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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged informatica

Rss Feed Group items tagged

Marco Tambara

Le mappe del pensiero - 6 views

Questo sito cerca di approfondire lo sviluppo del pensiero associativo e di come esso possa essere efficacemente e graficamente rappresentato. E' interessante per gli aspetti pedagogici e tecnologi...

#Tagging

EMANUELA PSICOTECNOLOGIE

II ARGOMANTO :NATURA DELL'INTELLIGENZA - 0 views

Emanuela D'Agostino

started by EMANUELA PSICOTECNOLOGIE on 20 Nov 12 no follow-up yet
Marco Dozza

Cognizione distribuita a cura di Valentina Mucciarelli - 10 views

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    Il testo esplora il concetto di 'cognizione distribuita' fornendone una breve storia e riportandolo alla vita quotidiana.
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    Un articolo sintetico ed interessante. Grazie Michele.
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    Articolo interessante che spiega il nostro funzionamento cognitivo, le nostre conoscenze situate in specifici contesti interattivi, culturalmente definiti e distribuiti negli attori sociali.
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    Interessante e chiaro approfondimento su come la cognizione umana si estenda oltre l'individuo. Sempre più i processi mentali sono interazioni fra uomo, ambiente e tecnologia; l'individuo diventa tutt'uno con il contesto socio-culturale e tecnologico con cui interagisce.
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    Aggiungerei che gli ambiti di applicazione non si limitano all'apprendimento o alla ricerca delle competenze di cui abbiamo bisogno negli altri o in tutto ciò che ci circonda, ma anche alla possibilità di sviluppare grazie alla condivisione delle proprie capacità nuove soluzioni o applicazioni. Non è un caso che negli ultimi anni le scoperte scientifiche e tecnologiche siano il risultato della collaborazione di più persone in un team. Da cognizione distribuita a lavoro collaborativo, dunque. Un primo esempio potrebbe essere Linux: negli anni Ottanta, Richard Stallman, un genio dell'informatica, fonda la Free Software Foundation (FSF), un'organizzazione senza scopo di lucro costituita per sviluppare e distribuire software libero. Stallman e i suoi si oppongono all'idea che il software possa avere dei "padroni" e che questi possano imporre agli utilizzatori grosse restrizioni. Avviano così il progetto GNU per creare un intero sistema operativo libero. Sparsa per il mondo e grazie a internet, si forma una comunità di appassionati di informatica, che per passione e non per lucro collaborano nel progetto. Negli anni Novanta, Linus Torvalds , uno studente al secondo anno di informatica all'Università di Helsinki, sviluppa il sistema operativo Linux, rappresentato dal pinguino Tux. Così, è finalmente a disposizione un sistema operativo completo, funzionante, e completamente libero. GNU/Linux da subito si distingue per l'incredibile velocità, soprattutto per internet.
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    Articolo sulla cognizione distribuita, spiega cosa è l'idea di distributed cognition con qualche accenno storico.
Marco Tambara

The big switch - N. Carr - 1 views

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    Il bestseller di Nicholas Carr "The Big Switch" di cui il prof. De Kerckhove parla nella lezione 5. "His last book shook up the high-tech industry. Now, Nicholas Carr is back with The Big Switch, a sweeping and often disturbing look at how a new computer revolution is reshaping business, society and culture." Un centinaio di anni fa, le aziende smesso di generare il proprio potere con motori a vapore e dinamo e collegato alla rete elettrica di nuova costruzione. Il potere economico pompato da utenze elettriche non basta cambiare il funzionamento delle imprese. E 'una reazione a catena di trasformazioni economiche e sociali che hanno portato il mondo moderno in esistenza. Oggi, una simile rivoluzione è in corso. Collegato alla rete informatica globale di Internet, le informazioni enormi impianti di trasformazione hanno cominciato a pompare i dati e il codice del software nelle nostre case e aziende. Questa volta, è il calcolo che sta trasformando in un programma di utilità.
Luciano Di Mele

