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massimomoretti

L'innovazione tecnologica nella scuola italiana. Per un'analisi critica e storica - 8 views

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    L'articolo, pubblicato nel 2016, evidenzia la rilevanza dell'introduzione delle tecnologie nella scuola italiana, processo che si è sviluppato negli ultimi quarant'anni. Inizialmente molti insegnanti furono influenzati dalle innovazioni modificando atteggiamenti e metodologie; tuttavia, a mano a mano che l'introduzione delle ITC nella scuola si andava affermando, emersero criticità e contraddizioni provocate da problemi tecnici, incompatibilità, mancanza di tempo e carenza di preparazione degli insegnanti. L'esperienza del passato, a fronte delle difficoltà verificate, rischia di passare in second'ordine o - addirittura - di essere dimenticata, unitamente al portato teorico e didattico caratterizzante la fase precedente. S'impone pertanto una riflessione critica attraverso la presentazione di alcuni lineamenti della storia dell'introduzione delle ITC nella scuola, delle concezioni che l'hanno accompagnata e dei rapporti che spesso, anche all'insaputa degli innovatori, si mantengono tra passato e presente. La tecnologia informatica fu introdotta ufficialmente nella scuola italiana nel 1985 (primo Piano Nazionale Informatica - PNI 1), affiancata agli insegnamenti di matematica e fisica del primo biennio della scuola superiore. Il PNI 1 nacque dall'idea che l'alfabetizzazione informatica costituisse l'unica via d'accesso alla società dell'informazione e dalla fiducia nella possibilità per gli strumenti e le tecniche dell'informatica di favorire lo sviluppo cognitivo degli studenti. In seguito, l'introduzione del linguaggio di programmazione, dei videogiochi e degli ambienti di scrittura indussero a ritenere il computer uno strumento di supporto per l'apprendimento, capace di dilatare la conoscenza e il processo per acquisirla, favorendo l'autonomia e la creatività, secondo un approccio cognitivistico-costruttivista. Negli anni Novanta, con l'avvento dell'ipertestualità, la tecnologia venne accolta nella scuola
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    con lo scopo di avvicinarla alla realtà vissuta dagli studenti a casa e in altri ambienti, contraddistinta dall'interazione tra parola orale, testi scritti, suoni e immagini. Le più recenti iniziative ministeriali da un lato spingono verso limiti più avanzati l'idea della partecipazione sociale, dall'altro sembrano riscoprire il valore di pratiche già sperimentate negli anni Ottanta e in parte dimenticate dalla scuola. L'articolo, in particolare, pone l'accento sulla pratica del coding, vale a dire sul processo finale di programmazione, quello della scrittura del codice attraverso l'uso di un determinato linguaggio. In sostanza, questa analisi storico-critica mette in evidenza come nel nostro Paese la normativa che regola l'introduzione del digitale nella scuola insegua l'innovazione tecnologica, tentando di stare al passo con questo processo fluido, rapido e costante.
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    FORM@RE - Open Journal per la formazione in Rete L'innovazione tecnologica nella scuola italiana. Per un'analisi critica e storica Technological innovation in the Italian school. A critical and historical analysis Camilla Moricca - Università degli Studi di Firenze, camilla.moricca@unifi.it Abstract L'introduzione tecnologica nella scuola è caratterizzata da ondate che si succedono conservando scarsa consapevolezza e ricordo della fase precedente. Il lavoro ripercorre in modo sintetico le principali iniziative istituzionali e le più note teorie di riferimento che le hanno accompagnate nell'ottica di favorire una consapevolezza storico-critica su ciò che l'esperienza ci può aver insegnato. Nell'ultima parte ci si sofferma su riferimenti oggi in voga, quali il coding e la robotica, chiedendoci se siano davvero nuovi e se poggino su criteri pedagogici fondati. Parole chiave: tecnologie dell'educazione; analisi storica; coding; robotica. Abstract Technological introduction into school takes place in the form of innovations that maintaining low awareness and memories of the previous phases. The work recalls briefly the main institutional initiatives and best-known theories of reference in order to foster a historical-critical awareness of what the experience may have informed us. In the last part we focus on references in vogue, such as coding and robotics, wondering if they are really innovations and if they are based on valid educational criteria. Keywords: educational technology; historical analysis; coding; robotics. 1. Introduzione L'introduzione delle tecnologie nella scuola ha rappresentato un avvenimento rilevante negli ultimi quarant'anni e il processo che l'ha accompagnata ha coinvolto direttamente molti insegnanti, influenzando i loro atteggiamenti e le loro concezioni metodologiche. Sembra quindi ragionevolmente importante soffermarsi a riflettere su questo percorso per comprenderne meglio la natura. Tuttavia sono carenti i lavori
giannib71

Adolescenti - 2 views

Adolescenti Il mondo degli adolescenti e' sempre stato in movimento, cangiante ma negli ultimi anni con l'avvento delle nuove tecnologie questa accelerazione e' diventata ancora più dirompente. Il ...

started by giannib71 on 17 Mar 21 no follow-up yet
denisedesio

iGeneration: l'impatto delle nuove tecnologie su bambini e adolescenti - 9 views

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    Sebbene siano noti gli aspetti positivi della tecnologia digitale e le loro trasformazioni in particolare sulla Generazione Z; bisognerebbe insegnarla maggiormente nelle scuole alle nuove generazioni per diminuire il rischio degli effetti negativi che tali strumenti possono apportare e per ottimizzare il loro utilizzo. Giovani sempre più multitasking, problem solver, creatori attivi della loro conoscenza tramite procedimenti non lineari, veloci e rapidi che vivono internet e non semplicemente ci navigano; rischiano, a causa anche della non conoscenza approfondita degli stessi item, di sperimentare fenomeni di apatia, di mancanza di attenzione profonda ( "in internet si tende a passare da un rubinetto di informazioni all'altro ") di analfabetismo emotivo e di relazioni superficiali.
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    L'articolo è stato pubblicato il 5 aprile del 2017, dalla Dott.ssa Giulia Radice, psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale, iscritta all'ordine degli psicologi della Lombardia dal 12/03/2015. Nell'esercizio della sua professione si occupa di ansia e panico, depressione, disturbi di personalità, trauma, lutti e separazioni, difficoltà relazionali e sociali. L'autrice nata tra il 1980 e 1990 si attribuisce l'appellativo di nativa digitale riproponendo in bibliografia l'articolo di Prensky "Digital Natives, Digital Immigrants" del 2001, dove egli identifica con questo termine gli individui che hanno vissuto a contatto con i mezzi di comunicazione digitale. All'interno dello studio, 1985 è la data che segna il passaggio cruciale dovuto alla diffusione di massa del computer, le persone nate prima di questa data che si sono poi approcciate al linguaggio digitale in una fase successiva sono definiti immigrati digitali da Prensky. L'autrice si interroga sul modo in cui le tecnologie digitali stanno trasformando le nostre vite, le nostre abitudini, le nostre abilità cognitive e i nostri comportamenti, interrogativo che genera il titolo dell'articolo: "come le nuove tecnologie ci stanno cambiando: la iGeneration". L'autrice presenta inizialmente l' Igeneration o generazione z, gli iperconnessi di cui molto ha scritto la docente Twenge , psicologa alla San Diego University, autrice di saggi ed articoli sull'adolescenza dove ha proposto un'analisi accurata della iGeneration attraverso il confronto con le generazioni che l'anno preceduta (Baby boomers 1946-1964, Generazione X 1965-1979 e i Millenials 1980-1994) individuandone otto tendenze che la definiscono: immaturità, iperconnessione, incorporeità, instabilità, isolamento e disimpegno, incertezza e precarietà e inclusività. Degli articoli e dei saggi della Dott.ssa Twenge non vi è traccia in bibliografia, così come di una parte della posizione di Cesare Rivoltella, che
federicopt

