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kobsph

Multitasking: distrazione o necessaria emozione? - 3 views

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    L'articolo riporta uno studio effettuato in un' Università italiana sul multitasking, uso cellulari, consultazione ed invio messaggi durante l'erogazione delle lezioni accademiche. Partendo dalla constatazione che oggi si investono molte risorse nelle tecnologie sia a scuola che sul lavoro, e che l'uso dei media è diventato una sorta di dieta mediale, poiché le persone ne fanno uso come del cibo, vengono analizzate le risposte degli studenti sul tipo di utilizzo che fanno degli stessi durante le lezioni, quale è lo strumento preferito (che risulta essere il cellulare, portatile e piccolo e integrato nel giovane di oggi come fosse un abito da indossare), e che effetto ha il multitasking ai fini dei risultati accademici e della potenziale distrazione che può andare ad alimentare. Il multitasking risulta negativo se complesso (rispondere a messaggi "impegnativi") e se esteso (grandi quantità di messaggi). Allo stesso tempo ha, secondo molti, un vantaggio emotivo, poiché, per la maggior parte degli intervistati, essere connessi, corrisponde alla necessità di mantenere un canale aperto sull'esterno. Rimane nel sottofondo dei risultati l'idea che le tecnologie cosiddette invisibili, inneschino dei processi automatici ai quali è difficile sottrarsi e che solo la visibilità delle tecnologie e quindi il controllo dei comportamenti automatici possa essere una sostanziale soluzione.
paolabagnasco

Tutti i modi con cui il multitasking ci rovina (davvero) il cervello - 6 views

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    In questo articolo del corriere della sera,il neuroscienziato Daniel J. Levitin esamina gli «effetti collaterali» del sovraccarico di stimoli da email, sms e social, venendo alla conclusione che il multitasking ci rende meno efficienti e comporta un vero e proprio esaurimento delle funzioni cerebrali.
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    Articolo pubblicato dal Corriere della Sera che riporta una intervista al neuroscienziato Levitin scritta sul quotidiano scientifico britannico The Guardian. Secondo recenti studi di Levitin presso la McGill University, il multitasking sarebbe non sono inutile ma anche dannoso per il cervello; in particolare renderebbe meno "attenta" la corteccia prefrontale, la quale diverrebbe più facilmente distraibile da più stimoli. Il fare diverse cose insieme non risulterebbe essere più allenante per il cervello, bensì un inutile sovraccarico di tensioni nel passare da un compito all'altro rischiando di perdere informazioni importanti. Trovo questo articolo molto interessante e soprattutto mi rispecchio abbastanza nel risultato di questi studi.
ghilli70

Multitasking ma sempre più distratti, il web cambia la nostra mente e quella ... - 4 views

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    L'articolo parte da alcune considerazioni tratte a seguito di uno studio sviluppato da un team internazionale formato dal Kings College e dalle Università di Harvard, Oxford, Manchester e Western Sydney, che evidenzia come l' "onda net", ovvero il continuo flusso di informazioni provenienti dalla rete, migliora la nostra attenzione divisa (capacità di relazionarci con input diversi), ma ha effetti negativi sulla nostra capacità di concentrazione, questo sia negli adulti, ma soprattutto nei bambini. In particolare l'abuso del web è connesso a uno sviluppo diminuito dell'intelligenza linguistico-verbale. Per contrastare questo effetto negativo la psicologa Barbara Volpi, citata nell'articolo per il suo libro "Genitori digitali. Crescere i propri figli nell'era di Internet", è necessaria l'acquisizione di una sana genitoralità digitale, fornendo una serie di indicazioni pratiche da seguire in famiglia per supportare lo sviluppo cognitivo del bambino nell'era digitale, integrando i nuovi media nella relazione con i figli. E' importante non lasciare da soli i bambini nella rete, ma accompagnarli ad un uso consapevole dei media, continuando a sviluppare le competenze relazionali ed affettive, attraverso l'integrazione di stimoli di natura diversa. Internet non deve diventare uno strumento di utilizzo passivo, ma è necessario stimolare l'uso attivo (soprattutto verso i 6 anni) con ricerche mirate ad uno scopo (ad esempio cercare la ricetta della torta di compleanno da cucinare insieme). Il web è ricco di potenzialità per tutti, non è solo un pericolo per lo sviluppo cognitivo del bambino, bisogna imparare ad utilizzarlo in maniera consapevole da adulti anche per far aiutare i propri figli a sviluppare la consapevolezza e la riflessività autonoma necessarie per vivere la tecnologia con tutti i vantaggi che essa offre. La presenza dei genitori è e rimane fondamentale, è necessario essere presenti con i propri figli soprattutto nella fruizione dei nuovi media.
ppitzalis