SCUOLA/ Il cervello "modificato" dei nativi digitali - 9 views

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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    se è vero che parlare oggi di libri di testo, nell'epoca della cognizione distribuita e di internet inteso come stanza intelligente, appare anacronistico, dobbiamo dire che altrettanto anacronistica appare la figura del docente che si limiti a trasmettere informazioni invece che esercitare il più consono ai tempi attuali ruolo di "facilitatore" dei processi di apprendimento nei confronti di un discente che deve perciò diventare sempre più responasabile della costruzione attiva e critica della propria conoscenza.
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    Vi segnalo un interessante articolo "Lo tsunami dei nativi digitali". http://www.educationduepuntozero.it/politiche-educative/tsunami-nativi-digitali-4023818866.shtml le classificazioni più recenti danno i "nativi digitali puri" con un'età tra i 0 e i 12 anni. Gli attuali dodicenni sono i ragazzi della seconda media inferiore o secondaria di primo grado. Insomma, i ragazzi che stanno completando il primo ciclo e che l'anno successivo si iscriveranno alla prima delle secondaria superiore o di secondo grado. Il fronte d'onda di questo tsunami di nativi è arrivato alle superiori! Mentre questo accade, l'adulto si sta ancora chiedendo come innovare la didattica, come insegnare o fare coaching e insegna a una "specie" con mezzi e linguaggi incomprensibili, perché i nativi sono semplicemente "diversi".
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    Correlazione tra nativi digitali ed economia. http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2012-04-21/popolo-rete-184826.shtml?uuid=AbHX4fRF Il Presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò ha affermato che "la scarsa alfabetizzazione [informatica] degli italiani costituisce indubbiamente una remora per la diffusione dell'utilizzo della larga banda" ma che "il livello di scolarizzazione è destinato a salire, per l'aggiornamento della scuola e per la richiesta dei ragazzi nelle famiglie". Una bassa alfabetizzazione informatica determina per l'appunto un ridotto livello di interesse verso la banda larga, cosa che a sua volta rende, per questi utenti, il filo telefonico che entra nelle nostre case sostanzialmente fungibile con il telefono cellulare. Il risultato netto è che se in precedenza, a quegli utenti, il sistema delle telecomunicazioni vendeva due prodotti, a tendere ne venderà solamente uno. Ma i costi di una rete fissa di telecomunicazioni sono in larga misura indipendenti dal numero di utilizzatori. Il termine ormai diffusamente utilizzato per identificare le nuove generazioni utilizzatrici spontanee di strumenti informatici è quello di "Digital Natives", ovvero "Nativi Digitali", giovani che si destreggiano fin da tenera età con strumenti informatici. Tra gli addetti ai lavori è comune sentire dei trentenni autodefinirsi "nativi digitali".
dorottea

Che differenza c;è fra tag e hashtag? | Informatica per tutti - 1 views

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    semplice spiegazione della differenza fra tag e hashtad per principianti .
aleksandra ewa uninettuno

http://www.psychomedia.it/pm/pit/cybcri/risminori.htm - 0 views

La ricerca presentata è ancora in fase pilota ma i primi dati sembrano suggerire l'ipotesi negli apparati di socializzazione fondamentali (famiglia e scuola) sarebbe forse necessario un intervento ...

PSICOTECNOLOGIE

started by aleksandra ewa uninettuno on 23 Nov 12 no follow-up yet
anna passaro

social tagging - 3 views

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    Il social tagging, inteso come condivisione delle tag, le parole chiave associate tra loro secondo le logiche di pertinenza, tende a mettere in rete tra loro i diversi sistemi di conoscenza, sia quelli istituzionali (dalle università ai vari enti di ricerca) sia quelli d'impresa, sia quelli giornalistici sia quelli disseminati nella rete (secondo il principio delle "folksonomy") che danno voce alla pluralità dei punti di vista.
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    con l'avvento dell' era informatica e del continuo e progressivo sviluppo dei servizi telematici non poteva di certo mancare la nuova frontiera interattiva del "social tagging", inteso come inteso come la vera e propria condivisione delle tag. Attraverso una semplice quanto avvincente spiegazione di Germano Paini (autore della piattaforma thinktag), si può facilmente capire come si è arrivati ad un' importante innovazione tecnologica capace di mettere in relazione tra loro diversi sistemi di conoscenza del mondo web (istituzionali, privati d'impresa, giornalistici, etc.) in modo tale da fornire agli utenti di internet risposte sempre più complete ed elaborate.
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    l'ipertinenza , il confronto tra le persone che lavorano su materiali diversi, un luogo, un monumento, con il telefonino possono muoversi, creare legami tra singoli oggetti, per gestire una conoscenza sempre più complessa.
assunta somma

l'anima del mondo multimediale - 1 views

#DistributedCogntion

started by assunta somma on 07 Nov 12 no follow-up yet
ALESSANDRO GUARRATA

Multitasking Wikipedia---- - 4 views

In informatica, un sistema operativo con supporto per il multitasking (multiprocessualità) permette di eseguire più programmi contemporaneamente: se ad esempio viene chiesto al sistema di eseguire ...

