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victorianettuno

Come nasce una fake news ( e perchè viene cliccata piú di quelle vere). - 3 views

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    L'articolo riportato su '' il Sole 24 ore'' viene presentato il più grande e sistematico studio sulle fake news condotto dal Massachusetts Institute of tecnology in collaborazione con Twitter. Da questo studio è emerso che le fake news: - Hanno una velocità sei volte maggiore di una news vera. - Hanno il 70% di probabilità di essere retwittate. Il team si è affidato a siti terzi di fact-checking per distinguere notizie vere e false, scoprendo che le false battono quelle vere sia sulla metrica orizzontale che su quella verticale. Perché succede questo? Gli studiosi sono arrivati a delle conclusioni: - Le fake news sono confezionate per essere più originali e nuove rispetto a quelle vere. - Fanno abilmente leva sulle emozioni umane. - Si concentrano su temi come la politica, terrorismo e disastri naturali.
uninettuno

L'amore al tempo di Internet: dalle emozioni alle emoticon - 5 views

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    Facendo la mia piccola ricerca per questo lavoro, sono rimasta colpita da questo articolo che ho trovato tanto vicino alle mie corde benché distante anni luce dai miei pensieri. In esso viene descritto come un sentimento quale è l'amore possa rischiare di perdere il significato pieno se affidato esclusivamente al mondo virtuale; come, senza demonizzare Internet, essenziale strumento legato alla crescita dell'individuo e frutto della sua intelligenza, possa prendere il posto e fare erroneamente le veci di quelle che sono le genuine relazioni umane, che fanno crescere perché permettono all'individuo, con i suoi limiti e le sue imperfezioni, di mostrare la sua "verità". I nostri sentimenti non possono e non devono essere affidati ad un algoritmo, come non possono essere il suo prodotto. L'amore è bello perché imperfetto ed emozionale, pieno di voglia di lasciarsi andare e soprattutto frutto del contatto umano.
jgrossi108

Media digitali: angeli o demoni? - Infanzia digitale - Tecnologia digitale, scuola e ap... - 8 views

