La New Age del'architettura organica.
di
Paolo G.L. Ferrara
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20/3/2000
Frank Lloyd Wright è scomparso nel 1959, dopo quasi un secolo di vita;
oggi, a quaranta anni di distanza durante i quali molto si è discusso
sulla sua eredità ma non sempre con il giusto orientamento, la cultura
“New age” può offrire l’occasione per riproporre con dirompenza
le tematiche progettuali dell’architetto americano.
Parlare del genio wrightiano è cosa assolutamente difficile perchè la
sua poetica architettonica è percettibile esclusivamente tramite un aproccio
sensoriale delle opere, quindi solo esclusivamente vivendole se è vero
che ogni progetto di Wright nasceva basandosi in prima istanza sull’uomo
e sul suo essere integrato con il luogo di vita. E cosa conta nell’uomo
più dell’aspetto psicologico? ed ancora, l’architettura assolve
al suo compito esclusivamente da un punto di vista funzionale oppure l’aspetto
fondamentale è quanto essa sia parte della nostra vita? può bastare che
le nostre case siano costruite con materiali ecologici, che siano orientate
secondo precise regole, che gli impianti elettrici siano studiati per
non intaccare fisicamente il nostro organismo? Certo, da un punto di vista
squisitamente salutare, è assolutamente necessario costruire usando materiali
non nocivi e non solo per le nostre abitazioni; altrettanto giusto è concepire
progettualmente luoghi di vita che con l’ambiente siano in sinergia
a tal punto da valorizzarlo: Wright ha improntato la sua architettura
sull’uomo.
Spesso la definizione “architettura organica” viene fraintesa,
assimilando ad essa la natura e le sue forme e trascurando il dato più
importante cioè architettura quale organo aggiuntivo dell’uomo, creazione
di luoghi quasi cuciti addosso all’individuo e rapportantisi con
l’intorno secondo una dialettica finalizzata a legarli .