove sul setting, rispetto a due compiti con le stesse caratteristiche.
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    Miller fa pensare al Multitasking con il suo 7 + o - 2, ma in realtà se 2 stimoli vengono presentati in tempi ravvicinati si ha l'effetto di Attentional Blinking, come quando si guida e si risponde al cellulare, nel momento della risposta la guida è come quella di un ubriaco, per cui è vero che siamo Multitasking ma è anche vero che quando applichiamo questo effetto la somma delle 3 azione non è uguale a 3 , ma ognuno cede qualcosa a livello di attenzione
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    Il multi-tasking è la prestazione di un individuo che "in apparenza" riesce a gestire più di un compito contemporaneamente. Richiede rapidità, reattività e intuizione, tre forme di intelligenza "turbo". Sempre più spesso ci si divide tra diverse attività simultanee: mail, sms, telefono, computer. Il multitasking ha i suoi pro e contro. Spesso permette di essere più rapidi, ma meno concentrati. A scapito della qualità. potrebbe essere dannoso per la concentrazione e condurre ad un netto peggioramento della qualità con cui portiamo a termine i nostri compiti. Il multitasking è soprattutto incentivato dagli apparecchi tecnologici e all'abitudine di lavorare allo stesso tempo su vari fronti, sempre tenendo aperte diverse finestre ed elaborando in parallelo varie informazioni (proprio come accade con le finestre del computer). Sviluppare la capacità di avere un'attenzione ampia e divisa su più fronti, in sostanza, limita la capacità di affinare l'attenzione di tipo selettivo. Un recente studio del British Institute of Psychiatry ha dimostrato come leggere le mail mentre si è nel mezzo di un'altra attività riduce in quel momento il quoziente intellettivo di circa 10 punti. "Come se non avessi dormito per 36 ore, un impatto doppio rispetto al fumare marijuana". Il Multitasking può farti impazzire, rendendo tutto più caotico di quanto in realtà effettivamente sia. Ma credo comunque che con un adeguato "apprendimento" al multi-tasking si possa allenare la mente ad essere veloce reattiva e scattante al punto da poter garantire anche qualità oltre che velocità.
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    attualemente sapiamo tutto di tutto, ma senz'alcuna eperienza, è stato approvato che siammo alla conoscenza del miglior dentifricio, sappiamo che tempo fa a Nebrasca ma siamo privi di esperienze, sembra che tutto diventa più superficiale. C'è un libro: ''Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, esso ci invita a riflettere su come l'uso distratto di innumerevoli frammenti di informazione finisca per farci perdere la capacità di concentrazione e ragionamento.
Raffaella Benetti

Quanto è multitasking il tuo cervello? - 6 views

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    Articolo interessante che spiega come la capacità di portare a termine più azioni contemporaneamente vada in realtà a discapito della qualità delle azioni e dei compiti svolti. In realtà, anche nei computers la multiprocesionalità è apparente, nel senso che se il sistema deve eseguire contemporaneamente due processi A e B, la CPU eseguirà per qualche istante il processo A, poi per qualche istante il processo B, poi tornerà ad eseguire il processo A e così via. Quindi è una contemporaneità apparente. Nell'articolo si fa riferimento al comportamento del cervello che si comporterebbe esattam,ente allo stesso modo: "Grazie alla memoria di lavoro, il nostro cervello mette in attesa un compito iniziato da poco per svolgere un'altra attività più urgente, per poi ritornarci su una volta libero". I ricercatori dell'agenzia di ricerca biomedica Inserm di Parigi, tramite fMRI, hanno scoperto che siamo in grado di svolgere correttamente solo due azioni alla volta. Nell'articolo è spiegato l'esperimento. Ne è risultato che i grandi multitaskers sono "più facili alla distrazione, fanno scarsa distinzione tra le informazioni necessarie e quelle di poca importanza per la riuscita del test". Inoltre si è potuto riscontrare che, con l'avanzare dell'età, diminuisce la memoria di lavoro e quindi la possibilità di svolgere più compiti contemporaneamente. Con l'età, si riduce la nostra capacità di svolgere più azioni contemporaneamente. L'articolo riporta alla fine dei link per effettuare dei test che misurano quanto si è multitasker.
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    divertente il test! scientificamente sono d accordo, ma la vita reale ci "obbliga" oggi a più di due compiti alla volta, si a volte con limitazione della qualità, ma ritengo che tutto sommato sia molto soggettivo.
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    in realtà non tutte le tipologie di multitasking vanno a discapito della qualità. E' stato dimostrato che la musica nei luoghi di lavoro aumenta la produttività. Infatti uno studio guidato dal professor Ravi Mehta dell'Università dell'Illinois in cui si analizzavano le reazioni al rumore di fondo sul cervello, ha dimostrato che "Un moderato livello di rumore non solo migliora la creatività e il problem-solving, ma porta anche a una adozione più ampia di prodotti innovativi in alcune impostazioni".
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    sono d'accordo anch'io che è meglio fare una cosa e finirla, tuttavia nell'articolo è riportato l'esempio di due attività che impiegano un'attenzione specifica, mentre sappiano dagli studi in cognitiva,che possiamo fare più di un'attività, a patto che una sia coinvolgente e l'altra sia meccanica, ad esempio, posso grattarmi una gamba, e ascoltare un sottofondo di musica, mentre scrivo questo post, ma se poi la musica cattura la mia attenzione, perchè magari mi richiama alla mente un episodio, allora l'attenzione a quello che sto scrivendo, è sicuramente meno efficace.. C'è anche da dire un'altra cosa, si racconta la barzelletta che le femmine siano più brave a fare più di un'attività contemporaneamente, io posso dire di riuscire, perché costretta da cattive abitudini a lottare contro l'orologio, ma amiche che conosco non sono affatto capaci... Quindi forse anche il multitasking è una questione di allenamento....
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    L'essere umano possiede un solo cervello, ma ben diverso e più complesso di quello di un computer. Tuttavia, il computer, si sta evolvendo "a misura d'uomo" in termini di complessità. Al suo "cervello" (CPU), sono stati aggiunti i controllers (una specie di garzoni) ad aiuto dell'attività principale. Poi i coprocessori, ognuno specializzato in operazioni di matematica, grafica, etc. In tal modo, si riescono ad effettuare più "attività" contemporaneamente o meglio, apparenti tali. Questo, spiegato grossolanamente, è un po' il senso del multitasking. A tal proposito, a me, capita spesso (o mi organizzo apposta per farlo capitare) di concentrare in un giorno "libero" una serie di attività/necessità domestiche, molto diverse e qualche volta incompatibili tra loro. Con il mio cervello "a strati" (come scherzosamente uso definirlo) cerco di svolgere "contemporaneamente" o meglio in sequenza interlacciata, lavori di falegnameria, elettronica, elettrotecnica, informatica, idraulica, piccola edilizia, etc. Ebbene, incollo/attacco delle parti e in attesa, passo alla riparazione di un piccolo elettrodomestico, un telecomando, per ritornare alla falegnameria o alla muratura per poi disossidare un rubinetto e sempre nell'attesa, riparare o aggiornare il mio computer o attendere l'esito di uno scandisk, che seguo con la coda dell'occhio. Se però devo studiare o approfondire un argomento, non c'è multitasking che tenga. In tal caso, come si dice: la mia attività è rigorosamente "dedicata".
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    Sono sicura che riusciamo a svolgere 2 , ma anche di più, attività contemporanemante e anche a svolgere bene, ma mi rendo conto che veramente questo stile di vita ha delle ripercussioni sulle capacità attentive, io, mi rendo conto che ho difficoltà a svolgere un'attività sola e a prestare attenzione per più di un determinato tempo alla lettura di un libro, ad ascoltare una lezione, a focalizzarsi solo su uno stimolo. Quindi oltre ai suoi vantaggi, questo stile di vita (magari non mi sono allenata a sufficienza) porta con se anche alcuni inconvenienti :)
Walter Tabbi