Neuroscienze e Neuropsicologia - Corriere della Sera - Ultime Notizie - 9 views

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    La parola "Multitasking" è usata sempre più spesso per descrivere il tipo di attività mentale che i ragazzi adottano quando utilizzano le nuove tecnologie. In realtà il termine più idoneo per descrivere questo neologismo inglese sarebbe "multi attività" o "multi compito", la capacità di svolgere più attività contemporaneamente. Questo articolo l'ho trovato molto interessante in quanto ci induce a riflettere sul modo in cui tutti noi siamo abituati a organizzare le nostre attività illudendoci di risparmiare non solo del tempo ma anche di essere più efficienti. Cercare delle informazioni su Internet e contemporaneamente rispondere a delle email o a un messaggio in realtà riduce non solo le nostre performance, perché il cervello può concentrarsi soltanto su una cosa alla volta, ma ricerche hanno dimostrato che si può ridurre il Q.I. Da queste ricerche è quindi evidente che le persone costantemente bombardate da molteplici flussi d'informazioni elettroniche non riescono a prestare attenzione, ricordarsi le informazioni e passare da un lavoro all'altro come chi, invece, porta a termine un compito alla volta. La sfida è quindi quella di saper utilizzare i media senza che siano loro, le nuove (ormai neanche più tanto "nuove") tecnologie ad "usare" noi e ad assumere il controllo della nostra vita.
mturco92

VIDEO Daphne Bavelier: Il vostro cervello sotto l'effetto dei videogiochi | TED Talk - 3 views

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    La ricercatrice cognitiva Daphne Bavelier, risponde con una serie di esperimenti in laboratorio a due delle più comuni affermazioni sui videogiochi, ed il risultato è sorprendente: I videogiochi d'azione migliorano la plasticità del cervello,l' apprendimento e la visone. Giocare ai videogiochi peggiora la vista? E' forse uno delle più comune affermazioni, stare troppe ore davanti a uno schermo peggiora la vista. Daphne grazie ai suoi studi illustra però come in realtà i videogiocatori riconoscano non solo più dettagli ma anche più gradazioni di grigio rispetto alla media. I videogiochi portano a problemi dell'attenzione e una maggiore tendenza a distrarsi? Daphne fa un piccolo esperimento in studio dove mostra parole dal testo colorato e chiede al pubblico di annunciarne il colore, quando però le parole rappresentano semanticamente un colore diverso dal colore del testo si crea un conflitto e diventa difficoltoso per il pubblico in studio rispondere correttamente, illustra poi i risultati ottenuti dai videogiocatori, che in media sono migliori. Svolge poi un piccolo esperimento relativo all' abilità di tracciare gli oggetti in movimento. Vengono mostrate a schermo delle "faccine" in movimento randomico, 3 di esse sono dapprima colorate di blu, per poi diventare gialle come tutte le altre. Si chiede al pubblico di ricordare quali fossero quelle blu in principio. E mentre il pubblico già fatica a discernerne 3 i gamers arrivano a tracciarne e ricordarne sino a 7. La ricercatrice espone poi i miglioramenti dei videogiocatori nel lobo parietale, frontale e cingolata anteriore, capaci di migliorare il "multitasking" che non ha niente a che vedere con il "multitasking" di chi si dice multimedia-tasker che secondo uno studio dell'Università di Stanford è in realtà inefficiente. Daphne paragona infine i videogiochi all'uso del vino, se usati coerentemente ed efficacemente possono essere molto utili ma non bisogna esagerare (binging)
sibillanna

