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giannib71

Adolescenti - 2 views

started by giannib71 on 17 Mar 21 no follow-up yet
  • giannib71
     
    Adolescenti
    Il mondo degli adolescenti e' sempre stato in movimento, cangiante ma negli ultimi anni con l'avvento delle nuove tecnologie questa accelerazione e' diventata ancora più dirompente. Il divario e lo scollamento con il mondo degli adulti e' diventato ancora più marcato anche grazie all'assunzione di nuovi linguaggi e comportamenti che gli adulti non riescono ad interpretare e codificare.
    La percentuale di alessitimia negli adolescenti sta crescendo in maniera esponenziale, con la difficoltà di dare significato, forma e colore ai propri sentimenti ed emozioni perché e' più facile ed immediato esprimere uno stato d'animo attraverso un emoticon.
    L'età' media degli adolescenti che gioca online oscilla tra i 14-16 anni anche se in alcuni casi si possono trovare anche bambini di 9-10 anni che video- giocano. Quando parlo di videogiochi non mi riferisco a pupazzi colorati in 3 dimensioni che includono una storia ma di giochi competitivi online spesso violenti definiti game as a service il cui unico obiettivo e' continuare a giocare e accumulare ore di gioco per sviluppare il proprio personaggio o Avatar. Questo passaggio da semplice gioco a servizio ha provocato in molti giocatori un legame o dipendenza con il gioco stesso riducendo drasticamente il filtro o zona di confine tra l'identità' reale e l'identità' virtuale della persona che spesso sono mischiate o indefinite e in alcuni casi prevale l'identità' virtuale. L'adolescente se nella vita reale e' una persona timida con pochi amici, nel mondo virtuale può essere un vincente in un determinato gioco e di conseguenza essere cercato da diverse persone per giocare, consigli o suggerimenti.
    Mentre le dipendenze da droghe o alcol sono etichettate e ben definite dalla società e dai media, la dipendenza da videogiochi e/o Internet e' socialmente accettata perché ne vengono ridotte le conseguenze, perché in fondo il videogioco viene considerato da molte persone un passatempo oppure perché i genitori preferiscono sapere che il proprio figlio e' chiuso in camera sua piuttosto che restare fuori con gli amici in balia di possibili pericoli.
    Il consumo di videogiochi e' in costante aumento, difatti le compagnie che sviluppano e producono videogiochi superano ormai da anni il fatturato del cinema. In un periodo di post-pandemia con tutti gli effetti negativi che stiamo subendo tra crisi economica e sociale vorrei evidenziare un aspetto che ritengo significativo: a fine Novembre uscirà la nuova Playstation. Qualche settimana fa nei vari siti di e-commerce avevano aperto i preordini. Dopo circa 30 minuti sono stati chiusi perché non potevano soddisfare tutte le richieste. Mi riferisco ad una console che costerà 500 euro!
    Negli ultimi anni la generazione degli adolescenti e' stata definita come invisibile a causa di un futuro sempre più incerto per il lavoro e per diventare autonomi e indipendenti. Spesso al mondo degli adolescenti viene chiesto di crescere in fretta, mentre in alcuni casi il mondo degli adulti regredisce con atteggiamenti infantili. Questo stato di invisibilità continua a rimanere anche ai giorni nostri, ma e', secondo una mia personale interpretazione, voluta e desiderata dagli adolescenti, perché se l'esempio e riferimento che dovrebbero seguire e' quello del mondo degli adulti che spesso ha fallito nel suo tentativo di educare e creare un futuro per le nuove generazioni,l'alternativa e' quella di rimanere invisibili.
    Propensione al rischio tra i nativi digitali
    I comportamenti a rischio, trasgressivi e dirompenti caratterizzano l'adolescenza da sempre, in ogni epoca e in ogni cultura. L'incidenza dei comportamenti a rischio raggiunge
    la frequenza massima poco prima dei 20 anni, questo nonostante l'intelligenza di un giovane di questa età sia equivalente a quella di un adulto, la sua memoria sia impeccabile e la sua capacità di ragionare non differente da quella di un suo genitore o di un suo insegnante. Per proteggere gli adolescenti da sé stessi non serve insistere con loro
    sull'esigenza di saper distinguere ciò che è rischioso da ciò che non lo è: lo sanno già fare. Serve aiutarli a sciogliere conflitti emotivi relativi al loro valore personale e alla loro reputazione sociale, all'appartenenza al contesto familiare e culturale in cui crescono, e alla loro possibilità di direzionare il proprio futuro. La velocità con cui si cresce e si diventa adulti dipende dalle caratteristiche socioculturali del contesto in cui ci sviluppiamo e da quanto tale contesto ci spinge ad assumerci dei rischi all'interno di una zona di sviluppo prossimale. È possibile che alcune caratteristiche della attuale società del narcisismo, della famiglia affettiva e di una generazione che cresce "senza sbucciature alle ginocchia"
    stia minimizzando la fisiologica spinta dell'adolescenza a mettere in discussione i limiti e, pertanto, a correre dei rischi. Con alcune conseguenze paradossali, come ad esempio la convinzione che porta gli adolescenti a bere meno alcol (comportamento considerato rischioso) ma a farsi molte più canne (percepite come "meno" rischiose degli alcolici) nonché, seguendo lo stesso principio, a considerare la guida sotto l'effetto di marijuana meno pericolosa rispetto al guidare dopo aver bevuto.
    Rete, identità e ritiro.

