La psicotecnologia è quel ramo della psicologia generale che si occupa dell'impatto psicologico che le tecnologie hanno sul nostro modo di pensare e di comunicare e sulla società. Le psicotecnologie sono dunque tecnologie associate alla lingua ,una sorta di estensione del pensiero, un'intima connessione tra linguaggio media e mente. Il processo di alfabetizzazione ha trasformato le nostre menti, differenziandole completamente rispetto a quel passato legato alla cultura dell'orecchio (basata sulla tradizionale forma di comunicazione orale). La scrittura ha permesso all'individuo di depositare le conoscenze acquisite su supporti più stabili della memoria, e di percepire l'uomo stesso da una prospettiva differente, cosi l'individuo è uscito dalla realtà tribale e collettiva per esplorare una nuova dimensione volta all'individualismo e alla consapevolezza della sua identità. Se il pensiero umano è scaturito dalla possibilità di leggere, l'apporto delle nuove tecnologie estende ulteriormente la mente dell'uomo, modificandola inevitabilmente. La principale scuola ad aver analizzato questo fenomeno sin dagli anni '40 è la Scuola di Toronto, il quale annovera studiosi del calibro di Marshall McLuhan. Possiamo asserire con certezza, però, che lo studioso dedicatosi maggiormente a questa disciplina è Derrick De Kerckhove il quale sostiene che una psicotecnologia è qualunque tecnologia che emula, amplifica o estende il pensiero. Il mondo esterno, quindi, oggi più che mai, non passa più attraverso le pagine cartacee di un libro o di un giornale, ma è sullo schermo che prendono vita nuove forme di espressione e conoscenza della realtà. Oggi che i confini tra hardware, software e brainware sono in costante mutamento e ci appaiono sempre di più come indistinti, ci domandiamo sempre più spesso cosa ci sia realmente dentro la mente e cosa ci sia al di fuori. Siamo entrati nell'era delle psicotecnologie.
Le psicotecnologie sono dunque tecnologie associate alla lingua ,una sorta di estensione del pensiero, un'intima connessione tra linguaggio media e mente.
Il processo di alfabetizzazione ha trasformato le nostre menti, differenziandole completamente rispetto a quel passato legato alla cultura dell'orecchio (basata sulla tradizionale forma di comunicazione orale).
La scrittura ha permesso all'individuo di depositare le conoscenze acquisite su supporti più stabili della memoria, e di percepire l'uomo stesso da una prospettiva differente, cosi l'individuo è uscito dalla realtà tribale e collettiva per esplorare una nuova dimensione volta all'individualismo e alla consapevolezza della sua identità.
Se il pensiero umano è scaturito dalla possibilità di leggere, l'apporto delle nuove tecnologie estende ulteriormente la mente dell'uomo, modificandola inevitabilmente.
La principale scuola ad aver analizzato questo fenomeno sin dagli anni '40 è la Scuola di Toronto, il quale annovera studiosi del calibro di Marshall McLuhan.
Possiamo asserire con certezza, però, che lo studioso dedicatosi maggiormente a questa disciplina è Derrick De Kerckhove il quale sostiene che una psicotecnologia è qualunque tecnologia che emula, amplifica o estende il pensiero. Il mondo esterno, quindi, oggi più che mai, non passa più attraverso le pagine cartacee di un libro o di un giornale, ma è sullo schermo che prendono vita nuove forme di espressione e conoscenza della realtà. Oggi che i confini tra hardware, software e brainware sono in costante mutamento e ci appaiono sempre di più come indistinti, ci domandiamo sempre più spesso cosa ci sia realmente dentro la mente e cosa ci sia al di fuori. Siamo entrati nell'era delle psicotecnologie.
A tal proposito ho trovato particolarmente esaustiva la seguente intervista rilasciata da Derrick De Kerckhove nel Novembre 1998: http://www.repubblica.it/online/internet/mediamente/derrick/derrick.html
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