Il Cervello Multi-Tasking - 16 views

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    Si dice che Napoleone fosse in grado di fare cinque cose contemporaneamente. In particolare, sembra fosse in grado di dettare ai suoi segretari fino a cinque lettere, saltando dall'una all'altra senza perdere il filo del discorso.
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    Non conosco le straordinarie capacità di Napoleone. Sarà stata la sua epoca diversa! La nostra è una condizione ben diversa per alcuni ricercatori che hanno stabilito che un uso eccessivo della tecnologia è pericoloso come una dieta ricca di zuccheri o grassi. Il principale artefice è il multitasking, che sottrae attenzione nei compiti di tutti i giorni e peggiora le prestazioni cerebrali.
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    Ribadisco quello che ho detto più su: non dettava cinque lettere contemporaneamente (neanche gli sciamani siberiani riescono ad emettere più di due suoni contemporaneamente!). Semplicemente passava da un dettato all'altro. Ma davvero ci avrebbe messo di più, dettando una dopo l'altra le cinque lettere? Davvero ci mettiamo di più, se facciamo le cose una dietro l'altra, anziché una incastrata nell'altra? Non voglio dire che io ci riesca, ma mi chiedo se non sarebbe meglio vivere così. Quanto c'è di reale necessità e quanto invece di fuga?
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    Si è tentati di dire che il nostro cervello non va al passo coi tempi. Una ricerca della Carroll School of Management di Boston firmata da Adam Brasel e James Gips sentenzia che il multitasking non può che distrarre. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori - che hanno pubblicato i risultati sulla rivista Cyberpsychology, Behavior and Social Networking -hanno registrato lo sguardo di un gruppo di volontari che utilizzavano contemporaneamente televisione e computer, senza alcun vincolo. Spiega Brasel: "ci aspettavamo che l'utilizzo simultaneo di questi due mezzi portasse a una riduzione dell'attenzione, ma non credevamo fino a questo punto. In 27 minuti i volontari in media hanno spostato 120 volte gli occhi da uno schermo all'altro, senza peraltro rendersene conto: quando abbiamo chiesto loro quante volte erano passati dalla TV al Pc e viceversa, hanno dichiarato di averlo fatto una averlo fatto una quindicina di volte al massimo. Dieci volte meno rispetto a quanto era accaduto in realtà. E pur togliendo gli sguardi rapidi, di durata inferiore a un secondo e mezzo, restano comunque 70 cambi di attenzione nella mezz'ora di test". Stando a quanto afferma un'altra ricerca, questa volta francese, l'organo che garantisce tutte le nostre attività non riuscirebbe a pensare o a compiere più di due azioni per volta. Quantomeno non riuscirebbe a farlo senza scadere nella mediocrità. A sostenerlo, ricercatori guidati da Sylvain Charron dell'Institute National de Santé et de la Recherche Medicale e da Etienne Koechlin dell'Ecole Normale Supérieure di Parigi, i quali hanno pubblicato i risultati ottenuti sulla prestigiosa rivista Science. Correre dietro a decine di cose - scrivere una mail, rispondere al telefono, ascoltare musica - nello stesso momento crea un deficit di concentrazione e un abbassamento dei livelli di attenzione, con il risultato che molte cose e informazioni ci scivolano addosso senza incidere in profondità. Secondo i ricercato
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    Fare troppe cose insieme non è così produttivo, troppe cose e fatte male. L'eseguire diverse attività contemporaneamente comporta una eccessiva frammentazione delle attività, danni per la produttività e per i rapporti interpersonali. A Alcuni studi hanno messo in evidenza che il cervello sia in grado di eseguire bene solo due attività.
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    Anche a lavoro, adesso, fanno molti corsi sul tema dei danni del multitasking e di quanto sia importante eseguire le attività più o meno in serie, pianificandole, senza "distrazioni laterali" che fanno perdere tempo e deconcentrano... come rispondere al telefono, ascoltare un collega, leggere una @ mentre si scrive una relazione... anche se, in realtà, spesso siamo costretti a tutto ciò e, dunque,.... come si fa? Il compromesso, la soluzione ideale per tutto!
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    L'articolo che propongo è una sintesi degli studi di Koechlin, il quale conclude che il cervello non è fatto per il multi-tasking. Conclusione opposta rispetto agli studi condotti da Gary W. Small, Susan Y. Bookhaiemer e Teena D. Moody e illustrati da De Kerckhove. Secondo questi ultimi, infatti, la struttura del cervello dei giovani sta cambiano in quanto questi, essendo di fatto multitasking, stanno sviluppando maggiormente i neurotrasmettitori. Koechlin, viceversa, ritiene che il multitasking non sia congenitamente possibile se non al prezzo di risultati insoddisfacenti. Cosa ne pensate?
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    La tecnologia e le invenzioni, nei secoli, hanno permesso all'uomo di realizzare le proprie "fantasie". Le tecnologie, infatti, vengono in aiuto e nascono per un determinato scopo, per servire l'uomo, per aiutarlo a superare limiti non solo fisici. La nascita e lo sviluppo della rete, è uno degli usi del computer, una macchina che nasce anche per superare i limiti del nostro cervello. Oggi siamo giunti a quel processo che determina l'esteriorizzazione della mente, spostandosi dal soggetto allo schermo, dalla rappresentazione della mente divisa in 3 spazi : fisico, mentale e virtuale, che trova come luogo d'incontro lo schermo. Sembra però che tutto questo non basti più, l'uomo non vuole restare più in "cabina di regia" vuole appropriarsi delle tecnologie e integrarle nel suo corpo, sperimentare dal vivo queste esperienze. Come fa Stelarc da buon sperimentatore estremo, nel suo caso la tecnologia non è vista come qualcosa di opprimente e castrante, bensì come mezzo per amplificare l'azione corporea ed arrivare alla costruzione di un "organismo nuovo", un cybercorpo..... http://www.edueda.net/index.php?title=Stelarc Il nostro cervello multitasking ? Personalmente, non penso si possa essere in grado di potere dare la giusta attenzione a più problematiche contemporaneamente, quindi svolgere più attività che richiedano la necessità di prendere decisioni . E' vero, ci sono gesti abitudinari che diciamo "scorrono in pieno automatismo", ad es la mattina mi trovo a guidare l'auto e fare in contemporanea altre cose, parlare, ascoltare la radio, tf, lo faccio ormai istintivamente, tanto che a volte mi trovo a percorrere la stessa strada (sbagliando), anche se dovevo andare da un'altra parte!!!. Morale sono tutte cose ripetitive e istintive, ormai memorizzate, che non prevedono "percorsi agionati". Penso che in futuro, le new generation, potranno
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    Oggi siamo tutti multitasking: le donne indaffaratissime a dividersi tra lavoro, casa e famiglia; i giovani studiano con il pc da un lato ed il telefonino dall' altro; al lavoro ci si divide tra telefono fisso, mobile, e_mail etc. Ma l' essere umano ed il suo cervello si abituano a tutto. E' ovvio che se si fanno tante cose contemporaneamente se ne perde in qualità ma, dove davvero occorre raggiungere risultati che siano "validi", basta un pizzico di volontà e concentrazione in più ed il gioco è fatto! Speriamo....
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    Interessante è leggere l'articolo nel sito riportato http://www.mindcheats.net/2012/01/il-multitasking-e-una-droga.html Si parla del fatto che il mulitasking può diventare una vera droga. Il cervello è fatto per concentrarsi.Fare più cose contemporaneamente manda in tilt il cervello. Si molto probabilmente dobbiamo riflettere su questo aspetto, non è forse meglio puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità di cose effettuate male?
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    Riporto la parte finale del commento che nel post precedente viene "troncata" ( forse per limite max di caratteri) Penso che in futuro, le new generation, potranno "studiare" come meglio organizzare i propri cervelli, in modo da potere svolgere, contemporaneamente + azioni complesse, forse anche con l'aiutino dell'innesto di un bel "scheduler" e perché no un bel po' di "memoria" che può sempre servire.
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    Il problema del multitasking è la dipendenza che crea. Chi si abitua a fare più cose contemporaneamente ogni giorno farà fatica a staccarsi dall'abitudine e pertanto anche quando dovrebbe concentrarsi o prendersela con calma, non riesce a focalizzare l'attenzione laddove veramente servirebbe. Il cervello ha una specie di centro di controllo, all'interno del quale vengono smistate le informazioni e viene deciso come e quando processarle ma la nostra mente nella storia della sua evoluzione non si è mai trovata a dover fare i conti con una così grande mole di dati e informazioni, e se non stiamo attenti potrebbe addirittura andare in tilt.
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    Un secondo contributo alla ricerca sul funzionamento del nostro cervello. Nel precedente intervento avevo sostenuto che più ricerche avevano dimostrato che il cervello umano non è strutturato per operare in multitasking. Alcuni individui possono, ma sono una minoranza (circa 3 su 100) poiché la maggioranza registra cali di attenzione e di concentrazione. L'articolo che allegho in questo secondo intervento, spiega al meglio il motivo delle nostre risposte cognitive monotaking.
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    riguardo il discorso multitasking devo raccontare un episodio che vivo quotidianamente da circa 4 giorni... fa un pò ridere ma credo che sia esemplificativo di quanto siamo immersi nel mare delle tecnologie... sto facendo l'aerosol appunto da 4 giorni: il mio apparecchio per farlo però è un pò vecchio: cioè appena lo accendo il tubicino che collega la struttura alla boccetta, si toglie al gettito d'aria. In pratica con una mano devo reggere il tubicino e con l'altra la mascherina che ho alla bocca: immaginate che in tutto questo io non posso nè usare il pc, nè rispondere a un sms, nè guardare la tv perchè fa rumore... posso dire che sono un "carcerato dell'aerosol"?. questo esempio pietoso lo riporto spiegandolo: almeno io, ormai, uso pc, iphone e tv insieme: è diventata routine rispondere a mail contemporaneamente a sms guardando la tv o ascoltando musica...e quando ti ritrovi nell'impossibilità di farlo, soffri... come si fa a dire che il nostro cervello non è strutturato per operare in multitasking? mi chiedo cosa cavolo facesse anni fa, quando facevamo una sola cosa alla volta!!! :)
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    Ho trovato molto interessante questo articolo dello psicologo, psicoterapeuta e giornalista Francesco Albanese, direttore della rivista on line "neuroscienze.net" - http://www.neuroscienze.net, in cui si parla di "cervello multitasking". Si dice che Napoleone fosse in grado di fare cinque cose contemporaneamente. In particolare, sembra fosse in grado di dettare ai suoi segretari fino a cinque lettere, saltando dall'una all'altra senza perdere il filo del discorso. Di testimoni oculari in grado di confermare questa sua capacità oggi non ce ne sono più e pertanto non sappiamo quanto di questa affermazione sia leggenda e quanto verità, anche se in definitiva la questione non appare poi così improbabile. La cosa certa è che l'imperatore francese non sapeva che ai giorni nostri questa sua capacità avrebbe preso il nome di multi-tasking. Parlando di multi-tasking oggi giorno viene automatico associare al termine la parola computer ed inevitabilmente ci troviamo a pensare al cervello umano. Ma il triangolo che abbiamo ottenuto Cervello-Computer-Multitasking è veramente una figura chiusa? oppure no? Certamente il nostro cervello, diversamente dal computer, non ha il tasto reset! Buona lettura
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    Trovo estremamente chiari i contenuti dell'articolo. Il nostro cervello, contrariamente al computer, è in grado di ragionare e di mettere in campo azioni non previste in precedenza.
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    un articolo davvero interessante che ha dato risposte ad alcuni dubbi relativi al nostro cervello. Il computer è chiaro che lavora in sequenza, il multitasking in realtà si realizza grazie alla spaventosa velocità di elaborazione di una CPU che ci fa vedere tanti task che funzionano contemporaneamente quando in realtà il dispatchere presenta alla CPU i task singolarmente uno dopo l'altro per farne eseguire un po'. L'estrema velocità di ogni pezzo di processo da l'impressione che tutto si svolga fluidamente e in modo esclusivo. Basti pensare ad un pc non molto potente che ha un video in esecuzione e opero una pesante copia dati da disco esterno; la CPU non regge il carico e si vede la velocità di trasferimento dei dati calare drasticamente e si noterà soprattutto che il nostro video va a scatti. Interessante capire invece come funziona il nostro cervello, che anche quando facciamo più cose nello stesso tempo, al massimo riusciamo a farne due, perchè appena il numero delle attività cresce si abbassa la soglia di attenzione e facciamo male tutto. Questo non è ancora chiaro se deriva dal fatto di avere due emisferi. a tale proposito interessante l'articolo di Italiasalute.it http://www.italiasalute.it/news.asp?ID=10366
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    Interessante articolo che affronta il tema del multi-tasking anche rispetto alle modalità di funzionamento del cervello umano
STELLA CAPASSO

