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giadamureddu1

DAD: UN'OFFERTA DIDATTICA SOSTENIBILE - 4 views

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    La docente di Sociologia dei media digitali e Sociologia dell'educazione nell'Università di Torino, Simona Tirocchi, è stata protagonista di un'intervista durante la quale si sono esplorati vari aspetti relativi all'incontro tra la didattica tradizionale e la DAD, provocato dall'emergenza Covid-19. Si tratta di una vera e propria rivoluzione sociale, che porta con sé il totale sconvolgimento di luoghi e tempi, abitudini, relazioni e codici comunicativi tra insegnanti e studenti. Se da un lato la didattica a distanza, cui caratteristica peculiare la flessibilità, va incontro ad esigenze proprie di alunni con disabilità e bisogni educativi speciali, dall'altro ha evidenziato digital divide e knowledge divide, dettati rispettivamente da accesso diseguale alle tecnologie digitali e differenti competenze relative all'utilizzo strategico delle stesse. Non è certo che si adotterà una didattica completamente digitale in futuro ma è indubbio, ad avviso della Dott.ssa che da tempo si occupa della Media Education, che tutto ciò ha comportato un irrevocabile cambiamento della didattica in sé, delle modalità di insegnamento/apprendimento e delle consapevolezze relative all'utilizzo di una tecnologia che favorisce la relazione sociale, della quale non siamo fattore subordinato ma protagonisti.
simonepoggi

Il Piano nazionale scuola digitale e il digital divide dell'istruzione italiana - 3 views

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    In questo articolo, scritto da Anna Sabatini, direttore dell'Ufficio scolastico regionale del Molise, ad inizio anno scolastico 2016/17, viene spiegato il "piano nazionale scuola digitale" del programma Buona scuola. I punti chiave che la Dott.sa Sabatini sottolinea sono: la responsabilità della scuola di puntare verso l'innovazione e di formare docenti specializzati nel PNSD. L'articolo continua presentando la nascita di una nuova figura all'interno del complesso scolastico: l'animatore digitale e il team di innovazione. Non ultimo è stato definito un importante obiettivo che è la creazione di laboratori e ambienti didattici e innovativi. La Dott.sa Sabatini sottolinea come questo progetto PNSD ha il fine di colmare quel Gap sottolineato dall'Ocse che ha fissato in 15 anni il "digital divide" che separa l'Italia dagli standard della scuola europea.
silvia71

Competenze digitali e Media Education nel Piano Nazionale Scuola Digitale - 5 views

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    Già da tempo è stata evidenziata la necessità di adottare, sin nei primi cicli di istruzione, pratiche educative volte all'uso consapevole delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICTs). Nell'articolo si descrive come i nuovi fruitori non possiedono le risorse necessarie per acquisire autonomamente una Digital Media Literacy adeguata alle esigenze del XXI secolo e superare le nuove forme di digital divide che si vanno diffondendo. La diversa posizione sociale degli utenti pare correlata alle differenti forme di digital divide che per molti diventa impedimento o limitazione nell'accedere alle risorse disponibili o, comunque, difficoltà ad affrontare situazioni particolari. Vengono quindi presentate le principali indicazioni provenienti dall'Unione Europea in materia di educazione digitale e la loro ricezione nel contesto italiano, in particolare nella scuola, attraverso il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD).
gasaparo