    Il gap generazionale attuale presenta elementi di specificità che nessuna delle generazioni precedenti di adulti si è trovata ad affrontare. Quella di oggi è la prima generazione di adulti che si trova a osservare le trasgressioni adolescenziali a cavallo della diffusione di Internet. Madri e padri che avevano consegnato ai figli i primi cellulari con l'intento di stare più tranquilli, non si aspettavano certo che quegli stessi cellulari sarebbero stati utilizzati dai figli per riprendere le proprie spericolate gesta o per trasmettere e ricevere contenuti sessuali o violenti. Le nuove tecnologie che da un lato facilitano notevolmente la risoluzione dei compiti evolutivi, dall'altro la rendono sempre più lontana e nascosta dallo
    sguardo genitoriale, più sconosciuta ed ansiogena. La sensazione è che oggi sia molto facile mettere pericolosamente a rischio il proprio progetto di crescita, la propria salute e la propria vita, sulla base di stimoli incontrati online.
    Genitori ed insegnanti hanno appreso in cosa consista il blackout game dalla tragica esperienza di un ragazzo a cui tale pratica è costata la vita, e quanto estrema possa diventare la tirannia dei like e dei selfie dall'eventualità che sia stato per questo che un altro adolescente sia precipitato nel vuoto da un'altezza mortale. Preoccupano molto questi rischi nuovi, strani, incomprensibili specie se veicolati dal virtuale. Forse richiamando alla mente la propria adolescenza, gli adulti sono abituati a considerare fisiologici i rischi che un adolescente corre per sfidare il mondo adulto, per affermare la propria identità, e con difficoltà anche i pericoli che corre per mettere alla prova un corpo che è a sua disposizione molto di più di quanto non lo fosse nell'infanzia. Di tutti questi rischi si sente un'enorme mancanza, mentre rimaniamo sgomenti ed attoniti di fronte a gesti estremi compiuti all'unico e solo fine di essere popolari. Meglio ferirsi, ammaccarsi, persino uccidersi ma essere popolari, piuttosto che sani, intonsi, cresciuti e maturati ma dolorosamente sconosciuti e silenziosamente invisibili.
    Quando i membri di una generazione cresciuta nella rete non utilizzano gli strumenti tecnologici in modo adattivo bensì come strumento di espressione di un malessere o di una crisi evolutiva, possiamo trovarci di fronte a due principali fenomeni. Da un lato abbiamo i ritirati sociali, adolescenti che hanno accolto in tutto e per tutto la rivoluzione digitale e hanno creato universi espressivi in cui si rifugiano in occasione di gravi crisi evolutive, in una sorta di autoricovero che esprime sia il dolore sia un tentativo di risolverlo. I "ritirati sociali" rappresentano forse la più significativa manifestazione del disagio giovanile odierno. Dall'altra parte vi sono gli adolescenti che iper-investono nella rete, ma in modo molto differente: sono i "sovraesposti sociali", ragazzi e ragazze che mettono in scena la propria fragilità narcisistica mediante agiti virtuali: condotte di sexting, ovvero quelle forme di agito in cui esibiscono parti del proprio corpo nudo in rete, attraverso fotografie e filmati; forme di cyberbullismo, in cui l'atto di deridere, minacciare, svergognare l'altro in rete senza esporsi direttamente, ha lo scopo di esternalizzare le proprie fragilità, agendole virtualmente sui coetanei che si trovano poi a subirne le conseguenze anche nel mondo reale; istigazioni a gesti rischiosi o autolesivi, diffusione di informazioni sul consumo di sostanze e/o su come procurarsele. Il palcoscenico online offre agli adolescenti molte opportunità da questo punto di vista. Ritirati sociali e sovraesposti sociali rappresentano inoltre due iniziali tentativi di classificazione di un complesso fenomeno dove sono molte le aree di sovrapposizione e gli intrecci tra queste due modalità di iper-investimento nella rete. Senza dimenticare che gli ambienti online hanno la capacità di plasmare il comportamento sia in chiave positiva sia in termini negativi, e che il problema non è tanto il singolo social network o l'insieme di queste piattaforme, bensì il costante bisogno di conferme esterne e l'incolmabile bisogno di ammirazione.

