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Il multitasking non rende, cervello fa una cosa alla volta - Stili di vita - Salute e B... - 8 views

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    Il multitasking non rende, cervello fa una cosa alla volta Il multitasking non e' da tutti: solo il 2,5% delle persone riesce a prestare veramente attenzione a piu' attivita' insieme. Il cervello sceglie invece una sola cosa alla volta eliminando tutto il resto e fare piu' mansioni contemporaneamente puo' avere anche conseguenze negative. E' l' 'attenzione selettiva', una abilita' innata che aiuta a ragionare in un mondo fatto fondamentalmente di rumori. I ricercatori della California University di San Francisco hanno usato il frastuono di un party come test per osservare come funziona il multitasking scoprendo che e' la zona della corteccia sensoriale del cervello localizzata dietro le orecchie, dove arrivano e vengono interpretati i suoni, ad accendersi in presenza di un singolo stimolo uditivo e che, con l'aiuto degli occhi, aumenta la percezione cosi' da registrare solo il suono piu' alto ''come se ci fosse solo una persona a parlare'', sottolinea il direttore dell'indagine, Edward Cheng. Il fenomeno e' stato battezzato dagli studiosi col nome di 'cocktail-party effect' e la ricerca e' stata pubblicata di recente su Nature.
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    Dei ricercatori francesi hanno osservato e studiato un campione di 32 volontari, affidando loro prima un compito e successivamente due compiti differenti ma simili. I volontari sono stati osservati nel corso dell'esperimento con la risonanza magnetica e i ricercatori hanno notato che, mentre nello svolgimento di un'unica mansione venivano coinvolte più zone neurali di entrambi gli emisferi cerebrali, nello svolgimento di più funzioni il cervello si divideva a metà, deputando a ciascun emisfero un incarico. In particolare il lobo frontale, che è la parte del cervello deputata alle funzioni esecutive, non può adempiere a più di due compiti. Il tipo di esperimento eseguito, su un campione di individui destri e nessun mancino e con due compiti da portare a termine che erano simili tra loro, dicono i ricercatori sulla rivista "Science", non consente di dire se la divisione dei compiti tra i due emisferi sia casuale o dipenda dal tipo di operazione e dalla dominanza di un emisfero su un altro. Ma i risultati dello studio suggeriscono che il lobo frontale, che ha funzioni esecutive, è limitato a svolgere al massimo due compiti nello stesso momento. "Ecco perché la gente prende spesso decisioni irrazionali quando fa più di due cose insieme", spiega Koechlin: "Possiamo cucinare e stare al telefono, ma non possiamo per natura provare a leggere anche il giornale". Lo studio suggerisce anche che non esagerare nel multitasking è una buona regola non solo per le cose da fare, ma anche per quelle da pensare. Come il nostro cervello non è fatto (se non a un caro prezzo e con dubbi risultati) per fare troppe cose in una volta, così non è predisposto nemmeno per pensare a troppe cose: anche le scelte devono essere prese su due opzioni alla volta.
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    Alcuni ricercatori,guidati dal sociologo-matematico Clifford Nass,hanno condotto vari esperimenti su 100 studenti,tra multi-attivi e più tranquilli;e hanno concluso che il cervello dell'individuo multitasking lavora male.Chi è bombardato da flussi di informazione(da telefono,pc,tv) e cerca di fare tante cose insieme è disattento,non riesce a concentrarsi né a utilizzare bene la memoria.Con risultati peggiori di quelli dei posapiano che fanno una cosa alla volta.Per stabilire se i multitaskers ci sono o ci fanno ovvero se sono nati con una minore capacità di concentrazione,o se facendo tante cose insieme danneggiano le loro abilità cognitive,un giornalista-scrittore americano, A.J. Jacobs,ha preso sul serio la seconda ipotesi. Jacobs, ha provato a vivere facendo una cosa alla volta.All'inizio, Jacobs stava impazzendo.Perché per condurre una vita mono-tasking bisogna rinunciare al nostro consueto modo di vivere. Fin dall'inizio della giornata:niente più colazioni brevi e frenetiche,si fa il caffè mentre si accende il computer e si controllano le e-mail sullo smartphone.Niente cene familiari con la tv accesa.Niente telefonate mentre si legge,si cucina o si lavora.ESPERIMENTO La tecnica, spiega Jacobs,ha seri fondamenti scientifici.Possiamo lasciare i nostri pensieri scorrere lasciando il cervello in default,venendo sopraffatti da rabbia, meschinità, orgoglio ferito, fantasie egoistiche.O possiamo coscientemente scegliere di esercitare un qualche controllo su come e cosa pensiamo» Cercando di finire una relazione-facendo i conti di casa-rispondendo al telefono-controllando legumi che cuociono.Alla fine dell'esperimento,Jacobs è stato meglio.Riusciva a giocare con i suoi bambini senza controllare messaggi e e-mail,parlava con gli amici tenendo gli occhi chiusi per sentire l'altro e approfondire il contatto.Non ha smesso di essere un multitasker, ma:"sono come un fumatore che da tre e' passato a 10 sig al giorno"!
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    Quando io riesco ad essere concentrata in un'unica cosa da fare, sento che è come se avessi fatto della meditazione. Sono in pace con me stessa, col mondo, serena e positiva nei confronti della vita. Non so quale sia la ragione. Ma so che questo mondo sempre di fretta ci sta facendo andare in tilt. Le persone sono più informate, più colte, più aggiornate. Ma sappiamo davvero di più? Quanto di tutto ciò che arriva al nostro cervello è ridondante e non indispensabile? Avete mai provato a leggere un giornale italiano quando siete in vacanza all'estero? Magari ne comprate uno ogni quattro giorni. Ed è assolutamente lo stesso che se l'aveste comprato ogni giorno. La quantità ha superato la qualità e l'approfondimento. Al di là del fatto di poter o meno fare più cose alla volta (e bene), qual è il fine? La nostra serenità aumenta? No, diminuisce. Il nostro impatto sul mondo è maggiore? O non abbiamo tante cognizioni di cui non facciamo nulla? Questo stesso archivio online: quanto è frutto di pensiero profondo e quanto di necessità dettata dal dover fare l'esame? Quanto ogni inserto è meditato, pensato, condiviso? E quabte cose vengono pubblicate e non lette?! Non so, ma sono molto perplessa su tutto ciò...