Google ci rende stupidi? - 13 views

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    E' un articolo forse non recentissimo (2008), ma che riprende una lezione del nostro corso di Psicotecnologie del Prof. De Kerckhove, per cui è un argomento certamente utile ed attuale per i nostri studi. Partendo dal famoso articolo di Carr, in cui il giornalista americano analizza il cambiamento che Internet sta portando nel nostro modo di ragionare, ma anche di concentrarci, l'autrice ci mostra le differenze della lettura sul web da quella di un libro, le enormi potenzialità portate dal web (intelligenza condivisa, capacità multitasking...), sottolineando aspetti di grande attualità, come l'ipertestualità, il sapere globale, la comunicazione immediata, lo spirito di condivisione.
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    E' interessante. Mi piace quello che dice l'autrice nella parte finale: "Allora, educhiamo i giovani a distinguere tra i due sistemi. Educhiamoli a focalizzare l'attenzione". Mi piace perchè è esattamente quello che penso anch'io (!). Il problema non sta tanto in internet. E' vero che internet ci spinge a non concentrarci, perchè ci offre continuamente mille opportunità: come Pinocchio e Lucignolo, nel Paese dei balocchi! Ma possiamo staccarcene e concentrarci a leggere un libro, se vogliamo. Il problema più grave, per me, è quello educativo. I bambini non visitano tanto internet. Ma vivono in un mondo che lo visita di continuo, circondati da adulti incapaci di concentrars, di dedicarsi ad una cosa per volta: parlano al figlio, ma nello stesso momento scrivono e telefonano a qualcuno. Non credi che l'esempio sia la migliore modalità di educare? E i bambini imparano, bevono tutto dagli adulti di riferimento. Faccio molti laboratori di educazione musicale e teatrale nelle scuole. Ci sono situazioni in cui i bambini non hanno capacità di attenzione per più di tre secondi: hanno bisogno di continui stimoli, di novità, altrimenti non seguono perchè "si annoiano"! Ho inserito in Diigo un articolo da New Scientist di Sally Adee (Una mente in stato di grazia è più creativa?) in cui si parla proprio di concentrazione e di come questa capacità sia alla base della possibilità di eccellere in qualche arte o sport. Non si può ottenere nulla, in musica, se non con l'esercizio costante, come nella danza, nel teatro e anche nello sport. Il multitasking, in questo settore, è pericolosissimo! Ma come fare, con i bambini abituati a passare di corsa da un argomento all'altro? Continuo a ripetere che la maniera migliore per creare è quella di annoiarsi: quando i bambini si annoiano, inventano. Quando sono riempiti di nozioni, di informazioni, di novità, l'unica possibilità di salvezza è la fuga dal proprio cervello. Non credo che Google ci renda stupidi. Cred
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    stupidi non so, ma sicuramente più dipendenti : ora come ora vivere senza la rete ora ci appare impossibile , in quanto ha pervaso ogni aspetto della nostra vita personale e professionale . Forse essendo noi una una comunità virtuale alle prese con un corso di laurea telematica rappresentiamo proprio il contesto ideale per dimostrare le contraddizioni , ma anche le possibilità insite nel "nuovo medium"
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    Non credo ci faccia diventare più stupidi. Anzi, la rete grazie anche a siti come Google ci danno la possibilità di conoscere facilmente nuove cose e dunque abbiamo l'opportunità di formare al meglio la nostra coscienza su determinati argomenti.. l'informazione ce la cerchiamo, diversamente dai classici media dove questa ci viene fornita.. e credo sia una bella differenza.. o per lo meno, per me è sempre stata questa la grande differenza, il salto di qualità, tra la televisione/radio ed internet. ovviamente cercare informazioni non è facile, non è sufficiente scrivere l'argomento di interesse su 'Cerca' e prendere per buono il primo link che trovo. ma è lo stesso discorso dell'enciclopedia cartacea: io cercavo sempre più articoli e notizie sulla ricerca che andavo a fare ed ero brava a mettere insieme le cose..
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    in realtà è la nostra sete di conoscenza che è cambiata. Abbiamo un numero infinito di informazioni a portata di mouse e non ci accontentiamo più del primo risultato ottenenuto. Uno dei grandi vantaggi apportati da Google è stato quello di fare ordine e di renderci la navigazione più facile, ma gli altri media non scompaiono...ci accontentiamo dei 5 secondi per capire se una info sul web è interessanbte o meno, ma possiamo ancora goderci un bel libro e avere il piacere di sfogliare un quotidiano. Sono cambiate le nostre esigenze, ma soprattutto si sono amplificate le nostre potenzialità.
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    L'articolo di Carr si preoccupa sulla psiche, cioè tutto questo input di informazioni (Internet) che effetto hanno sui nostri figli e gli educatori sono preoccupati??. Invece il professor De Kerckhove analizza il lato buono di Intenet, di Google in generale, infatti al contrario di cui l'articolo dica che la gente non scriva e legga più, in realtà la gente legge e scrive più che mai, forse proprio perchè invogliata dal poter reperire notizie in Internet. Il mio pensiero è che sia Google che Internet in generale servano per sviluppare la mente verso nuovi orizzonti. Ormai senza l'udo della tecnologia non si va da nessuna parte
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    Un importante articolo di De Kerckhowe ed una delle ultime lezioni del programma di Psicotecnologie che trovo molto interessante perchè illustra le nuove disponibilità del nostro sapere, evoluzioni del nostro comporamento individuale e sociale, delle nostre capacità intellettive.Esternalizzare la mente, essere sempre connessi alla rete può spaventare. Maggiori resistenze giungono dai mentalità conservatrici, o dalle grande organizzazioni che temeno di perdere il controllo, o dal singolo 'utente che teme, oltre alle nuove tecnologie, forse anche se stesso. Così Google, i social network diventano strumenti diabolici, minacciosi, diseducaativi. Occore però valutare che come la scrittura ha lasciato libera la mente dalla pesante incombenza della memorizzazione, così Google, ci condurrà verso nuove attitudini che non riusciamo ancora a prevedere.
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    io credo che google non ci renda stupidi, ma al contrario ci da la possibilità di rispondere ad ogni nostra curiosità e attraverso queste conoscenze ampliare la propria cultura, verso temi che altrimenti non avremmo affrontato, per lo meno con la semplicità di accedere a determinati contenuti. Rimane, però, l'accortezza di verificare le informazioni se provengono da siti attendibili, perchè spesso su internet si trova di tutto. Anche questa selezione del materialie da prendere in considerazione, ci porta a sviluppare un intuito ed una conoscenza non indifferente.
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    Anche questo articolo lo trovo interessantissimo. Mi rendo conto di ciò che Carr vuole trasmettere perché molto spesso mi sono chiesta quale potesse essere il lato negativo di dell'avvento così decisivo del web di google e simili. Io capisco quando dice che trova difficoltà a concentrarsi di più su un libro in quanto quando sono sul web ciò che leggo non è più sequenziale. E' vero ma io trovo geniale questa possibilità di collegarsi ad un altro link ed imparare durante la lettura. L'ipertesto permette questo, permette una lettura dinamica. E' vero anche che non abbiamo a volte la percezione dell'attendibilità dell'informazione come dice Giuseppina.
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    Bisogna dire che nei primi anni di Internet quando i navigatori provenienti dall'ambiente scientifico-universitario la qualità dell'informazione era altissima, con la massificazione di Internet è giocoforza che nel mucchio la qualità sia scesa di parecchio ma le valide fonti non mancano di certo, basta trovarle ed in questo Google è una mano santa.. Oggi tra Google, YouTube, Wikipedia, etc. viene reso disponibile quasi tutto lo scibile umano che va in ogni caso selezionato e scremato ma l'accesso alla conoscenza che esiste oggi non è mai stato possibile prima se non per poche persone e con molta difficoltà.
Daniela Cerbone

