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Home/ Psicotecnologie e Processi Formativi - Uninettuno/ Group items tagged immigrati

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tommasina lupo

H. Sapiens Digitale: dagli immigrati digitali e nativi digitali alla saggezza digitale - 2 views

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    Colgo l'occasione di un post che la collega, Chiara Lucia Gobbi, ha scritto sull'apprendimento collaborativo. Trovo interessante la traduzione di un articolo di Marc Prensky (2009),il creatore della famosa metafora che distingue fra nativi e immigrati digitali. Prensky sottolinea come la differenza fra nativi e immigrati digitali tenderà progressivamente a perdere significato mentre sarà necessario fare riferimento ad altri concetti per leggere la continua evoluzione del rapporto fra l'uomo e le tecnologie digitali. In questo articolo viene introdotto il concetto di digital wisdom (saggezza digitale), una qualità dell'uomo che può emergere grazie al potenziamento che le naturali capacità umane ricevono dall'utilizzazione appropriata e creativa delle tecnologie digitali.
Ivan Romano

I "nativi digitali" figli di una nuova intelligenza, quella digitale. - 11 views

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    C'è chi come Carr ritiene che l'eccessivo multitasking dell'era digitale ci stia rendendo stupidi, c'è poi chi come il prof. De Kerckhove o il prof. Paolo Ferri (univ. Milano-Bicocca) ritiene invece che si possa parlare di una nuova forma di intelligenza. Nell'articolo che posto tratto dal Corriere viene presentato il libro del prof. Ferri "Nativi digitali". Questa definizione, coniata nel 2001 dallo studioso Marc Prensky, sottolinea la peculiarità di chi oggi ha meno di 15-16 anni ed è nato e cresciuto tra le tecnologie elettroniche; in contrapposizione all'"immigrante digitale", che invece ha incontrato tali tecnologie in una fase successiva della sua vita. Secondo il prof. Ferri, non è vero, che il digitale rende stupidi e favorisce la solitudine; ma può accadere che la modalità di conoscenza veloce e condivisa dei più giovani li esponga a rischi nuovi, come la superficialità, l'incapacità di tollerare le attese o di gestire la privacy. Limiti di fronte a cui il ruolo educativo degli adulti (genitori, insegnanti, istituzioni) diventa fondamentale. C'è quindi la necessità che gli "immigranti digitali" dialoghino dall'alto della loro esperienza con i "nativi digitali"; azzerando i pregiudizi e instaurando un rapporto costruttivo per entrambi.
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    Molto interessante. Per approfondire la cosa si vedano anche i seguenti video su youtube dove l'autore parla dettagliatamente dell'argomento. Video 1 Introduzione http://www.youtube.com/watch?v=8mwFtYfWXQo&feature=relmfu Video 2 Chi sono i Nativi digitali? http://www.youtube.com/watch?v=hYSxvwtdKso Video 3 Intelligenza digitale: http://www.youtube.com/watch?v=EacYvdoeCLg&feature=relmfu Video 4 Immigranti digitali: http://www.youtube.com/watch?v=u7c7Ubk-2S4&feature=relmfu Video 5 Nativi Digitali crescono: http://www.youtube.com/watch?v=5jUJD-WWAIw&feature=relmfu
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    #Intelligence #Multitasking http://www.tecalibri.info/F/FERRI-P_nativi.htm Autore: Paolo Ferri - Titolo: Nativi digitali - Edizioni: Bruno Mondadori "Secondo un fortunato apologo attribuito a Seymour Papert (1996), se un alieno dalla vita millenaria fosse ritornato sulla Terra nel 2000 dopo cinquecento anni di assenza, avrebbe trovato irriconoscibili i laboratori scientifici - per esempio quelli di fisica, non potendo mettere a confronto gli studi di Newton e Galileo con i Bell Labs o il CERN -, ma avrebbe riconosciuto facilmente un luogo deputato alle assemblee politiche, una chiesa o un'aula scolastica: non molto è cambiato da allora." Trovo interessante il titolo ed il contenuto del primo capitolo: "1 - Una razza in via di apparizione" Un ulteriore contributo può esser chiarificatore: Da 0 a 12 anni, l'identikit dei veri nativi digitali http://daily.wired.it/news/internet/ecco-chi-sono-i-nativi-digitali.html Chi sono i nativi digitali? Il loro modo di usare le tecnologie è legato alla loro età età? Una ricerca a cura del Gruppo NumediaBios e dell'università Milano Bicocca dà una risposta. Ciò che emerge è chiaro: la coppia oppositiva nativi/immigranti digitali è efficace ed esplicativa, a patto che non si considerino i nativi come una categoria unitaria e non si enfatizzi troppo la faglia tra nativi e immigrati. I nativi sono, infatti, una specie in via di apparizione, all'interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell'età e quindi dell'esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Emergono tre tipologie diffe
