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annafoga

Sindrome di Hikikomori e Fobia Sociale: quale relazione tra i due disturbi? - 1 views

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    L'articolo indaga la relazione tra la sindrome di Hikikomori, e la fobia sociale, soffermandosi sul ruolo genitoriale alla base dei disturbi, e distingue tra sindrome di Hikikomori primaria, il ragazzo non manifesta una diagnosi grave pur non essendo in grado di entrare in società, e secondaria, quando il ragazzo presenta gravi disturbi mentali tra i quali il Disturbo d'Ansia Sociale.
itroisi

Nomofobia: caratteristiche della sindrome da disconessione - 3 views

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    Questo articolo tratta della Nomofobia o Sindrome da disconnessione dovuta alla iperconnessione. Il termine "nomofobia" significa letteralmente "no mobile phobia", ovvero la paura incontrollata (fobia) di non avere accesso alle rete di telefonia mobile. Chi soffre di nomofobia non riesce a stare più di dieci minuti senza verificare le notifiche e può addirittura pensare che stia squillando il telefonino anche quando non è così. Si tratta di una paura di nuova generazione: quella di non avere il cellulare a portata di mano, di non poter chiamare o ricevere telefonate, o comunicare con gli amici attraverso i social network. Nella persona nomofobica si innesca un meccanismo di dipendenza del tutto simile a quello della tossicodipendenza. Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi in varie parti del mondo per comprendere meglio il fenomeno. Anche in Italia sono state condotte delle ricerche anche se esigue; quella meritevole di nota è stata condotta nel 2014 da Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, studiosi dell'università di Genova, che avevano proposto di inserire la nomofobia nel DSM-V come Disturbo di ansia. In base a tale ricerca è emerso che la nomofobia sarebbe caratterizzata da ansia, disagio, nervosismo e angoscia causati dall'essere fuori contatto con un telefono cellulare o un computer. Questa fobia ha due facce: da una parte può essere utilizzata come "un guscio protettivo o uno scudo" in modo impulsivo, dall'altro "come mezzo per evitare la comunicazione sociale". Dunque la nomofobia comporta una paura sproporzionata di rimanere fuori dal contatto di rete mobile, al punto di sperimentare sintomi fisici come quelli dell'attacco di panico (tremori, vertigini, sudorazione, tachicardia, ecc....). Altre ricerche invece hanno maggiormente sottolineato nella Sindrome da disconnessione la presenza di sintomi tipici delle nuove dipendenze patologiche (dipendenze senza sostanza) e non quelle della fobia. Secondo alcuni studi soggetti a rischi
cosimofumarola

Hikikomori, la sindrome dei ragazzi che si chiudono in camera e rifiutano ogni aiuto - 3 views

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    Sonia Montrella, giornalista dell'AGI, ha pubblicato, qualche anno fa, un'intervista rilasciata da Marco Crepaldi, presidente di "Hikikomori Italia", allo scopo di fare maggiore chiarezza circa un fenomeno molto serio che colpisce tanti adolescenti, anche italiani, conosciuto con il nome giapponese Hikikomori, perchè studiato per la prima volta in Giappone. Si tratta di un disagio che conduce molti soggetti, tra i 15 e i 25 anni di età, a rifiutarsi di uscire, di vedere gente e di avere rapporti sociali, ed a rinchiudersi in camera da letto, dove disegnano, giocano con i videogiochi o navigano continuamente su internet. Molti medici tendono a confondere questo disagio con la depressione o con la dipendenza da internet, quindi con una vera e propria malattia, perchè non ancora ben conosciuto. Ma le cause di questa volontaria reclusione dei giovani, come spiega Crepaldi, sono legate alle eccessive pressioni di realizzazione sociale tipiche delle società capitalistiche economicamente più sviluppate. Dunque, internet e i media digitali non sono i principali responsabili di questa sindrome, anzi permettono a questi ragazzi di instaurare, anche se solo virtualmente, delle relazioni interpersonali. Crepaldi, nella sua intervista, ci spiega pertanto cosa è l'"Hikikomori, come si riconoscono gli hikikomori, quali sono le cause e come aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato.
luciaiantorno95

E' possibile restare 'umani' in un mondo tecnologico? - Il Fatto Quotidiano - 2 views

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    Nella società odierna la rete e i social network sono diventati indispensabili. Ma cosa accade alla nostra capacità di elaborare le informazioni e al modo in cui ci relazioniamo? Siamo consapevoli che esiste la sindrome da dipendenza da internet che può rivelarsi molto dannoso soprattutto per gli adolescenti. In questa patologia vi è una scarsa capacità di controllo degli impulsi. E' stata inoltre scoperta un ulteriore sindrome denominata "tecnostress", un disturbo legato all'uso massivo e stratificato delle nuove tecnologie. Questo provoca secondo la Onlus netdipedenza ansia, attacchi di panico, calo della concentrazione, disturbi gastrointestinali depressione, tuttavia possono comparire alterazioni comportamentali e l'isolamento relazionale. Siamo continuamente distratti da messaggi, notifiche e vibrazioni. Quando il nostro smartphone non è a portata di mano diventiamo ansiosi. L'ansia modifica i nostri parametri biologici fondamentali: pressione sanguigna, battito cardiaco, respirazione. Quando lo stimolo si cronicizza, ci si può ammalare. Uno psicologo statunitense è stato il primo a studiare la sensazione "allucinatoria" che il telefono stia squillando nella nostra borsa.
federicopt