Facebook fa bene ai nonni - 3 views

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    Studio condotta dall'Università dell'Arizona: gli anziano che utilizzano i cosial network non solo si sentono più inseriti nella società ma migliora anche la qualità della loro vita
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    Questo è un classico esempio di come le tecnologie influiscono sulla psicologia delle persone e quindi anche sulla loro qualità di vita. è un buon esempio che si ricollega perfettamente agli argomenti che sono oggetto di esame
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    sicuramente le tecnologie aiutano gli anziani o comunque le persone con problemi fisici che possono essere utilizzate come strumento per la socializzazione anche se non possiamo prescindere da una considerazione circa l'importanza del contatto umano, un socil network per una persona debole o in difficoltà non potrà essere di aiuto, chi ha bisogno vuole trasmettere emozioni e chi le riceve le deve comprendere per poi rispondere, non ci può essere empatia con facebook, bisogna riconoscere che la tecnologia, fino ad ora resta sempre uno strumento al servizio di persone ma le persone hanno bisogno di qualcosa di più che solo un'altra persona può dare.
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    sicuramente è in aumento l'uso di nuove tecnologie e social network da parte di anziani, se pesiamo a come sta evolvendo la nostra società, lavoro trovato sempre più lontano dalla città di origine, sempre meno tempo a disposizione ecco che il computer diventa uno strumento che garantisce la continuità degli affetti attraverso videochiamate, posta elettronic ecc è possibile seguire la propria famiglia, seguire la crescita dei propri nipoti, avere contatti con chiunque, ovunque, diventa uno strumento per non sentirsi soli! Oggi anche grandi aziende di telecomunicazioni, come telecom, ha da tempo fatto partire un progetto chiamato "navigare insieme" corsi di utilizzo internet tenuti dai giovani agli anziani
sabrinaf-

La tecnologia migliora la qualità della vita? - 1 views

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    Come sempre la verità sta nel mezzo....Le potenzialità che la tecnologia ci offre sono molteplici, la capacità dell'uomo ad un uso responsabile e consapevole dei mezzi invece non sempre è presente nella popolazione media. Un approccio critico circa il loro utilizzo e una spiccata capacità di analisi aiutano per un loro utilizzo "sano".
De Rose Mario

Golemam, l'intelligenza emotiva - 2 views

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    Goleman individua 5 ambiti principali. 1. Conoscenza delle proprie emozioni-consapevolezza di sè (capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta). 2. Controllo delle emozioni-padronanza di sè. 3 Motivazione di se stessi, sapendo ritardare la gratificazione e controllando gli impulsi. 4. riconoscimento delle emozioni altrui-empatia. 5 gestione delle relazioni-abilità sociali. Il nostro livello di intelligenza emotiva non è fissato alla nascita, questa continua a svilupparsi tutta la vita attraverso l'esperienza. Ogni essere umano ha livelli di competenze diverse nei 5 ambiti ma con l'allenamento adeguato possono essere sviluppati.
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    Molto interessante l'approccio di Goleman che mette al centro l'individuo e la percezione del se, da invididuare e perfezionare in un percorso a step o meglio anche un percorso da intendere in maniera circolare la cui l'apparente fine o conclusione non è altro che l'inizio di un'altra esperienza cognitivo-emozionale riconducibile alla vita stessa.
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    L'approccio di Goleman all'intelligenza emotiva sembra aprire ampie possibilità di miglioramento delle competenze emotive che l'individuo può sviluppare nel corso della propria esistenza. In realtà quando ci confrontiamo con persone in diversi ambiti quello che si nota è una sorta di approccio mentale a problemi, situazioni, stress che raramente si modifica nel corso della vita. E' vero credo che l'intelligenza emotiva si possa coltivare e stimolare ma al tempo stesso, essendo legata alle emozioni, alla consapevolezza di se stessi e degli altri è anche molto condizionata dalle esperienze nell'infanzia. Tra gli studiosi delle origini e dello sviluppo delle strutture mentali, verso l'ottimalità piuttosto che verso la patologia, del bimbo e poi dell'adulto, esiste ormai da molti lustri una convergenza nell'affermare che la qualità delle strutture interne della personalità, e l'intelligenza stessa, dipendono da quanto si è strutturato nelle interazioni precoci del bimbo con i suoi caregivers. Allego un link con qualche dettaglio in più sul tema: http://www.psychomedia.it/pm/lifecycle/perinatal/imbasc6.htm
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    L'intelligenza emotiva, per Goleman è un insieme di specifiche capacità (consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia, abilità nelle relazioni interpersonali). Queste capacità sono fondamentali per ogni essere umano, possono essere sviluppate da chiunque a prescindere dalla cultura, dal ceto sociale, dal credi religiosi, dal sesso ecc., divenendo così competenze emotive e sociali. Apprendiamo ad essere emotivamente intelligenti attraverso l'educazione e lo sviluppo di queste abilità, quindi è indispensabile che queste siano educate e sviluppate a partire dalla nascita in modo che diventino competenze. Goleman scrive il libro in un momento in cui la società civile americana è attraversata da una crisi profonda; aumento dei crimini, dei suicidi ed altri indicatori di malessere che si registrano soprattutto nei giovani. Il consiglio proposto dall'autore è che per guarire da questi mali sociali occorre prestare più attenzione alla componente sociale ed emozionale nostra e dei nostri figli, con l'impegno a coltivare queste abilità. L'autore suggerisce anche di insegnare ai bambini l'alfabeto emozionale, inteso come capacità interpersonali essenziali, che servono a equilibrare la razionalità con passione. Oggi le emozioni sono oggetto di studio delle neuroscienze. "Non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"
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    Per Goleman l'intelligenza emotiva è tutto ciò che nella nostra mente concerne il capire e controllare i propri sentimenti, entrare in empatia con gli altri, essere ottimisti e realisti, avere fiducia in sé stessi. Insomma, tutto quello che attiene al governo delle emozioni. Goleman non si limita a descriverla in maniera teorica ma la analizza e la declina in 25 vere e proprie competenze con le rispettive abilità. Raccogliendole tutte si può ottenere una vera e propria griglia di valutazione composta da: nome della competenza, relativa descrizione e griglia dei comportamenti che la identificano e la misurano.
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    Leggendo delle varie forme di intelligenza ovviamente si deve citare l'intelligenza emotiva quella di Goleman che è quella che pone l'accento prorpio sull'individuo che deve prendere coscienza di sè ed essere al centro delle proprie emozioni per poter vivere meglio ed allontanare gli eventi frustanti, avendo un controllo sulle proprie emozioni e sugli eventi, qui di sapersi gestire ed autoregolarsi.
Anna Sposato