Chi sono gli "hikikomori" in Italia - Il Post - 6 views

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    ITALIA MERCOLEDÌ 13 OTTOBRE 2021 Chi sono gli "hikikomori" in Italia Cioè le persone che interrompono i contatti col mondo esterno e vivono in ritiro sociale: è un fenomeno presente da tempo ma finora poco studiato di Susanna Baggio In Italia negli ultimi anni si è sentito parlare sempre più spesso dei cosiddetti "hikikomori", ovvero persone che abbandonano progressivamente le attività scolastiche, extrascolastiche o lavorative per ritirarsi in isolamento nella loro casa o nella loro stanza per periodi prolungati di tempo, indicativamente da sei mesi fino a diversi anni. Le persone che vivono in ritiro sociale volontario rinunciano a poco a poco alle relazioni con chi aveva fatto parte della loro vita, talvolta anche con i familiari, e spesso occupano il tempo impegnandosi in varie attività su internet, per esempio tenendosi in contatto gli uni con gli altri su forum e chat o guardando film e serie tv. Questo fenomeno è stato individuato dapprima in Giappone, dove è diventato una questione sociale di rilievo, ma da almeno una quindicina d'anni è piuttosto presente anche in Italia, dove però è ancora molto poco studiato. Gli hikikomori sono stati spesso definiti "eremiti dei tempi moderni" e la loro situazione può dipendere da moltissimi fattori diversi. Il loro non è un disturbo riconosciuto a livello scientifico e va distinto anche dalle diverse psicopatologie alle quali può comunque essere collegato, come la depressione o la dipendenza da internet. È stato osservato perlopiù in società fortemente competitive e coinvolge soprattutto adolescenti e giovani adulti, motivo per cui negli ultimi anni hanno cominciato a interessarsene anche le scuole e le istituzioni. Un po' di storia Il termine hikikomori fu utilizzato per la prima volta nel 1998 dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito, che fuse i verbi "hiku" e "komoru", cioè ritirarsi e stare in disparte. Saito coniò questo termine per descrivere tutte quelle persone a
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    In questo articolo, Susanna Baggio affronta la tematica nata in Giappone e che si sta progressivamente diffondendo anche in Italia( al momento poco conosciuta e studiata). Tale sindrome, si esplica nell'isolamento e ritiro sociale che fa rinchiudere e isolare gli adolescenti e giovani adulti nella propria camera. L'autrice cerca di approfondire le varie sfaccettature del fenomeno, riportando dettagliatamente le varie opinioni di esperti. Questo tipo di problematica, a mio avviso, non va sottovalutata perché spesso è anche difficile affrontarla con chi ne è affetto, come riportato anche nell'articolo stesso in quanto loro rifiutano di farsi aiutare, negando addirittura di averla. Senza dubbio l'avvento della pandemia da covid19, ha accentuato tutto questo e non ha aiutato l'interazione tra genitori e figli, rendendo difficile il contenimento e l'argine del fenomeno stesso. A mio parere, per contrastare il fenomeno, bisognerebbe avere un costante dialogo in famiglia, non prendendo la tecnologia come baby sitter dei propri figli ma tenendo un dialogo costante con loro mantenendo un rapporto attivo, non si può criminalizzarle i soggetti ma bisogna avere un rapporto empatico e canali sempre aperti con loro, ricordiamoci che la tecnologia e le macchine, sono buone scoperte se semplificano la vita e aiutano l'essere umano. Le macchine, però, non devono e non dovranno mai sostituirsi all'empatia e alla bellezza delle relazioni e rapporti umani.
marziachecchini

Etica hacker - Wikipedia - 3 views

  • Etica hacker Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigation Jump to search Con l'espressione etica hacker si fa riferimento all'etica emersa nelle prime comunità virtuali o "cyber communities", dedite alla programmazione informatica. Indice 1 Etimologia e storia 2 L'etica hacker 2.1 Condivisione 2.2 L'imperativo: "Hands on!" 2.3 "Community" e collaborazione 3 I "veri hackers" secondo Levy 4 L'opera di Himanen 5 Altri lavori 6 Un caso italiano 7 Note 8 Bibliografia 9 Voci correlate 10 Collegamenti esterni Etimologia e storia
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    ho postato quest'articolo di wikipedia che ho ritenuto interessante perchè fornisce una visione alternativa della definizione di hacker che non conoscevo e che, come tante persone, interpretavo solamente nell'accezione negativa del termine di distruttore di sistemi e diffusore di virus informatici. Tra i principi fondamentali dell'etica hacker riportati in quest'articolo, c'è invece il miglioramento del mondo e delle condizioni di vita dell'essere umano attraverso la liberta', la passione e la coscienza sociale. Aggiungo anche che l'hacking è utilizzato spesso nel testare la sicurezza di programmi e la tutela della riservatezza di dati sensibili come trattato da Jon Erickson nella sua pubblicazione "l'arte dell'hacking"
angelasica