    Comportamenti virtuali, responsabilità reali

    Tra le azioni commesse online che portano più frequentemente a conseguenze nella vita
    reale ritroviamo il cyberbullismo, il sexting, la compravendita di sostanze illegali e psicoattive e per fortuna rari casi di istigazione al suicidio.
    Cyberbullismo: le definizioni di questo fenomeno variano ampiamente, e questo è il motivo per cui le ricerche sinora condotte mostrano un'ampia variabilità nei suoi tassi di incidenza. Vi rientrano tutta una serie di comportamenti che potrebbero di per sé rappresentare capi di imputazione penale: minacce, stalking, procurato allarme, etc. Per il resto l'unico aspetto su cui tutte le definizioni convergono è che il cyberbullismo è un fenomeno messo in atto tramite le nuove tecnologie ricalca alcuni aspetti, ma non tutti, del bullismo tradizionale. Vi è un notevole gap tra una conoscenza "teorica" del fenomeno e la capacità adulta di intercettarlo nel concreto: l'89% dei genitori si dichiara al corrente dell'esistenza del cyberbullismo, ma un equivalente 90% di essi non saprebbe dire con certezza se i suoi figli ne siano stati o siano tuttora vittime o autori. Nella mente dell'adolescente vi sono poi una serie di figure adulte (genitori, insegnanti, personale scolastico), raggiungibili o meno, affidabili o meno, che a livello simbolico potrebbero rappresentare interlocutori adeguati ad ascoltare cosa stia succedendo e ad intervenire di conseguenza. Nel bullismo online gli astanti sono potenzialmente infiniti, poiché non si ha modo di sapere a quante persone sarà permesso di accedere al materiale umiliante e denigratorio e nella mente dei ragazzi non vi è una funzione di aiuto: anche volendolo fare, difficilmente sanno a chi rivolgersi, consapevoli che per molti adulti il mondo virtuale è qualcosa che suscita poco interesse se non indifferenza.
    Sexting: con questo termine si indica l'uso delle nuove tecnologie, soprattutto di Instant Messaging, per scambiare materiale erotico o esplicitamente sessuale. È un tema delicato poiché se si prendesse alla lettera la normativa che regolamenta tali comportamenti, un qualsiasi 17enne che all'interno di una relazione sentimentale "duratura" con una sua coetanea, decidesse di inviarle tramite Whatsapp delle foto di nudo ricevendone a sua volta, da un lato rientrerebbe in quel 20% di adolescenti che secondo alcuni studi riporta di
    aver distribuito foto di sé intime o con elementi di nudità, dall'altro sarebbe accusabile insieme alla sua fidanzata di detenzione e cessione di materiale pedo-pornografico. Le stime ufficiali di questo fenomeno sono in realtà più conservative e nei paesi europei la percentuale di adolescenti che condividono materiale sessuale online si aggira sul 4%. Molti ragazzi e ragazze ammettono di aver mandato al proprio partner contenuti sessuali espliciti per "divertimento o per flirtare". Quando questi comportamenti si sviluppano all'interno di una dinamica di attrazione reciproca o di avvicinamento amoroso, le motivazioni sottostanti riguardano principalmente il voler essere sexy, cercare attenzione da parte del partner, il volersi divertire. In percentuale inferiore sono le pressioni da parte degli amici o del partner stesso a portare un adolescente ad inviare tali contenuti. Vi sono poi casi in cui il sexting ed il bullismo online si intrecciano, come può capitare nel caso di un contenuto sessuale, reale o meno che sia, inviato senza il consenso e di cui si perde completamente il controllo a livello della sua diffusione. Questi casi, più gravi e sicuramente più traumatici per le vittime di queste vessazioni, rappresentano una fonte di umiliazione e di vergogna sociale spesso intollerabile per gli adolescenti. Droghe e sostanze psicoattive: uno dei maggiori punti di contatto tra l'uso della rete ed i comportamenti trasgressivi riguarda gli intrecci tra le nuove tecnologie e l'uso di sostanze. Se si studiano le presentazioni di sé che adolescenti e giovani adulti fanno attraverso i social network è molto semplice rendersi conto di come la normalizzazione dei comportamenti di consumo di alcolici (e secondariamente di altre sostanze) sia ormai pervasiva. Gli adolescenti spesso si presentano "fatti" o "ubriachi" nei loro profili personali,
