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leonardialessia

Chi sono i nativi digitali, gli immigrati digitali e tardivi digitali? I diversi punti ... - 3 views

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    L'articolo di seguito si pone di identificare le differenti tipologie di persone che si approcciano ai nuovi media e alla media education. Vengono analizzate infatti le prime definizioni create da Prensky nel 1946 dove si distinguevano i nativi digitali e gli immigrati digitali. Prendendo spunto da queste due prime suddivisioni, il tema è stato approfondito tracciando i profili generazionali di tre tipologie di persone che si approcciano ai nuovi media e alla media education: i nativi digitali, sono coloro che si ritrovano circondati dal digitale fin dalla nascita, per cui l'utilizzo di media nel contesto comunicativo ed educativo rappresentano la normalità; gli immigrati digitali sono invece coloro che sono nati e cresciuti in un'era non digitale, ma che poco alla volta si sono dovuti adattare alle tecnologie, seppure in età avanzata; infine si evidenziano i tardivi digitali, coloro che sono vissuti in un'epoca con una totale assenza di tecnologia, che viene guardata con con diffidenza e si nota un difficile adattamento ai nuovi dispositivi. Risulta infatti di notevole importanza, tra questi tre profili, non tanto la capacità di approcciarsi alla tecnologia quanto le modalità sottostanti il pensiero da loro attuato e le modalità di apprendimento utilizzate. Si nota come gli strumenti utilizzati per l'apprendimento siano differenti, infatti se gli immigrati e i tardivi digitali utilizzano una logica deduttiva/induttiva e strumenti cartacei (che implicano un notevole approfondimento), i nativi digitali utilizzando strumenti tecnologici e si ritrovano a disposizione un'ampia gamma d'informazioni che favorisce una logica abduttiva. L'articolo continua inoltre delineando il profilo del nativo digitale dal punto di vista di diversi autori, il quale vivendo a contatto con i social network, ha bisogno di mostrarsi sempre, deve far parlare di sè, mettendo in pericolo la propria privacy. Viene successivamente posta l'attenzione su come in questo modo si rischia di cre
frasil

Using Comics as a Media Literacy Tool for Marginalised Groups: The Case of Athens Comic... - 4 views

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    I gruppi marginalizzati, in particolare immigrati e rifugiati, sono maggiormente vulnerabili al problema della disinformazione e delle fake news, a causa delle barriere linguistiche e del loro limitato accesso alle tecnologie digitali. Grazie all'utilizzo delle immagini e alla multimodalità, i fumetti rappresentano uno strumento utile a superare le barriere culturali e a sostenere lo sviluppo di pensiero critico, creatività ed empatia. In questo articolo viene presentato il lavoro della Athens Comics Library, che ha utilizzato i fumetti per migliorare le abilità di media literacy di bambini appartenenti a famiglie di immigrati e rifugiati.
nsorbara

Nativi digitali e immigrati digitali - 4 views

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    Dagli ultimi decenni del '900 ad oggi c'è stato un notevole cambiamento nei rapporti tra adulti e ragazzi, tra insegnanti e studenti, con l'avvento dell'era digitale. I giovani odierni sono denominati, dall'autore dell'articolo, "nativi digitali", in quanto nati in piena era digitale, mentre gli adulti e molti insegnanti , nati in epoca pre-digitale , avendo adottato in seguito le nuove tecnologie, sono definiti "immigrati digitali". Questa differenziazione porta ad alcune problematiche: gli studenti "nativi digitali" devono apprendere il "vecchio metodo" dei loro insegnanti o questi devono adeguarsi al nuovo? L'autore propende per la seconda soluzione: gli insegnanti devono imparare a comunicare nel linguaggio e nello stile dei loro studenti. Sul sito dell'autore http://marcprenskyarchive.com/writings/ ci sono altri articoli su questo tema e su altri argomenti di media education.
angelamaesano