Il potere dei media - 3 views

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    Chomsky analizza il più classico dibattito moderno sul potere dei media, esponendo l'idea alla base di ogni discorso complottista, cospirazionale, di New World Order o che dir si voglia legato al più classico intramontabile tema degli "Illuminati", "società segrete" o gruppo di "potenti". Gruppi di controllo che si elevano a "gestori" del mondo e detenendone le ricchezze, utilizzando nel corso della storia strumenti di controllo sempre diversi. Religione, misticismo, occultismo e politica sono gli strumenti classici e storici, ai quali si aggiunge lo strumento che è per eccellenza il più soggetto a "evoluzioni": La comunicazione.La comunicazione è sempre stata alla base della cultura umana, e come migliorarla ha spinto a ricerche forsennate, a tal punto che si potrebbe dire che non è la comunicazione ad essersi evoluta grazie alla scienza e alla tecnologia, ma sono queste ultime ad aver raggiunto gradi di eccellenza (per noi uomini d'oggi) grazie alla necessità di migliorare sempre più il modo in cui le menti potessero comunicare nel mondo, e di conseguenza si aiutano a vicenda a progredire di pari passo. Quello che spaventa maggiormente chi detiene "Il comando", è la forza dell'unione che i "sudditi" possano avere coalizzandosi. La massa, seppur ignorante e innocua, può essere fastidiosa, se compatta. La comunicazione moderna si basa quasi unicamente sui media, e per il controllo delle masse bisognava trovare un nuovo stratagemma. La sinergia che hanno creato la capacità comunicativa dei media e l' inarrestabile progresso tecnologico della scienza ha qualcosa di incredibile.Insieme hanno creato un sistema in cui con i media si può arrivare alle masse, creando allo stesso momento i falsi bisogni offerti dalla scienza e dalla tecnologia, spingendoci in un circolo vizioso in cui l'individuo, schiavo di questi bisogni che vengono ripetutamente pubblicizzati, si "arricchisce" di tali bisogni anche tecnologici e che rendono inevitabile il sottrarsi a
giannib71

Microlearning - 3 views

Microlearning Iniziamo con la definizione. La parola fa intuire che si tratti di qualcosa legato a specifici momenti. Brevi fasi in cui è prevista un'esperienza di apprendimento. In un mondo estre...

#apprendimento;#brevità;#learning by doing;#tecnologie

started by giannib71 on 17 Mar 21 no follow-up yet
marcom1982

La media education a scuola: buone pratiche e strategie didattiche - 13 views

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    I nuovi media occupano gran parte del nostro tempo sociale e sono fortemente presenti, ed utilizzati, anche a scuola da bambini e adolescenti. Spesso e purtroppo, però, li utilizziamo in modo spropositato ed errato e ciò può avere gravi conseguenze per le persone e per la società. Ora più che mai è importante parlare delle nuove tecnologie: solo così sarà possibile conoscerle, comprenderle, per utilizzarle in modo consapevole, critico e cosciente. Ciò deve avvenire sia a scuola che in famiglia, allo stesso modo e nello stesso tempo, per educare i bambini e gli adolescenti alla cosiddetta Media Education. In questo articolo viene approfondita la Media Education tra formazione e scuola, offrendone un primo sguardo, un'introduzione, focalizzando l'attenzione sui suoi aspetti teorici.L'educazione ai media deve essere intesa come insegnamento di tipo trasversale, in quanto non vuole ottenere un posto a sé nel programma scolastico, questo è il punto predominante dell'articolo. La tecnologia deve essere un uso pratico, coinvolgente e diretto . I media possono, e devono, essere pensati come trasversali al programma, come elementi imprescindibili e come dimensione aggiuntiva, valorizzante e ispiratrice. I bambini sono continuamente esposti ed influenzati dalle informazioni che ottengono dalle nuove tecnologie e ciò può portare a conseguenze molto negative, anche al cyberbullismo. Educare bene alla tecnologia non favorendo l'indipendenza della stessa aiuta il bambino ad emergere e saper usare notevolmente i media come risorsa e non come opera distruttiva.
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    Giulia Piazza scrisse l'articolo in questione esaminando alcune possibili strategie didattiche da usare per proporre l'educazione dei media a scuola. Ci spiega perché è importante insegnare la media education a scuola e il ruolo delle influenze sociali nella comprensione del mondo e nella costruzione del senso di identità, così come l'importanza del prestare attenzione all'influenza che i bambini ottengono dalle nuove tecnologie. L'approccio pedagogico della media education valorizza alcuni principi per l'educazione quali l'apprendimento centrato sul bambino, l'apprendimento trasversale ecc. approccio dunque non autoritario, che favorisce la motivazione e aiuta i bambini a indagare e riflettere da soli. Ci spiega quali sono le buone pratiche dell'educazione ai media e l'importanza dell'argomento di analisi del testo e del contenuto, quali sono quindi le tecniche utili per insegnare i media tramite analisi testuale e di contenuto così da sviluppare una conoscenza della grammatica mediale. Vengono presi in esame anche il case study e la simulazione, quindi l'uso del gioco di ruolo e della sfida che agiscono sulla motivazione e sulla conoscenza proprio come l'aiuto dello studio di un caso specifico vada ad incoraggiare gli studenti a condurre ricerche approfondite. L'articolo inoltre sottolinea uno degli aspetti centrali e indispensabili della Media Education: la produzione, che comporta l'uso pratico, coinvolgente e diretto delle tecnologie, avendo un valore educativo importante in quanto va a garantire comprensione e critica del linguaggio mediale.
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    L'articolo discute l'importanza dell'educazione ai media nelle scuole. L'autore sostiene che i mezzi di comunicazione sono una parte fondamentale dell'ambiente culturale di ciascun individuo, compresi i bambini e gli adolescenti. Ciò significa che la media education è importante per aiutare i giovani a decostruire i testi mediali e a comprendere i valori trasmessi. Inoltre, l'articolo sostiene che l'educazione ai media valorizza alcuni principi fondamentali per l'educazione, come l'educazione alla cittadinanza e alla partecipazione attiva, l'apprendimento centrato sul bambino, l'imparare ad imparare e l'apprendimento di tipo trasversale. L'articolo sottolinea che la media education promuove un esercizio critico da parte dei bambini, aiuta i bambini ad imparare a imparare e cerca di generare l'atteggiamento interrogativo, accompagnato dal dialogo e dal pensiero critico. L'autore conclude sostenendo che l'educazione ai media dovrebbe essere inclusa come curricolo trasversale a tutte le discipline di insegnamento, per incrementare e migliorare l'insegnamento e l'educazione. L'articolo fornisce alcune "buone pratiche" per la realizzazione dei percorsi di Media Education, come la costituzione di un gruppo docenti e la collaborazione tra pedagogisti, educatori, insegnanti e genitori.
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    Il testo parla dell'importanza dell'insegnamento della Media Education per aiutare i bambini e gli adolescenti a comprendere i messaggi mediatici e sviluppare una comprensione critica dei media. L'approccio pedagogico della Media Education si basa su principi come l'educazione alla cittadinanza, l'apprendimento centrato sul bambino, l'imparare ad imparare e l'apprendimento di tipo trasversale. L'educazione ai media deve essere sistematica e continua, e il curriculum dovrebbe essere considerato trasversale a tutte le discipline di insegnamento. Le buone pratiche dell'educazione ai media includono la collaborazione tra pedagogisti, educatori, insegnanti e genitori, la definizione chiara dei tempi e degli spazi per le attività, la documentazione e la valutazione dell'esperienza, la condivisione con i genitori e la creazione di un prodotto di comunicazione da condividere con la comunità scolastica. L´ autrice infine descrive alcune tecniche utili per l'insegnamento dei media, come l'analisi del testo e del contenuto, il case study, la simulazione e la produzione.
mariagraziano