Chi sono gli "hikikomori" in Italia - Il Post - 6 views

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    ITALIA MERCOLEDÌ 13 OTTOBRE 2021 Chi sono gli "hikikomori" in Italia Cioè le persone che interrompono i contatti col mondo esterno e vivono in ritiro sociale: è un fenomeno presente da tempo ma finora poco studiato di Susanna Baggio In Italia negli ultimi anni si è sentito parlare sempre più spesso dei cosiddetti "hikikomori", ovvero persone che abbandonano progressivamente le attività scolastiche, extrascolastiche o lavorative per ritirarsi in isolamento nella loro casa o nella loro stanza per periodi prolungati di tempo, indicativamente da sei mesi fino a diversi anni. Le persone che vivono in ritiro sociale volontario rinunciano a poco a poco alle relazioni con chi aveva fatto parte della loro vita, talvolta anche con i familiari, e spesso occupano il tempo impegnandosi in varie attività su internet, per esempio tenendosi in contatto gli uni con gli altri su forum e chat o guardando film e serie tv. Questo fenomeno è stato individuato dapprima in Giappone, dove è diventato una questione sociale di rilievo, ma da almeno una quindicina d'anni è piuttosto presente anche in Italia, dove però è ancora molto poco studiato. Gli hikikomori sono stati spesso definiti "eremiti dei tempi moderni" e la loro situazione può dipendere da moltissimi fattori diversi. Il loro non è un disturbo riconosciuto a livello scientifico e va distinto anche dalle diverse psicopatologie alle quali può comunque essere collegato, come la depressione o la dipendenza da internet. È stato osservato perlopiù in società fortemente competitive e coinvolge soprattutto adolescenti e giovani adulti, motivo per cui negli ultimi anni hanno cominciato a interessarsene anche le scuole e le istituzioni. Un po' di storia Il termine hikikomori fu utilizzato per la prima volta nel 1998 dallo psichiatra giapponese Tamaki Saito, che fuse i verbi "hiku" e "komoru", cioè ritirarsi e stare in disparte. Saito coniò questo termine per descrivere tutte quelle persone a
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    In questo articolo, Susanna Baggio affronta la tematica nata in Giappone e che si sta progressivamente diffondendo anche in Italia( al momento poco conosciuta e studiata). Tale sindrome, si esplica nell'isolamento e ritiro sociale che fa rinchiudere e isolare gli adolescenti e giovani adulti nella propria camera. L'autrice cerca di approfondire le varie sfaccettature del fenomeno, riportando dettagliatamente le varie opinioni di esperti. Questo tipo di problematica, a mio avviso, non va sottovalutata perché spesso è anche difficile affrontarla con chi ne è affetto, come riportato anche nell'articolo stesso in quanto loro rifiutano di farsi aiutare, negando addirittura di averla. Senza dubbio l'avvento della pandemia da covid19, ha accentuato tutto questo e non ha aiutato l'interazione tra genitori e figli, rendendo difficile il contenimento e l'argine del fenomeno stesso. A mio parere, per contrastare il fenomeno, bisognerebbe avere un costante dialogo in famiglia, non prendendo la tecnologia come baby sitter dei propri figli ma tenendo un dialogo costante con loro mantenendo un rapporto attivo, non si può criminalizzarle i soggetti ma bisogna avere un rapporto empatico e canali sempre aperti con loro, ricordiamoci che la tecnologia e le macchine, sono buone scoperte se semplificano la vita e aiutano l'essere umano. Le macchine, però, non devono e non dovranno mai sostituirsi all'empatia e alla bellezza delle relazioni e rapporti umani.
jgrossi108

Media digitali: angeli o demoni? - Infanzia digitale - Tecnologia digitale, scuola e ap... - 8 views