#multitasking

started by ALESSANDRO GUARRATA on 20 Apr 12 no follow-up yet
Mauro De Merulis

tecnoteca.it - Multimedialità  e Ipertesti - 8 views

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    La mente dell'uomo non concepisce le idee in forma definita e completa: sono piuttosto il frutto di una progressiva elaborazione, che si svolge per selezione e collegamento tra idee diverse, che contribuiscono alla definizione della linea di pensiero.
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    Un'altra figura di grande importanza è Theodor Holm Nelson, laureato in filosofia, nato nel 1937 ed è considerato il più visionario, il più inventivo tra i personaggi. Il suo sogno è uno strumento universale attraverso il quale si può accedere alle informazioni. E' lui l'inventore delle parole ipertesto ed ipermedia. Era il momento in cui lavorava in Giappone ad un progetto di nome Xanadu (la città dell'utopia). Nelson ha un punto di partenza, da un lato è molto critico nei confronti dello sviluppo dell'informatica e dall'altro ipotizza la totale accessibilità alle informazioni. Il progetto Xanadu prevede tre parole chiave (immagine 3): connessione, archiviazione, accessibilità. Per connessone si intende la possibilità di connette alla rete una quantità infinita di utenti; per archiviazione si intende la possibilità di registrare le informazioni ed infine la connettività riguarda la facilità di accesso alle informazioni. Il progetto di Nelson non riguarda solo i "testi letterali" propriamente detti ma tutto ciò che è scritto. Nelson non si è preoccupato solo di progettare Xanadu ma anche di risolvere i problemi (immagine 4): per Nelson un problema fondamentale è la scomparsa delle informazioni, quindi occorre una grande capacità di memorizzazione. Inoltre ci deve essere la possibilità di memorizzazione delle opere. Se il progetto prevede una cooperazione generale ciò deve permettere anche la possibilità di modifica delle opere stesse Nelson con Xanadu pensa di aumentare la capacità produttiva e creativa degli utenti. Un testo ipertestuale è un modello che non segue una sequenza lineare come un libro non lineare, ma un insieme di collegamenti all'interno dello stesso testo o tra testi diversi. Ipertestualità vuol dire perdita di un centro, si perde anche il concetto di autorità all'interno del testo e lo stesso lettore può diventare autore del testo. A questo concetto è legato il concetto di interattività, vale
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    La mente dell'uomo non concepisce le idee in forma definita e completa: sono piuttosto il frutto di una progressiva elaborazione, che si svolge per selezione e collegamento tra idee diverse, che contribuiscono alla definizione della linea di pensiero.
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    E' un articolo interessante e anche in parte convincente. Quello che io però mi chiedo è: ma davvero funziona un modo di insegnare fatto così? Non è rischioso, soprattutto ad un livello iniziale di apprendimento? Per quanto la "linearità" di un modo tradizionale di insegnare sembri meno efficace (perchè diversa sarebbe stata anche l'antica modalità orale), noi impariamo a leggere gradualmente. Lo stesso nostro modo di approcciare le nuove tecnologie viene da un modo di pensare strutturato dalla "lezione" che segue la modalità lineare. Ad A segue B e poi C. La stessa multitestualità è pensata e strutturata in maniera lineare, a mio avviso. Certo, l'apprendimento non è lineare, ma a balzi ed è vero che la mente umana funziona in maniera non sequenziale. Ma questa non sequenzialità è personale, non data da qualcuno o qualcosa di esterno. Sono io che mi creo i miei collegamenti. Se lo fa qualcuno da fuori, è comunque (a mio avviso) sempre una sequenzialità di informazioni. Solo che questa sequenzialità è data dal mio cercare prima una cosa e poi un'altra. E' una fittizia rete. La vera rete me la creo poi io, nel mio cervello. Io temo che questa "rete" sia pericolosa per l'apprendimento, soprattutto, come dicevo all'inizio, per chi è al livello più elementare dell'apprendimento. Sai cosa mi ha detto un amico medico cinese? Noi occidentali non siamo in grado di vedere l'aura delle persone, perchè nessuno, quando eravamo bambini, ci ha insegnato a coltivare questa capacità. Per la sua generazione (ora ha 55 anni) era normale che, se un bambino vedeva l'aura, questa facoltà venisse coltivata. Come uno che ha un buon orecchio musicale. Niente di eccezionale, ma neppure da non considerare. Ecco quindi che molti adulti vedono l'aura delle persone. Quello che voglio dire è che noi veniamo educati comunque a "leggere" la realtà da quello che i nostri educatori (genitori, parenti, insegnanti, altri bambini) fin da piccoli ci inculcano, perchè così vedon
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    "La mente umana funziona in modo non-sequenziale: gli stessi artifici narrativi che la letteratura ha sviluppato possono essere visti come delle scappatoie dall'appiattimento dell'ordine sequenziale."
valeria de luca

Realtà virtuali e identità soggettiva - Nuovi mondi e psicopatologia del Sé P... - 5 views

Molto interessante questo contributo. Effettivamente si possono riscontrare soprattutto negli adolescenti o in generale nei giovani in questo momento delle modificazioni evidenti nella cognizione ...