Generazione Digitale - Educare ai media - 10 views

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    Le nuove tecnologie stanno costruendo un ponte tra docenti e studenti per colmare il cosiddetto digital divide tra generazioni, e in alcuni casi sono proprio gli studenti a mostrare delle competenze ai loro professori. In questa puntata di generazione Digitale parleremo di Media Education e dell'uso consapevole di queste tecnologie acquisite.
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    Le nuove tecnologie stanno costruendo un ponte tra docenti e studenti per colmare il cosiddetto digital divide tra generazioni, e in alcuni casi sono proprio gli studenti a mostrare delle competenze ai loro professori. In questa puntata di generazione Digitale parleremo di Media Education e dell'uso consapevole di queste tecnologie acquisite. Con gli ospiti in studio, cercheremo di capire in Italia a che punto siamo con il digital divide per gli insegnanti e quali sono i prossimi obiettivi più urgenti da raggiungere. Cercheremo di definire il concetto di educazione ai media e concretamente come si mette in atto in classe e a casa, e quali sono i rischi legati ad un utilizzo incontrollato dei nuovi strumenti tecnologici. Infine, andremo ad Arezzo, al Liceo Redi, un altro esempio di scuola 2.0 con all'attivo molte attività in sperimentazione, in cui le nuove tecnologie mettono in maggiore comunicazione studenti e professori.
dtomassini

Le tre facce del Digital Divide - 2 views

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    Non tutte le persone hanno accesso alle tecnologie e il Digital Divide indica proprio l'esclusione digitale. Tra le categorie, i gruppi sociali esclusi sono: gli anziani, gli immigrati, le donne disoccupate e detenuti, disabili e persone con poca istruzione. Eppure, in Italia nel 2015 è stata approvata la Dichiarazione dei doveri e diritti in Internet, la quale sancisce il "diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale". E l'esclusione digitale "impedisce anche di usufruire al meglio dei diritti di cittadinanza e di partecipazione" L'esclusione digitale rende difficile accedere e/o integrarsi nel mondo del lavoro, della sanità, della vita quotidiana. Basta pensare alla prenotazione di prestazioni sanitarie, alla home banking, alla emissione di certificati. Ne è un esempio lo SPID non accessibile ad una persona anziana, poco istruita, senza l'aiuto di un figlio o nipote che possa aiutarla o alla riscossione della pensione di anzianità senza un conto bancario o postale al quale poter accedere tranquillamente da casa per gestirne i pagamenti delle utenze domestiche, e il tutto via internet. Tra le cause di questo divario tecnologico troviamo:  mancanza di una rete internet adeguata, scarsa velocità e costi eccessivi (quindi in ambito infrastrutturale);  scarse competenze digitali dovute a questioni generazionali, linguistiche, culturali, mancanza di supporti tecnologici, accesso a dispositivi e scarso reddito (si tratta di divario socioculturale);  assenza di connessione internet e/o centri di servizi e assistenza tecnica (caratteristiche territoriali).
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    Dovendo fare un excursus storico sul Digital Divide si individuano due tappe importanti: la prima risale agli anni '90 - con l'inizio del dibattito pubblico sulla inclusione digitale - e l'altra al 2012, quando l'ONU riconosce l'accesso al web come diritto fondamentale dell'uomo (*). Ogni stato membro è chiamato a promuovere e "facilitare" l'utilizzazione di internet. (*) la rete viene definita "una forza nell'accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme". E nel 2015 in Italia nel 2015 viene approvata la Dichiarazione dei doveri e diritti in Internet. Tale documento sancisce quel diritto di accedere ad internet in "condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale". Nonostante le premesse di cui sopra e nonostante una rilevante transazione digitale, l'Italia: - è posizionata al terzultimo posto fra i ventotto Stati membri, secondo il DESI (Indice di digitalizzazione dell'economia e della società della Commissione Europea - 2020 - 1/3 delle famiglie italiane non ha ancora a disposizione un computer e/o l'accesso a Internet da casa secondo un rapporto ISTAT BES del 2020 (Benessere equo e sostenibile). Tale divario è fortemente legato a fattori socio-economici-culturali e soprattutto nel Sud Italia. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede di realizzare formazione digitale con destinati 250 milioni di euro e di portare all'inclusione circa il 70% della popolazione entro il 2026. Testo integrale dell'articolo al link riportato all'item URL.
dtomassini

Sanità digitale: pronta la metà degli italiani, resta il nodo competenze - 3 views