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    Mentre leggevo questo articolo su internet riflettevo sul fatto che io stessa appartengo a quella generazione che molti autori, tra cui Prensky, chiama "Nativi Digitali": la generazione nata tra il 1980 e il 1990, cresciuta nella prima era del Web, la 1.0, caratterizzata da siti statici e uso sfrenato delle e-mail e dei più svariati motori di ricerca;i primi a cogliere l'enorme potenziale dei nuovi media, sfruttandolo per comunicare con gli amici, per conoscerne di nuovi, cercare informazioni o notizie e per condividere le opinioni.Mettendo da parte il mio smartphone e chiudendo le pagine web che ho aperto tra una ricerca e l'altra, mi domando come le tecnologie digitali stiano trasformando le vite, le abitudini, le abilità cognitive;i bambini di oggi che adulti saranno domani?La iGeneration accoglie al suo interno tutti i nati dagli anni '90 fino al 2010 e la "i" rappresenta l'insieme di dispositivi nati al contempo (iPhone,iPad). Prensky li descrive come individui abili a elaborare le informazioni,con una preferenza per le nozioni che possono ottenere rapidamente e apprendere attraverso modalità attive e non-lineari, multitasking,poco tolleranti verso lunghe letture e che sperimentano lo sviluppo delle abilità sociali all'interno della realtà digitale.Nella mie esperienze ho potuto osservare genitori che,in preda alla stanchezza,lasciavano i figli giocare con tablet o smartphone per ore,trascurando i rischi del web e lasciando che si rinchiudessero in questa bolla di sapone che è la realtà virtuale.Ho anche visto,però,genitori lontani per lavoro che grazie ad internet potevano guardare i loro figli crescere e sentire la loro voce.Io non so se i cosiddetti nuovi media, o meglio i media digitali, sono degli angeli o dei demoni; so però che internet ha cambiato molte vite e che crescere insieme a dei genitori presenti è auspicabile ma la possibilità di sentirli vicini o di imparare gratuitamente è indispensabile.Chi vivrà, vedrà.
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    L'articolo in questione, è tratto dalla "Tesi di Laurea" di Loredana Urraro. Iniziando da una considerazione generale, dove viene evidenziato come la nostra Epoca stia attraversando una potente Rivoluzione Tecnologica e la nostra quotidianità è quindi pervasa dall'utilizzo costante di Strumenti Digitali, si arriva a postulare di un problema che riguarda lo sviluppo cognitivo dei più piccoli e nello specifico, si parla di "Demenza Digitale" (M. Spitzer). I così detti "Nativi Digitali" cioè tutti i bambini che sono nati dalla fine degli Anni '90 in poi sanno padroneggiare con sempre maggior facilità i mezzi digitali a tal punto che viene coniato il termine "Intelligenza Digitale". I nuovi strumenti digitali si sostituiscono di fatto all'interazione faccia-faccia, sottraendo tempo prezioso al gioco e alle relazioni umane: il semplice gesto dello scorrimento delle dita su un piano liscio (come quello dei touch-screen) impoverisce inevitabilmente l'esperienza tattile, ottica e acustica fondamentale per lo sviluppo del cervello del bambino. Gli stimoli emotigeni provenienti dalle tecnologie possono portare ad un sovraccarico informazionale (Information Overload) con la conseguente desensibilizzazione emotiva del bambino connessa all'abuso dei dispositivi, in particolare TV e Videogiochi violenti. Tutto questo può portare in età pre-adolescenziale ad una devianza nelle condotte e stili di vita a rischio. Oltre a questo, si apre un capitolo importante legato al valore legato al piacere che i Nuovi Media tecnologici sono in grado di fornire ai Nativi Digitali, aprendo così lo scenario di una potenziale Dipendenza Tecnologica e, di conseguenza, legato al Disturbo da Gioco su Internet, come la "Sindrome da Videogiochi". Demonizzare le nuove Tecnologie, comunque, non rappresenta la soluzione e porterebbe ad una discussione sterile, mentre assume rilevanza maggiore il concetto di "limite", ossia l'introduzione di limiti e cautele
robertobrunelli

Hikikomori. La solitudine degli adolescenti giapponesi. - 2 views

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    marinamarina on 21 Nov 15 Il fenomeno hikikomori, che in giapponese significa stare in disparte, isolarsi, è una sindrome sociale particolarmente diffusa in Giappone, che coinvolge specialmente adolescenti e post-adolescenti: giovani tra i 14 e i 30 anni, di estrazione sociale medio-alta, nel 90% dei casi maschi, di solito figli unici di genitori laureati, con il padre che ricopre spesso un ruolo dirigenziale ed è molto assente, vittima di una forte pressione sociale dovuta alla competitività e dedizione al lavoro, e la madre che si occupa totalmente della gestione della famiglia, dei figli e della casa. Il fenomeno si sviluppa di solito dopo un lungo periodo di assenza da scuola da parte del giovane. I dati reperiti dai centri di Supporto No-Profit e dal ministero della Salute, Sanità e Lavoro nel 2010 parlano di una cifra ufficiale di oltre un milione di persone che in Giappone praticano l'hikikomori, ma si tratta di un fenomeno in espansione in Corea, in Cina e anche nella cultura occidentale. Il termine è stato coniato agli inizi degli anni '80 da un noto psichiatra giapponese, Saito Tamaki, e identifica una forma di isolamento dal contesto sociale e di rifiuto totale per ogni tipo di relazione, e anche per la luce del sole. La vita di questi giovani si svolge all'interno della propria camera, dormono di giorni e vivono solo di notte, e le uniche forme di interrelazione avvengono attraverso Internet, videogiochi o libri. La reclusione è sostenuta dai genitori, che mantengono come unica forma di contatto il passaggio del cibo attraverso la porta della camera del giovane.
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