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    La classe politica italiana, citata dalla Rastelli nella recensione del libro di Ferri, risponde con il decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179 " Ulteriori misure per la Crescita del Paese" dove, nell'ottica di favorire la crescita e lo sviluppo dell'economia e della cultura digitali, affronta temi che vanno dall'agenda e dall'identità digitale, al domicilio digitale del cittadino, alla posta certificata, passando per la sanità digitale, libri e centri scolastici digitali, innovazioni nei sistemi di trasporto pubblico, moneta elettronica, ricerca e innovazione e comunità intelligenti. Per chi vuole approfondire ecco il link alla Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf
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    c'e un interessante articolo di sole 24 ore sull'argomento nativi digitali che vi invio per una riflessione sulle nuove generazioni che vivono e crescono con le nuove tecnologie : ddio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell'ora di punta. Tra social network, video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola non c'è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo scorso. Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come ha scritto l'ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un «facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini cresciuti con consolle e cellular
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    Collegato al tema dei nativi digitali e, in particolare, alla loro formazione segnalo l'interessante libro di George Veletsianos "Emerging technologies in distance education". George Veletsianos è un assistente professore di tecnologia didattica presso l'Università del Texas. La sua ricerca e gli interessi di insegnamento comprendono la progettazione, lo sviluppo e la valutazione di ambienti di apprendimento digitale, con particolare attenzione alla formazione per mezzo di personaggi virtuali, tecnologie emergenti, e all'esperienza dello studente. Questo libro, disponibile in Creative Commons Licence su www.aupress.ca, mette in mostra il lavoro internazionale di studiosi di ricerca e professionisti della formazione a distanza, che utilizzano emergenti tecnologie interattive per l'insegnamento e l'apprendimento a distanza. Esso raccoglie le conoscenze disperse di esperti internazionali che mettono in evidenza fattori pedagogici, organizzativi, culturali, sociali, ed economici che influenzano l'adozione e l'integrazione di tecnologie emergenti nella formazione a distanza. Emerging technologies in distance education fornisce una consulenza di esperti su come sia possibile lanciare efficaci e coinvolgenti iniziative di formazione a distanza, in risposta alle innovazioni tecnologiche, cambiando mentalità e le pressioni economiche e organizzative. Il volume va oltre l'hype che circonda le tecnologie Web 2.0 e mette in evidenza le questioni importanti che i ricercatori e gli educatori devono prendere in considerazione per migliorare la pratica educativa.
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    Beh che dire questo articolo è attinente al programma di Psicotecnologie e si riallaccia a quanto detto dal Prof. De Kerckhove nella sua lezione "is Google making us stupid?". Le conclusioni a cui arrivano i due Prof sono simili. Il Multitasking non ci rende più stupidi come invece sembrerebbe emergere da uno studio della Stanford University condotto su di un campione di 100 studenti. Nel mio piccolo devo ammettere che condivido le posizioni di Jacobs emerse in questo articolo (già condiviso per altro da un altro collega) :http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_23/multitasking-rodota_b6937564-6685-11df-b272-00144f02aabe.shtml