Aspetti cognitivi dei videogiochi - Www.aesvi.it - 6 views

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    Un videogioco non è solo un passatempo ma è anche un linguaggio e quindi un approccio cognitivo. Qui emerge l'approccio cognitivista, dal momento che molti teorici del settore già in tempi non sospetti affermavano che determinati linguaggi non sono semplicemente strumenti da applicare o usare bensì mondi «immersivi», nei quali l'utente si trova ad agire come se si trovasse in un «ambiente fluido», un pò come noi utilizziamo Second Life...
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    Si i videogiochi da tempo sono usciti dalla categoria di mero "passatempo". In molti casi le persone trovano in questa dimensione ludico-virtuale modi di esistere. E' un processo di reificazione dove, attraverso modelli matematici molto complessi (computer graphics), la realtà viene ridefinita e reinventata. Recentemente in una pubblicità di videogiochi mi sono accorto che nello spot era utilizzato il termine "realtà aumentata". La pervasività dei videogiochi è in continuo aumento, ormai ogni telefonino ne ha diversi nel suo interno, questa facilità di accesso favorisce sempre più la dissolvenza del confine tra dimensione ludica e dimensione reale.
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    Facendo qualche ricerca sul web, ho scoperto che un gioco di brain training verrà testato negli Usa per capire se è possibile paragonarlo a una terapia medica. Lo scopo è quello di certificarlo per aiutare chi soffre di schizofrenia. Ma, ovviamente, alcuni scienziati sono perplessi. Presto verranno avviati i primi test di controllo per verificare se è davvero possibile equiparare gli effetti di un videogioco a quelli di una terapia farmacologica. Brain Plasticity vuole infatti arruolare 150 persone affette da disturbi cognitivi in 15 diversi stati e invitarli a giocare con il suo software per un'ora al giorno al di fuori dei fine settimana. Dopo sei mesi di prove, nel caso i partecipanti riscontrassero dei miglioramenti nella qualità della vita, il centro di ricerca farà quindi domanda alla Fda per ottenere la commercializzazione come prodotto terapeutico. La caratteristica chiave dei software terapeutici, sarebbe quella di aiutare chi soffre di schizofrenia a superare le difficoltà di apprendimento e sviluppo della memoria comportate dal disturbo. L'obiettivo di Brain Plasticity è quello di capire se qualche ora di attività di fronte allo schermo di gioco possa fare meglio delle terapie a base di farmaci. Un tentativo affatto facile, visto che non tutta la comunità scientifica ritiene che i videogame possano essere utili in questi casi.
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    Come risulta da questa rassegna bibliografica, un videogioco non solo un passatempo ma anche un linguaggio e dunque, in definitiva, un approccio cognitivo.
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    Trovo molto interessanti le ricerche che si stanno facendo in direzione dell'utilizzo terapeutico dei video giochi. Come esposto nell'articolo postato da Silvia ci sono ancora molti pregiudizi nei confronti dei video giochi. Greenfield sostiene che chi critica i videogiochi lo fa perché non è capace a giocarci, insomma un po' la storia della volpe con l'uva. Esiste una certa ideologia che l'articolo definisce "anacronistica" da parte di chi è cresciuto e si è formato attraverso una cultura alfabetica che rende molti accademici restii ad accettare i videogiochi. Le ricerche, al contrario, provano che i videogiochi promuovo la capacità di pensiero parallelo rispetto a quello lineare che a sua volta aiuta a sviluppare empowerment nei suoi fruitori ovvero capacità di flessibilità e autonomia nel raggiungere i risultati, inoltre, a contraddire chi sostiene che i videogiochi limitano le capacità senso motorie, è stato dimostrato che il videogioco allena la capacità coordinativa occhio-mano. I bambini sono più attratti dalle immagini in movimento che da quelle statiche di conseguenza il videogioco è preferito ad altre modalità ludiche. La caratteristica del videogioco è la sua interattività e permette a chi ne fruisce di sentirsi al contempo spettatore e protagonista. È indubbio che il videogioco induce ad uno stato di trance che porta facilmente ad alienarsi dalla realtà circostante lasciandosi immergere dal mondo virtuale, si tratta però, a detta degli autori, di uno "psicofarmaco democratico" in quanto chi lo utilizza lo fa volontariamente ed è protagonista attivo. La televisione, a detta degli autori dell'articolo, sarebbe un mezzo molto più pervasivo ed ipnotico del videogioco. Personalmente concordo con questa visione in quanto la televisione può essere altamente manipolatoria e tende a presentarti una realtà già costruita e interpretata alla base.
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    Ciao, ho due figli, maschi, ormai grandi, che ho seguito in ogni forma di gioco, dai classici con le macchinine, con le Lego, con gli animali, i cosiddetti "giochi intelligenti" e via dicendo, siamo approdati ai giochi su tv quando il grande aveva 8 anni, e ho notato come fosse estremamente più bravo di noi adulti a trovare le soluzioni, provava, sbagliava, si ricordava l'errore, riprovava, con una pazienza meticolosa, cosa che forse gli adulti non hanno. Il piccolo ha iniziato a 3 anni a giocare con la tastiera del pc, intanto il fratello ne aveva 10, e ho potuto notare la velocità di acquisizione del piccolo, rispetto al grande...Che dire, non bisogna demonizzarli, secondo gli studi, anzi, permettono di aumentare le capacità in zone che non vengono sollecitate. I giochi moderni poi hanno storie avvincenti, in cui provarsi, finito una volta, si può ricominciare, per sondare altre strade. Alcuni film si basano sui videogiochi, e posso dire che perfino l'ultima serie televisiva "Da Vinci's Daemons" ricalca nella musica, costumi e storia un episodio di Assassin's cread", gioco che io stessa ho provato e assicuro che è bello. Inoltre posso ricordare che gli stessi piloti utilizzano questi mezzi per l'esperienza a terra...
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    In effetti fino ad oggi sono emersi due filoni di studio concentrati sull'aspetto cognitivo relativo ai videogiochi o su quello emozionale ma relativo più che altro alla demonizzazione legata ai giochi violenti o all'aspetto della separazione sociale del bambino/ragazzo che si immerge per ore nel mondo virtuale. La catarsis theory citata nell'articolo mette in luce l'azione liberatoria sul mondo emotivo del bambino, che rivive i sentimenti nel mondo virtuale. C'è da notare che una nuova area di studio si focalizza sul fatto che i ragazzi che sviluppano una certa dipendenza dai videogiochi (sembra secondo le stime più del 50% dei giovani fruitori) vivono un'importante alienazione dalle proprie emozioni, proiettate solo all'esterno ma non vissute in prima persona; nonché un'alienazione dal mondo reale, spesso deludente sia in termini di presenza affettiva familiare, sia in termini di prospettive sociali in grado di accogliere i ragazzi e aiutarli a sviluppare un'adeguata percezione del sé nel futuro.
Claudio Marzuolo

L'approccio cooperativo nell'apprendimento in rete - 1 views

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    E' interessante vedere come con l'approccio collaborativo, possa portare benefici sia in termini di qualità che come benessere psicologico.
Tucconi Tiziana

Wine tag...mai più senza - 0 views

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    In una cantina uno degli asset più importanti è costituito dalle botti: queste, che hanno una durata media dai 5 a i 20 anni (a seconda del tipo e della dimensione), sono messe in pile di 4 o 5 elementi, risulta quindi difficile identificarle e quindi tracciarle. Tuttavia è estremamente importante sapere dove è una certa botte ma anche la sua storia in quanto il sapore del vino qui viene invecchiato dipende anche dalle precedenti stagionature; in questo modo è possibile impostare e verificare un corretta politica di rotazione, riducendo le inefficienze e limitando gli smarrimenti. L'uso dei tag RFID permette in ogni momento di recuperare tutte le informazioni rilevanti sulla botte mentre questa è piena e indipendentemente dalla sua reale posizione in quanto la lettura può avvenire a distanza anche senza "vedere" il transponder. Ma i tag si mettono a disposizione non solo dei produttori di vino ma anche dei consumatori. A patto che i punti vendita siano attrezzati, è possibile portare al consumatore tutte le informazioni registrate durante la "filiera RFID", operazione che può essere fatta mediante un chiosco/totem dotato di un lettore per leggere le informazioni memorizzate nel transponder, e una connessione internet per incrociare le informazioni con altri dati. Quindi il consumatore può sapere tutto sulle uve utilizzate, sulle caratteristiche produttive, sulla qualità del trasposto ma anche come combinare vino e pietanze in modo ideale. L'unica cosa che non possono fare i tag, per fortuna, è fare l'analisi organolettica al nostro posto.
Mary Casaro

Rischio di Dipendenza da Internet negli adolescenti: come ridurlo? - 0 views

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    Cresce fra gli adolescenti l'Internet Addiction Disorder (IAD), disturbo ossessivo-compulsivo causato dall'utilizzo massiccio di Internet, una dipendenza paragonabile al gioco d'azzardo patologico. Nel combatterlo, la qualità della comunicazione fra genitori e figli, rappresenta uno strumento efficace: i giovani che si sentono capiti dai genitori, relativamente all'utilizzo che fanno di Internet, hanno un rischio minore di sviluppare disturbi di utilizzo compulsivo.
Cristiano Mulatero

il multitasking rende felici - 0 views

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    Il multitasking è spesso lodato per la sua versatilità, per la produttività che aumenta, è indicato come prerogativa femminile o maschile. In ogni caso l'abitudine al multitasking modifica la mappa celebrale, in pratica modifica alcuni modi di funzionare del cervello. In quest'articolo si esamina l'appagamento e la soddisfazione di chi esegue molte attività contemporaneamente. Risulta che la soddisfazione personale è l'aspetto predominante, soprattutto se si osserva la qualità dei lavori fatti in multitasking. Pare che in realtà la tendenza sia quella di iniziare molti lavori in contemporanea, ma effettivamente di terminarne solo alcuni. In ogni caso l'individuo si illude di aver fatto più cose di altri. Questo è l'ennesimo punto di vista su una tematica comune e molto discussa che mette in evidenza la possibilità si di vivere in multitasking , ma con dei limiti alle azioni che ci impegnano.
Maria claudia cammisecra

L'intelligenza connettiva come risultante di intelligenza collettiva ed emotiva - 2 views

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    La natura della Rete ci potrebbe garantire una moltitudine di connessioni parallele ed incrociate ma - come abbiamo visto- non esiste un meccanismo che trasformi automaticamente la quantità in qualità, il sapere della folla in tante menti pensanti. La rete è uno strumento collaborativo fondamentale per abilitare l'intelligenza connettiva e aggregare i contenuti generati dagli utenti, ma questo a volte e in certi contesti non basta. Serve infatti anche un "aggregante emotivo" che valorizzi i contributi di tutti e favorisca il libero scambio.
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    Il brainstorming è una tecnica comunemente utilizzata nelle agenzie pubblicitarie per stimolare la creatività : ci si riunisce per parlare delle caratteristiche del servizio o prodotto oggetto della campagna. Ognuno espone le proprie idee e dagli interventi delle varie persone spesso si hanno degli spunti per nuove idee su come migliorare il prodotto o come trovare un nuovo posizionamento sul mercato.
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    Credo che l'intelligenza connettiva, così come coniata da De Kerckove, sia l'applicazione pratica sul web e tramite le tecnologie attuali dell'iniziale intelligenza collettiva di Levy. Levy non fa altro che dare "potere", dare speranza e possibilità alle comunità grassroot spiegando come uniti possono "sapere tutto", possono allargare le proprie conoscenze limitate ad un singolo punto, e possono "vincere" anche contro le Corporate, ribaltare una situazione da pull-down a pus-up. Quest'allargamento, si traduce in termini pratici nel web, come accenna appunto l'autore dell'articolo linkato in un collegamento. Ci si collega, ad un sito, ad un portale, ad un servizio che può aiutarci nell'espandere il nostro pensiero fino a quel momento limitato. La possibilità di allargare le nostre conoscenze, e di connetterle appunto a quelle altrui. Questo è uno degli usi potenziali della rete, ma così come tutte tecnologie è bene saperne i potenziali, ma bisogna saperle adoperare al meglio.
GIOVANNI LA FALCE