La Media Education nelle scuole, ecco perchè è importante - MIUR Istruzione - 20 views

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    I media fanno parte della nostra società. Capire come "leggere" le notizie veicolate dai media e come interagirci è una competenza fondamentale, In particolare l'avvento del così detto Web 2.0, dei social network ha creato grandi occasioni di comunicazione.
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    Nell'articolo viene evidenziata l'importanza della Media Education come materia di insegnamento che dovrebbe trovare grande spazio nelle scuole non solo per quanto riguarda i "new media" ma tutti i media. La Media Education, nasce e si sviluppa allo scopo di fornire ai ragazzi tutti gli strumenti idonei a comprendere meglio le dinamiche e i messaggi offerti dai media e a rielaborarli autonomamente, in maniera critica. La fruizione di internet in modo praticamente illimitato consente infinite potenzialità di apprendimento e sperimentazione ma anche dei rischi connessi ad un uso "superficiale di strumenti potentissimi"; sopratutto gli adolescenti (nativi digitali) sono sottoposti ai rischi maggiori dovuti ad una grande abitudine e dimestichezza con i dispositivi ma che se non guidata e formata opportunamente può provocare seri danni, si pensi solo per fare qualche esempio al Cyber bullismo. La Media Education, se applicata ad internet, può essere d'aiuto per muoversi meglio in rete (da google a Facebook), tanti sono i consigli che potrebbero essere dati ai ragazzi, ma anche a genitori e docenti che dovrebbero essere opportunamente formati per affrontare questi cambiamenti. Insegnare ai ragazzi a gestire meglio il rapporto con i social costituisce uno dei punti cruciali della materia, considerato il ruolo preponderante che questi canali hanno assunto nella quotidianità di molti adolescenti: ad esempio educare e formare su "cosa e come postare" o a riconoscere le "fake news". Una buona competenza mediale (media literacy) è ciò che questa disciplina intende offrire ai propri allievi. L'articolo riassume quali competenze mediali un media educator dovrebbe contribuire a trasmettere.
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    l'educazione svolge una funzione essenziale e che la scuola debba essere all'avanguardia nelle competenze e nelle conoscenze dei nuovi strumenti digitali. La neccesita di imparare ed educare a districarsi tra i vari linguaggi dei media ed imparare ad approcciarli in maniera corretta. Sviluppare negli studenti la capacità di comprendere i diversi media e le varie tipologie di messaggi, utilizzarli correttamente, saper interpretare in maniera critica il messaggio, essere in grado di generare un messaggio e quindi usare in maniera propositiva i media. La neccesita della prevenzione dello sviluppo del cyberbullismo e la dipendenza e varie patalogie come nomofobia
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    In questo articolo viene definito bene il concetto di Media Education e il ruolo che dovrebbe avere nelle scuole allo scopo di fornire ai ragazzi tutti gli strumenti idonei a comprendere meglio le dinamiche e i messaggi offerti dai media e a rielaborarli autonomamente, in maniera critica. Anche se si tratta di un articolo del 2017 si evidenziano punti importanti quali le modalità di utilizzo di tali mezzi e la necessità di educare sia i ragazzi, utenti finali, che chi ha la funzione di tutore di questi, quindi genitori, scuola ecc… Attraverso lo studio ed il trasferimento d'informazioni ai ragazzi i docenti potranno insegnare a questi a gestire meglio il rapporto con i social e far comprendere che questo rappresenta una dei punti cruciali della materia, considerato il ruolo preponderante che questi canali hanno assunto nella quotidianità di molti adolescenti (educare e formare su "cosa e come postare" o a riconoscere le "fake news" per esempio). Saper discernere le notizie, filtrarle e comprendere quali informazioni e fonti siano più autorevoli di altre. Altro messaggio importante che vuole essere da monito a tutti, politici, ministero, dirigenti scolastici, è che la scuola non può rimanere indietro su queste tematiche ed è fondamentale pensare a percorsi per i docenti e genitori di adolescenti e pre-adolescenti.
angelasica

L' architettura dell' intelligenza - 3 views

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    Parlando di Kerckhove non ci si può meravigliare della profondità delle sue analisi e osservazioni sul mondo e sull'uomo "moderno", considerando la sua biografia e attività. Una mente brillante, che tuttavia ha affrontato semplicemente in modo più approfondito quello che reputo essere oggi giorno un pensiero comune quasi a tutti, che scaturisce proprio dalla comune e innata percezione umana delle cose e dal senso di "ribellione" che ognuno sente e vive relazionandosi a quello che reputerei a tutti gli effetti un "cyber-mondo", che procede sempre più verso quell'immagginario fantascientifico ipotizzato da scrittori, registi, artisti e pensatori degli ultimi tempi, che tanto ci spaventa. In "Struttura dell'Intelligenza" Kerckhove sottolinea positivamente le correlazioni tra mente, mondo e reti, che grazie all'uso combinato di hardware e software fungono da strutture per facilitare le connessioni e i "viaggi" della nostra mente per qualsiasi scopo. In "La pelle della cultura" si denota invece l'aspetto negativo di queste "Strutture", soffermandosi sull'utilizzo dei media quali strumenti di controllo delle masse: "Non ci manca ciò che non conosciamo, e la pubblicità crea bisogni che realmente non ci sono", dipingendo quel senso di inappropriatezza, di perdita dell'"essenziale" che fa sentire ognuno di noi diverso, ma che dimostra quanto tutti gli uomini siano uguali, vivendo le stesse emozioni.Kerckhoven è positivo, pensando che questa "catastrofe" non avverrà poichè nonostante sia quella la direzione, la scienza non può prevedere il futuro in quanto a stento riesce ad interpretare il presente, e ogni essere umano, prendendo spunto dagli artisti, deve affidarsi ai propri sensi innati per creare un ponte tra scienza e psicologia e riuscire a gestire il tutto in maniera più appropriata, imparando a sentire di più, oltre il suono, vedere di più, anche dietro le nostre spalle e non solo frontalmente, a tutto tondo e non verso una direzione prefissata. A
frigerioalessia