Barbara Bellot

Cos'è il cloud computing? - 8 views

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    Questo è un breve articolo dell'anno scorso che spiega in modo semplice cos'è il cloud computing di cui si parla tanto. Lo ripropongo poichè lo avevo inserito in modo errato.
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    Si tratta di un articolo molto interesante, che spiega in maniera chiara e ricca di esempi cos'è il cloud computing e quali possibili novità potrà portare in futuro alla nostra vita. Tuttavia sono riportati anche un paio di possibili punti critici, quali la tutela della privacy ed i pericoli legati al fatto che poche persone si troverebbero a gestire una mole inimmaginabile di dati, col rischio di concentrazione di potere o censura. Si tratta di rischi da non sottovalutare, ma che tuttavia non devono far ridimensionare i giudizi positivi su questa nuova tecnologia che, tra l'altro, potrebbe aiutare molte aziende a sviluppare nuovi orizzonti per il loro business.
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    Sono fortemente contrario all'uso della nuvola "cloud"! Lo stesso Presidente dell'Autorità Garante il 23 giugno 2011 a Roma si è soffermato sui rischi legati alla nuvola dicendo: «le tecnologie cloud consentono di trattare e conservare i dati su sistemi di server dislocati nelle diverse parti del pianeta e sottoposti, nella loro inevitabile materialità, a molti rischi, da quelli sismici a quelli legati a fenomeni di pirateria, non solo "informatica", o ad atti di terrorismo o a rivoluzioni imprevedibili». In realtà basta pensare all'incendio avvenuto nella società hosting di Aruba e il furto di dati avvenuto in Sony. Forse sarò della vecchia scuola, ma credo ancora nel caro vecchio backup su un H.D. esterno e all'uso di software protetto.
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    altro articolo incui si parla dei possibili rischi e le eventuali soluzioni sono presenti al sito: http://www.pmi.it/tecnologia/infrastrutture-it/articolo/53863/rischi-del-cloud-computing-problemi-e-soluzioni.html La riflessione che viene effettuata riguarda la fruibilità dei servizi, possono verificarsi rallentamente per l'accesso , interruzioni di servizio. Quando si adottano soluzioni cloud è necessario prestare la massima attenzione agli accessi, non solo in termini di sicurezza (e quindi soi stto il profilo autorizzativo) ma anche in termini di affidabilità, sotto il profilo della "reputazione". La reputation di un'azienda, infatti, deve poter essere applicata anche alle sue applicazioni erogate via Cloud (quindi in esterno).
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    Mi piacerebbe, almeno questa volta, che il Cloud Computing, con tutte le sue sfacettature, venisse affrontato in modo oggettivo, senza le frequenti "Guerre di religione" sempre presenti nelle novità informatiche. Certamente il problema della sicurezza è quanto mai "IL PROBLEMA" del Cloud Computing, ma ritengo che il problema "sicurezza" esista anche al di fuori del Cloud. Un altro aspetto è, come ogni qualvolta ci imbattiamo in una novità, è che oggi tutto è Cloud, "se non sei Clud non sei nessuno; questo comportamento lascia molto spazio alla "fantasia" mentre si parla di una cosa che è estremamente reale e tecnica. Mi piace l'articolo postato da Barbara, proprio per la semplicità con cui spiega il Cloud. Un mio "giudizio" sul Cloud? Ebbene si, non mi piace (ancora) per i seguenti motivi: - mi sembra una sorta di "ritorno al passato" mascherato da futuro: chi ricorda i vecchi terminali con monitor a fosfori verdi? era una forma di cloud anche quella, allora? (il software di videoscrittura era concentrato su un mainframe centralizzato e la tastiera ed il monitor erano solo terminali di input/output); - i progressi fatti nel campo del calcolo distribuito diventano obsoleti? (e la poesia del progetto SETI? se funzionava o no non è il centro del discorso, ma il concetto di "calcolo" distribuito e collaborativo si); - sicurezza:asta la parola, sicurezza in rete, ma anche sicurezza intesa come cultura della sicurezza: su tutte una domanda: quante password usate/usiamo? quali password usate/usiamo? La risposta a queste due semplici domande può essere esaustiva. Un piccolo contributo sotto forma di link: http://www.nuvolaitaliana.it/cloud-computing/ n
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    Credo che il vero limite dei servizi cloud (a pagamento) aldilà della privacy della sicurezza, dell'inquinamento e non ultimo dello schiaffo all'open source al momento sia la Larghezza di Banda. I pacchetti vengono scambiati con velocità dettate dal contratto con il nostro operatore. Questo limite strutturale aggiunto al limite di "storage" che i big della tecnologia (Amazon, Google, Apple, Microsoft ecc.) impongono di fatto che i 375 milioni di abbonati cloud siano clienti privilegiati che viaggiano e fanno business utilizzando fibra ottica e non semplice doppino. Alla fine della fiera intendo dire che esiste uno stretto legame tra hardware, sofware e peso dei contenuti. Naturalmente questa è la modesta opinione di un "artigiano"della rete. A rischio di ripetermi, credo che usare il vecchio pacchetto office o meglio ancora open source sul nostro hard disk esterno, risulti, al momento, più sicuro, più veloce e soprattutto più economico.
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    Sicuramente il futuro, è la naturale evoluzione della rete, basta vedere windows8 per capire che palmare, compure e tablet avranno lo stesso desk con gli stessi dati, un ufficio h24 sempre pronto e ovunque, certo legato alla rete, i costi, l'hardware, ecc... ma l'evoluzione informati fa passi talmente veloci che tra qualche anno vedremo i dvd e cd come i vecchi nastri audio.
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    devo essere onesto: io e l'innovazione andiamo sempre poco in accordo, almeno inizialmente, fino a che qualcuno con molta pazienza mi spiega passo dopo passo cosa sto utilizzando e come devo fare affinchè funzioni al meglio. Leggevo nell'articolo postato da Barbara anche degli eventuali contro da tenere in considerazione: per uno come me che conserva sempre le cose (lettere, libri, cd) che rappresentano o mi ricordano momenti della mia vita, l'idea che a causa di problemi al server tutti i dati possano andare persi, mi destabilizza. E' vero che con questa tecnologia abbiamo tutto a portata di mano in qualunque momento, ma è pur sempre vero che è tutto appeso a un filo. Il mio più grande dubbio è l'ARCHIVIAZIONE, che in questo caso non dipende strettamente da me...
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    Ormai a distanza di più di un anno da quando Steve presentò al mondo il cloud computing di Apple tutte le grosse aziende che forniscono servizi hanno la loro versione. Google ha il suo Drive. Microsoft ha Skydrive. Per non parlare di Dropbox. Come sosteneva il Prof De Kerchkove questo è il futuro, avere un sistema che funzioni online senza il bisogno di dover scaricare ed installare App ma avere tutto sulla "nuvola" sarà il futuro...Però... C'è una piccola cosa da tenere bene a mente.... Ed i Digital divide dove lo mettiamo? Nel 2012 in Italia ci sono aree che non sono ancora coperte ne dal ADSL ne tanto meno dal 3G ed in questo caso uno che se ne fa della nuvoletta? Un bel nulla ecco che se ne fa. Il discorso sul Digital divide è molto lungo e non credo che vada trattato qua ma non è solo un problema italiano ma è anche europeo per cui immaginatevi nei paesi del terzo mondo.. Clouding bella cosa ma attenzione perchè rischia di aumentare ancor più il Digital Divide.
Raffaella Benetti