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    Da un'indagine presentata dalla Luiss Business School di Roma si rileva che la digitalizzazione del sistema nazionale è importante anche se non prioritaria. Al primo posto la medicina territoriale, la ricerca in quanto gli italiani (Parlamentari per il 60%, Consiglieri delle Regioni per il 70% a seguire i consumatori per il 66,1%) sono pronti ad una sanità digitale. Si vorrebbe parlare di e-health ma il termine non corrisponde esattamente a "sanità digitale" in quanto agli italiani manca ancora un'adeguata competenza digitale. Nell'articolo gli argomenti toccati sono quattro, tra cui il digital divide (di cui ho parlato in un altro mio post pubblicato). Gli italiani sono pronti a confermare che l'implementazione del digitale aumenterà le disuguaglianze (il divide appunto), status già confermato dalla pandemia Covid-19 e soprattutto il lockdown che ha messo in crisi soprattutto l'istruzione. Significa che l'e-health sicuramente aiuterà ma escluderà colui/colei che non possiede strumenti, connessione, ma soprattutto l'alfabetizzazione digitale fondamentale Anche, secondo il Sole 24 Salute, con un articolo del 13/04/2022 (https://www.ilsole24ore.com/art/due-italiani-tre-sono-pro-digital-AECGNoRB), sia i cittadini che gli operatori sanitari sono pronti a questa rivoluzionaria trasformazione digitale, toccati dall'inefficienza del SSN durante la pandemia. Ma sia Parlamentari che Regioni dichiarano che, a parer loro, solo circa la metà degli italiani è realmente pronta alla gestione digitale sanitaria.
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    La mia opinione - che riprende le tematiche già conosciute - è che questo cambiamento previsto probabilmente troverà della resistenza da parte di coloro che sono tipicamente abituati a trovarsi di fronte il medico che li visita; ma se i sistemi nazionali saranno ben organizzati, le tecnologie digitali saranno a disposizione di tutti (escludendo quindi un digital divide) e si avvierà un'adeguata alfabetizzazione digitale (media literacy) l'unico problema sarà la realizzazione, ahimè, non immediata.
sabrinaf-

Cittadinanza digitale | Educazione civica | Rai Scuola - 1 views

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    Quando si parla di cittadinanza digitale ci si riferisce alla capacità - e alla possibilità - per i cittadini di partecipare alla società attraverso mezzi e strumenti digitali. Il focus si centra sulla creazione di nuove modalità d'accesso a servizi già esistenti e la creazione di nuovi servizi. In una realtà sempre più informatizzata, oggi essere cittadini digitali significa partecipare alla vita pubblica usando in modo consapevole gli strumenti tecnologici, in un'ottica di sviluppo del pensiero critico. Significa saper effettuare pagamenti elettronici e poter dialogare con i servizi online della Pubblica Amministrazione. Significa rispettare un galateo digitale nei social network, essere in grado di proteggersi dalle truffe in rete e osservare norme come il rispetto della privacy e del diritto d'autore. Ma non è un percorso senza ostacoli, primo fra tutti il "digital divide" ovvero il divario fra chi ha accesso a Internet e chi invece, per scelta o meno, non ce l'ha. Questo video, rivolto principalmente agli studenti della scuola secondaria di secondo grado, spiega, secondo me, in maniera chiara e comprensibile i concetti che sono alla base della cittadinanza digitale. Trovo che la scelta di usare un video per spiegare il significato di cittadinanza digitale piuttosto che un altro mezzo di comunicazione sia strategica in quanto ci si rivolge soprattutto a fruitori di giovane età abituati ad acquisire informazioni attraverso canali digitali piuttosto che attraverso altri canali ormai obsoleti.
danielaplatania

Educare onlife: Ridurre le diseguaglianze digitali per prevenire i discorsi d'odio - 2 views