Oblio e black out mnemonici: quando lo stress gioca brutti scherzi alla memoria - 9 views

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    Guardando tra gli argomenti di psicologia nel sito State of Mind, ha attirato la mia attenzione un articolo scritto da "Guest" che riguarda il caso dei bambini dimenticati in auto. Egli sottolinea l'importanza dello stress come causa in quanto gioca brutti scherzi alla memoria. Fà una macro distinzione della memoria suddividendola in: Breve/lungo termine, semantica/episodica, esplicita/implicita. Dopodiché spiega che in tracce mnestiche implicite ci sono automatismi attraverso i quali possiamo spiegare le amnesie. Introduce il concetto d'oblio spiegandone la funzione di risposta alle esigenze d'economia mentale. Ci sono tre teorie principali alla base che causano l'oblio e riguardano il decadimento, la rimozione e l'interferenza. Aggiunge che esperimenti di Jekins dimostrano che si ricorda meglio senza distrazioni. Secondo alcune statistiche sono più i papà rispetto alle mamme ad avere un rischio più elevato d'amnesia riguardo l'accudimento dei figli, ciò è dovuto ad una questione biologica in merito al diverso funzionamento cerebrale. Inoltre, studi longitudinali hanno valutato l'associazione di stress, sensibilità materna, funzioni esecutive, e sono stati considerati fattori di rischio anche le difficoltà socio-economiche e il multitasking. Quindi il cervello ha un limite e può andare in contro a black out temporanei, pertanto sottolinea l'importanza di non trascurare i sintomi di forte stress.
cpugliese1

Saggezza digitale e assenza genitoriale: come affrontare l'educazione - 3 views

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    Nell'articolo pubblicato dalla redazione di Varese news sono illustrate le tematiche discusse nel convegno intitolato "Adolescenti e rete" tenutosi all'Università degli studi dell' Insubria presso l'aula Magno Carlo Cattaneo, in collaborazione con la Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus che si è tenuto nei giorni 20,21 e 26 marzo dell'anno 2019.I principali punti del medesimo convegno affrontano il tema delle nuove frontiere della relazione educativa, della saggezza digitale e l'assenza dei genitori verso i giovani adolescenti che utilizzano la rete virtuale. Viene sottolineato dal Dottor Claudio Tosetto, nonché responsabile scientifico dell'adunata, come gli adulti identifichino con i termini touch generation, nativi digitali e millenials i giovani e bambini che instaurano con la rete e le nuove tecnologie un" rapporto unico e recondito "circoscritto gelosamente;una relazione che si appropria di tutti i loro ambienti,relazioni sociali e campi della loro esistenza.Si discute di come gli adolescenti abbiano sviluppato capacità multitasking nelle diverse situazioni, raccogliendo infinite informazioni, facendo provare e ricercare emozioni in rete che ,prima venivano esperite e misurate esclusivamente nella vita reale di tutti i giorni, ed ora si ricercano nei new media grazie alla facile accessibilità nella rete internet tramite, ad esempio, gli smartphone che tutti i ragazzini possiedono e attraverso un semplice touch portano a qualsiasi fonte di interesse.Se da un certo punto di vista l'accesso al digitale produce benefici, capacità, permette di raccogliere informazioni e creare socializzazioni vi è uno sguardo alla non bontà di queste nuove tecnologie in quanto potrebbero portare a situazioni ambigue,difficili da gestire ed anche pericolose;a tal proposito vi è la necessità che la società spinga verso l'informazione,favorendo ed incoraggiando l'uso della rete in modo adeguato attraverso le principali vie di formazione;scuola,comunità e genitori.
jgrossi108

Media digitali: angeli o demoni? - Infanzia digitale - Tecnologia digitale, scuola e ap... - 8 views