Quanto è multitasking il tuo cervello? - 6 views

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    Articolo interessante che spiega come la capacità di portare a termine più azioni contemporaneamente vada in realtà a discapito della qualità delle azioni e dei compiti svolti. In realtà, anche nei computers la multiprocesionalità è apparente, nel senso che se il sistema deve eseguire contemporaneamente due processi A e B, la CPU eseguirà per qualche istante il processo A, poi per qualche istante il processo B, poi tornerà ad eseguire il processo A e così via. Quindi è una contemporaneità apparente. Nell'articolo si fa riferimento al comportamento del cervello che si comporterebbe esattam,ente allo stesso modo: "Grazie alla memoria di lavoro, il nostro cervello mette in attesa un compito iniziato da poco per svolgere un'altra attività più urgente, per poi ritornarci su una volta libero". I ricercatori dell'agenzia di ricerca biomedica Inserm di Parigi, tramite fMRI, hanno scoperto che siamo in grado di svolgere correttamente solo due azioni alla volta. Nell'articolo è spiegato l'esperimento. Ne è risultato che i grandi multitaskers sono "più facili alla distrazione, fanno scarsa distinzione tra le informazioni necessarie e quelle di poca importanza per la riuscita del test". Inoltre si è potuto riscontrare che, con l'avanzare dell'età, diminuisce la memoria di lavoro e quindi la possibilità di svolgere più compiti contemporaneamente. Con l'età, si riduce la nostra capacità di svolgere più azioni contemporaneamente. L'articolo riporta alla fine dei link per effettuare dei test che misurano quanto si è multitasker.
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    divertente il test! scientificamente sono d accordo, ma la vita reale ci "obbliga" oggi a più di due compiti alla volta, si a volte con limitazione della qualità, ma ritengo che tutto sommato sia molto soggettivo.
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    in realtà non tutte le tipologie di multitasking vanno a discapito della qualità. E' stato dimostrato che la musica nei luoghi di lavoro aumenta la produttività. Infatti uno studio guidato dal professor Ravi Mehta dell'Università dell'Illinois in cui si analizzavano le reazioni al rumore di fondo sul cervello, ha dimostrato che "Un moderato livello di rumore non solo migliora la creatività e il problem-solving, ma porta anche a una adozione più ampia di prodotti innovativi in alcune impostazioni".
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    sono d'accordo anch'io che è meglio fare una cosa e finirla, tuttavia nell'articolo è riportato l'esempio di due attività che impiegano un'attenzione specifica, mentre sappiano dagli studi in cognitiva,che possiamo fare più di un'attività, a patto che una sia coinvolgente e l'altra sia meccanica, ad esempio, posso grattarmi una gamba, e ascoltare un sottofondo di musica, mentre scrivo questo post, ma se poi la musica cattura la mia attenzione, perchè magari mi richiama alla mente un episodio, allora l'attenzione a quello che sto scrivendo, è sicuramente meno efficace.. C'è anche da dire un'altra cosa, si racconta la barzelletta che le femmine siano più brave a fare più di un'attività contemporaneamente, io posso dire di riuscire, perché costretta da cattive abitudini a lottare contro l'orologio, ma amiche che conosco non sono affatto capaci... Quindi forse anche il multitasking è una questione di allenamento....
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    L'essere umano possiede un solo cervello, ma ben diverso e più complesso di quello di un computer. Tuttavia, il computer, si sta evolvendo "a misura d'uomo" in termini di complessità. Al suo "cervello" (CPU), sono stati aggiunti i controllers (una specie di garzoni) ad aiuto dell'attività principale. Poi i coprocessori, ognuno specializzato in operazioni di matematica, grafica, etc. In tal modo, si riescono ad effettuare più "attività" contemporaneamente o meglio, apparenti tali. Questo, spiegato grossolanamente, è un po' il senso del multitasking. A tal proposito, a me, capita spesso (o mi organizzo apposta per farlo capitare) di concentrare in un giorno "libero" una serie di attività/necessità domestiche, molto diverse e qualche volta incompatibili tra loro. Con il mio cervello "a strati" (come scherzosamente uso definirlo) cerco di svolgere "contemporaneamente" o meglio in sequenza interlacciata, lavori di falegnameria, elettronica, elettrotecnica, informatica, idraulica, piccola edilizia, etc. Ebbene, incollo/attacco delle parti e in attesa, passo alla riparazione di un piccolo elettrodomestico, un telecomando, per ritornare alla falegnameria o alla muratura per poi disossidare un rubinetto e sempre nell'attesa, riparare o aggiornare il mio computer o attendere l'esito di uno scandisk, che seguo con la coda dell'occhio. Se però devo studiare o approfondire un argomento, non c'è multitasking che tenga. In tal caso, come si dice: la mia attività è rigorosamente "dedicata".
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    Sono sicura che riusciamo a svolgere 2 , ma anche di più, attività contemporanemante e anche a svolgere bene, ma mi rendo conto che veramente questo stile di vita ha delle ripercussioni sulle capacità attentive, io, mi rendo conto che ho difficoltà a svolgere un'attività sola e a prestare attenzione per più di un determinato tempo alla lettura di un libro, ad ascoltare una lezione, a focalizzarsi solo su uno stimolo. Quindi oltre ai suoi vantaggi, questo stile di vita (magari non mi sono allenata a sufficienza) porta con se anche alcuni inconvenienti :)
Andrea Andrenelli

Usare il TAG per portare test psicologici e di valutazione sul Web (I parte) - 3 views

Il TAG è uno strumento concettuale ed informatico così diffuso e conosciuto che spesso ci sfuggono molte sue possibilità di utilizzo e ci dimentichiamo della sua reale origine (per lo meno nel mond...