psicotecnologie - 2 views

started by Adele Salzano on 20 Nov 12 no follow-up yet
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In arrivo i telefonini che leggono le emozioni - 2 views

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    Dallo smartphone all'Emotionphone, dopo la tribù del pollice (nata come conseguenza allo smanioso utilizzo degli sms la cui invenzione ha compiuto in questi giorni già i suoi primi 20 anni di vita) ecco affacciarsi sullo scenario non solo più l'intelligenza alternativa (smart) ma anche le emozioni. Mi chiedo se abbiamo davvero bisogno di tutto questo!
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funzioni e comportamenti artificiali - 1 views

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    che la cibernetica facesse passi da giganti era ipotizzabile, ma perchè creare strumenti artificiali alternativi cercando di equipararli a quelli naturali e non invece avvantaggiarsi della tecnologia per migliorare il cervello naturale? per evitare che invecchi? che si ammali? o che semplicemente NON VENGA UTILIZZATO nel modo corretto? mi pare che non sia più la tecnologia a mettersi a servizio dell'uomo ma piuttosto che sia l'uomo al servizio della tecnologia.
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La Realtá virtuale può aiutare nel processo terapeutico? - 2 views

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    Questo studio europeo si basa sulla collaborazione fra diverse università sia italiano che spagnole e opera interessantissime riflessioni sul ruolo che la realtá virtuale puó avere nell'ambito psicoterapeutico. Rispetto ai trattamenti "tradizionali", la realtà virtuale mostra molti vantaggi (ad esempio, è un ambiente protetto per il paziente, il quale può sperimentare molte volte la situazione temuta, rivelandosi un valido strumento contro le fobie). Ci sono già dati sulla efficacia di questa tecnologia nel trattamento di diversi disturbi psicologici, ad esempio i disturbi d'ansia, i disordini alimentari e i disturbi sessuali. Infine, lo studio termina con alcune considerazioni sui limiti e le prospettive della realtà virtuale nel futuro. L'articolo è in inglese, spero non ci siano per voi problemi nella comprensione del testo. Mi spiace ma tutti gli articoli più interessanti su questi temi, che a me personalmente interessano molto, sono presenti in rete sopratutto in inglese e spagnolo (lingue che ho la fortuna di conoscere e parlare).
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I-disorder, tecno-patologie che creano dipendenza - 3 views