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    Mentre leggevo questo articolo su internet riflettevo sul fatto che io stessa appartengo a quella generazione che molti autori, tra cui Prensky, chiama "Nativi Digitali": la generazione nata tra il 1980 e il 1990, cresciuta nella prima era del Web, la 1.0, caratterizzata da siti statici e uso sfrenato delle e-mail e dei più svariati motori di ricerca;i primi a cogliere l'enorme potenziale dei nuovi media, sfruttandolo per comunicare con gli amici, per conoscerne di nuovi, cercare informazioni o notizie e per condividere le opinioni.Mettendo da parte il mio smartphone e chiudendo le pagine web che ho aperto tra una ricerca e l'altra, mi domando come le tecnologie digitali stiano trasformando le vite, le abitudini, le abilità cognitive;i bambini di oggi che adulti saranno domani?La iGeneration accoglie al suo interno tutti i nati dagli anni '90 fino al 2010 e la "i" rappresenta l'insieme di dispositivi nati al contempo (iPhone,iPad). Prensky li descrive come individui abili a elaborare le informazioni,con una preferenza per le nozioni che possono ottenere rapidamente e apprendere attraverso modalità attive e non-lineari, multitasking,poco tolleranti verso lunghe letture e che sperimentano lo sviluppo delle abilità sociali all'interno della realtà digitale.Nella mie esperienze ho potuto osservare genitori che,in preda alla stanchezza,lasciavano i figli giocare con tablet o smartphone per ore,trascurando i rischi del web e lasciando che si rinchiudessero in questa bolla di sapone che è la realtà virtuale.Ho anche visto,però,genitori lontani per lavoro che grazie ad internet potevano guardare i loro figli crescere e sentire la loro voce.Io non so se i cosiddetti nuovi media, o meglio i media digitali, sono degli angeli o dei demoni; so però che internet ha cambiato molte vite e che crescere insieme a dei genitori presenti è auspicabile ma la possibilità di sentirli vicini o di imparare gratuitamente è indispensabile.Chi vivrà, vedrà.
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    L'articolo in questione, è tratto dalla "Tesi di Laurea" di Loredana Urraro. Iniziando da una considerazione generale, dove viene evidenziato come la nostra Epoca stia attraversando una potente Rivoluzione Tecnologica e la nostra quotidianità è quindi pervasa dall'utilizzo costante di Strumenti Digitali, si arriva a postulare di un problema che riguarda lo sviluppo cognitivo dei più piccoli e nello specifico, si parla di "Demenza Digitale" (M. Spitzer). I così detti "Nativi Digitali" cioè tutti i bambini che sono nati dalla fine degli Anni '90 in poi sanno padroneggiare con sempre maggior facilità i mezzi digitali a tal punto che viene coniato il termine "Intelligenza Digitale". I nuovi strumenti digitali si sostituiscono di fatto all'interazione faccia-faccia, sottraendo tempo prezioso al gioco e alle relazioni umane: il semplice gesto dello scorrimento delle dita su un piano liscio (come quello dei touch-screen) impoverisce inevitabilmente l'esperienza tattile, ottica e acustica fondamentale per lo sviluppo del cervello del bambino. Gli stimoli emotigeni provenienti dalle tecnologie possono portare ad un sovraccarico informazionale (Information Overload) con la conseguente desensibilizzazione emotiva del bambino connessa all'abuso dei dispositivi, in particolare TV e Videogiochi violenti. Tutto questo può portare in età pre-adolescenziale ad una devianza nelle condotte e stili di vita a rischio. Oltre a questo, si apre un capitolo importante legato al valore legato al piacere che i Nuovi Media tecnologici sono in grado di fornire ai Nativi Digitali, aprendo così lo scenario di una potenziale Dipendenza Tecnologica e, di conseguenza, legato al Disturbo da Gioco su Internet, come la "Sindrome da Videogiochi". Demonizzare le nuove Tecnologie, comunque, non rappresenta la soluzione e porterebbe ad una discussione sterile, mentre assume rilevanza maggiore il concetto di "limite", ossia l'introduzione di limiti e cautele
protomarycosima