Solitudine da smart working - StudioPsicologiaBenessere - 5 views

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    Pro e contro con lo smart working Come sta cambiano il lavoro e il suo ambiente per effetto del Covid. Nell'ultimo periodo ho scambiato opinioni con parenti e amici che durante le varie limitazioni, dovute alla pandemia si sono trovati ad dover lavorare da casa. In un primo momento quasi tutti hanno avvertito i vantaggi, di non doversi recare sul posto di lavoro e di non essere costretti a prendere l'automobile o mezzi pubblici di trasporto. E' stato evidenziato come è possibile recuperare le ore di vita dovute agli spostamenti che per chi lavora nelle grandi città possono incidere anche oltre le due ore. Per non parlare dallo stress da lavoro correlato, dovuto al rispetto rigido degli orari, ambienti di lavoro poco confortevoli, tensioni tra superiori e colleghi.. Nella prima fase dell'applicazione dello smart working quasi tutti hanno manifestato un sentimento favorevole a tale pratica anche per l'aspetto di assoluta novità. Ma a distanza di qualche mese in molti casi l'aspetto di positività di lavorare da casa è venuto meno. Qualcuno ha manifestato aspetti di natura depressiva, altri di solitudine, altri non trovano concentrazione, uno ha manifestato attacchi di panico. Ovviamente l'esperienza di pochi amici e di qualche parente non può essere presa in riferimento su larga scala ma tuttavia a seguito di questa esercitazione ritengo utile approfondire l'argomento smart working e i suoi effetti collaterali. Ritenendo personalmente che gli esseri umani si adattano a tutto, mascherina compresa ma rimaniamo sempre esseri sociali, che fanno fatica a recepire la pratica del distanziamento sociale.
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    Ho provato sulla mia pelle l'esperienza dello smart working e posso dire che in un primo momento mi sono sentita bene perché non c'era più lo stress e la tensione di confrontarsi sempre con i colleghi come se fosse una competizione. Inoltre si sa stare a casa è sempre più confortevole che un ufficio dove spesso ci si può sentire inadeguati. Ho quindi notano subito i vantaggi di questo metodo per svariati aspetti quello per esempio di non doversi spostare da casa quindi non essere costretto a prendere mezzi pubblici o mezzi propri avendo così anche un guadagno di soldi perché non si consuma benzina o soldi in abbonamenti ma soprattutto si guadagna molto tempo sia a livello di "movimento" che a livello personale quindi più tempo per casa e famiglia. Ma tutto questo confort a lungo andare è venuto a mancare un po' perché siamo pur sempre umani non abituati al distanziamento sociale perchè chi più chi meno abbiamo comunque bisogno di parlare, confrontarci, guardarci, toccarci. Questo inoltre in alcune persone ha però portato situazioni spiacevole come quella di natura depressiva, di solitudine, altri non avevano più lo stimolo e quindi hanno perso la concentrazione fino ad arrivare addirittura a situazioni davvero terribili come attacchi di panico, crisi respiratorie ecc.. Credo quindi che pur essendo in un mondo in continua evoluzione non siamo però ancora pronti a cambiamenti così radicali e veloci.
amynapoleoni

Come la tecnologia ci ha cambiato la vita! - 6 views

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    L'articolo sopraindicato, riporta un'intervista a un famoso psicologo e psicoterapeuta, al quale vengono poste delle domande interessanti riguardo la tecnologia e come questa possa aver cambiato e cambierà ancora la percezione del mondo circostante. Il futuro riserverà tante innovazioni, proprio perché le tecnologie sono in continua evoluzione e per questo, non si sa a cosa porteranno e a quale stadio di evoluzione gli uomini si troveranno anche solo fra 50 anni, o forse meno, data la rapida mutazione avvenuta a livello sociale, economico, politico, personale, in tutti gli ambiti, avvenuta appunto da 50 anni a questa parte. Un segmento però di questa evoluzione ha portato, purtroppo, a fare un passo indietro nell'essere civile, con nemmeno troppa immaginazione. Alcuni fatti di cronaca dei quali tratta anche il Prof. Cantelmi, suscitano le medesime sensazioni che si provavano leggendo dai libri di Storia, le pratiche utilizzate nelle torture medievali. Forse i videogames violenti, hanno mutato in qualche modo anche la percezione della morte, facendo credere nella possibilità di vivere due o più volte, nella stessa epoca. Forse i giochi che si conoscevano non molto tempo fa, inducevano in comportamenti meno violenti, ma forse erano meno violenti i tempi, o forse le persone non ne erano a conoscenza del tutto, come avviene oggi grazie o a causa dei social network. Le Psicotecnologie, considerate estensioni della mente e dei processi cognitivi, sembrano aver penetrato qualsiasi attività quotidiana, anche la più intima. Il web ha prodotto un cambiamento "colossale", per usare un termine del Prof. e ha portato da una parte a preoccuparsi di quella che è definita web reputation, dall'altra a non pensare proprio al mantenimento di una reputazione quanto meno accettabile. Si fa riferimento alla "tecnofobia", ed effettivamente leggendo almeno la prima parte dell'articolo sarebbe facile svilupparla, comprendendo le sole prime tre righe. Ma non si pu
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    PARTE MANCANTE Ma non si può screditare completamente qualsiasi innovazione, sarebbe distruttivo. I ragazzi non possono essere considerati tutti plagiati dai new-media, e questi ultimi non posso essere considerati solo portatori di effetti negativi, sposando automaticamente la linea protezionista vigente negli anni Sessanta-Settanta. Bisogna considerare quanto di buono si è fatto e si può fare con i Social Network, con le community online e con tutte le potenzialità appartenenti a quelle che sono definite Culture Partecipative, basti pensare a quella che è stata definita "La Primavera Araba". Il Prof. Cantelmi cita l'attuale Papa, Papa Francesco, Egli stesso utente attivo su uno dei Social Network più usati al mondo ossia Facebook. E quando anche un'Eminenza del genere, capisce le potenzialità del XXI secolo, appare assolutamente riduttivo e fuorviante trattare di culture digitali esclusivamente in senso negativo. Tuttavia, nessun monitor, con una mela morsicata su di una parte, potrà sostituire l'odore della carta, dei libri, dei manoscritti, dei romanzi e delle encicliche. Forse fra 50 anni, si proverà nostalgia, per le vecchie stanze dei nonni, in cui si poteva trovare, in un angolo, un quaderno Pigna ingiallito e sfogliandolo veloce si poteva avere la sensazione di trovarsi in una vecchia biblioteca del Vaticano. O forse no, perché qualsiasi "luminare" della tecnologia e di quella che è definita Media Education ossia Educazione ai media, raccomanda di non mettere da parte le tradizionali forme di scrittura, ma di integrarle con le nuove. Non che si debba scrivere con la piuma, ma che si abbia sempre la possibilità di avere una calligrafia personale, che non sia Times New Roman per tutti.
vevy92