Giovani sguardi sulla media education - 9 views

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    Questo articolo si sviluppa attorno ai risultati di ricerca che ha coinvolto un istituto scolastico secondario di primo grado (circa 300 studenti) in cui è stato svolto un progetto di digital media education rivolto a ragazzi, insegnanti e genitori. Ben 62 ore di osservazione etnografica hanno permesso la raccolta e 'elaborazione dei dati. Aspetto interessante della ricerca è stato quello di comprendere, a partire dalla voce dei "nativi digitali", cosa questi pensino della media education, quali aspettative abbiano e in che modo rispondano agli stimoli e alle attività che gli vengono proposte. Curiosi e simpatici i pensieri dei ragazzi riportati all'interno dell'articolo. La "Net Generation" utilizza sempre più le risorse messe a disposizione da internet ma spesso ci si limita sul "come fare" rifacendosi a mere competenze tecniche. La media education aiuta a colmare i vuoti educativi e comunicativi che si creano tra adulti e minori in relazione all'utilizzo delle tecnologie digitali.
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    Gli adolescenti e i preadolescenti,definiti "nativi digitali" usano sempre più spesso le risorse offerte da internet. Il fatto che si parli di "nativi digitali" comporta la presenza di una categoria opposta, quella degli "immigrati digitali", i quali a differenza dei primi hanno meno dimestichezza con i digital media. Ciò in virtù del fatto che hanno vissuto in prima persona il passaggio dalla modernità alla post-modernità e dai mass media ai digital media. La media education è frequentemente chiamata in causa per colmare i vuoti educativi e comunicativi che si creano tra adulti e minori in relazione all'utilizzo delle tecnologie digitali. L'articolo proposto si sofferma sui risultati di ricerca ottenuti in un istituto scolastico secondario di primo grado in cui è stato svolto un progetto di digital media education rivolto a ragazzi, insegnanti e genitori. L'obiettivo della ricerca è quello di comprendere cosa i ragazzi pensino della media education e di fornire strumenti utili a correggere e indirizzare le attività quotidiane dei giovani. Il tutto passa per la formazione degli adulti e degli insegnanti.
barbaravirgola

Buone pratiche didattiche nell'era digitale, a casa e a scuola - 2013 - Education 2.0 - 11 views

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    Le ricerche scientifiche in relazione all'uso degli schermi nelle fasi dello sviluppo
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    Un articolo molto interessante, grazie Stefania.
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    Recenti ricerche (condotte in Francia e Svizzera) evidenzierebbero cambiamenti sul funzionamento del cervello, specialmente nella fase della crescita, con l'utilizzo degli strumenti digitali. L'articolo e le ricerche ad esso collegate, ci forniscono degli utili consigli per l'utilizzo in modo sicuro sia in famiglia che a scuola. Ridurre il gap fra i nativi digitali e gli immigrati digitali è la sfida di quest'epoca.
dtomassini