Al crocevia tra tempo scolastico e tempo libero: musica di sottofondo come innesco cogn... - 6 views

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    Il recente articolo apre un nuovo campo applicativo alla materia tradizionale della musica e alla sua diffusione e fruizione durante il tempo libero da parte dei giovani, è possibile cercare e trovare punti d'incrocio tra gradimento musicale e apprendimento. Sono stati analizzati gli effetti dell'ascolto di musica pop in sottofondo sulla performance logico - matematica. Un gruppo di 50 studenti italiani con un'età media di 16, 29 anni, frequentano un Liceo scientifico di Roma (Italia) sono stati esposti a 3 diverse condizioni: silenzio-assenza di musica, musica allegra-in modo maggiore e musica triste-in modo minore, durante lo svolgimento di compiti logico-matematici e spaziali. L'analisi dei risultati ha evidenziato differenti performance tra i diversi test e le condizioni musicali di sottofondo (un'attitudine allegra verso la matematica è predittiva di una buona performance matematica durante l'ascolto di musica in modo maggiore e viceversa). Lo studio conferma ricerche precedenti sull' induzione cognitivo-emotiva: nozioni matematiche precedentemente acquisite e soluzioni logiche nuove possono essere favorite da scelte consone di ascolto musicale attraverso la stimolazione acustica, in futuro si potranno considerare gli effetti positivi sulle aree accademiche e le possibili applicazioni nel campo della pedagogia neuro-cognitiva.
vale1994

Le modifiche del cervello a contatto con la tecnologia - 2 views

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    L'articolo evidenzia come le nuove tecnologie hanno cambiato il nostro modo di vivere e non solo. Tutto il mondo digitale, il web, le nuove invenzioni multimediali stanno modificando il modo in cui lavora il cervello umano. Per stare a passo con i tempi, si parla di una sorta di palestra per i nostri neuroni.
nicolebenini

Nuovi Media e Cittadinanza Digitale. La scuola del ventunesimo secolo come luogo per la... - 7 views

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    In questo articolo pubblicato nel 2015, l'autrice Simona Perfetti riflette su come le prospettive della Media Education si siano modificate nel corso degli anni e come ad oggi sia più appropriato parlare di New Media Education, enfatizzando in tal modo l'esigenza di focalizzarsi non solo sul pensiero critico, ma anche sulla responsabilità dei soggetti, che da meri consumatori sono divenuti contestualmente anche produttori di contenuti digitali. In una società caratterizzata da complessità, incertezza e generazioni multitasking di "giovani connessi" (nel testo riprende gli autori che hanno sostenuto tali affermazioni), ritiene che nelle scuole occorranno prospettive che integrino apprendimento verticale, scolastico, con forme di apprendimento orizzontale, tipiche dei media. La cittadinanza è da lei vista come uno dei principali obiettivi che dovrebbero esser promossi dalla scuola e dai new media e argomenta su come l'utopia possa essere il modello pedagogico a supporto. Tra le varie riflessioni, l'autrice parla infine di cittadinanza glocale, basata su una nuova dimensione antropologica di "stati di connessione", che si deve confrontare necessariamente con i social network; questi ultimi possono infatti esser visti come moderne agorà in cui la partecipazione è vista come occasione di democrazia. Democrazia che, se da un lato richiama la dimensione dell'incontro, del dialogo e del rispetto della differenza, dall'altro rimanda anche ai diritti e alle responsabilità di ogni persona come cittadino digitale.
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    Grazie Nicole, ho trovato questo articolo veramente interessante, la nuova consapevolezza richiesta ai giovani, la possibilità di nuove riflessioni...
denisedesio