Media education e lavoro con i pari - Famiglia Cristiana - 7 views

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    Ho scelto questo articolo principalmente per un motivo personale, perché sono una ragazza e, in un certo senso, sento di appartenere al gruppo dei "nativi digitali" di Prensky. Sebbene oramai televisione, computer e smartphone siano parte integrante della mia vita, ritengo di riuscire ad avere un certo distacco emotivo da essi. Ricordo bene quando un mio professore del liceo ci parlò dell'opportunità di rimpiazzare i libri con i tablet, ma ancora di più mi ricordo la sua risposta, che mi diede una "scossa": in sintesi, ci fece capire che la figura del docente sarebbe potuta scomparire, ma soprattutto che sarebbe stato difficile far mantenere concentrati gli alunni, i quali, con una connessione internet attiva, avrebbero potuto navigare in rete in qualsiasi momento, trascurando così le lezioni. Premetto che il mio giudizio è estremamente influenzato dal fatto che considero i libri qualcosa di "sacro" e non potrei/vorrei mai sostituire il cartaceo, che con il suo odore, o colore, o la sua forma sa dare delle emozioni. Mi sembra impossibile pensare che anche l'educazione finisca per essere interamente trasmessa tramite degli strumenti tecnologici. Con questo non voglio dire che sia un metodo inefficace, perché sarebbe un'incoerenza con il percorso di studi che ho affrontato finora in Uninettuno, e soprattutto perché ritengo che sia importante imparare ad utilizzare i media e affiancarli alle attività scolastiche. Semplicemente penso che il contatto umano sia essenziale per la crescita, soprattutto perché è negli anni della scuola che si forma un individuo. Però, vorrei mettere in luce un aspetto: ho 21 anni, e sono uscita da poco dal liceo. Fino a qualche anno fa era raro avere internet sul telefono, e ci si limitava a mandarsi qualche messaggio di nascosto, durante le lezioni; adesso, che con questa Università telematica sono quasi sempre a casa, mi accorgo che i ragazzi passano ore intere su Facebook, nelle quali invece dovrebbero seguire gli insegnan
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    L'articolo, pubblicato sul sito di "Famiglia Cristiana", affronta il tema dell'educazione dei media nella scuola analizzando la media education sotto le tre diverse accezioni ovvero: 1. Strumento da utilizzare nella formazione; 2. Capacità di comprensione critica dei media; 3. Competenza necessaria per la formazione dei media educator. Punto focale dell'articolo è la necessità di far acquisire ai ragazzi una capacità critica nei confronti dei nuovi media per impedire che vengano vissuti per "immersione" poiché da molto tempo ormai, sono presenti massivamente nella scuola ma soprattutto nella quotidianità. Fondamentale, quindi, un'"educazione ai media" ovvero un'educazione rivolta alla lettura critica ed alla comprensione dei vari linguaggi affinché i ragazzi riescano a interpretare quelle che sono le diverse rappresentazioni della realtà ed evitare l'assorbimento passivo delle informazioni. Compito dei media educator dovrebbe essere proprio quello di aiutare nella formazione di un pensiero libero, indipendente e non manipolato. Altro aspetto sollevato nell'articolo è la funzione che i nuovi media dovrebbero avere ossia non di semplice trasferimento di nozioni, quanto di vera e propria costruzione della conoscenza. Utilizzando i diversi strumenti a loro disposizione, dalle foto, ai filmati, ai video creati dagli stessi ragazzi si vanno a creare le cosiddette cooperative learning con le quali ognuno, svolgendo la funzione di pari più capace, può mettere a disposizione il proprio sapere per una condivisione comune. E' un tipo di apprendimento mirato alla discussione ma soprattutto a quella che De Kerckhove sosteneva essere la cognizione distribuita, il proprio sapere, le proprie risorse cognitive, al servizio di tutti.
andreaagnese

L'educazione digitale funziona: più del 90% affronta il tema della sicurezza ... - 5 views

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    L'articolo si focalizza sull'educazione digitale degli studenti e riferisce alcuni dati di rilievo inerenti all'utilizzo dei media digitali, al rapporto degli studenti con i media digitali e tratta di temi di rilievo come il cyber bullismo e le fake news. Prima di tutto, la stragrande maggioranza (il 92%), dichiara di aver discusso a scuola con gli insegnanti di temi legati alla educazione digitala. Solo pochissimi dichiarano di essere poco connessi, appena il 4%. Due ragazzi su cinque dichiarano di contribuire a combattere le fake news. Quanto al bullismo, oltre due terzi (77%) dichiara di parlare con un adulto di eventuali episodi di bullismo, o comunque di segnalare a un adulto tali episodi. Chi non è bullizzato direttamente, si dice infastidito quando si accorge di fenomeni di bullismo riguardanti altre persone (9 su 10). L'articolo sottolinea come sia importante occuparsi di quei pochi che non intervengono discutendo con gli adulti eventuali fenomeni di bullismo, o peggio ancora mostrino adesione personale, inserendo dei like o condividendo le manifestazioni di bullismo (il riferimento deve intendersi al social Facebook, per quanto non sia espressamente menzionato). L'articolo segnala inoltre come nelle scuole gli insegnanti si stiano attrezzando per trattare il tema dell'educazione digitale, ciò che viene ritenuto positivo, in quanto ulteriore presidio a difesa dei ragazzi. Inoltre, consta come la quasi totalità dei partecipanti abbia discusso di nuove tecnologie con i propri insegnanti (il 91%). Il 40% dei giovani ha espresso il desiderio di approfondire le seguenti tre tematiche in particolare: cyberbullismo, dipendenza da Internet, uso delle tecnologie digitali nella didattica (tra l'altro, solo il 58% dichiara di utilizzare quotidianamente in classe gli strumenti tecnologici, quali LIM, tablet o personal computer, per approfondire lezioni). Viene poi analizzato il delicato tema di quante ore i ragazzi passino connessi online; sul punto
griecomgrazia