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    L'interessante articolo pubblicato alla fine del 2020 pone l'attenzione sul tema dei discorsi d'odio, sui diversi gradi di percezione del problema e sulle verosimili soluzioni. L'autrice dell'articolo, ricercatrice in Sociologia della Comunicazione, riportando dati relativi a studi e ricerche condotti prima e dopo il primo lockdown per Covid-19 e il conseguente periodo di didattica a distanza vissuto dagli studenti, evidenzia delle differenze di percezione rispetto alla gravità dell'hate speech da un punto di vista anagrafico e trovando un legame con il livello di istruzione degli intervistati. L'importante questione dei discorsi d'odio è inoltre letta dall'autrice dell'articolo attraverso lo sguardo di Foridi e della sua teoria della vita onlife, e di quanto questa sia legata ai concetti di digital divide e di digital inequality. L'articolo, ovviamente, non dà soluzioni al problema, ma individua come possibile tecnica per renderlo quantomeno più innocuo l'introduzione della Media Education e dell'Educazione Civica a scuola (in particolare quella parte specifica sull'educazione civica digitale). Questo aggiungerebbe alle competenze tecniche già abbondantemente acquisite dai millennials quella parte di formazione sulle competenze critiche essenziale per un approccio ai media più consapevole.
psicochiedu

Competenze digitali e Media Education: potenzialità e limiti del Piano Nazion... - 5 views

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    L'articolo del 2019 è stato scritto dalla professoressa Elena Gremigni dell'Università di Pisa, ed è stato pubblicato sulla rivista trimestrale della medesima università. Esso parla delle potenzialità e dei limiti del PNSD, dopo un generale inquadramento della letteratura della media education, dei fenomeni del digital divide, dell'information overload, del cyberbullismo e delle fake news. Tutti fenomeni che hanno bisogno per essere superati di crescenti capacità nell'utilizzo consapevole delle ICTs. Il PNSD si orienta in base a quelle che sono le direttive Europee. Prima di tutto si pone l'obiettivo di favorire le precondizioni necessarie all'utilizzo delle ICTs, poi promuove una forma didattica spendibile sul mercato, attraverso certificazioni comparabili in Europa. Parla inoltre di una formazione specifica sull'insegnamento delle competenze digitali per docenti che vengono definiti con il termine di "animatori digitali" un'espressione, che però rimanda poco alla media education e sembra invece essere orientata verso attività ludiche. Non propone interventi mirati per i soggetti più svantaggiati e non mette nemmeno in discussione il primato delle ICTs nel rafforzare le competenze trasversali. Sicuramente ci si sta muovendo per cercare di incrementare nuove capacità, ma lo si sta facendo in un mare così vasto che molte cose ci sfuggono. Si è così immersi all'interno di questo nuovo mondo che è difficile analizzarlo dall'esterno e in modo critico, ma questo è il passo necessario al fine di riuscire ad educare le nuove generazioni alla consapevolezza della potenza degli strumenti che hanno tra le mani ogni giorno. Strumenti in grado di apportare una crescita senza confini, ma che possono facilmente recare danni mai visti.
anonymous

Social privacy, educare ai tempi del web 3.0 - 3 views

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    Alberto Fornasari, professore ed esperto in comunicazione, ha proposto una riflessione sulla rapida evoluzione della nostra società globalizzata e cosmopolita con riferimento al concetto di privacy e alle sue modificazioni. Il Censis ha definito quella che stiamo vivendo l'era dell'esibizione del sè digitale, un'era in cui l'oversharing si è imposto come predominante a discapito di una sempre meno evidente riservatezza nei confronti della propria immagine e delle informazioni che diamo di noi in rete. Diminuisce il digital divide ma aumenta esponenzialmente il press-divide. Goleman ha parlato di analfabetismo emotivo: la mancanza di consapevolezza e controllo delle emozioni e dei comportamenti, specialmente di quelli altrui, che rende le relazioni interpersonali sempre più difficoltose e meno empatiche. Le relazioni sono sempre più mediate e sempre meno dirette, soprattutto per i nativi digitali che vivono in simbiosi con i propri dispositivi. Dunque i bisogni che i giovani cercano di soddisfare attraverso l'uso della rete sono quelli di sicurezza, autorealizzazione, associazione (Maslow) e questi, nel web 3.0, si esprimono attraverso autobiografismo e narcisismo (l'uso del selfie per veicolare una certa idea di sè). L'utilizzo dei media in misura massiccia crea una condizione abitudinaria che ci rende sempre meno consapevoli dei rischi presenti a livello di privacy: paradossalmente i dati che le aziende sono in grado di reperire sul nostro conto sono stati "pubblicati" da noi stessi in quello che possiamo identificare come self-disclosure. La creazione della figura del Garante per la tutela dei dati personali avvenuta in Italia rappresenta un importante passo in avanti, tuttavia rimane fondamentale avviare percorsi di educazione ai media che guidino al loro utilizzo e che coinvolgano i genitori, e soprattutto i docenti. La scuola si sta lentamente avvicinando al mondo dei media attraverso l'integrazione dei dispositivi tecnologici nell'a
orlandovaleria