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    Si chiamano 'I-Disorder', dal titolo dell'ultimo manuale (IDisorder - Understanding Our Obsession With Technology and Overcoming Its Hold on Us, ed. Palgrave MacMillan) dello psicologo californiano Larry Rosen, che è diventato un bestseller e indicano le tecno-patologie, un mix di disagi a cui si va incontro stando inchiodati tutto il giorno alla scrivania, ventiquattr'ore su ventiquattro tra pc, smartphone e tablet, spesso usati in contemporanea.
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    Parecchie sono le perplessità degli esperti in merito al pericolo di incremento delle patologie tecnologiche dei minori; in Italia si annoverano dipendenza da cyber-relazioni e l'epilessia da videogames.
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    Anche in Italia La "Dipendenza patologica da Internet" è di fatto entrata nel manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali. La patologia viene quindi assimilata alle tossicodipendenze. L'Internet Addiction Desorder come tutte le patologie presenta dei sintomi: 1. trascorrere un tempo sempre maggiore in rete per ottenere soddisfazione; 2. marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano Internet; 3. ansia e depressione; 4. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all'intenzione iniziale; 5. controllo compulsivo nell'uso di Internet; 6. dispendio del proprio tempo in attività correlate alla rete; 7. ignorare i problemi fisici e psicologici creati dal mezzo pur essendone consci Quello che preoccupa i psichiatri è che la patologia colpisce, ormai, troppi giovani adolescenti.
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HyQ, il robot quattrozampe nato in Italia - - 3 views

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    l'articolo descrive l'invenzione del robot a quattro zampe realizzato dall'Istituto Italiano di Tecnologia,
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    Molto interessante, ma non capisco la necessità di avere animali di compagnia robotici. In generale sarebbe molto più utile concentrarsi su robot con fattezze umane che potrebbero avere maggiori finalità (es. disinnesco di ordigni, aiuto domestico a casa, ecc..). Cmq credo che l'automazione in generale sia un altro tentativo dell'uomo di rendere reali e concreti i prodotti della propria mente, ancora una volta la tecnologia espande la nostra mente facendola superare i confini personali.
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Arriva il social network per il mondo accademico - 5 views

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    Arriva il social network per il mondo accademico, E' So.cl, piattaforma di Microsoft che connette gli studenti con la stessa formazione, Il progetto iniziale e' stato sviluppato il 2009 dal laboratorio FuSe (Future Social Experience) ed e' stato gia' sperimentato nelle Università di Washington, Syracuse e della New York University.
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    Cyberspazio: formazione e informazione Aug 1, 2012 "Il Cyberspazio ha puntato su due aspetti fondamentali: la formazione e l'informazione". Lo sottolinea Pasquale Alfieri , uno degli organizzatori di questa rassegna telematica, alla sua seconda edizione, e responsabile del settore informazione. FORMAZIONE perche' i ragazzi devono prepararsi al mondo del lavoro, acquisendo familiarita' con le tecnologie piu' avanzate. INFORMAZIONE per ridurre le distanze tra media e giovani utenti. L'idea del Cyberspazio e' stata quella di trasformare i giovani in "inviati" di testate giornalistiche. Questa esperienza e' servita per entrare in una dimensione del mercato del lavoro totalmente sconosciuta, dove convivono nuove figure professionali: dai cameramen agli operatori, dai tecnici audio e video agli scenografi di set virtuali, sino alla computer grafica. Link: http://www.radio.rai.it/grr/ar...iale/cyber98/ Added by: cla
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    Questo nuovo social network sembra davvero interessante. Eppure, per noi che studiamo in un'Università Telematica e siamo già abituati alla condivisione dei materiali accademici, vedi il forum, il sito utiu.students, e lo stesso Diigo, questa nuova piattaforma non sembra poi così rivoluzionaria... anzi, credo sia strano che non sia arrivata prima. In ogni caso guardo sempre con interesse a tutti quei mezzi che permettono la co-costruzione e la condivisione delal conoscenza!
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Il Dna nel cervello cambia 'abito' durante la crescita - 1 views

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    Il Dna nel cervello cambia 'abito' durante la crescita, Si modifica dalla nascita all'età adulta, Mentre il cervello cresce e si sviluppa, il Dna delle sue cellule cambia 'abito': dalla nascita all'età adulta, infatti, si ha un continuo rimaneggiamento delle modificazioni chimiche che determinano l'accensione o lo spegnimento dei geni , Biotech, Ansa
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