Problem solving | Dalla Scuola - Repubblica@SCUOLA - Il giornale web con gli studenti - 3 views

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    Questo articolo pubblicato su "La Repubblica@scuola-Il giornale web con gli studenti" è stato inviato dagli studenti in prima persona del liceo classico "Diodato Borrelli" di Crotone. Il contributo mette in luce la reale situazione che si viene a creare nelle classi ogni volta che un lavoro di gruppo viene assegnato dai docenti. Delle statistiche hanno dimostrato come anche i lavori di gruppo risultano essere poco efficaci per alcuni studenti. Infatti quelli meno interessati tendono a portare a termine il lavoro senza aver appreso niente. L'unico metodo efficace per facilitare il lavoro di squadra è il cosiddetto "Problem Solving", una strategia di collaborazione tra gli studenti, costituito da una metodologia innovativa basata sulla divisione in gruppi. Ogni membro del gruppo riceve dei compiti chiari e definiti da portare a termine, in modo tale che tutti siano impegnati in egual misura e abbiano un lavoro specifico da concludere. Questa metodologia aiuta a far emergere il carattere di ogni studente, portando, i più sicuri di sé, a prevalere come leader. La partecipazione attiva di tutti i componenti contribuisce all'affermazione dell'IO di ogni singolo alunno, a facilitare l'apprendimento ed è , inoltre, finalizzata ad incentivare le relazioni fra i membri della classe e a stabilirne rapporti basati essenzialmente sulla fiducia reciproca e sul bisogno di amare ed essere amati. Il vero scopo del lavoro di gruppo è riuscire a far emergere la personalità dei singoli individui, di aiutarli ad essere collaborativi al fine di portare a termine un lavoro e di responsabilizzare anche i più timidi che dovranno preoccuparsi di fare del loro meglio affinché si arrivi ad un risultato valido. Spesso però tale scopo viene intralciato da alcuni problemi che potrebbero insorgere, come ,ad esempio, riuscire ad accordare i vari punti di vista dei partecipanti.
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    Un metodo per incoraggiare relazioni positive è costituito dalla creazione delle mappe concettuali, utile strumento di apprendimento significativo. Tali mappe incentivano tutti a proporre nuove idee, a comporre vari lavori i quali, infine, dovranno dare vita ad un unico e solo lavoro di gruppo. Riuscire in quest'impresa è un traguardo significativo soprattutto nei giorni nostri, dove la collaborazione tra gli studenti è annullata dalla diffusione dei social network che inducono ad una vita passiva e in piena solitudine. Inoltre, anche la tecnologia, che è considerata da molti come uno strumento di facilitazione, risulta essere un intralcio notevole all'efficace cooperazione dei membri del gruppo sempre più alienati e vincolati da questa, ormai, dipendenza.
marinadangelo

Didattica a distanza e Autismo si può? - 4 views

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    Se l'utilizzo della didattica a distanza ha colto un po' tutti di sorpresa dobbiamo dire che lo è stato ancor di più per gli insegnanti di allievi e genitori di figli con disabilità. Ma lo spirito critico, l'empatia, la forte motivazione ed un buon programma pensato e studiato ad hoc ha reso tutto più coinvolgente ed interessante e istruttivo. L'ispettore scolastico intervistato ha definito la didattica a distanza la didattica della vicinanza come binomio possibile per l'inclusione scolastica soprattutto per i ragazzi affetti da dsa perché fatta di umanita', di intimita' Partendo da obiettivi minimi e graduali, aiutando lo studente a familiarizzare con gli strumenti associandoli ad attività piacevoli e, come indicato dall'associazione Dalla luna con il sistema di Token economy, si è riusciti a mantenere e a generalizzare le abilità nell'ambiente naturale. Così anche le varie testimonianze descritte nell'articolo successivo, l'utilizzo di vari sistemi tecnologici, video, whatsapp ecc. sono riusciti a mantenere il "contatto" con una concreta e fattiva continuità.
faithmost

ATTIVITÁ DI MEDIA EDUCATION NELLA SCUOLA DELL'INFANZIA - 6 views

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    In questo articolo è descritto il progetto di media education attuato in una scuola dell'infanzia italiana e poi ripetuto in un altro istututo in tempi diversi tenendo conto del contesto socio-economico del territorio e delle fasce d'età dei bambini coinvolti. E' emerso che a tre anni è opportuno lavorare con le immagini e le fotografie (la funzione espressiva, la dimensione etica, l'importanza del sé e della propria immagine), a quattro anni con la televisione (selezione dei contenuti, tempi di visione, problemi di proiezione e identificazione) e a cinque anni con il tablet attraverso specifiche attività. Inoltre è risultato cruciale il coinvolgimento collettivo delle famiglie (meeting, questionari, lavori di gruppo) per la discussione e la riflessione sui problemi correlati alla gestione degli strumenti digitali. Presupposto che il livello di civiltà di una società è direttamente proporzionale all'importanza e la cura dell'aspetto educativo-formativo delle nuove generazioni, considerando il fortissimo impatto che lo sviluppo tecnologico e la media education hanno su di esse, si ritiene auspicabile una corretta declinazione della stessa, al fine di perseguire il suddetto obbiettivo formativo. Considerando l'evidente difficoltà del sistema scolastico ad essere all'unisono con lo sviluppo e l'utilizzo tecnologico, nonostante i progressi degli ultimi anni, e considerando anche la differenza tra i contenuti a cui i bambini sono esposti quando sono a casa e quelli affrontati in classe, è fondamentale comunque che ci sia una volontà di miglioramento, con un atteggiamento di critica e di costruttivo orientamento della funzione e dell'utilizzo della media education. Pertanto essendo il sistema scolastico un sistema complesso, è evidente che possa mostrare delle criticità nell'adeguamento immediato ai tempi dello sviluppo tecnologico, è però fondamentale che come struttura formativa non rinunci alla propria funzione educativa e di orientamento consapevole de
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    L'articolo illustra un'esperienza di ME in un'ottica di curriculum digitale verticale, svolta presso due scuole d'infanzia in due comuni del varesotto, durante gli A.S. 2017/18 e 2018/19. Essa nasce dalla consapevolezza che i bambini in età pre-scolare sono già immersi nelle nuove tecnologie e le utilizzano spesso in maniera impropria, mentre i genitori sembrano poco consapevoli dell'importanza di dare loro delle regole. La sfida è stata quella di intraprendere un simile progetto con bambini così piccoli, coinvolgendo le famiglie attraverso attività pratiche che li aiutino a ragionare e a dare loro consigli utili per un'educazione digitale adeguata da impartire ai loro figli. Le finalità sono: sviluppare una cittadinanza digitale attiva e realizzare specifici obiettivi di apprendimento come saper riconoscere il valore di una foto; prendere consapevolezza della necessità di tutelare la propria immagine e rispettare quella altrui; dare valore al tempo che si dedica ai dispositivi tecnologici e limitare l'uso dei media; ecc.. Il metodo didattico sperimentato è l'EAS di Rivoltella. Il lavoro svolto con i bambini e con i loro genitori è stato significativo; dalla riflessione nei gruppi è stato possibile trarre spunti rilevanti, che sono stati tradotti in un decalogo digitale.
martavaila