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    Mentre leggevo questo articolo su internet riflettevo sul fatto che io stessa appartengo a quella generazione che molti autori, tra cui Prensky, chiama "Nativi Digitali": la generazione nata tra il 1980 e il 1990, cresciuta nella prima era del Web, la 1.0, caratterizzata da siti statici e uso sfrenato delle e-mail e dei più svariati motori di ricerca;i primi a cogliere l'enorme potenziale dei nuovi media, sfruttandolo per comunicare con gli amici, per conoscerne di nuovi, cercare informazioni o notizie e per condividere le opinioni.Mettendo da parte il mio smartphone e chiudendo le pagine web che ho aperto tra una ricerca e l'altra, mi domando come le tecnologie digitali stiano trasformando le vite, le abitudini, le abilità cognitive;i bambini di oggi che adulti saranno domani?La iGeneration accoglie al suo interno tutti i nati dagli anni '90 fino al 2010 e la "i" rappresenta l'insieme di dispositivi nati al contempo (iPhone,iPad). Prensky li descrive come individui abili a elaborare le informazioni,con una preferenza per le nozioni che possono ottenere rapidamente e apprendere attraverso modalità attive e non-lineari, multitasking,poco tolleranti verso lunghe letture e che sperimentano lo sviluppo delle abilità sociali all'interno della realtà digitale.Nella mie esperienze ho potuto osservare genitori che,in preda alla stanchezza,lasciavano i figli giocare con tablet o smartphone per ore,trascurando i rischi del web e lasciando che si rinchiudessero in questa bolla di sapone che è la realtà virtuale.Ho anche visto,però,genitori lontani per lavoro che grazie ad internet potevano guardare i loro figli crescere e sentire la loro voce.Io non so se i cosiddetti nuovi media, o meglio i media digitali, sono degli angeli o dei demoni; so però che internet ha cambiato molte vite e che crescere insieme a dei genitori presenti è auspicabile ma la possibilità di sentirli vicini o di imparare gratuitamente è indispensabile.Chi vivrà, vedrà.
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    L'articolo in questione, è tratto dalla "Tesi di Laurea" di Loredana Urraro. Iniziando da una considerazione generale, dove viene evidenziato come la nostra Epoca stia attraversando una potente Rivoluzione Tecnologica e la nostra quotidianità è quindi pervasa dall'utilizzo costante di Strumenti Digitali, si arriva a postulare di un problema che riguarda lo sviluppo cognitivo dei più piccoli e nello specifico, si parla di "Demenza Digitale" (M. Spitzer). I così detti "Nativi Digitali" cioè tutti i bambini che sono nati dalla fine degli Anni '90 in poi sanno padroneggiare con sempre maggior facilità i mezzi digitali a tal punto che viene coniato il termine "Intelligenza Digitale". I nuovi strumenti digitali si sostituiscono di fatto all'interazione faccia-faccia, sottraendo tempo prezioso al gioco e alle relazioni umane: il semplice gesto dello scorrimento delle dita su un piano liscio (come quello dei touch-screen) impoverisce inevitabilmente l'esperienza tattile, ottica e acustica fondamentale per lo sviluppo del cervello del bambino. Gli stimoli emotigeni provenienti dalle tecnologie possono portare ad un sovraccarico informazionale (Information Overload) con la conseguente desensibilizzazione emotiva del bambino connessa all'abuso dei dispositivi, in particolare TV e Videogiochi violenti. Tutto questo può portare in età pre-adolescenziale ad una devianza nelle condotte e stili di vita a rischio. Oltre a questo, si apre un capitolo importante legato al valore legato al piacere che i Nuovi Media tecnologici sono in grado di fornire ai Nativi Digitali, aprendo così lo scenario di una potenziale Dipendenza Tecnologica e, di conseguenza, legato al Disturbo da Gioco su Internet, come la "Sindrome da Videogiochi". Demonizzare le nuove Tecnologie, comunque, non rappresenta la soluzione e porterebbe ad una discussione sterile, mentre assume rilevanza maggiore il concetto di "limite", ossia l'introduzione di limiti e cautele
nadia_s

Arriva nella Scuola l'Animatore digitale: a che cosa servirà? - 4 views

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    Ho voluto condividere questo recente articolo in quanto tratta di un tema decisamente attuale: la Media Education nelle scuole. Questa scelta riguarda l'inserimento di una figura di riferimento in ogni scuola d'Italia, l'animatore digitale, sia per aggiornare gli insegnanti sulle nuove tecnologie da poter sfruttare per facilitare il loro ruolo e i loro compiti, sia gli studenti, per rendere più efficace (ed efficiente) l'apprendimento. Inoltre dovrebbe puntare all'inserimento di nuovi apparecchi tecnologici, per rendere l'ambiente scolastico al passo con i tempi. Il problema che l'autore dell'articolo pone in rilievo è che, probabilmente, questo disegno di legge non è all'altezza del compito che si è prefissato, in quanto sembra non aver investito abbastanza risorse, sia umane che monetarie. La tecnologia, l'informatica e i media sono ormai talmente avanzati che le scuole necessitano di una vera istruzione per non rischiare che le nostre invenzioni siano vane o addirittura pericolose per le fasce d'età più vulnerabili. Dunque forse bisognerebbe attuare progetti adeguati, che non sottovalutino la questione.
amontalbetti

Competenze digitali? in Italia le ha soltanto un lavoratore su tre - 9 views

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    L'articolo, pubblicato su "il sole 24ore" a febbraio 2017, tratta di un'indagine sulle competenze digitali in diversi paesi del mondo, condotta lo scorso anno da una multinazionale olandese che opera nel campo dei servizi per le risorse umane (Randstad). I lavoratori italiani considerano la digitalizzazione un elemento fondamentale per il successo dell'azienda per cui lavorano, ciò nonostante l'Italia pare non godere di una buona posizione nella classifica relativa alle competenze sulle nuove tecnologie. La maggior parte dei lavoratori infatti sente il bisogno di accrescere le proprie competenze, ad es. attraverso la formazione, ritenendo proprio le competenze digitali un fattore indispensabile per restare competitivi nel mercato del lavoro.
crileone

Zygmunt Bauman: "Il futuro non esiste, va creato" - 3 views

"Devo deludervi, non sono un guru", ha esordito Zygmunt Bauman, aprendo il suo intervento milanese a Meet The Media Guru: "non vi dirò come condurre la vostra vita". La conferenza di Bauman, uno de...