    gli studenti universitari postano con frequenza contenuti in cui il loro interesse sembra essere quello di mostrarsi capaci di tollerare l'utilizzo di smodate quantità di alcol o di altre droghe, in una sorta di "spazio digitale intossicante". I social network vengono utilizzati regolarmente per costruire una rappresentazione positiva dei comportamenti rischiosi di assunzione di alcolici, per organizzare eventi che prevedano il consumo di sostanze e spesso portano ad un rinforzo positivo dei comportamenti di abuso, tutto il contrario di quella vergogna sociale che qualsiasi adolescente delle precedenti generazioni ha sperimentato andando a scuola il giorno dopo la sua prima ubriacatura . I giovani usano la rete come fonte di informazione rispetto alle sostanze, legali o non, il che rende l'avvicinamento a questi temi qualcosa di riservato e di intimo: non si trovano informazioni sulla Blue Mystic (una particolare varietà di cannabis) nel mercato reale, mentre il web è pieno di forum e di pareri a riguardo .È sempre attraverso i "consigli" della rete che negli ultimi tempi si è assistito al ritorno dell'uso della codeina (presente in qualsiasi sciroppo per la tosse) che a giuste dosi ed unitamente a bevande gasate acquistabili in un qualsiasi supermercato, portano ad un effetto euforico ed eccitante.

    Che fare?

    Nella maggior parte dei casi di fronte a trasgressioni adolescenziali è bene provare a destreggiarsi fra la tendenza a esagerare e quella a minimizzare; quando gli agiti diventano più gravi è fondamentale capirne le motivazioni a livello di bisogni evolutivi La maggior parte dei comportamenti trasgressivi degli adolescenti rappresenta un'anticipazione esasperata ed enfatizzata dei comportamenti che caratterizzano l'adulto. Essi, in altre parole, rappresentano tentativi inadeguati di raggiungere una maturità e un'adultità percepite come ancora irraggiungibili. Spesso la soluzione trasgressiva è una scorciatoia finalizzata a raggiungere un senso di sé dotato di riconoscimento sociale, dal momento che in adolescenza si attivano conflitti relativi al senso del proprio valore. Abbiamo imparato nel corso di anni di lavoro con gli adolescenti trasgressivi che al di sotto di ogni gesto di rottura, violento o appropriativo, si cela, nascosto e inconscio, il tentativo di
    compensare in modo immaginario e nei fatti fortemente disfunzionale, un blocco nel processo di maturazione. È così possibile intravvedere, in chi mente in maniera spudorata anche di fronte all'evidenza, un ragazzo che fa fatica a presentarsi per quello che è piuttosto che per ciò che vorrebbe essere; nella ragazza che ruba dei trucchi, l'incapacità a districarsi rispetto a una dipendenza infantile che la costringerebbe a chiedere il denaro necessario per acquistare proprio degli strumenti di accesso simbolico a una femminilità adulta; o ancora, nell'amico che procura per tutti i membri del gruppo la marijuana, un adolescente che vuole mostrarsi intraprendente agli occhi degli altri, rendendoli dipendenti da sé e al contempo evitando di percepirsi a sua volta dipendente dagli altri, il tutto acquisendo illusoriamente un ruolo più "lavorativo" e imprenditoriale.