Jacobs riprende un po' quanto detto da Carr e cioè che il multitasking non ci rende migliori ma semplicemente ci fa fare più cose assieme e tutte, in un certo qual modo,"male". Il termine "male" va spiegato un po' meglio, con il multitasking facciamo più cose assieme e le facciamo peggio di come le faremo se ne facessimo una alla volta, in questo senso ho usato il termine "male". Secondo me il punto centrale, parlando di multitasking, è che la nostra società oggi ci obbliga a far più cose simultaneamente e se per certi studiosi questo ci porta a fare più cose in modo peggiore è anche vero, come dice il Prof.De Kerckhove, che quest'abilità è prerogativa delle nuove generazioni. In ultima analisi, oggi dobbiamo saper fare un po' tutto (mandare email, usare la chat, navigare in internet ecc...) e se questo ci rende un po' meno capaci "nello specifico" è un sacrificio da poter fare in nome dell'evoluzione tecnologica.
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    Su BBC news del 20 Novembre, nell'articolo "What makes us intelligent?" si parla di un argomento simile anche se lo studio non parla solo delle nuove generazioni, quelle cosiddette 2.0 . Lo strumento digitale ci rende più stupidi? Anche qui viene rilevato che non memorizziamo più le cose come un tempo, non tanto per ridotta capacità quanto per una naturale efficienza mentale: perché usare tempo e spazio per attingere a cose facilmente reperibili con altri strumenti? Il filosofo Andy Clark ha definito gli uomini "natural born cyborg" dato che riescono ad integrarsi e incorporare i nuovi strumenti che la tecnologia ci può offrire per sfruttarli e magari nel frattempo allargare le nostre competenze, occuparci di più tasks, e non è detto che sia in maniera più superficiale.
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    Allora io sono un "immigrato digitale" ! Come molti ho assistito ai primi pc (da bambino giocavo con il commodore 64 e a scuola ci facevano fare dei test con un programma grafico chiamato "tartaruga" , una sorta di triangolo verde che segnava linee sullo schermo), ricordo le prime piattaforme per videogiochi, il modem a 56k, i primi video presenti in rete, etc Assecondare le tecnologie non è sempre stato facile perchè occorre sempre un fuoriuscire da ciò che si conosce (ammetto l'estraneità -ma anche il divertimento- che ho provato la prima volta che a casa d'amici ho usato una Wii), un testare cose nuove che magari ritenevi per se inutili (quando è merso il cloud inizialmente mi sono chiesto "ma perchè questa cosa?, ci vogliono controllare meglio?"...a pensarci oggi viene quasi da sorridere) Ritengo utile quindi creare un ponte tra "nativi digitali" e "immigrati digitali", non tanto perchè ci spieghino come funzionano le tecnologie (magari le usiamo megli di loro) ma per cogliere le differenze di visione, d'umanità e di prospettive che ci possono essere tra generazioni diverse
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    Sarei curioso di vedere l'effetti di questa nuova digitalita' fra 30-40 anni, sentendo parlare esperti del rorschach la nostra intelligenta, di Italiani, e' peggiorata tantissimo, abbiamo perso l'intelligenza operativa di fare le cose, l'accuratezza di ricercarle e avere pazienza di farlo! Spero che sia solo un catastrofismo personale di chi ha detto questa cosa, ma ogni cambiamento non puo' per forza di cose portare solo vantaggi... magari...
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    Personalmente non ritengo che l'intelligenza digitale, e quindi google e tutti i social network, ci rendano stupidi. E' solo un modo diverso di fare comunità, condivisibile o meno a seconda dell'età e contesto sociale. Certo dalla nostra generazione(40enni) a quella dei nostro figli 12-16enni, molto è cambiato. Io facevo le ricerche sulle enciclopedie che disponevo in casa, per poi trascrivere il tutto a penna sul quaderno, ora base dati il network, e con un rapido ctrl c, ctrl v, si ha subito ed in maniera eficiente una qualsiasi ricerca. Certo un pò di abilità di come muoversi nel web ci vuole. Però ci dobbiamo adeguare ai nuovi sistemi che ormai sono parte integrante del nostro vivere, conoscere e relazionarsi.
astrobaldo