Smart City Exhibition 2012 - 1 views

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    A bologna fiere si è svolta il 29-30-31 ottbre la Smart city exhibiotion 2012. Sulla home page del sito ne viene indicata con queste parole la Vision: le molteplici modalità di comunicazione locale e globale, l'innesto di moderne tecnologie nell'agire quotidiano, la presenza di una strategia condivisa e partecipata, determinano la capacità del territorio di trasformarsi da semplice agglomerato di cose e persone a smart community efficiente e socialmente innovativa, dove ogni euro investito in tecnologie è in grado di incidere direttamente sulla qualità della vita dei cittadini. Quello che mi ha colpito è l'uso pervarsivo del termine inglese SMART (intelligente) che viene fatto nel sito. Nel mio piccolo ero fermo alla Smart famosa autovettura ed agli smartphone. In questo congresso però si è discusso di "smart mobility", "smart people and living", "smart building", "smart City" (naturalmente) affrontando per esempio il tema dei social network nelle smart city. Da quello che capisco "smart" è una parola di confine che attiene contemporaneamente ad ambiti diversi (tecnologia, processi cognitivi, ecologia ed ergonomia, psicologia di comunità) e per questo probabilmente diventerà sempre più di uso comune.
elisa sederini

valutazione di qualità dei siti web - 1 views

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    Ho trovato questa dispensa di Luisa Mich molto esaustiva sullq valutazione dei siti web
Mauro Rossi

Il multitasking non rende, cervello fa una cosa alla volta - Stili di vita - Salute e Benessere - ANSA.it - 8 views

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    Il multitasking non rende, cervello fa una cosa alla volta Il multitasking non e' da tutti: solo il 2,5% delle persone riesce a prestare veramente attenzione a piu' attivita' insieme. Il cervello sceglie invece una sola cosa alla volta eliminando tutto il resto e fare piu' mansioni contemporaneamente puo' avere anche conseguenze negative. E' l' 'attenzione selettiva', una abilita' innata che aiuta a ragionare in un mondo fatto fondamentalmente di rumori. I ricercatori della California University di San Francisco hanno usato il frastuono di un party come test per osservare come funziona il multitasking scoprendo che e' la zona della corteccia sensoriale del cervello localizzata dietro le orecchie, dove arrivano e vengono interpretati i suoni, ad accendersi in presenza di un singolo stimolo uditivo e che, con l'aiuto degli occhi, aumenta la percezione cosi' da registrare solo il suono piu' alto ''come se ci fosse solo una persona a parlare'', sottolinea il direttore dell'indagine, Edward Cheng. Il fenomeno e' stato battezzato dagli studiosi col nome di 'cocktail-party effect' e la ricerca e' stata pubblicata di recente su Nature.
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    Dei ricercatori francesi hanno osservato e studiato un campione di 32 volontari, affidando loro prima un compito e successivamente due compiti differenti ma simili. I volontari sono stati osservati nel corso dell'esperimento con la risonanza magnetica e i ricercatori hanno notato che, mentre nello svolgimento di un'unica mansione venivano coinvolte più zone neurali di entrambi gli emisferi cerebrali, nello svolgimento di più funzioni il cervello si divideva a metà, deputando a ciascun emisfero un incarico. In particolare il lobo frontale, che è la parte del cervello deputata alle funzioni esecutive, non può adempiere a più di due compiti. Il tipo di esperimento eseguito, su un campione di individui destri e nessun mancino e con due compiti da portare a termine che erano simili tra loro, dicono i ricercatori sulla rivista "Science", non consente di dire se la divisione dei compiti tra i due emisferi sia casuale o dipenda dal tipo di operazione e dalla dominanza di un emisfero su un altro. Ma i risultati dello studio suggeriscono che il lobo frontale, che ha funzioni esecutive, è limitato a svolgere al massimo due compiti nello stesso momento. "Ecco perché la gente prende spesso decisioni irrazionali quando fa più di due cose insieme", spiega Koechlin: "Possiamo cucinare e stare al telefono, ma non possiamo per natura provare a leggere anche il giornale". Lo studio suggerisce anche che non esagerare nel multitasking è una buona regola non solo per le cose da fare, ma anche per quelle da pensare. Come il nostro cervello non è fatto (se non a un caro prezzo e con dubbi risultati) per fare troppe cose in una volta, così non è predisposto nemmeno per pensare a troppe cose: anche le scelte devono essere prese su due opzioni alla volta.
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    Alcuni ricercatori,guidati dal sociologo-matematico Clifford Nass,hanno condotto vari esperimenti su 100 studenti,tra multi-attivi e più tranquilli;e hanno concluso che il cervello dell'individuo multitasking lavora male.Chi è bombardato da flussi di informazione(da telefono,pc,tv) e cerca di fare tante cose insieme è disattento,non riesce a concentrarsi né a utilizzare bene la memoria.Con risultati peggiori di quelli dei posapiano che fanno una cosa alla volta.Per stabilire se i multitaskers ci sono o ci fanno ovvero se sono nati con una minore capacità di concentrazione,o se facendo tante cose insieme danneggiano le loro abilità cognitive,un giornalista-scrittore americano, A.J. Jacobs,ha preso sul serio la seconda ipotesi. Jacobs, ha provato a vivere facendo una cosa alla volta.All'inizio, Jacobs stava impazzendo.Perché per condurre una vita mono-tasking bisogna rinunciare al nostro consueto modo di vivere. Fin dall'inizio della giornata:niente più colazioni brevi e frenetiche,si fa il caffè mentre si accende il computer e si controllano le e-mail sullo smartphone.Niente cene familiari con la tv accesa.Niente telefonate mentre si legge,si cucina o si lavora.ESPERIMENTO La tecnica, spiega Jacobs,ha seri fondamenti scientifici.Possiamo lasciare i nostri pensieri scorrere lasciando il cervello in default,venendo sopraffatti da rabbia, meschinità, orgoglio ferito, fantasie egoistiche.O possiamo coscientemente scegliere di esercitare un qualche controllo su come e cosa pensiamo» Cercando di finire una relazione-facendo i conti di casa-rispondendo al telefono-controllando legumi che cuociono.Alla fine dell'esperimento,Jacobs è stato meglio.Riusciva a giocare con i suoi bambini senza controllare messaggi e e-mail,parlava con gli amici tenendo gli occhi chiusi per sentire l'altro e approfondire il contatto.Non ha smesso di essere un multitasker, ma:"sono come un fumatore che da tre e' passato a 10 sig al giorno"!
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    Quando io riesco ad essere concentrata in un'unica cosa da fare, sento che è come se avessi fatto della meditazione. Sono in pace con me stessa, col mondo, serena e positiva nei confronti della vita. Non so quale sia la ragione. Ma so che questo mondo sempre di fretta ci sta facendo andare in tilt. Le persone sono più informate, più colte, più aggiornate. Ma sappiamo davvero di più? Quanto di tutto ciò che arriva al nostro cervello è ridondante e non indispensabile? Avete mai provato a leggere un giornale italiano quando siete in vacanza all'estero? Magari ne comprate uno ogni quattro giorni. Ed è assolutamente lo stesso che se l'aveste comprato ogni giorno. La quantità ha superato la qualità e l'approfondimento. Al di là del fatto di poter o meno fare più cose alla volta (e bene), qual è il fine? La nostra serenità aumenta? No, diminuisce. Il nostro impatto sul mondo è maggiore? O non abbiamo tante cognizioni di cui non facciamo nulla? Questo stesso archivio online: quanto è frutto di pensiero profondo e quanto di necessità dettata dal dover fare l'esame? Quanto ogni inserto è meditato, pensato, condiviso? E quabte cose vengono pubblicate e non lette?! Non so, ma sono molto perplessa su tutto ciò...
Ianni Luisa

Sarà mai possibile per l'uomo tornare al mono-tasking? Esperimento interessante - 28 views