Guru Futuro Social Network Relazioni Conoscenza Media education

started by crileone on 24 Mar 15 no follow-up yet
massimo61

Media education, come creare il "cittadino scientifico" nella società digitale - 8 views

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    L'orizzonte della Media Education non è riducibile al solo fare qualche "buona esperienza" utilizzando una certa strumentazione tecnologia, ma a come l'organizzazione sociale e le istituzione delegate alla formazione sono in grado di assumere i media come parte integrante della propria fisiologia d'inclusione sociale e di metodologie apprenditive, investendo risorse e competenze per migliorare la formazione nelle conoscenze e nelle competenze di cui la scuola ha la prerogativa pedagogica. La Pedagogia della Media Education mette in evidenza la necessità di uscire dal paradigma difensivista, tipico di una cultura che vedeva nei media soprattutto i caratteri dell'aggressione culturale. La Media Education ,oggi si propone come strategia di empowerment, di emancipazione culturale, persino di uscita dalla subalternità d'una gerarchia sociale cristallizzata.
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    Interessante e attuale articolo scritto dal professore Giovanni Dursi docente di Filosofia e Scienze umane. L'articolo tratta i seguenti punti: - La network society e le sue contraddizioni - La media education vista come capacità di critica e gestione delle tecnologie - L'identità epistemologica della media education: la media literacy e il "pensiero critico" - L'oligarchia planetaria delle produzioni digitali
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    La Media Education concorre alla formazione del "cittadino scientifico" della network society proprio perché l'uso delle nuove tecnologie deve comportare un'attitudine critica e riflessiva nei confronti delle informazioni, l'uso responsabile dei mezzi di comunicazione, un interesse a impegnarsi in reti con scopi culturali
anonymous