esercizi di psicotecnologie - 2 views

ESERCIZI DI PSICOTECNOLOGIE Psicotecnologie definizione Branca della psicologia generale che s'interessa dell'aspetto cognitivo delle tecnologie come il linguaggio. Le psicotecnologie indaga...

started by astrobaldo on 02 Jul 24 no follow-up yet
alessandra de vico

Multitasking: altro che le donne, sono gli uomini a far meglio - 8 views

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    Curioso articolo sulla capacità di essere multitasking
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    La capacità che ha l'essere umano di eseguire piu' compiti in contemporanea porta ad effettuare un paragone fra l'uomo e un sistema operativo, definito multitasking in quanto capace di eseguire nello stesso tempo più programmi. E poco importa se sono gli uomini o le donne i migliori a lavorare simultaneamente su piu' fronti.
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    Multitasking: altro che le donne, sono gli uomini a far meglio Nella "gara" su chi è più performante nel lavorare in multitasking vincerebbe l'uomo (ma solo per una parte del mese) Il mito della donna capace di lavorare in multitasking - una definizione che in generale indica la capacità di eseguire più compiti contemporaneamente - può essere nato dalla necessità di potersi destreggiare tra il lavoro e la famiglia cui, in genere, è soggetta la donna.
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    ....mi è cascato un mondo!!!
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    Se avete 3-4 minuti a disposizione date uno sguardo al seguente video: http://www.youtube.com/watch?v=34OZ-dsNkBw
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    Molto simpatico il video....ottima capacità comunicativa e didattica
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    Sono in vacanza e al relax associo lo studio....anche questo può essere considerato un multitasking?
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    ho trovato un altro articolo sul Multitasking: questa volta riguarda i bambini nati dopo il 2000: Com'è mutato il cervello dei "nativi digitali": più rapido e multitasking. «Quello dei nativi digitali, ragazzini nati dopo il 2000, è differente rispetto a quello dei loro genitori: studi condotti in Asia hanno mostrato che siamo di fronte a una mutazione, una sorta di evoluzione dell'umanità, diventata mentalmente più rapida e davvero multitasking. Parliamo di ragazzini cresciuti a latte e tablet, in grado fin da piccoli di integrare meglio realtà e tecnologie, dominandole e rischiando molto meno rispetto agli altri di sviluppare una dipendenza da Internet, chat e giochi online». A disegnare l'identikit di «nativi digitali, immigrati digitali e generazione pre-digitale» è lo psichiatra Tonino Cantelmi, professore di psicologia dello sviluppo alla Lumsa. Cantelmi affronta il fenomeno anche nel volume Tecnoliquidità (che sarà presentano in un Social Event, organizzato dall'Istituto di terapia cognitivo interpersonale - Itci, il 14 dicembre a Roma, alle 19, presso Eataly, Piazzale XII Ottobre 1492). (link: http://www.lastampa.it/2012/12/11/scienza/com-e-mutato-il-cervello-dei-nativi-digitali-piu-rapido-e-multitasking-KXMCv3pT4k2pTz9yIsMSMJ/pagina.html)
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    rimango sempre perplessa su questo tipo di ricerca ritenendo che in ogni tecnologia ci sia una parte che porta all'evoluzione della persona ma nel contempo distoglie creatività
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    non ci credo !!Rivalsa degli uomini??
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    Interessante ed originale articolo sulla differenza tra uomo e donna nell'essere multitasking.
Tucconi Tiziana

La formazione a distanza avvicina Italia - Marocco - 0 views

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    Roma, 25 ott. Nasce il ponte virtuale che collega la popolazione analfabeta del Marocco residente in Italia alla riva di un futuro integrato con la lingua e la cultura d'origine. Motore dell'iniziativa è l'accordo di cooperazione sottoscritto tra l'Università Telematica Internazionale Uninettuno e il ministero delle Comunità marocchine all'estero per l'alfabetizzazione dei bambini, delle donne e dei giovani immigrati marocchini residenti in Italia. Scopo del progetto è l'apertura in Italia di centri per specializzare i docenti all'utilizzo di nuove tecnologie per la formazione a distanza in lingua araba. Già nel 2009 l'UTIU mediante un corso trasmesso in Marocco dalla rete televisiva nazionale Snrt e in Italia da Rai Nettuno Sat e Rai Due: "Imparo l'arabo, il tesoro delle Lettere" era riuscita, in soli due anni, a ridurre sensibilmente il tasso di analfabetismo. Utiu è la prima Università riconosciuta a livello internazionale per lo sviluppo di processi di apprendimento e insegnamento a distanza, tramite televisione ed Internet, in 5 diverse lingue: italiano, arabo, inglese, francese e greco. Il rettore M. A. Garito ha dichiarato che tale approccio favorirà la nascita di nuove politiche migratorie, fondate sullo scambio e sul dialogo interculturale. Un contributo importante per costruire spazi di confronto e sperimentare nuove forme di cooperazione.
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