Monitoraggio civico delle politiche pubbliche frutto delle attività del proge... - 2 views

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    Monithon (Monitoring Marathon) è una interessante iniziativa di monitoraggio civico delle politiche pubbliche. Nasce nel 2013 grazie alla disponibilità di dati aperti del portale OpenCoesione, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e si sviluppa come iniziativa indipendente grazie al lavoro di analisti ed esperti di politiche pubbliche. Monithon mette a disposizione strumenti e metodi per creare Report di Monitoraggio civico delle politiche pubbliche, attività sistematiche di controllo e valutazione dei progetti finanziati con risorse pubbliche svolte da studenti, comunità locali e associazioni. Complessivamente sono stati creati oltre 700 report, la maggior parte dei quali è frutto delle attività del progetto A Scuola di OpenCoesione (www.ascuoladiopencoesione.it), una best practice europea promossa dal Governo italiano e recentemente finanziata anche dalla Commissione europea per la sua diffusione in altri Stati membri. A Scuola di OpenCoesione è un percorso didattico innovativo finalizzato a promuovere e sviluppare nelle scuole principi di cittadinanza attiva e consapevole, attraverso attività di ricerca e monitoraggio civico dei finanziamenti pubblici europei. Il percorso permette di sviluppare competenze digitali, statistiche e di educazione civica per aiutare gli studenti a progettare, analizzare, conoscere, esplorare e comunicare, con l'ausilio di strumenti digitali, come le politiche pubbliche intervengono nei luoghi in cui vivono. La didattica è organizzata secondo un modello misto con modalità di fruizione di contenuti online e lavoro di gruppo project-based attraverso l'utilizzo di tecnologie, strumenti di condivisione online, blog e social network.La partecipazione al progetto è aperta a classi di scuole secondarie di secondo grado appartenenti a qualsiasi indirizzo. L'obiettivo di ciascuna classe è realizzare una ricerca tematica per approfondir
ezirotti

Photographic Psychology: Interpreting People Pics - 1 views

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    Questo articolo tratta di analisi fotografica e psicologia. E' un articolo scritto da John Suler che, come si legge nel sito dal quale è tratto il link, è scrittore, fotografo e professore di psicologia alla Rider University (USA). Ho scelto questo articolo perché mi piace molto la fotografia e, oltre a trattare uno dei temi del corso, è anche strettamente collegato al nostro principale campo di studi; e non solo è scritto da un'autorità, ma l'ho trovato essere soprattutto acuto e intelligente. Nell'articolo si è invitati a osservare, ma soprattutto a prendersi il tempo per farlo, cosa che, nel nostro mondo in cui si va sempre di corsa, viene difficile fare... e si è invitati a farlo nel dettaglio, ponendosi diverse domande. L'articolo, soprattutto nella prima parte, si concentra molto sugli aspetti emotivi, e ciò in apparenza potrebbe apparire in contrasto con la media education e con la necessità di adottare un punto di vista distaccato, critico. Non credo però che sia in effetti in contrasto, in quanto credo sia bene studiare anche le emozioni, i sentimenti soggettivi e gli aspetti emotivi e permettere anche a questi aspetti di "toccarci"... solo in un secondo momento, e con pieno controllo razionale, si dovrebbe poi riuscire ad analizzare la fotografia in maniera più distaccata. Ho trovato l'articolo, e in generale anche il sito (con molti altri articoli simili su altri argomenti come, ad esempio, il linguaggio del corpo, le micro espressioni, l'analisi degli auto ritratti, ecc.) molto interessante. Oltre a immortalare e immortalarci, dovremmo imparare anche a "guardarci in faccia" perché l'obiettivo non cattura soltanto oggetti o figure e le nostre imperfezioni, ma anche le nostre emozioni, stati d'animo, i nostri desideri e convinzioni, il nostro benessere. La media education può aiutarci non solo a "difenderci" criticamente come "consumatori" di media o a "sfruttare/utilizzare" e creare con più consapevolezza come produttori, ma anche a util
fabioconte

La scuola italiana non insegna il pensiero critico - 5 views

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    Significato di crìtica: arte del giudicare. Facoltà intellettuale che rende capaci di esaminare e valutare gli uomini nel loro operato e il risultato o i risultati della loro attività per scegliere, selezionare, distinguere il vero dal falso, il certo dal probabile, il bello dal meno bello o dal brutto, il buono dal cattivo o dal meno buono ecc..(Estratto da www.treccani.it). L'articolo si concentra sul pensiero critico, in cui l'autrice effettuando un paragone tra l'esperienza accademica in UK e le modalità di insegnamento utilizzate in Italia evidenzia la mancanza di applicazione di tale concetto nel nostro paese. Nell'ambito della Media Education si è riscontrato quanto sia importante istruire, ed essere istruiti, a relazionarsi con i contenuti dei media utilizzando il pensiero critico, a patto però che tale modalità cognitiva sia già presente e se ne abbia consapevolezza. A tal proposito l'autrice ritiene che le modalità di studio utilizzate nell'università inglese, che ha frequentato, l'abbiano aiutata al punto da evidenziare l'inadeguatezza delle modalità d'insegnamento della scuola italiana. In modo particolare viene messo in discussione l' apprendimento meccanico che risulta essere la pratica didatticamente eletta nel contesto scolastico italiano e non solo (vedasi critiche di Novak al sistema scolastico USA). Nell'esperienza descritta si evidenzia come la possibilità di simulare ricerche sia risultata utile per prepararsi alle attività post-accademiche e come tutto ciò abbia consentito lo sviluppo di un ragionamento critico e creativo. Questa esperienza così come l'utilizzo e la creazione di mappe concettuali suggeriti da Novak portano a dedurre che per apprendere in maniera ottimale è anche necessario lavorare sui e con i concetti ed il materiale didattico in generale. Tornando al problema dell'educazione scolastica, ci si potrebbe chiedere se questa parola "critico"
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