#Tagging

started by Andrea Andrenelli on 13 Jun 12 no follow-up yet
Andrea Andrenelli

Usare il TAG per portare test psicologici e di valutazione sul Web (II parte) - 1 views

Considerate che al posto della parentesi graffa bisogna leggere quella angolata <>, ma non posso scriverla nei TAG del linguaggio ITML altrimenti non viene visualizzata ma interpretata, dal vostro ...

#Tagging

Andrea Andrenelli

Usare il TAG per portare test psicologici e di valutazione sul Web (II parte) - 2 views

ERRATA CORRIGE: vi chiedo scusa ma gli elementi del linguaggio, da me scritti sopra non vengono riprodotti da alcuni browser, proprio perchè essi cercano di interpretarli quindi non li visualizzano...

#Tagging

roberto de luca

Multitasking - 1 views

MultitaskingDa Wikipedia, l'enciclopedia libera. Vai a: navigazione, cerca In informatica, un sistema operativo con supporto per il multitasking (multiprocessualità) permette di eseguire più progr...

started by roberto de luca on 24 Sep 12 no follow-up yet
ANNALISA PASCUCCI

Apprendimento linguistico, computer ed internet - 1997 - 0 views

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Educazione Scuola Lingua Apprendimento Nuove Tecnologie

started by ANNALISA PASCUCCI on 21 Jun 13 no follow-up yet
Maurizio Aucone

Siamo stupidi perché viviamo di più così il progresso danneggia l'intelligenz... - 12 views