Infanzia Digitale - 9 views

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    Questo documento "riassume" il punto di vista di David Buckingham riguardo la media education. Buckingham ci parla della situazione nella scuola inglese e del digital divide che esiste tra scuola e ragazzi. Risulta essere particolarmente interessante soprattutto per quegli studenti che hanno da poco iniziato gli studi di media education
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    L'uso delle tecnologie nella scuola e' attualmente "arretrato" rispetto al modo in cui i ragazzi usano le tecnologie al di fuori della scuola. Un numero sempre piu' alto di studenti trova che l'uso delle tecnologie a scuola sia limitato, noioso e inutile,in particolare se paragonato al modo loro stessi in cui usano la tecnologia nel tempo libero.I media educator devono lanciare una sfida all'uso strumentale della tecnologia, all'idea cioè che la tecnologia sia semplicemente uno strumento per il "trasferimento" di informazioni. Bisogna definire e promuovere nuove forme di "alfabetizzazione digitale", estendendo e forse ripensando il nostro consueto approccio critico ai nuovi media,come i computer e Internet. La scuola è rimasta relativamente inalterata dall'avvento della tecnologia digitale, non si può certo dire lo stesso della vita dei bambini al di fuori del contesto scolastico.L'avvento delle tecnologie digitali ha prodotto alcuni significativi cambiamenti nelle esperienze medianiche dei bambini. Alcuni autori hanno sostenuto che i media moderni stanno realmente distruggendo l'infanzia,stanno confondendo i confini tra infanzia, giovinezza e età adulta, e che i tradizionali valori morali devono essere riaffermati.
grassilaura

Nicholas Carr: Internet ci rende stupidi? Repubblica.it - 3 views

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    Otto anni fa Nicholas Carr scatena un dibattito che ancora divide gli appassionati: "Mi manca il mio vecchio cervello, Google ci rende stupidi", disse lo scrittore americano in un ormai celebre articolo dal quale ricavò anche un libro. Il sociologo Derrick de Kerckhove parte dalla tesi di Carr ma la contesta. Il web può essere una opportunità: più informazioni da condividere, più creatività, un "nuovo Rinascimento" tuttavia consiglia di non essere schiavi del cellulare, staccarsi un attimo, fare passeggiate, leggere, ascoltare musica, parlare con qualcuno senza controllare il telefonino.
martinamazzanti1

Una rilevazione sulla povertà educativa digitale - 5 views

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    Nell'ultimo anno, il ricorso alla didattica a distanza, ha messo in evidenza gravi ritardi nello sviluppo delle competenze digitali, sia tra i docenti che tra gli studenti. L'Italia è uno dei pochi paesi in Europa a non essersi dotato di un sistema di valutazione delle competenze digitali, e ancora limitata è l'educazione alle nuove tecnologie. Si pone quindi oggi il problema, di comprendere ed analizzare il fenomeno della POVERTA' EDUCATIVA DIGITALE. Save The Children, in collaborazione con il CREMIT, ha condotto uno studio teso a definire per la prima volta, nel nostro Paese, la povertà educativa digitale, e misurarla attraverso un nuovo strumento, AbCD - Autovalutazione di base delle Competenze Digitali. I risultati, resi noti da questa ricerca, si pongono l'obiettivo di fungere da base di partenza, per lo sviluppo di politiche pubbliche ad hoc, volte a contrastare questa nuova povertà.
Luciano Di Mele