I Social Network e i cambiamenti nel cervello. Pericolo o Evoluzione? - 6 views

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    La scelta dell'articolo nasce dalla continua sensibilizzazione verso le conseguenze dell'esposizione esagerata e senza controllo all'uso dei social network, dagli studi emerge che l'esposizione massiccia verso questi media digitali produrrebbe cambiamenti nei circuiti cerebrali riducendo attenzione, interagendo negativamente sulle emozioni e sulle relazioni che risultano essere vissute in modo sempre più virtuale e sempre meno reale. Nell'articolo si mette in evidenza che il cervello dei giovani è danneggiato perché non viene più impegnato in attività nelle quali gli uomini si sono impegnati per millenni, in quanto tutto oramai viene mediato da internet, tutto è di facile e immediato accesso, senza bisogno di grande impegno e utilizzo di strategie attive e partecipative della persona. Pur considerando media e social media mezzi che possono favorire positivamente processi di apprendimento e di educazione, ritengo che lo sviluppo e l'apprendimento non possano prescindere dall'interazione sociale che solo i rapporti reali possono garantire. È vero che le epoche di cambiamento segnano nel loro passaggio sempre perplessità e difficoltà di accettazione, così come avvenne nel passaggio dall'oralità alla scrittura che qualcosa ha tolto ma tanto ha concesso, sicuramente non si può fermare il progresso e l'evoluzione dei media, ma si può intervenire sulla buona educazione all'uso di questi mezzi, attraverso una maggiore consapevolezza e capacità critica. L'articolo si conclude con uno spunto di riflessione importante, riferito al fatto che i social non sono per forza responsabili di una regressione nel funzionamento del cervello dei giovani, ma potrebbero anche migliorarne il funzionamento, ancora questo non lo possiamo sapere in quanto gli studi sono ancora aperti.
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    Esatto, come ci sono evidenze scientifiche che la #tecnologia della scrittura ha stimolato l'evoluzione della #coscienza nella mente bicamerale degli esseri umani, probabilmente i Social Network porteranno a nuove #evoluzioni. Bibliografia Jaynes, J. (2000). The origin of consciousness in the breakdown of the bicameral mind. Houghton Mifflin Harcourt. Kuijsten, M. (Ed.). (2013). Reflections on the dawn of consciousness: Julian Jaynes's bicameral mind theory revisited. Julian Jaynes Society. Kuijsten, M. (2016). Gods, Voices, and the Bicameral Mind. Wile, L. (2018). The Jaynes Legacy: Shining New Light Through the Cracks of the Bicameral Mind. Andrews UK Limited. Cavanna, A. E., & Nani, A. (2019). Were Babylonians Self-Conscious?. Elenco evidenze a supporto della teoria di Julian Jaynes (1920-1997) https://www.julianjaynes.org/supporting-evidence.php
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    Nell'articolo di Francesca Fiore, riportato sul sito "State of Mind" ( Il giornale delle scienze psicologiche), viene affrontato un tema molto importante, in cui esamina i cambiamenti che porterebbero i Social Network nei giovani, riducendo la loro attenzione e facendoli regredire verso uno "Stadio infantile". L'autrice dell'articolo, fa riferimento ad un articolo della Greenfield in cui risponde a delle domande riguardanti il "Vivere online". La Greenfield parla degli effetti negativi che i nuovi media sono in grado di produrre, quest'ultimi generano difatti profondi cambiamenti nel cervello dei giovani come ad esempio una riduzione dell'attenzione, incoraggiando così la gratificazione istantanea e azzerando le relazioni umane reali. Diversi studi confermano che i nuovi strumenti multimediali sono una delle preoccupazioni più grandi di genitori e insegnanti, i quali notano che la dipendenza creata da questi strumenti, tende ad eliminare la comunicazione e le relazioni interpersonali, creando delle realtà virtuali (Come Facebook o Twitter) in cui gli adolescenti instaurano una vita parallela e a cui purtroppo dedicano la maggior parte del loro tempo. Sempre la Greenfield afferma che la ripetuta esposizione ai nuovi media porterebbe ad un vero e proprio "rewiring" (Ricablaggio) delle connessioni cerebrali, dando vita così a nuove connessioni tra aree cerebrali diverse. L'articolo si focalizza principalmente sulla regressione che queste tecnologie porterebbero, sul come le persone dipendenti dai media si comportano come i bambini piccoli che sono attratti da rumori e luci brillanti, perché quest'ultimi sono dotati di scarse capacità attentive e intellettive. Sui vari Social Network si è attratti da curiosità o esibizionismo, mentre quando si parla di agonismo virtuale, ci si riferisce ai video games. Gli psicologi confermano che la tecnologia cambia il modo in cui ragioniamo, è emerso che gli adolescenti passano al computer piÃ
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    L'articolo descrive le interazioni fra i social e la struttura del cervello ponendo l'accento su come sia fondamentale l'educazione all'uso di tali strumenti specialmente in età giovanile. Uno spunto, ben documentato, di riflessione su un tema attuale.
friccio1

Advancing meaningful learning in the age of AI - Oregon State Ecampus News - 0 views