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    Segnalo l'articolo apparso su Repubblica questa mattina in merito allo studio dell'università di Stanford: l'uomo ha raggiunto il picco della sua evoluzione celebrale oltre 2000 anni fa, poi la 'rete di sicurezza' della società ha causato l'impigrimento e la recessione dell'intelletto, ma l'essere umano per fortuna ha una straordinaria capacità di adattamento.
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    Articolo molto interessante, al quale avrei asseganato anche il tag dei psicotecnologie, in quanto tutto l'articolo riporta si studi sull'intelligenza, ma in relazione allo sviluppo psicotecnologico della nostra generazione.
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    E' uno studio interessante e centra perfettamente il nostro adattamento alla società senza ma rinnovarsi.
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    Il punto fondamentale è l'acquisizione di maggiore flessibilità intellettiva. Probabilmente moriremo tutti se posti nelle condizioni di doverci procurare cibo cacciando. Ma è anche vero che le capacità utili per vivere oggi sono altre. Questo nuovo stato di cose effettivamente limita moltissimo la selezione naturale. Di contro la presenza di più persone rispetto al passato offre possibilità di espressioni di entità non più fatte da singoli ma di gruppo. Intelligenza connettiva e cognizione distribuita permettono la nascita di macro entità sociali. A questo livello oggi è presente la selezione naturale.
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    Ci siamo evoluti nella derezione che ci permette di sopravvivere nell'era in cui ci troviamo. Questo comporta che ai giorni nostri le priorità siano altre, cosi non siamo più in grado di cacciare a mani nude per sfamarci, ma siamo capaci ad esempio a compiere delle transizioni monetarie astratte, senza vedere la moneta fisica, cosa che i nostri avi non avrebbero mai fatto. È anche vero che la nostra civiltà attuale consente limiti di selezione molto più ampi, questo in un certo senso è da interndersi come una "contro-evoluzione".
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    Articolo interessante riguardo alla sviluppo dell'intelligenza nei secoli. Non mi trovo del tutto daccordo con l'affermazione che oggi l'uomo è meno intelligente, sinceramente credo che con l'avvento del digitale di conseguenza anche il cervello umano si sia evoluto per adattarsi al mondo. Un tempo si valutava l'intelligenza di un uomo a seconda delle invenzioni industriali che esso era in grado di creare, oggi invece avendo un mondo digitale a adisposizione si può reputare intelligente un uomo che conosce tutto di una tecnologia informatica già nota e che utilizza il proprio sapere per innovare qualcosa di già esistente. Possiamo quindi dire a mio parare che per valutare se l'Umanità è più o meno intelligente ora rispetto ai secoli passati bisognerebbe cambiare i metodi di valutazione dell'intelligenza stessa.
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    Ad oggi, risulta troppo semplicistico parlare di "intelligenza" e "stupidità" come se fossero due poli opposti di un unico continuum, in quanto si è dimostrato che esistono diversi tipi di intelligenza, ognuno relativo a diversi tipi di capacità, che possono essere logiche, quanto sociali, quanto emotive. Per questo mi trovo maggiormente d'accordo con l'intervento di Elia Stupka, che alla fine dell'articolo fa riferimento alle nostre capacità adattive e alla profonda complessità che contraddistingue l'essere umano, impedendo delle nette separazioni, come tra il bianco ed il nero. Impossibile negare che i supporti tecnologici alle conoscenze indeboliscano alcuni aspetti della memoria: già Platone criticava la scrittura e l'eccessiva fiducia riposta nel linguaggio. Ogni tecnologia - anche l'alfabeto stesso - ha aspetti negativi e positivi, legati essenzialmente all'uso che se ne fa. Non si può pensare che un medico delle future generazioni sia meno competente di uno delle passate: avranno utilizzato metodi di studio differenti, saranno stati supportati da diversi strumenti, ma la loro competenza sta nel risultato delle loro azioni. Non si possono demonizzare strumenti che facilitano la vita solo perché in alcuni casi hanno degli esiti fallimentari: importante è, al contrario, fare in modo che tali strumenti siano correttamente utilizzati in virtù del progresso.
