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Sonia Fiora

COGNIZIONE DISTRIBUITA - 38 views

#DistributedCognition

started by Sonia Fiora on 09 Nov 12
  • Sonia Fiora
     
    Provo ad integrare i contributi con la definizione fornita la De Kerckhove nella lezione 7.

    La cognizione distribuita si riferisce ad un processo nel quale vengono condivise socialmente risorse cognitive al fine di estendere singole risorse o per ottenere qualcosa che un agente individuale non potrebbero ottenere da solo. La cognizione distribuita è il tipo di cognizione, a volte non esplicitata, che esiste nei gruppi di lavoro, di squadra.

    In primo luogo le conquiste cognitive dell'umanità si basano su un processo in cui i processi cognitivi di un agente e gli oggetti ed i vincoli del mondo reciprocamente si influenzano a vicenda. In altre parole, il contesto influisce sul modo di pensare e il modo di pensare influenza il contesto. In secondo luogo, i processi cognitivi possono essere distribuiti tra gli esseri umani e le macchine.

    Secondo Gabriel Salomon: "Le cognizioni sono situate e distribuite, piuttosto che strumenti decontestualizzati e prodotti della mente ". E "Piuttosto che pensare alla cognizione come ad un evento isolato che si svolge dentro la testa, la cognizione deve essere vista come un fenomeno distribuito, che va oltre i confini della persona per includere l'ambiente, i manufatti, le interazioni sociali e la cultura".
    Questo concetto è fondamentale per capire cosa sta succedendo alla cognizione oggi. E' chiaramente l'espansione del concetto di intelligenza e il coinvolgimento del soggetto in un gruppo molto più grande.
    Secondo Hutchins:
    * la cognizione è mediata dagli strumenti cioè da tutte le tecnologie
    * di conseguenza è radicata nell'artificiale
    * è una questione sociale che comporta variazioni delicate e sfumature di comunicazione, di apprendimento e interazioni interpersonali.
    E' una visione che si espande al di là della cognizione individuale ed è obbligata a prendere in considerazione le interazioni interpersonali.

    Secondo Hutchins e Hollan i processi cognitivi possono essere distribuiti tra i membri di un gruppo sociale e possono comportare un coordinamento tra la struttura ambientale e/o materiale interna ed esterna. Essi inoltre possono essere distribuiti nel tempo in modo tale da cambiare addirittura la natura degli eventi successivi. La mediazione culturale ha infatti un effetto ricorsivo, e bi-direzionale: l'attività mediata modifica contemporaneamente sia l'ambiente che il soggetto in modo permanente. Di fatto modifichiamo continuamente l'ambiente e l'interazione tra i soggetti, l'elaborazione della cognizione e delle informazioni.

    Gli artefatti culturali sono sia materiali sia simbolici e regolano le interazioni tra l'ambiente e l'individuo. A questo proposito, sono "strumenti" intesi in senso lato e lo strumento principale è il linguaggio. Il linguaggio è il più grande, il più forte, il più articolato, il più complesso, il più ricco, di tutti i mass media, condiviso e anche se praticato individualmente.

    L'ambiente culturale in cui nascono i bambini contiene le conoscenze accumulate delle generazioni precedenti. Nel mediare il loro comportamento attraverso questi strumenti, gli esseri umani non beneficiano solo della propria esperienza, ma di quella dei loro antenati. Questa è l'eredità culturale, l'eredità sociale dell'informazione che si accumula nel corso degli anni (così come generazioni di persone costruivano cattedrali nel Medioevo, oggi costruiscono Internet). Un'unità di analisi per lo studio del comportamento umano sono i sistemi di attività, sistemi storicamente condizionati di relazioni tra individui e i loro ambienti prossimi e culturalmente organizzati, in altre parole le istituzioni. La storia dell'educazione, la storia dell'arte, la storia etc forniscono un quadro e contengono informazioni che vengono trasmesse nella cognizione distribuita culturale.
  • Romina Mandolini
     
    Trovo il tuo intervento appropriato e corretto. A completamento di quanto hai scritto, riporto un intervento di Antonio Rizzo dell'Università di Siena sulla Cognizione Distribuita, che mi sembra interessante. (tratto dal libro P.G. Gabassi (A cura di) Psicologia, Lavoro Organizzazione. Milano: Franco Angeli. 1995, pp. 206-223.)

    La mente umana è decisamente limitata nella sua capacità di fare elaborazioni
    simboliche. Per un uomo condurre ragionamenti complessi senza l'aiuto di strumenti è
    veramente difficile, spesso impossibile. Le forme più elevate di pensiero avvengono
    sempre in collaborazione con degli strumenti e la stessa intelligenza umana è
    intimamente legata agli strumenti che sostengono il pensiero. Di fatto, l'intelligenza
    umana ha la sua massima espressione nell'invenzione e realizzazione di strumenti che
    permettono di superarne i limiti. Infatti, più una società è avanzata tecnologicamente,
    più è raro che il ragionamento venga effettuato in assenza di strumenti. Gli strumenti
    che rappresentano, conservano e manipolano informazioni sono stati definiti artefatti
    cognitivi (Norman, 1993).
    Gli artefatti cognitivi incorporano una parte di storia intellettuale di una particolare
    cultura, sono l'espressione fattuale di una teoria, e gli utenti di questi artefatti accettano
    queste teorie, sebbene spesso inconsapevolmente, quando li usano. (Resnick,1987).
    L'approccio alla cognizione distribuita sostiene che l'attività cognitiva umana non è
    caratterizzata esclusivamente dall'attività cerebrale bensì è distribuita tra il cervello e gli
    artefatti cognitivi che l'uomo adopera. Questa tesi risale alla scuola storico-culturale
    sovietica che sosteneva che tutti i tipi di attività umana cosciente sono sempre formati
    con l'appoggio di strumenti esterni. Vygotskij (1974) definì il principio sottostante la
    distribuzione dell'attività cognitiva come il principio dell'organizzazione extracorticale delle funzioni mentali complesse.

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