Domande sulla Media Education - 12 views

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    L'articolo descrive la media education o MDL come basilare per l'essere umano "l'educazione integrale della persona umana" riferendosi alla definizione di Felini 2012 (non cita la pubblicazione) evidenzia l'importanza del suo utilizzo anche al fine di evitare uno scollamento dell'individuo dalla società in cui vive e non è inserito. Definisce gli obbiettivi della media education non nel ruolo di guardiano del suo utilizzo, ma quello di insegnante di tutte le nuove forme di comunicazione, comunicando, avvertendo dei rischi che si possono correre nel rimanere intrappolati nella rete dalla rete anche data l'inefficacia nel porre solo filtri o muri al suo uso: " il tutto per garantire un utilizzo positivo e costruttivo delle nuove tecnologie, così da permettere loro di diventare uno strumento per il miglioramento della vita propria ed altrui" Esprime una visione pessimistica su un generation digital divide che non può essere colmato, per cui limitarsi ad essere degli osservatori delle abilità dei propri figli ed affidarsi soltanto a dei capaci professionisti per l'insegnamento dell'utilizzo delle nuove tecnologie. La tesi dell'autore che si firma con uno pseudonimo è il portare in evidenza una realtà sull'utilizzo delle psicotecnologie nella quale il genitore è incapace, non è all'altezza e perciò è meglio affidarsi a dei professionisti nel seguire i propri figli; questa tesi esclude le capacità cognitive ed affettive dei genitori per sviluppare un apprendimento significativo utile al proprio figlio ed all'ambiente familiare. Lo scopo visto in questa luce è promozionale all'attività professionale. Nel rivolgersi ad un pubblico generico,molto probabilmente profano dei media, invece tramite un dominio che dal nome sembra riservato agli addetti ai lavori, presumo non riesca a raggiungere il suo pubblico target. Non presenta prove od argomentazioni, fa solo riferimento ad un autore, non citando pubblicazioni od atti di convegni o congressi, non falsifica
cabriolet

I nuovi media tra eredità, identità e legame - 4 views

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    In questo articolo, Diego Zanelli, dottorando alla università del Galles, Trinity Saint David, ci parla di quelli che sono oggi i nuovi media immersi in una realtà che è sempre più un punto d'origine verso la multimedialità. Il medium, ogni nuovo media, fa da filtro verso quell'altra dimensione dove il corpo non ha modo di arrivare e, dall'altra parte, c'è un altro, che è ognuno di noi ma diverso da ognuno di noi. E' come guardarsi allo specchio da piccoli e non sapere che dall'altra parte ci siamo noi. L'immagine che ci restituisce il medium, però, la possiamo cambiare grazie ad un qualsiasi software, o ci consente di essere altri con molteplici identità (Facebook). I nuovi media sono utilizzati da tutti ma non per tutti con la stessa facilità o lo stesso scopo. Zanelli divide i nativi digitali (la nuova generazione che è cresciuta a pane e internet e che non ha avuto bisogno di istruzioni) da quelli che chiama "immigrati" digitali (la vecchia generazione che non ha invece avuto istruzioni a sufficienza per immergersi nell'utilizzo dei nuovi media) con una introspezione che rasenta la psicoanalisi nelle parti in cui misura l'Altro nel non-spazio di Internet.
psicolb

Will the Spread of Digital Technologies Spell the End of the Knowledge Divide? - 4 views