    Conclusioni

    Se inseriti in contesti in cui possono fare esperienze positive e favorevoli, gli adolescenti possono esserne temprati e forgiati; viceversa se esposti a contesti dannosi, soffriranno in modo profondo. Le esperienze che gli adolescenti vivono sono infatti codificate in ricordi molto profondi,dettagliati e, talvolta, irremovibili. Rispetto a questo, iniziano ad accumularsi dati di ricerca che consentono di capire meglio se sia nata prima l'infelicità e la sofferenza, oppure l'utilizzo dei social network. In particolare, sembrerebbe che il tempo trascorso davanti ad uno schermo si associ ad una maggiore infelicità, ma che non sia vero il contrario: essere scontenti o tristi non porta ad un maggior uso dei social network. Sembrerebbe quindi esserci una relazione diretta tra uso di internet e vissuti di solitudine e di esclusione. Se di fronte a questo il mondo adulto reagisce convincendosi che la rete ed I social network siano la fonte di ogni problematica, rischia di perdere di vista il significato comunicativo dei gesti reali o virtuali che siano. È importante di fronte a comportamenti a rischio, antisociali o sessualizzati online, non perdere la capacità di pensare sotto pressione. Dobbiamo migliorare la nostra capacità, come adulti, di volgere la rete al servizio dell'obiettivo di aiutare gli adolescenti a sviluppare un maggiore senso di responsabilità. Internet è un mondo, è qualcosa di inevitabile, provare ad usarne le risorse per rinforzare il senso di padronanza degli adolescenti è una responsabilità che non può che essere degli adulti.
giannib71

Microlearning - 3 views

#apprendimento;#brevità;#learning by doing;#tecnologie
started by giannib71 on 17 Mar 21 no follow-up yet
  • giannib71
     
    Microlearning

    Iniziamo con la definizione. La parola fa intuire che si tratti di qualcosa legato a specifici momenti. Brevi fasi in cui è prevista un'esperienza di apprendimento. In un mondo estremamente connesso, in cui si sono moltiplicate a dismisura le occasioni per conoscere posti/gente/iniziative, tante possono essere le possibilità per imparare, anche nei momenti e nei modi più inaspettati. Se non vi sembra possibile o vi sembra troppo "semplicistico", provate a pensare a una situazione "comune" a tutti noi.
    Un momento di microlearning - possibile grazie al mobile - e anche di "learning by doing": state anche imparando "facendo".
    Facciamo un altro esempio: dovete fare una presentazione su Power Point e in ufficio siete da soli, è tardi, dovete sbrigarvi e non sapete come fare a inserire un video o a gestire i diversi livelli all'interno di una slide. Cosa fate? Cercate su YouTube un tutorial che vi spieghi quel "pezzetto" e poi l'applicate. State pur certi che da quel giorno vi ricorderete per sempre come si fa. E probabilmente lo direte anche ad altri.
    Prendete ancora l'app Duolingo, per esercitarsi con una lingua già conosciuta o cominciare a prenderne familiarità: l'obiettivo è giornaliero, il metodo è quello del gioco, del quiz, in cui l'utente deve per forza agire e interagire e lo fa nel momento che vuole e ovunque si trovi.
    Questo grazie a sessioni brevi in cui il materiale formativo viene scomposto in maniera facilmente digeribile (niente di più niente di meno di quando i nutrizionisti dicono "Mangia 5 volte al giorno e poco anziché abbuffarti a pranzo e a cena"), in modo tale che sia possibile di volta in volta affrontare un singolo obiettivo di apprendimento.
    La maggior parte delle volte le esperienze di microlearning avvengono nella nostra vita senza che ce ne rendiamo conto e in momenti brevi e quasi "insignificanti". Leggendo un articolo sulla metro, chiacchierando con qualcuno, ascoltando un podcast mentre ci prepariamo per uscire o stiamo correndo al parco. Momenti a cui spesso non facciamo caso, ma che condizionano il nostro modo di apprendere a tal punto che, anche in contesti più formali, ci aspettiamo di rivivere la stessa leggerezza.
    Come cambia la formazione: i formati del microlearning