Le tre facce del Digital Divide - 2 views

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    Non tutte le persone hanno accesso alle tecnologie e il Digital Divide indica proprio l'esclusione digitale. Tra le categorie, i gruppi sociali esclusi sono: gli anziani, gli immigrati, le donne disoccupate e detenuti, disabili e persone con poca istruzione. Eppure, in Italia nel 2015 è stata approvata la Dichiarazione dei doveri e diritti in Internet, la quale sancisce il "diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale". E l'esclusione digitale "impedisce anche di usufruire al meglio dei diritti di cittadinanza e di partecipazione" L'esclusione digitale rende difficile accedere e/o integrarsi nel mondo del lavoro, della sanità, della vita quotidiana. Basta pensare alla prenotazione di prestazioni sanitarie, alla home banking, alla emissione di certificati. Ne è un esempio lo SPID non accessibile ad una persona anziana, poco istruita, senza l'aiuto di un figlio o nipote che possa aiutarla o alla riscossione della pensione di anzianità senza un conto bancario o postale al quale poter accedere tranquillamente da casa per gestirne i pagamenti delle utenze domestiche, e il tutto via internet. Tra le cause di questo divario tecnologico troviamo:  mancanza di una rete internet adeguata, scarsa velocità e costi eccessivi (quindi in ambito infrastrutturale);  scarse competenze digitali dovute a questioni generazionali, linguistiche, culturali, mancanza di supporti tecnologici, accesso a dispositivi e scarso reddito (si tratta di divario socioculturale);  assenza di connessione internet e/o centri di servizi e assistenza tecnica (caratteristiche territoriali).
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    Dovendo fare un excursus storico sul Digital Divide si individuano due tappe importanti: la prima risale agli anni '90 - con l'inizio del dibattito pubblico sulla inclusione digitale - e l'altra al 2012, quando l'ONU riconosce l'accesso al web come diritto fondamentale dell'uomo (*). Ogni stato membro è chiamato a promuovere e "facilitare" l'utilizzazione di internet. (*) la rete viene definita "una forza nell'accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme". E nel 2015 in Italia nel 2015 viene approvata la Dichiarazione dei doveri e diritti in Internet. Tale documento sancisce quel diritto di accedere ad internet in "condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale". Nonostante le premesse di cui sopra e nonostante una rilevante transazione digitale, l'Italia: - è posizionata al terzultimo posto fra i ventotto Stati membri, secondo il DESI (Indice di digitalizzazione dell'economia e della società della Commissione Europea - 2020 - 1/3 delle famiglie italiane non ha ancora a disposizione un computer e/o l'accesso a Internet da casa secondo un rapporto ISTAT BES del 2020 (Benessere equo e sostenibile). Tale divario è fortemente legato a fattori socio-economici-culturali e soprattutto nel Sud Italia. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede di realizzare formazione digitale con destinati 250 milioni di euro e di portare all'inclusione circa il 70% della popolazione entro il 2026. Testo integrale dell'articolo al link riportato all'item URL.
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I nuovi media tra eredità, identità e legame - 4 views

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    In questo articolo, Diego Zanelli, dottorando alla università del Galles, Trinity Saint David, ci parla di quelli che sono oggi i nuovi media immersi in una realtà che è sempre più un punto d'origine verso la multimedialità. Il medium, ogni nuovo media, fa da filtro verso quell'altra dimensione dove il corpo non ha modo di arrivare e, dall'altra parte, c'è un altro, che è ognuno di noi ma diverso da ognuno di noi. E' come guardarsi allo specchio da piccoli e non sapere che dall'altra parte ci siamo noi. L'immagine che ci restituisce il medium, però, la possiamo cambiare grazie ad un qualsiasi software, o ci consente di essere altri con molteplici identità (Facebook). I nuovi media sono utilizzati da tutti ma non per tutti con la stessa facilità o lo stesso scopo. Zanelli divide i nativi digitali (la nuova generazione che è cresciuta a pane e internet e che non ha avuto bisogno di istruzioni) da quelli che chiama "immigrati" digitali (la vecchia generazione che non ha invece avuto istruzioni a sufficienza per immergersi nell'utilizzo dei nuovi media) con una introspezione che rasenta la psicoanalisi nelle parti in cui misura l'Altro nel non-spazio di Internet.
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Le relazioni familiari nell'era delle reti digitali - 2 views

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    L'elaborato, scritto dalla Dott.ssa Marianna Caucino, ha l'obiettivo di approfondire l'effetto che l'uso massiccio delle tecnologie ha avuto sulla comunicazione all'interno del nucleo familiare e specificatamente tra genitore e figlio. In particolare delinea le possibili sfaccettature della funzione genitoriale nell'utilizzo delle tecnologie digitali e nel gestire il divario digitale che vede i "nativi digitali" più competenti nell'uso delle tecnologie di comunicazione. Perchè è opportuno lavorare sulla prevenzione e il supporto alla genitorialità? Vengono inoltre descritte dall'autrice le attività di "sharenting" e i possibili rischi, esprimendo un parere più favorevole alle pratiche mediattive che sostengano i figli nella navigazione consapevole e nello sviluppo del pensiero critico.
contribuire

Exploring Situated Empathy through a Metaverse Campus | Proceedings of the 26th Interna... - 0 views