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    L'intelligenza artificiale generativa sta entrando sempre di più nella nostra quotidianità, attraverso un gran numero di applicativi accessibili ad un numero sempre più vasto di utenti. Nel campo dell'educazione, numerosi software integrano ormai diverse funzioni dell'intelligenza artificiale fornendo a studentesse e studenti a diversi livelli di effettuare ricerche, generare testi e immagini attraverso semplici richieste inserite in un prompt. Le preoccupazioni dell'impatto di questa tecnologia sulle capacità e sulla qualità dell'apprendimento sono molte, oltre alla validità delle risposte generate dall'intelligenza artificiale. Una prima prospettiva, prevalentemente pessimistica, vede l'AI come uno strumento di cui possa essere facile abusare, in grado di trovare le soluzioni al posto dei discenti, impattando così negativamente l'apprendimento. Ma esistono anche altri punti di vista. L'AI non è uno strumento che sancisce fine dell'apprendimento significativo, ma è un'ulteriore occasione per riflettere sui processi e ambienti di apprendimento. Un team dell'Oregon State University Ecampus ha recentemente revisionato la tassonomia di Bloom inserendo le funzioni che gli strumenti di intelligenza artificiale stanno o potrebbero svolgere, considerando anche i modi in cui i discenti già utilizzano l'AI nei processi di apprendimento. L'obiettivo della piramide di Bloom aggiornata è mettere a disposizione degli insegnanti uno strumento, una bussola per valutare le facoltà umane distintive, per enfatizzarle, così come riconoscere i compiti che possono essere assolti dalla tecnologia, di modo da guidare una revisione ponderata delle attività e delle valutazioni di ogni processo di apprendimento.
denisedesio

iGeneration: l'impatto delle nuove tecnologie su bambini e adolescenti - 9 views

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    Sebbene siano noti gli aspetti positivi della tecnologia digitale e le loro trasformazioni in particolare sulla Generazione Z; bisognerebbe insegnarla maggiormente nelle scuole alle nuove generazioni per diminuire il rischio degli effetti negativi che tali strumenti possono apportare e per ottimizzare il loro utilizzo. Giovani sempre più multitasking, problem solver, creatori attivi della loro conoscenza tramite procedimenti non lineari, veloci e rapidi che vivono internet e non semplicemente ci navigano; rischiano, a causa anche della non conoscenza approfondita degli stessi item, di sperimentare fenomeni di apatia, di mancanza di attenzione profonda ( "in internet si tende a passare da un rubinetto di informazioni all'altro ") di analfabetismo emotivo e di relazioni superficiali.
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    L'articolo è stato pubblicato il 5 aprile del 2017, dalla Dott.ssa Giulia Radice, psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale, iscritta all'ordine degli psicologi della Lombardia dal 12/03/2015. Nell'esercizio della sua professione si occupa di ansia e panico, depressione, disturbi di personalità, trauma, lutti e separazioni, difficoltà relazionali e sociali. L'autrice nata tra il 1980 e 1990 si attribuisce l'appellativo di nativa digitale riproponendo in bibliografia l'articolo di Prensky "Digital Natives, Digital Immigrants" del 2001, dove egli identifica con questo termine gli individui che hanno vissuto a contatto con i mezzi di comunicazione digitale. All'interno dello studio, 1985 è la data che segna il passaggio cruciale dovuto alla diffusione di massa del computer, le persone nate prima di questa data che si sono poi approcciate al linguaggio digitale in una fase successiva sono definiti immigrati digitali da Prensky. L'autrice si interroga sul modo in cui le tecnologie digitali stanno trasformando le nostre vite, le nostre abitudini, le nostre abilità cognitive e i nostri comportamenti, interrogativo che genera il titolo dell'articolo: "come le nuove tecnologie ci stanno cambiando: la iGeneration". L'autrice presenta inizialmente l' Igeneration o generazione z, gli iperconnessi di cui molto ha scritto la docente Twenge , psicologa alla San Diego University, autrice di saggi ed articoli sull'adolescenza dove ha proposto un'analisi accurata della iGeneration attraverso il confronto con le generazioni che l'anno preceduta (Baby boomers 1946-1964, Generazione X 1965-1979 e i Millenials 1980-1994) individuandone otto tendenze che la definiscono: immaturità, iperconnessione, incorporeità, instabilità, isolamento e disimpegno, incertezza e precarietà e inclusività. Degli articoli e dei saggi della Dott.ssa Twenge non vi è traccia in bibliografia, così come di una parte della posizione di Cesare Rivoltella, che
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