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    La sindrome multitaskingTutto insieme e tutto male Il cervello di chi cerca di fare tante cose nello stesso momento lavora male. L'esperimento di Jacobs di MARIA LAURA RODOTA' Se avete almeno una volta fatto cadere il cellulare nel water, siete nella fascia alta. Se vi è capitato, è perché siete dei grandi multitasker.
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    lo trovo molto interessante...
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    anche io la trovo molto interessante. lo stesso professore durante le videolezioni dice che ha trovato i suoi figli studiare con la radio accesa...durante le superiori (circa 5 anni fa) studiavo in assoluto silenzio senza il computer e soltanto con i libri... oggi invece mi capita spesso di studiare con la radio e il computer acceso magari connessa tra facebook e youtube perchè devo essere sempre informata su tutto...nella nostra epoca possiamo anche dire che l'informazione è diventata una droga
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    ho trovato l'articolo molto interessante e mi chiedo se oltre una predisposizione personale non sia la società odierna che ci spinge a fare tante cose contemporaneamente per poter emergere, per poter essere "visti", chi non è on line, non è connesso, non è sempre presente, in certi ambienti non esiste. Ormai,come dice il prof Bagnara "è difficile distinguere il piano di lavoro da quello dell'ufficio", e spesso si rimane connessi al lavoro, all'università mentre si è nell'ambiente familiare, vi è un'invasione di campi....
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    Come detto in un altro post è vero che siamo multitasking ma non le nostre capacità si suddividono in funzione del nr di attività svolte in contemporanea, quindi come un computer che puà aprire più programmi nello stesso momento abbassa notevolmente le prorpie prestazioni
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    LA RICERCA La sindrome multitaskingTutto insieme e tutto male Il cervello di chi cerca di fare tante cose nello stesso momento lavora male. L'esperimento di Jacobs di MARIA LAURA RODOTA' Se avete almeno una volta fatto cadere il cellulare nel water, siete nella fascia alta. Se vi è capitato, è perché siete dei grandi multitasker.
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    mi sono sorte due riflessioni apparentemente in contrasto tra loro : non condivido l'idea che chi sia multitasking è più "stupido" o fa le cose in maniera peggiore, anzi a volte credo che il cervello si alleni e anche la memoria. ritengo tuttavia interessante l'esperimento non tanto al fine di rendere le persone meno stupide, ma sicuramente per ridare gusto alla vita, assaporando e non solo assaggiando le cose. proverò personalmente!
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    curiosando sul web in tema di multitasking ho trovato quest'articolo del sole24ore http://salute24.ilsole24ore.com/articles/7944-donne-multitasking-fino-al-70-in-piu-rispetto-agli-uomini?refresh_ce....in definitiva succede per quest'argomento un po' quello che capita con molte ricerche ....che dimostrano tutto ed il contrario di tutto!
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    Il detto meglio fare una cosa alla volta è sempre valido? I ritmi di vita frenetici che ci impone la società non sono di sicuro di questo avviso considerato che siamo portati a compiere diverse azioni simultaneamente, perdendo di vista il valore di ciò che si sta realizzando e il fatto di non essere presenti con se stessi nel momento in cui si compie qualcosa, si sta già eseguendo altro …
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    Credo che il multitasking sia il prossimo passaggio evolutivo del genere umano, nel senso che le nuove generazioni acquisiranno sempre di più la capacità di interagire contemporaneamente con tecnologie diverse e lo faranno sempre meglio. Penso che il cervello umano evolvendosi acquisirà sempre più le competenze necessarie per gestire più attività in contemporanea. Ma noi non facciamo parte della "generazione multitasking" quindi continuiamo a prenderci il nostro tempo e quando ci riusciamo cerchiamo di concentrarsi su un'attività alla volta :)
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    Io penso che al giorno d'oggi ognuno di noi sia multitasking che lo si voglia o no. Non sono discorsi nuovi, il mondo è cambiato e la possibilità di spostarsi più velocemente, di ottenere informazioni in tempo reale, di poter interagire con l'altra parte del mondo in tempo reale, ha portato ad un aumento delle prestazioni e quindi delle richieste. E' tutto velocissimo. Ci sono tantissime persone che per lavoro vanno e vengono da voli internazionali più volte a settimana (solo per fare un esempio banale). Avere un mutuo e una famiglia (situazione diffusissima) ti impone il multitasking! Disponiamo di sole 24 ore al giorno! Sicuramente fare una cosa alla volta sarebbe la cosa migliore....ma chi se lo può permettere oggi?
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    Questo articolo ha colpito subito la mia attenzione in quanto io mi sento personalmente una multitasker. Tante, troppe cose da fare, ed ecco che per colpa della quantità di impegni si perde la qualità e le cose vengono male. E' proprio così, se sono impegnata al telefono posso pure mettermi ai fornelli ma è quasi sicuro che se mi distraggo brucio qualcosa. Quante volte mi è successo! :-)
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    L'esperimento di Jacobs ci fa capire come noi intendiamo il Multitasking ma non siamo in grado di metterlo in paratica. Il nostro cervello è in grado di pensare molte cose contemporaneamente? E' una illusione come è una illusione il fatto che il computer faccia diverse cose contemporaneamente. In realtà sia il computer che il nostro cervello possono fare/pensare a tante attività ma con una frequenza che, se particolarmente alta, ci dà la sensazione della contemporaneità. Men che meno il nostro corpo può eseguire azioni in contemporanea. Ecco perchè quando proviamo a pensare e fare tante cose in pochissimo tempo risultiamo distratti e le azioni intraprese risultano eseguite in modo approssimativo. Tuttavia la società in cui viviamo (parlo della società evoluta e/o "occidentale")ci obbliga, quasi, a muoverci in questa direzione ma, senza ripetere l'esperimento relativo all'articolo, possiamo quantomeno passare ad una vita bitasking o al massimo tritasking
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    Beh, che dire?!? La sindrome multitasking ha colpito anche me, la differenza è che quasi quasi, a questo punto, ne vado orgogliosa! Non mi sento affatto stupida nel (dover) fare tante cose e contemporaneamente, certo l'attenzione va comunque divisa tra le varie controlla la e-mail-prendi in braccio tua figlia che piange-riscalda il latte-rispondi al telefono-cucina per il resto della famiglia ma con un buon allenamento si può fare bene ugualmente. Io proporrei l'esperimento contrario: perchè non far cimentare quei posapiano cronici che criticano chi deve destreggiarsi tra i mille impegni quotidiani, in due attività contemporaneamente? Non so se ne sarebbero capaci.... F.to mamma multitasking. ;-)
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    Giuseppina ha ragione...lo afferma James Flynn, lo psicologo viene citato in un articolo che ho postato poco fa :-) http://en.wikipedia.org/wiki/James_R._Flynn
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    Articolo del "Corriere", provocante e anche abbastanza scientifico
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    Articolo sicuramente corrispondente al modo di vivere del 98% degli occidentali. Il fatto è che troppo spesso, almeno personalmente, mi sento stupida a "perdere tempo", a non riuscire a far entrare tutto nelle sole 24 ore al giorno che abbiamo. Pensare ed agire in multitasking è spesso una necessità e non un'aspirazione, costretti dai mille impegni quotidiani. Certo che a volte ci mettiamo del nostro, tipo assumere incombenze non di nostra competenza o, come nel nostro caso, tornare a studiare mentre già facciamo uno o magari due lavori ed in più abbiamo una casa e dei figli a cui pensare. Ma, anche se è vero che a volte si fanno pasticci, si dimenticano cose elementari o si lascia cadere - come ironizza l'autrice dell'articolo - il cellulare nel water, è pur vero che la maggior parte di noi non riesce più a rallentare, anzi a volte si annoia pure, se non trova più cose da fare contemporaneamente!
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    Sempre sull'inefficacia del multitasking parla un articolo di Forbes. Why Multitasking doesn't work? http://www.forbes.com/sites/douglasmerrill/2012/08/17/why-multitasking-doesnt-work/. Il nostro cervello non è programmato per il multitasking, la nostra memoria a breve termine può immagazzinare dalle 5 alle 9 cose per volta. Quando cerchiamo di compiere di azioni diverse nello stesso momento che richiedano entrambe lo stesso livello di attenzione, il multitasking non funziona perché il cervello non è in grado di processare due flussi di informazioni separati allo stesso tempo e codificarli nella memoria a breve termine per poi trasferirli nella memoria a lungo termine. Questi processi non potranno essere richiamati dalla memoria a lungo termine e quindi non potranno essere usati. L'autore porta l'esempio delle riunioni di Google,(identiche a quelle nostre!) dove tutti avevano il loro lap top per continuare a seguire le diverse attività in cui erano impegnati. Risultato è che nessuno riusciva a ricordare realmente i contenuti della riunione diminuendo di fatto la produttività. Cosi alcuni meeting sono stati dichiarati "no-laptop zones".
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    Penso che sia una pura illusione pensare di organizzare le nostre cose e la nostra vita in multitasking. E' vero, momenti della nostra vita ci portano, purtroppo a dovere fare + cose in contemporanea, ma se ci facciamo caso la nostra attenzione viene catturata da 1 sola cosa x volta, le altre vengono percepite come rumore di fondo, disturbo che tende a farci perdere l'attenzione dell'attività principale. Se mentre parlo al telefono, vengo distolto dalla notizia data al televisore tendo a distrarmi, a non dare + attenzione al mio interlocutore, conseguenza perdo delle informazioni che potrebbero essere o meno importanti. Morale : il mio cervello può lavorare in multitasking, ma con inevitabile perdita di dati, alla stessa stregua di un cervello che lavora in time-sharing, a divisione di tempo, se durante quelle frazioni di tempo non perdo "informazioni" utili tutto va bene, altrimenti è un casino.
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    Io non sono d'accordo Fulvio. Credo infatti che il nostro cervello sia multitasking di default anche senza pc e cellulare! E non fa neanche fatica ad esserlo. QUando ero studentessa di Ingegneria (secoli fa) mentre facevo gli esercizi riuscivo a sentire la musica e a cantare a squarciagola le canzoni dei Cranberries o vedevo i miei passaggi preferiti del film "L'età dell'innocenza" in inglese e li recitavo pure. Sono anche d'accordo con quanto riportato nell'articolo http://filosofia.dafist.unige.it/epi/aisc06/abstract/302_iavarone.pdf in cui si afferma che nel dual task per gestire più stimoli questi non devono essere affini.
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    Federica anch'io secoli fa studiavo e ascoltavo la musica ( o meglio tenevo lo stereo acceso), poi accendevo la televisione, magari mangiavo e sfogliavo il giornale, però queste ritengo che erano tutte azioni di disturbo rispetto all'attività principale, cioè studiare, certo non contribuivano alla mia concentrazione. Così la mia canzone preferita catturava la mia attenzione e allo stesso tempo mi bloccava nello studio o per lo meno lo rallentava. Forse questo modo di studiare non era x me il top visto che mi sono fermato al terzo anno di Ingegneria elettronica con soli 10 esami....però come si dice "sbagliare è umano perseverare diabolico", continuo a studiare con il televisore acceso... In questo momento scrivo, con il televisore acceso, ascolto quello che dicono, ma non seguo l'intero discorso, quando mi concentro sulla televisione, sono costretto a fermarmi nella scrittura, non posso scrivere e allo stesso tempo seguire quello che dicono, devo condidere le mie (non eccezionali) funzioni cognitive
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    Fulvio x me invece questo parallelismo mi aiutava a concentrarmi. L'attenzione si focalizzava meglio sull'attivita' principale se c'erano altre attivita` in parallelo che quindi servivano sia per aumentare l'attenzione quando era necessario e sia da riempimento dei vuoti.
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    a me non è capitato che mi cadesse il cellulare nel water, come recita l'articolo, ma che lo lasciassi sulla cappotta della macchina si... e sono anche ripartito ovviamente, perdendo non solo il cellulare, ma anche circa 10 anni di vita...non potrei fare a meno del bombardamento di informazioni che mi arriva da ogni angolo della casa: tv, cellulare, pc... ho una specie di buco nero quando penso a cosa facevo prima che esistesse facebook...non mi ricordo proprio...
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    ovviamente facendo più cose contemporaneamente, si rischia che la concentrazione venga suddivisa per quante sono le cose che si fanno...ma è anche vero però che col tempo, secondo me, si attivano modalità di apprendimento tali che riusciamo a immagazzinare tutte le info, anche con buoni risultati.
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    Io invidio Fulvio che riesce a studiare con il televisore acceso, per me è impossibile, non riesco a concentrarmi se non ho tutto spento, adoro studiare in silenzio. E' un mio limite, riconosco che riesco a gestire diverse cose insieme, quando non è richiesto un livello di attenzione elevato. Mi rendo conto che se devo studiare, devo fare solo quello. Peccato, perchè sarebbe comodo poter vedere la tv, ascoltare la radio o altro.
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    Barbara se vuoi invidiare qualcuno, ti conviene invidiare Federica che mentre faceva gli esercizi sentiva la musica, cantava e vedeva un film in inglese e li recitava pure. Scherzi a parte non riesco a studiare se non sento la televisione o la musica, forse mi fa paura il silenzio... non quello di mia moglie che se inizia a parlare mi deconcentra. Viene da se che la seguo in modo "disordinato" ( sia la Tv, che mia moglie), ogni tanto mi fermo con lo studio per dare uno sguardo, quello che capisco capisco....parlo della Tv, mia moglie la perdo prima
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    L'esperimento fatto del mono-tasking penso che sia davvero interessante per verificare come reagisce la mente umana e di conseguenza coem impara a gestire le relazioni con gli altri. Credo inoltre che oggi è molto difficile evitare di essere multitasking visto il ritmo frenetico e casi sempre più frequenti di impegni contemporanei, e poi fondamentalmente credo che ci piace!
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    L'esperimento di Jacobs dimostra che fare troppe cose contemporaneamente è certamente a discapito della precisione, della corretteza dell'azione. La nostra mente negli anni si è evoluta ed è abituata a gestire attività fisiche e mentali nello stesso momento come ascoltare musica, navigare su internet e magari telefonare. Questo dovuto anche ai nuovi stili richiesti dalla vita quotidiana. Dobbiamo tuttavia evitare i comportamenti, molto discutibili, di coloro che guidano, mandano SMS, guardano il navigatore e certe volte si dimenticano della cosa più importante: "CHE STANNO GUIDANDO".
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    Non sono completamente d'accordo con quanto si afferma, in quanto se è vero che fare tutto insieme comporta un grado di errore più elevato, è anche vero che in particolare le nuove leve, i nativi digitali, hanno una mente votata al multitasking, con la conseguenza che riescono a gestire più processi in maniera naturale meglio di un adulto. Questo non significa che non sbaglino o che in una condizione di monotasking le attività non vengano svolte meglio, ma certamente le nuove generazioni sono e saranno sempre più precise nel fare "tutto insieme".
Michele Tarozzi