    Inutile dire che digital e microlearning vanno di pari passo. Il digital infatti riesce a rispondere alle esigenze di apprendimento sfruttando i micro momenti.
    I contenuti devono essere disponibili a qualsiasi ora del giorno e della notte, essere costruiti in modo da sembrare personalizzati e adattabili, accessibili con qualsiasi device (computer, smartphone o tablet, non deve cambiare nulla nella fruizione). Il tutto all'insegna della flessibilità. Altro aspetto importante è la ricchezza dei media e dei cosiddetti formati.
    Progettare delle lezioni usando il microlearning vuol dire avvalersi di app, pagine di blog, infografiche, webinar brevi, sessioni con questions and answers, brevi e-book, pdf, pillole di formazione della durata di 15 minuti erogate tramite Hangout di Google, Whereby (piattaforma per fare call), Skype e così via. Così come Stories su Instagram, video sui social, una serie di post con cadenza settimanale, una rubrica su Telegram. Il tutto all'insegna del micro momento, della brevità, ma soprattutto dell'efficienza.
    Il medium scelto deve servire a far sedimentare i contenuti veicolati - senza troppe informazioni - e a sfruttare al meglio la nostra capacità di concentrazione ridotta.
    Tutte cose cui bisogna pensare anche quando si progetta un corso cosiddetto "tradizionale", in aula, della durata di 6-8 ore. Può essere infatti un'ottima strategia per chi fa formazione, in azienda e non solo, prevedere dei momenti di microlearning qualche giorno prima per catturare l'attenzione e allineare tutti allo stesso livello, prevederli anche dopo che il corso si è concluso (per fare una sorta di recap o approfondimento su alcuni punti) o come momenti strutturati in aula con attività di gaming di gruppo con i cosiddetti role play.
    I vantaggi del microlearning

    Quali sono altri vantaggi del microlearning? Eccoli in una sorta di elenco "take away":
    * Coinvolgimento limitato ma costante, del 50% in più rispetto ai corsi tradizionali
    * Brevità: di solito si va di 3 minuti a massimo 15 minuti
    * Meno sforzi nella costruzione dei contenuti formativi
    * Per chi apprende: la possibilità di fruire dei contenuti ovunque in qualunque orario, in modalità "smart learning"
    * Favorire l'onboarding, in azienda, senza sovraccaricare eccessivamente
    * Creare degli appuntamenti brevi di approfondimento per chi è in azienda da tempo e non ne ha molto da impiegare alla formazione
    * Puntare sull'aspetto ludico: imparare giocando, tramite un tool o tramite un'app può essere un'ottima scelta
    * Avere un livello di attenzione più alto e miglior ROI: ossia il ritorno del costo dell'investimento.
    Esempi
    l microlearning è una importante tendenza nell'universo della formazione, ma probabilmente ognuno di noi lo ha già sperimentato (anche inconsapevolmente) nella vita quotidiana.
    Il fulcro della questione è che i contenuti della formazione devono essere facilmente "digeribili", quindi pertinenti, coinvolgenti e facili da fruire (attraverso diversi device e in ogni momento). Rispetto alla formazione tradizionale, questo approccio permette di massimizzare lo sviluppo di conoscenza e riduce i tempi e i costi di produzione.
    Non esistono standard che definiscano quanto deve durare o quanti argomenti debba trattare il microlearning: la regola sensata è quella di fermarsi quando le persone potrebbero smettere di essere coinvolte e, quindi, di imparare.
    Alcuni degli esempi più semplici ma più potenti di microlearning che si presentano nelle nostre vite quotidiane sono dati per scontati perché sottovalutiamo spesso l'apprendimento incrementale. Per esempio? Di seguito alcuni esempi di microlearning che sperimentiamo nella vita quotidiana:


    1. Progettazione di siti web
    "Ho ricevuto una certificazione nell'analisi dei siti Web, ma, senza rinforzo, ho dimenticato la maggior parte di ciò che ho imparato. Il design del sito web è un ottimo esempio di microlearning che è guidato da analisi. Per ottimizzare il traffico del sito Web e i risultati delle conversioni, gli operatori progettano, distribuiscono, raccolgono dati, eseguono regolazioni (molte volte, micro-regolazioni), riprogettano. Questo processo avviene su base mensile. Tutto procede per cambiamenti incrementali che, spesso nessuno nota, ma creano il risultato finale. Così deve essere anche per i tuoi corsi di formazione."
    2. Le sfide sportive complesse
    "Dopo aver avuto un incidente in cui mi ruppi una clavicola, 4 costole e mi si perforò un polmone ho dovuto "insegnare" ai miei polmoni a funzionare correttamente e riprendere forza passo passo. Dopo essermi quasi completamente ripreso, mi sono informato su ciò che mi sarebbe servito per completare un Ironman Triathlon (cosa che prima non avevo mai fatto).
    I presupposti necessari all'Ironman includevano centinaia di elementi: la corsa, il nuoto, la nutrizione, i soldi, i viaggi, la logistica, la bicicletta, l'attrezzatura di supporto, l'abbigliamento ... La lista è apparentemente infinita, ma il punto è che nessuno completa con successo un Ironman senza "analizzare" i componenti necessari e testarli singolarmente ripetutamente per mesi. I dati e l'analisi sono fondamentali per essere in grado di apportare modifiche per ottimizzare le prestazioni e l'utilizzo di strumenti vari. Così funziona anche l'approccio alla formazione in microlearning"
    3. Imparare a scrivere e parlare
    "L'unica app con cui ho lasciato giocare mio figlio sullo smartphone è un'app microlearning perfetta per i bambini: Endless Reader. Questa applicazione presenta parole e fonemi accompagnati da animazioni interattive che mostrano il significato delle parole e come scriverle. Ogni parola è presentata come una carta nella bocca di un mostro.
    I bambini scorrono le carte per scegliere la parola che vogliono esplorare. Quando toccano la carta, sentono la parola e la vedono scritta prima che la carta si rimescoli con le altre. I bambini poi devono ricostruire la parola abbinando le lettere nella giusta posizione, trascinandole.
    Quando toccano una lettera, sentono il suo suono fonetico e il suo nome. La frase creata verrà quindi letta ad alta voce, mentre verrà visualizzata un'animazione dimostrativa. Quindi, i bambini potranno giocare con l'animazione, ascoltare di nuovo la frase o passare ad un'altra parola.
    Mio figlio ci gioca da un anno e ha davvero ampliato il vocabolario: riconosce lettere e parole a soli 3 anni."
    "Come appassionata di benessere sono sempre stata interessata alla meditazione, ma non ho mai trovato abbastanza tempo da dedicarvi. Un'app chiamata Headspace ha introdotto un modo per meditare in formato "micro" e accessibile. Il corso introduttivo dura 10 giorni: ogni giorno vengono richiesti 5-10 minuti (in base al programma del giorno) per una meditazione guidata.
    Secondo il sito web Headspace, "Imparare a meditare è come imparare qualsiasi altra abilità. Pensa ad essa come ad un muscolo che non hai mai veramente funzionato prima e che devi allenare... Ci vuole pratica costante per mettersi a proprio agio. Ed è più facile se hai un insegnante."
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