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    In questo interessante articolo, originariamente presentato in Lingua Inglese, l'autore esprime come le tecnologie digitali possono aiutare ad espandere e democratizzare la conoscenza diffondendola equamente. Evidenze suggeriscono che le tecnologie digitali stanno effettivamente contribuendo ad espandere la conoscenza, ma non riescono a democratizzarla. Esse se da un lato stanno contribuendo a colmare il divario, non sono sufficienti a colmare il divario della conoscenza. La conoscenza e la sua democratizzazione per l'autore richiede il rafforzamento delle "fondamenta analogiche" della rivoluzione digitale quali: concorrenza, istruzione e istituzioni che influiscono. Queste analizzate sotto tre esempi: i social media, gestione dei dati (Big Data e Open data) e l'uso di piattaforme digitali.
giovanni59

La Cittadinanza Onlife e il contrasto alla 'povertà educativa digitasle' - 7 views

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    Dal 2021 (CREMIT) l'Università Cattolica ha utilizzato un nuovo costrutto: "povertà educativa digitale" per ampliare il concetto di "digital divide" legato alla privazione di tecnologie di accesso alla Rete, questo concetto si riferisce alla carenza di competenze digitali, ovvero carenza educativa, intese come nuovi alfabeti necessari nella società post-mediale per analizzare e fruire dei diversi contenuti digitali da parte degli "spettautori" del social Web e "cittadini onlife". Gli autori hanno presentato vari testi su questo costrutto (Pasta, Rivoltella, 2022), basandosi su uno strumento di rilevazione di dati su 1.976 studenti di 112 classi in 39 scuole secondarie di I grado di tutta Italia (Marangi, Pasta, Rivoltella, 2022). Né è nato un progetto triennale "Connessioni digitali" (2021-24) realizzato dal Cremit, Save the Children e la Cooperativa Edi Onlus e che coinvolge 100 scuole secondarie di I grado per un totale di 6.000 studenti e 400 insegnanti. Il progetto inserito nella didattica biennale di educazione civica basandosi su quanto teorizzato dagli autori, in merito alla povertà educativa digitale, si è strutturato in quattro newsroom (Scrittura online, Podcast, Digital Storytelling, Marketing sociale). Seguirà alla conclusione del primo anno didattico una valutazione di quanto realizzato dalle classi coinvolte rilevando la creatività e la capacità di produrre narrative e prodotti comunicativi per contrastare la povertà educativa digitale, utilizzando le quattro dimensioni di uso del digitale: l'accesso, l'analisi, la valutazione e la produzione. Infine, si valuterà come l'acquisizione di competenza digitale, sia un processo che consente il passaggio a future competenze per l'ambito lavorativo, che si attiva solo se si è capaci di trasformare le competenze individuali in pratiche sociali e nella costruzione di un vero e proprio design interpretativo e produttivo.
ana_ermakova

Media Literacy's Role in Democratic Engagement and Societal Transformation among Univer... - 3 views

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    L'articolo mostra come la media and information literacy (MIL) favorisca il pensiero critico, la partecipazione politica e l'empowerment tra studenti universitari sudafricani, evidenziando il legame con la cultura partecipativa (Jenkins) e l'accesso democratico all'informazione politica tramite i social (Castells). Dall'indagine tra studenti emerge che la MIL è percepita come il primo passo verso la consapevolezza e il pensiero critico, fondamentali per l'impegno democratico e il cambiamento sociale. Le competenze chiave includono analisi critica, creatività, etica e abilità digitali. Si sottolinea l'evoluzione della MILE da semplice strumento di contrasto alla disinformazione (Buckingham) a leva per l'empowerment civico e la cittadinanza informata. Viene inoltre evidenziata l'importanza di riconoscere la costruzione mediale degli eventi attraverso processi di framing. La MIL può includere soggetti marginalizzati, ma il digital divide resta un ostacolo. Tuttavia, l'empowerment richiede non solo competenze, ma anche la percezione soggettiva di poter agire (Martini, Sequi). Sebbene la ricerca si concentri su studenti africani, i concetti e i risultati sono rilevanti anche in altri contesti globali.
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