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    In questo recentissimo paper si esplora il contributo che la realtà virtuale può apportare nell'aiutare le persone ad immedesimarsi nelle difficoltà altrui, sviluppando empatia. In particolare, si analizzano ostacoli e disagi incontrati da una comunità di immigrati in una micro-società all'interno di un campus universitario finlandese. L'esperimento è stato condotto su 18 soggetti per vivere le situazioni che hanno creato difficoltà attraverso interazioni con avatar in una versione di realtà virtuale, entro il campus dove si trova la comunità. I risultati preliminari tratti dai questionari suggeriscono che la conoscenza dei partecipanti e la tendenza alla volontà di discutere delle difficoltà sono migliorate grazie alla partecipazione all'esperienza. Inoltre, le interviste semi-strutturate riflettono positivamente sulla 'memorabilità' dell'esperienza fatta nella realtà virtuale, sulla plausibilità delle storie e sull'aumento dell'empatia situata e della consapevolezza dei partecipanti riguardo alle difficoltà della comunità internazionale locale. L' empatia è descritta come un fenomeno multidimensionale che include componenti cognitive ed emotive, con implicazioni per la salute mentale, le relazioni interpersonali e il benessere sociale. Vengono condivisi i risultati delle misurazioni e le osservazioni sul fatto che molto rimane da fare sia in termini di perfezionamento tecnologico che di riflessioni su aspetti etici e di privacy. Il tema è di particolare rilievo in società sempre più multiculturali, dove l'utilizzo dei media e new media può essere strumento critico di educazione e socializzazione
denisedesio

iGeneration: l'impatto delle nuove tecnologie su bambini e adolescenti - 9 views

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    Sebbene siano noti gli aspetti positivi della tecnologia digitale e le loro trasformazioni in particolare sulla Generazione Z; bisognerebbe insegnarla maggiormente nelle scuole alle nuove generazioni per diminuire il rischio degli effetti negativi che tali strumenti possono apportare e per ottimizzare il loro utilizzo. Giovani sempre più multitasking, problem solver, creatori attivi della loro conoscenza tramite procedimenti non lineari, veloci e rapidi che vivono internet e non semplicemente ci navigano; rischiano, a causa anche della non conoscenza approfondita degli stessi item, di sperimentare fenomeni di apatia, di mancanza di attenzione profonda ( "in internet si tende a passare da un rubinetto di informazioni all'altro ") di analfabetismo emotivo e di relazioni superficiali.
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    L'articolo è stato pubblicato il 5 aprile del 2017, dalla Dott.ssa Giulia Radice, psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale, iscritta all'ordine degli psicologi della Lombardia dal 12/03/2015. Nell'esercizio della sua professione si occupa di ansia e panico, depressione, disturbi di personalità, trauma, lutti e separazioni, difficoltà relazionali e sociali. L'autrice nata tra il 1980 e 1990 si attribuisce l'appellativo di nativa digitale riproponendo in bibliografia l'articolo di Prensky "Digital Natives, Digital Immigrants" del 2001, dove egli identifica con questo termine gli individui che hanno vissuto a contatto con i mezzi di comunicazione digitale. All'interno dello studio, 1985 è la data che segna il passaggio cruciale dovuto alla diffusione di massa del computer, le persone nate prima di questa data che si sono poi approcciate al linguaggio digitale in una fase successiva sono definiti immigrati digitali da Prensky. L'autrice si interroga sul modo in cui le tecnologie digitali stanno trasformando le nostre vite, le nostre abitudini, le nostre abilità cognitive e i nostri comportamenti, interrogativo che genera il titolo dell'articolo: "come le nuove tecnologie ci stanno cambiando: la iGeneration". L'autrice presenta inizialmente l' Igeneration o generazione z, gli iperconnessi di cui molto ha scritto la docente Twenge , psicologa alla San Diego University, autrice di saggi ed articoli sull'adolescenza dove ha proposto un'analisi accurata della iGeneration attraverso il confronto con le generazioni che l'anno preceduta (Baby boomers 1946-1964, Generazione X 1965-1979 e i Millenials 1980-1994) individuandone otto tendenze che la definiscono: immaturità, iperconnessione, incorporeità, instabilità, isolamento e disimpegno, incertezza e precarietà e inclusività. Degli articoli e dei saggi della Dott.ssa Twenge non vi è traccia in bibliografia, così come di una parte della posizione di Cesare Rivoltella, che
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