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    L´articolo e´ interessante e appropriato al tag. Dal mio personalissimo punto di vista risulta leggermente fuorviante il fatto che nell´articolo associ in maniera inversamente proporzionale il progresso all´intelligenza, troppo generico insomma... Ormai si sa che esistono vari tipi di intelligenze e che piu´ si invecchia piu´ l´organismo va in decadenza ed e´ passibile di degenerazioni anche a livello cerebrale e psichico andando ad intaccare dunque la sfera cognitiva. Inoltre oggi la tecnologia e la globalizzazione, che poi sarebbero anche i risultati dell´evoluzione cognitiva dell´uomo, hanno permesso di sostituire in parte la nostra intelligenza a scopo economico per il nostro benessere psicofisico in generale. Pertanto non credo che l´uomo sia divenuto meno intelligente ma semplicemente abbia trasposto la sua intelligenza in favore della propria comodita´.
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    La prima considerazione che mi viene in mente é : cosa si intende per intelligenza? L'effetto Flynn indica un aumento progressivo del QI nel corso del trascorrere delle generazioni. Sono cambiati i criteri con cui valutiamo l'intelligenza oggi, in base a quelle che sono le richieste adattive verso un ambiente sempre piú complesso e che si muove sempre piú velocemente. Il concetto di "selezione naturale" andrebbe contestualizzato alla società in cui viviamo oggi, che seppure attraverso modalità diverse, e mezzi diversi, la società odierna ci pone dinanzi ad ostacoli e innumerevoli difficoltà , i predatori continuano ad esistere, seppur in "forme" diverse, il cibo continuiamo a procacciarcelo, seppure attraverso modalità diverse ( i soldi). (Dunque leggendo questo articolo, mi chiedo, secondo quale punto di vista, stiamo diventado meno intelligenti? è possibile considerare l'intelligenza nella sua pura accezione "genetica"? Credo che l'intelligenza sia molte cose e possa assumere molte forme e sfaccettature, pertanto risulta alquanto riduttivo questo ragionamento, a mio parere. Sono d'accordo con Elia Stupka ,circa il fatto che la teoria proposta sembra alquanto semplicistica e che i cambiamenti avvenuti a livello genetico, cerebrale, psicologico e sociale non siano necessariamente cambiamenti negativi, credo che tutto debba essere contestualizzato e riportato all'interno della realtà così com'é adesso. Trovo che "confrontare" la società com'era 2000 anni fa a quella di oggi, basandosi su una singola variabile "genetica", non sia abbastanza. Il concetto di selezione sociale andrebbe contestualizzato a quelle che sono le dinamiche sociali oggi. Oggi viviamo in una società moderna molto piú complessa rispetto a quella di 2000 anni fa, nuove competenze, nuove abilità e nuove capacitá intellettive si sono sviluppate negli anni al fine di adattarci ad una realtà completamente diversa. (L'immensa complessit
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    Articolo e ricerca molto interessante ma mi trovo a chiedermi se sia veramente così, essendo esseri umani ci adattiamo all'ambiente intorno a noi: 1500 anni fa in molti sapevano come gestire il bestiame, coltivare i campi, e c'erano molti artigiani con talento straordinario. Allo stesso momento, queste stesse persone non sapevano ne leggere ne scrivere, cosa che ogni bimbo ormai impara a 5/6 anni. E' tutta questione di ambiente, società e bisogni.
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    C'è però una semplificazione macroscopica dell'autore dell'articolo, che spiega la selezione naturale secondo il senso comune, alimentando quindi una falsa credenza con la forza di un'autorevole testata, ma non secondo il modo corretto che è quello dell'adattamento della specie all'ambiente.
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