Qualità o Negatività ? - 1 views

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    Un altro articolo che pone luci e ombre sul fenomeno.
Mario Amendola

MenteCritica » Davvero Google Rende Stupidi? - 4 views

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    Interessanti considerazioni sull'articolo di Nicolas Carr "Davvero Google Rende Stupidi?" su ipertesto, interconnessione attraverso la rete, logica multitasking e conseguenze sullo sviluppo del pensiero.
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    Vorrei completare questo contributo tentando di riassumere le argomentazioni di De Kerckhove contenute nella lezione n. 5 in risposta alle considerazioni di Carr. De Kerckhove definisce molto duramente quest'articolo come "Un manifesto per il dilettantismo perpetuo" pur riconoscendo la validità di molte osservazioni di Carr, ma reinterpretandone portata e conseguenze. In particolare De Kerckhove: * Contesta l'osservazione per la quale la gente non legge più e si limita a guardare solo le immagini in televisione o su Internet. In realtà, dice De Kerckhove, la gente legge e scrive più che mai. Il rapporto che abbiamo con la lingua scritta, che si tratti di leggerla o scriverla, è più forte e più diffusa che mai e questo deriva anche dal proliferare di innumerevoli supporti che ci consentono questa attività nel continuo (cellulari, smart phone, ipad, etc) * Osserva come, grazie ad internet, sia cambiato il modo di fruizione dei testi: il lettore è diventato attivo trasformandosi in lettore/scrittore (wreaders). Non è possibile leggere qualcosa su internet senza partecipare con uno scritto, cliccando, collegando, con la ricerca di varie cose, e, in conseguenza, le nostre pratiche di lettura e scrittura sono cambiate * Carr denuncia il venir meno di un necessario rapporto di profondità con il testo scritto: un tempo "amavo immergermi in un libro, esplorando le varie profondità del significato ... ora salto da una pagina ad un'altra, vado fino alla fine del libro, semplicemente non ho la tranquillità mentale che è necessaria per penetrare davvero il libro". Questo è un comportamento generalizzato, soprattutto tra i giovani che utilizzano i motori di ricerca per fare i compiti, svolgendoli di fatto in maniera superficiale e quasi "gratuita". (continua)
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    Di qui la considerazione che Google ci rende stupidi. In realtà, controbatte De Kerckhove, Google è uno strumento utile e non è distruttivo: quando un nuovo media arriva, modifica certe facoltà, alcune priorità, ne porta di nuove e poi ci dota di una nuova forma. * A tale proposito De Kerckhove sintetizza i risultati degli studi di Gary Small in relazione alle attitudini che i bambini sviluppano attraverso l'uso del computer: 1) aumenta il loro bisogno di connettività; 2) assumono una maggiore consapevolezza di loro stessi, la sensazione di diventare persone migliore grazie all'apprendimento che il computer assicura loro; 3) aumentano in conseguenza la loro autostima; 4) il maggior coinvolgimento dell'ippocampo, che è la zona che mette insieme tutte le immagini, dà loro una sensazione di maggior controllo sulla realtà; 5) effetto secondario è l'attenzione frammentata. Questo significa che in realtà raccogliamo informazioni in modo estremamente rapido, passiamo sulle cose molto velocemente, ma il problema che Gary Small scopre è che i ragazzi non tengono in mente nulla, la loro attenzione è divisa. diversi esperimenti hanno dimostrato che i giovani di oggi ad età comparabili di bambini di dieci, quindici anni fa, hanno perso qualcosa della loro capacità di leggere fisionomie, di leggere i volti, di capire ciò che le espressioni delle persone effettivamente significano, anche di riconoscere alcune persone. Questo ha a che fare con il nostro rapporto con gli schermi: passiamo più tempo con gli schermi che con le persone, e lo schermo, per quanto sia di qualità, è comunque una rappresentazione ridotta del volto e della fisionomia. In sintesi De Kerckhove riconosce il cambiamento, ma non lo bolla come effetto necessariamente negativo. (continua)
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    * Introduce il concetto di intelligenza ipertestuale: navigare tra i documenti collegati implica una ginnastica mentale ed è comunque necessario un qualche tipo di profondità al fine di valutare i collegamenti ipertestuali * Secondo Carr la concentrazione sul testo è necessaria perché si avvii il processo di archiviazione dalla memoria di breve periodo alla memoria di lungo periodo. Questo oggi non è più possibile: "On line siamo di fronte ad una molteplicità di rubinetti di informazioni alla massima apertura. La nostra elaborazione mentale salta da un rubinetto all'altro perdendosi nel processo". In realtà, controbatte De Kerckhove, Endel Tulving, uno dei massimi esperti mondiali sulla memoria, ha scoperto è che la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine non sono gli unici tipi di memoria nell'elaborazione dell'informazione. Egli ha ne individuato almeno altri due tipi: ciò che egli chiama memoria episodica e semantica. La memoria episodica è la memoria dell'esperienza sensoriale delle cose, è stimolata dai sensi ed è in grado di contenere e sostenere molte più cose e di tipo diverso dalla memoria a breve termine. E' anche utilizzata per trasferire le informazioni nella memoria a lungo termine e quindi il ragionamento di Nicholas Carr non è completamente corretto. La memoria semantica è una memoria che registra le cose che sappiamo, in combinazione con la verifica di esperienza diretta che la memoria episodica ci dà. (continua)
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    La conclusione è che internet ci sta indubbiamente cambiando, ma non è detto che lo faccia in peggio. L'iperscrittore-lettore è colui che legge e scrive al tempo stesso, in costante dialogo con l'ipertesto. Egli ha perso la sua mente che è stata incapace di dare un senso se non in frammenti, ha perso la profondità così che la memoria - e l'identità - dell'utente è ora fuori e non dentro il suo corpo. Non potremmo vivere abbastanza esperienza sensoriale al fine di avere una frazione della quantità di informazioni che Google ci offre come strumento di recupero. Di fatto è l'estremizzazione di un fenomeno che si era già stato introdotto con la tecnologia della scrittura e al quale Eric Havelock aveva saggiamente risposto "Mettere la memoria di fuori della mente dà spazio per l'invenzione e la pratica dell'intelligenza".
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