iGeneration: l'impatto delle nuove tecnologie su bambini e adolescenti - 9 views

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    Sebbene siano noti gli aspetti positivi della tecnologia digitale e le loro trasformazioni in particolare sulla Generazione Z; bisognerebbe insegnarla maggiormente nelle scuole alle nuove generazioni per diminuire il rischio degli effetti negativi che tali strumenti possono apportare e per ottimizzare il loro utilizzo. Giovani sempre più multitasking, problem solver, creatori attivi della loro conoscenza tramite procedimenti non lineari, veloci e rapidi che vivono internet e non semplicemente ci navigano; rischiano, a causa anche della non conoscenza approfondita degli stessi item, di sperimentare fenomeni di apatia, di mancanza di attenzione profonda ( "in internet si tende a passare da un rubinetto di informazioni all'altro ") di analfabetismo emotivo e di relazioni superficiali.
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    L'articolo è stato pubblicato il 5 aprile del 2017, dalla Dott.ssa Giulia Radice, psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale, iscritta all'ordine degli psicologi della Lombardia dal 12/03/2015. Nell'esercizio della sua professione si occupa di ansia e panico, depressione, disturbi di personalità, trauma, lutti e separazioni, difficoltà relazionali e sociali. L'autrice nata tra il 1980 e 1990 si attribuisce l'appellativo di nativa digitale riproponendo in bibliografia l'articolo di Prensky "Digital Natives, Digital Immigrants" del 2001, dove egli identifica con questo termine gli individui che hanno vissuto a contatto con i mezzi di comunicazione digitale. All'interno dello studio, 1985 è la data che segna il passaggio cruciale dovuto alla diffusione di massa del computer, le persone nate prima di questa data che si sono poi approcciate al linguaggio digitale in una fase successiva sono definiti immigrati digitali da Prensky. L'autrice si interroga sul modo in cui le tecnologie digitali stanno trasformando le nostre vite, le nostre abitudini, le nostre abilità cognitive e i nostri comportamenti, interrogativo che genera il titolo dell'articolo: "come le nuove tecnologie ci stanno cambiando: la iGeneration". L'autrice presenta inizialmente l' Igeneration o generazione z, gli iperconnessi di cui molto ha scritto la docente Twenge , psicologa alla San Diego University, autrice di saggi ed articoli sull'adolescenza dove ha proposto un'analisi accurata della iGeneration attraverso il confronto con le generazioni che l'anno preceduta (Baby boomers 1946-1964, Generazione X 1965-1979 e i Millenials 1980-1994) individuandone otto tendenze che la definiscono: immaturità, iperconnessione, incorporeità, instabilità, isolamento e disimpegno, incertezza e precarietà e inclusività. Degli articoli e dei saggi della Dott.ssa Twenge non vi è traccia in bibliografia, così come di una parte della posizione di Cesare Rivoltella, che
sroveggian

Libri di testo e lettura digitale: a che punto siamo? - 4 views

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    L'articolo è stato scritto nel 2016 da Andrea Nardi, docente presso il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell'Università degli Studi di Firenze. L'articolo introduce il tema dell'utilizzo nelle scuole dei libri di testo digitali. Parte da una definizione, non ancora univoca, di testi on line, libri elettronici e libri di testo elettronici. Si evidenzia che le ricerche sulla lettura digitale hanno finora fornito risultati discordanti. Le tecniche di brain imaging hanno mostrato che la lettura digitale attiva percorsi neurali diversi rispetto alla lettura su carta, contando sulle caratteristiche di plasticità del cervello. Il testo digitale richiede capacità di multitasking ed un carico cognitivo maggiori rispetto al testo cartaceo; almeno nei novizi andrebbe supportato con l'affiancamento di una persona esperta, soprattutto in merito all'utilizzo delle sue funzioni interattive. Le ricerche si concentrano anche sull'aspetto ergonomico dei supporti testuali che contribuirebbero ad integrare l'esperienza di lettura. La lettura digitale richiede, quindi, lo sviluppo di una gamma più ampia di competenze rispetto alla lettura cartacea. Le conclusioni suggeriscono che, alla luce di risultati di ricerca non ancora definitivi, sia opportuno agire con una certa cautela nei confronti dell'utilizzo dei libri di testo digitali, tenendo conto delle loro potenzialità ma anche del loro grado di complessità.
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